venerdì 10 aprile 2015

La Resistenza somala si scontra con la disinformazione dell'Impero, di Stefano Zecchinelli



L’attacco attributo al movimento islamico di Al Shabaab, nel campus universitario di Garissa ( 815 persone ) in Kenya, si porta dietro ben 148 vittime accertate ed una ondata di indignazione da parte del mondo occidentale. L’informazione di regime come sempre è impegnata ad alimentare l’islamofobia ad uso e consumo delle mire neocolonialistiche statunitensi ed israeliane – da sempre interessate a quei territori – ma, in questa circostanza, anche la così detta ‘informazione alternativa’ ha lasciato molto a desiderare. Quindi in questo breve articolo, riportando fonti ed analisi attendibili, cercherò di inquadrare il movimento di liberazione nazionale Al Shabaab in un’ottica più veritiera dando una lettura più contestualizzata ( e spero onesta ) dell’accaduto.

Prima di tutto è importante capire che cosa è realmente successo in Somalia negli ultimi anni.

Da dopo la caduta di Siad Barre – uomo di fiducia degli occidentali nella guerra contro l’antimperialista governo etiope di Menghistu ( poi deposto nel 1991 ) – la Somalia è stata teatro di scontri e faide fra numerosi signori della guerra. Solo la progressiva costituzione dell’Unione delle Corti Islamiche ( UCI ) impedì il dilagare di questi massacri. Ma cosa sono le Corti Islamiche ? Si tratta di una libera unione di religiosi, giuristi, intellettuali, patrioti che hanno difeso le comunità autoctone dai mercenari colonialisti organizzandosi in strutture comunitarie. Un movimento patriota ed antimperialista ispirato alla legge islamica ma a stretto contatto con il martoriato e resistente popolo somalo. James Petras – sociologo marxista ed antimperialista radicale – attribuisce a questi fattori il loro successo ‘Il loro successo derivava dalla costruzione di movimenti di natura comunitaria, che contrastavano le fedeltà tribali e di clan; l'ICU cominciò a mettere fuori gioco i signori della guerra, dando un taglio ai pagamenti estorsivi imposti sui commerci e sulle famiglie’. Nel 2006 questa coalizione va al governo cercando di rendere la Somalia un paese sovrano. Il consenso di cui gode l’UCI è pari al 90 % della popolazione somala e tale enorme base sociale si deve (1) alla lotta anticorruzione, (2) ai vasti programmi sociali, (3) all’aver costituito – a dispetto degli islamofobi occidentali – una vasta coalizione che ricomprendesse islamici ma anche nazionalisti, liberali e socialisti.

Una esperienza di certo progressista ma che durò poco: a dicembre dello stesso anno ( il 2006 ) l’Impero interviene muovendo i suoi referenti locali che facevano capo a Abdullahi Yusuf – nominato capo di un improbabile governo provvisorio – e fomentando il conflitto con l’Etiopia, paese un tempo antimperialista come ho detto prima, e dal 1991 – anno in cui fu rovesciato Menghistu – ridotto a Stato vassallo filo-Usa.

James Petras ci dice che ‘Washington coordinava le sue forze aeree e navali con l'avanzata della valanga militare degli invasori Etiopi. Come i mercenari Etiopi, con consiglieri USA, avanzavano via terra, allora l'aviazione da guerra USA bombardava i Somali in fuga ammazzandoli, presumibilmente a caccia di simpatizzanti di Al Queda’ ed ancora ‘Secondo resoconti affidabili, che più tardi sono stati confermati dalle fonti degli USA e del fantoccio Somalo, le forze armate USA ed Etiopi non hanno potuto identificare nemmeno un leader di Al Queda dopo l'esame di un gran numero di combattenti o profughi morti o fatti prigionieri’.

Il pretesto degli statunitensi è sempre uno: Al Qaeda ( ed ora l’ISIS ), eppure i legami dei resistenti somali – come afferma Petras – con il qaedismo sono inesistenti. 

Gli Shabaab – al contrario di quello che dice la stampa occidentale ed i mass media di regime – fanno parte di una organizzazione chiamata Alleanza per la riliberazione della Somalia fondata nel 2007 a cui aderiscono nazionalisti, socialisti, liberali e persone di svariate fedi religiose; altro che costituzione del Califfato. Inoltre è risaputo che questa organizzazione non è affatto isolata ma, a dispetto delle dicerie, ha un ampio consenso perfino fra la popolazione del Kenya a dimostrazione che la solidarietà di classe, anche in contesti difficili da capire per noi europei, è un fattore unificante.

La sinistra occidentale occulta le vittorie ottenute sul campo dagli Shabaab: nel 2008 la resistenza obbligò il fantoccio Yusuf a fuggire a Gibuti ( roccaforte dell’imperialismo italiano ) e gli etiopi a ritirarsi nel 2009. Una guerriglia senza appoggio popolare come può respingere un esercito professionale di leva ? E’ ovvio che le milizie islamiche somale godono del sostegno delle popolazioni locali. Perché non tenerne conto e provare a capire le loro ragioni ?

Il più preparato giornalista italiano, Fulvio Grimaldi, descrive così gli Shabaab smentendo i luoghi comuni della sinistra islamofoba ‘L’organizzazione politico-militare Al Shabaab, di cui i legami con l’agenzia Al Qaida dell’imperialismo Usa sono tutti da dimostrare, è l’ennesima incarnazione dell’irriducibilità della Somalia, unica nazione africana senza differenziazioni etnico-tribali, a un saccheggio secolare del colonialismo e a due decenni, dopo la caduta del fantoccio Usa Siad Barre, di incessante coltivazione del caos da parte di chi non si vuole fare sfuggire né il controllo strategico di Bab el Mandeb (e per questo si macella anche lo Yemen, di fronte), né il pescosissimo mare somalo, né l’utilizzo del paese come discarica di ogni possibile fetenzia tossica defecata dall’esemplare economia capitalista’. Bisognerebbe ricordare anche che l’Italia fu la potenza imperialistica che, negli anni passati, schiacciò la Somalia; chi con razzismo inconscio fa spallucce agli Shabaab non teme di aver un atteggiamento – seppur in buonafede – conciliatore con il vergognoso passato colonialista di questo paese ?

Qualcuno dirà: ma la strage di Nairobi ? Ma Nairobi era un simbolo del consumismo occidentale, uno schiaffo alla povertà dei popoli coloniali ed è – non per nulla – di proprietà dell’imperialismo israeliano. Vogliamo sforzarci di guardare a questi avvenimenti con occhi africani ?

Grimaldi spiega che ‘Il Kenya dell’indegno figlio del liberatore del paese dallo stivale britannico, Yomo Kenyatta, ha una delle più alte mortalità infantili del continente: quasi 50 su mille nati. Ciò non gli impedisce di impegnare le risorse del paese, quelle avanzate dal banchetto della mafia di Stato e delle multinazionali, nelle varie imprese genocide condotte dall’Occidente, Usa, Francia, Israele e Regno Unito in testa, per depredare e sfoltire l’Africa: Congo, Sudan, Sahel e soprattutto la tuttora non domata Somalia’. Questo governo – quello del Kenya – dovrebbe essere il nuovo paladino della legalità occidentale ? Ma non scherziamo !

Che siano stati gli Shabaab a commettere la strage nel campus universitario (1) è tutto da dimostrare infatti non è escluso che si tratti di una operazione ‘falsa flag’ ( di recente vanno molto di moda ! ), (2) se così fosse invece, cerchiamo di capire il contesto in cui quel movimento opera e non di condannare a priori. Quanti giovani somali ha ucciso il governo del Kenya ?

Voglio riportare un altro riferimento autorevole per far capire come questi resistenti siano estranei ad Al Qaeda: il marxista africano Mohamed Hassan alla domanda ‘Non vi sono terroristi in Somalia ?’ risponde ‘Le potenze imperialiste presentano sempre come terroristi i popoli che si battono per i loro diritti. Gli irlandesi erano terroristi finché non firmarono un accordo. Abbas era un terrorista; ora, è un amico’.

E poco più sotto ( riporto la battuta per intero ):

Eppure si parla di una presenza di Al Qaeda?

Al Qaeda è ovunque, dal Belgio all'Australia! Questa entità invisibile è il marchio con cui giustificare al pubblico le operazioni militari. Se gli Stati Uniti dicessero ai loro cittadini e soldati: "Inviamo le nostre truppe nell'Oceano Indiano per prepararci a combattere la Cina", le persone avrebbero paura. Ma se dice che questa lotta è contro i pirati e Al Qaeda, non ci sono problemi. In realtà, l'obiettivo è un altro: si tratta di installare delle forze nella regione dell'Oceano Indiano, destinato ad essere teatro dei maggiori conflitti degli anni a venire. Di questo parleremo nel prossimo capitolo ...

Nulla da aggiungere: Al Qaeda è il marchio dell’infamia che l’imperialismo statunitense mette a tutto coloro che si contrappongono alla sua egemonia, ma chi difende una prospettiva democratica ed antimperialista, di contro, non deve avere paura di sporcarsi le mani con le lotte di liberazione nazionale a prescindere dalla ideologia di chi le guida.

Che cosa resta in Somalia ? Ovviamente il fallimento degli Usa, e Petras con il suo linguaggio da vero marxista sottolinea che ‘L'esperienza della Somalia dimostra il divario fra la proiezione strategica del potere imperiale e la sua reale capacità di realizzare i propri obiettivi’.

I governi occidentali hanno il grande problema di riconoscere il loro fallimento quando si scontrano con le resistenze delle popolazioni autoctone. Questa realtà – spesso nascosta – deve essere fatta conoscere, è necessario, ne vale la democrazia anche in occidente. Il resto, e tutto quello che è stato detto, francamente, mi sembrano solo chiacchiere, figlio di un ‘colonialismo culturale’ ben radicato fra gli intellettuali ( spesso corrotti ! ) europei, del tutto inutili.

Fonti:




Stefano Zecchinelli







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