L’attacco
attributo al movimento islamico di Al
Shabaab, nel campus universitario di Garissa ( 815 persone ) in Kenya, si
porta dietro ben 148 vittime accertate ed una ondata di indignazione da parte
del mondo occidentale. L’informazione di regime come sempre è impegnata ad
alimentare l’islamofobia ad uso e consumo delle mire neocolonialistiche statunitensi
ed israeliane – da sempre interessate a quei territori – ma, in questa
circostanza, anche la così detta ‘informazione alternativa’ ha lasciato molto a
desiderare. Quindi in questo breve articolo, riportando fonti ed analisi
attendibili, cercherò di inquadrare il movimento di liberazione nazionale Al Shabaab in un’ottica più veritiera
dando una lettura più contestualizzata ( e spero onesta ) dell’accaduto.
Prima di
tutto è importante capire che cosa è realmente successo in Somalia negli ultimi
anni.
Da dopo la
caduta di Siad Barre – uomo di fiducia degli occidentali nella guerra contro l’antimperialista
governo etiope di Menghistu ( poi deposto nel 1991 ) – la Somalia è stata
teatro di scontri e faide fra numerosi signori della guerra. Solo la progressiva
costituzione dell’Unione delle Corti
Islamiche ( UCI ) impedì il
dilagare di questi massacri. Ma cosa sono le Corti Islamiche ? Si tratta di una libera unione di religiosi,
giuristi, intellettuali, patrioti che hanno difeso le comunità autoctone dai
mercenari colonialisti organizzandosi in strutture comunitarie. Un movimento
patriota ed antimperialista ispirato alla legge islamica ma a stretto contatto
con il martoriato e resistente popolo somalo. James Petras – sociologo marxista
ed antimperialista radicale – attribuisce a questi fattori il loro successo ‘Il loro successo derivava dalla costruzione
di movimenti di natura comunitaria, che contrastavano le fedeltà tribali e di
clan; l'ICU cominciò a mettere fuori gioco i signori della guerra, dando un
taglio ai pagamenti estorsivi imposti sui commerci e sulle famiglie’. Nel
2006 questa coalizione va al governo cercando di rendere la Somalia un paese
sovrano. Il consenso di cui gode l’UCI
è pari al 90 % della popolazione somala e tale enorme base sociale si deve (1) alla lotta anticorruzione, (2) ai vasti programmi sociali, (3) all’aver costituito – a dispetto
degli islamofobi occidentali – una vasta coalizione che ricomprendesse islamici
ma anche nazionalisti, liberali e socialisti.
Una
esperienza di certo progressista ma che durò poco: a dicembre dello stesso anno
( il 2006 ) l’Impero interviene muovendo i suoi referenti locali che facevano
capo a Abdullahi Yusuf – nominato capo di un improbabile governo provvisorio –
e fomentando il conflitto con l’Etiopia, paese un tempo antimperialista come ho
detto prima, e dal 1991 – anno in cui fu rovesciato Menghistu – ridotto a Stato
vassallo filo-Usa.
James Petras
ci dice che ‘Washington coordinava le sue
forze aeree e navali con l'avanzata della valanga militare degli invasori
Etiopi. Come i mercenari Etiopi, con consiglieri USA, avanzavano via terra,
allora l'aviazione da guerra USA bombardava i Somali in fuga ammazzandoli,
presumibilmente a caccia di simpatizzanti di Al Queda’ ed ancora ‘Secondo
resoconti affidabili, che più tardi sono stati confermati dalle fonti degli USA
e del fantoccio Somalo, le forze armate USA ed Etiopi non hanno potuto
identificare nemmeno un leader di Al Queda dopo l'esame di un gran numero di
combattenti o profughi morti o fatti prigionieri’.
Il pretesto
degli statunitensi è sempre uno: Al Qaeda
( ed ora l’ISIS ), eppure i legami
dei resistenti somali – come afferma Petras – con il qaedismo sono inesistenti.
Gli Shabaab – al contrario di quello che
dice la stampa occidentale ed i mass media di regime – fanno parte di una
organizzazione chiamata Alleanza per la
riliberazione della Somalia fondata nel 2007 a cui aderiscono nazionalisti,
socialisti, liberali e persone di svariate fedi religiose; altro che costituzione
del Califfato. Inoltre è risaputo che questa organizzazione non è affatto
isolata ma, a dispetto delle dicerie, ha un ampio consenso perfino fra la
popolazione del Kenya a dimostrazione che la solidarietà di classe, anche in
contesti difficili da capire per noi europei, è un fattore unificante.
La sinistra
occidentale occulta le vittorie ottenute sul campo dagli Shabaab: nel 2008 la resistenza obbligò il fantoccio Yusuf a
fuggire a Gibuti ( roccaforte dell’imperialismo italiano ) e gli etiopi a
ritirarsi nel 2009. Una guerriglia senza appoggio popolare come può respingere
un esercito professionale di leva ? E’ ovvio che le milizie islamiche somale
godono del sostegno delle popolazioni locali. Perché non tenerne conto e
provare a capire le loro ragioni ?
Il più
preparato giornalista italiano, Fulvio Grimaldi, descrive così gli Shabaab
smentendo i luoghi comuni della sinistra islamofoba ‘L’organizzazione politico-militare Al Shabaab, di cui i legami con
l’agenzia Al Qaida dell’imperialismo Usa sono tutti da dimostrare, è l’ennesima
incarnazione dell’irriducibilità della Somalia, unica nazione africana senza
differenziazioni etnico-tribali, a un saccheggio secolare del colonialismo e a
due decenni, dopo la caduta del fantoccio Usa Siad Barre, di incessante
coltivazione del caos da parte di chi non si vuole fare sfuggire né il
controllo strategico di Bab el Mandeb (e per questo si macella anche lo Yemen,
di fronte), né il pescosissimo mare somalo, né l’utilizzo del paese come discarica
di ogni possibile fetenzia tossica defecata dall’esemplare economia
capitalista’. Bisognerebbe ricordare anche che l’Italia fu la potenza
imperialistica che, negli anni passati, schiacciò la Somalia; chi con razzismo
inconscio fa spallucce agli Shabaab non
teme di aver un atteggiamento – seppur in buonafede – conciliatore con il
vergognoso passato colonialista di questo paese ?
Qualcuno
dirà: ma la strage di Nairobi ? Ma Nairobi era un simbolo del consumismo
occidentale, uno schiaffo alla povertà dei popoli coloniali ed è – non per
nulla – di proprietà dell’imperialismo israeliano. Vogliamo sforzarci di
guardare a questi avvenimenti con occhi africani ?
Grimaldi
spiega che ‘Il Kenya dell’indegno figlio
del liberatore del paese dallo stivale britannico, Yomo Kenyatta, ha una delle
più alte mortalità infantili del continente: quasi 50 su mille nati. Ciò non
gli impedisce di impegnare le risorse del paese, quelle avanzate dal banchetto
della mafia di Stato e delle multinazionali, nelle varie imprese genocide condotte
dall’Occidente, Usa, Francia, Israele e Regno Unito in testa, per depredare e
sfoltire l’Africa: Congo, Sudan, Sahel e soprattutto la tuttora non domata
Somalia’. Questo governo – quello del Kenya – dovrebbe essere il nuovo
paladino della legalità occidentale ? Ma non scherziamo !
Che siano
stati gli Shabaab a commettere la
strage nel campus universitario (1) è
tutto da dimostrare infatti non è escluso che si tratti di una operazione
‘falsa flag’ ( di recente vanno molto di moda ! ), (2) se così fosse invece, cerchiamo di capire il contesto in cui
quel movimento opera e non di condannare a priori. Quanti giovani somali ha
ucciso il governo del Kenya ?
Voglio
riportare un altro riferimento autorevole per far capire come questi resistenti
siano estranei ad Al Qaeda: il
marxista africano Mohamed Hassan alla domanda ‘Non vi sono terroristi in Somalia ?’ risponde ‘Le potenze imperialiste
presentano sempre come terroristi i popoli che si battono per i loro diritti.
Gli irlandesi erano terroristi finché non firmarono un accordo. Abbas era un
terrorista; ora, è un amico’.
E poco più
sotto ( riporto la battuta per intero ):
Eppure si
parla di una presenza di Al Qaeda?
Al Qaeda è
ovunque, dal Belgio all'Australia! Questa entità invisibile è il marchio con cui giustificare al pubblico le
operazioni militari. Se gli Stati Uniti dicessero ai loro cittadini e soldati:
"Inviamo le nostre truppe nell'Oceano Indiano per prepararci a combattere
la Cina", le persone avrebbero paura. Ma se dice che questa lotta è contro
i pirati e Al Qaeda, non ci sono problemi. In realtà, l'obiettivo è un altro:
si tratta di installare delle forze nella regione dell'Oceano Indiano,
destinato ad essere teatro dei maggiori conflitti degli anni a venire. Di
questo parleremo nel prossimo capitolo ...
Nulla da
aggiungere: Al Qaeda è il marchio
dell’infamia che l’imperialismo statunitense mette a tutto coloro che si
contrappongono alla sua egemonia, ma chi difende una prospettiva democratica ed
antimperialista, di contro, non deve avere paura di sporcarsi le mani con le
lotte di liberazione nazionale a prescindere dalla ideologia di chi le guida.
Che cosa
resta in Somalia ? Ovviamente il fallimento degli Usa, e Petras con il suo
linguaggio da vero marxista sottolinea che ‘L'esperienza
della Somalia dimostra il divario fra la proiezione strategica del potere imperiale
e la sua reale capacità di realizzare i propri obiettivi’.
I governi
occidentali hanno il grande problema di riconoscere il loro fallimento quando
si scontrano con le resistenze delle popolazioni autoctone. Questa realtà –
spesso nascosta – deve essere fatta conoscere, è necessario, ne vale la
democrazia anche in occidente. Il resto, e tutto quello che è stato detto,
francamente, mi sembrano solo chiacchiere, figlio di un ‘colonialismo culturale’
ben radicato fra gli intellettuali ( spesso corrotti ! ) europei, del tutto
inutili.
Fonti:
Stefano Zecchinelli
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