In questo testo analizzerò sinteticamente le recenti elezioni israeliane. Dico subito che nel finale dell’articolo, proporrò una citazione tratta da un poco conosciuto documento di Ernesto Guevara, 'Il proletariato americano: amico o nemico ?', scritto nel lontano 1954, su cui vorrei che si concentrasse, senza pregiudizi ed isterie, l’attenzione postuma dei lettori: una citazione importante che deve spingerci a riflettere ed a mettere in discussione alcune schemi mentali che, molte volte, ci ostacolano impendo, a noi, di essere realmente radicali ( il marxismo è radicalismo perché – usando le parole di Marx – il problema viene colto alla radice ). Guevara si interrogava se i popoli dell'America Latina possano o no, contare sul supporto del proletariato Usa. La risposta del 'Che' è 'no'. Attualizzo la questione: dato il successo della Lista Araba, il popolo palestinese può contare sulla 'sinistra israeliana'. Pongo alcuni quesiti prima di riportare la tanto importante e preannunciata citazione che, da come l’ho introdotta, vale più del mio elaborato stesso ( ovviamente, le mie riflessioni sono poco più di un nulla ). Procedo !
(1) Se da un lato la lista arabo-israeliana ha avuto un discreto successo, dall'altra parte il Likud ha sbancato. Questo significa che il proletariato di Israele è ben saldo alla sua borghesia, solo la minoranza non 'ebrea' ( in Israele la cittadinanza israeliana non esiste quindi utilizzo un termine che impone l'arroganza ed il razzismo sionista ) ha visto in questo cartello elettorale una 'speranza'. Ma è davvero una 'speranza'. Vediamo...
(2) La sinistra comunista palestinese, prima di tutto il Fronte popolare di liberazione della Palestina, ha disconosciuto questo movimento. C'è un motivo ? Certo che sì e si trova nella collaborazione degli ultra-revisionisti di Israele con una rapace classe dirigente: l'antimilitarismo di facciata non basta ( per fortuna ! ). Mi spiego con i termini dovuti per evitare di essere frainteso: un marxista sa che lo Stato nazionale è prodotto di lotte e sconvolgimenti sociali i quali, di volta in volta, hanno portano nuove elite al potere. Non è solo questo: le costituzioni antifasciste, ad esempio, contenevano delle conquiste importanti, lo stesso si potrebbe – andando su un altro versante – dire per gli Stati indipendenti sorti dalla decolonizzazione negli anni '60 e '70. Ma Israele non è uno Stato nazionale è, per l'appunto, una entità, l'entità sionista per l'esattezza e gode dell'appoggio incondizionato del gendarme mondiale ( l'imperialismo Usa ) e delle lobby sioniste occidentali ( su ciò consiglio di leggere: James Petras, Usa: padroni o servi del sionismo ). Il discorso è molto diverso e glissarci facendo leva su narrative collaborazioniste è fuori luogo ( cito l'esempio di Marx XXI e del suo acritico appoggio al Pc israeliano ): quali conquiste possono avere i lavoratori dentro un 'non Stato', ovvero dentro un regime che nasce come deposito di armi occidentali ( non è solo un deposito di armi, è molto di più come ho spiegato in altre sedi ) ? Antisemitismo il mio ? Non direi, dato che Martin Buber, che eppure fu sionista ( un sionista molto confuso ? ), definì Israele un prodotto del colonialismo con tutto quello che ne consegue.
Insomma, l’imperialismo è una mera politica della borghesia ( come pensava Kautsky ) o è uno stadio dello sviluppo capitalistico, lo stadio supremo ( che non significa affatto ultimo ) studiato da Lenin in modo esemplare. I revisionisti ( es. Marx XXI ed i sostenitori della soluzione dei ‘due Stati’ ) dicono che è solo una politica quindi – facendo magari leva sulla Comunità Internazionale ( da sempre complice dei sionisti ) – si può far diventare, a loro dire, 'Israele buona'. Una tesi errata e che non trova riscontro nella realtà dei fatti. Israele – in realtà – nasce come ‘Stato colono’ ( Ilan Pappe ) e diventa, da lì a poco, un potente Stato imperialista. Uno Stato colono – inoltre – ha il problema di impiantare sul posto una classe lavoratrice, di per sé, ideologicamente, egemone, una sorta di 'aristocrazia-proletaria' applicando sempre le correttissime categorie leniniane. In questo modo il Grande Capitale Sionista ha espulso i lavoratori arabi dalle proprie terre ( processo iniziato nel 1883 ), salvo, poi, sostituirli con la ‘forza lavoro ‘ israelita. Come hanno tenuto insieme, questi ‘pianificatori’, la borghesia sionista con il (neo)proletariato ebraico ? Semplice, con l’ausilio di sindacati di destra e partiti pseudo-socialisti, partiti di ‘sinistra’ ma non internazionalisti. Faccio notare, ai critici confusi ( solo confusi o persone senza coraggio ? ), che il ‘socialismo sionista’ cuoce nella stessa brodaglia da cui è venuto fuori il ‘fascismo di sinistra’: un anticapitalismo di destra antimarxista che, nel momento del bisogno, diventa il braccio armato di settori ben precisi ( nel caso del fascismo l'industria pesante del nord, si legga a proposito Fascismo e gran capitale di Daniel Guerin ) delle elite dominanti ( in Italia abbiamo avuto l’esempio dell’irredentismo ).
Domanda importante: la lista arabo-israeliana o il Pc israeliano sono disposti, in caso di aggressione sionista contro il popolo palestinese, ad appoggiare la Resistenza armata della fazioni combattenti della Palestina. I marxisti del Fplp pongono un problema reale e noi non possiamo travisarlo.
Faccio una osservazione: appoggiare la resistenza di un popolo aggredito significa - soprattutto in un capitalismo straccione come quello italiano - mettersi in gioco e compromettersi. La borghesia italiana è talmente vile che, in tutto e per tutto, segue i dettati derivanti da Washington e Tel Aviv. Nel fare questo vengono emanate leggi liberticide che censurano la discussione sul sionismo, il dibattito accademico ( per quanto possa valere il ‘dibattito accademico’ essendo l’università, anch’essa, un ingranaggio del moderno capitalismo ) sul ruolo di Israele e l'appoggio alla causa del popolo ( e per me è la causa dei lavoratori ) della Palestina. Di contro, raggirando questo discorso, molti optano per una retorica pacifista ignorando i rapporti di forza fra le classi e soprattutto il ruolo di Israele come 'ingranaggio della controrivoluzione mondiale' ( si vedano i crimini del Mossad contro le guerriglie nella latino-america ). Il marxismo ha bollato queste posizioni cerchiobottiste e Trotsky si spinse a definire il pacifismo come 'servo dell'imperialismo'.
Per tanto: (a) bisogna dare il pieno appoggio alle Resistenze armate antisioniste nella regione accantonando i pregiudizi islamofobi figlie di un razzismo occidentale che nulla ha da invidiare alla mentalità colonialista delle classi dirigenti post-fasciste. (b) deve essere chiaro che, qualsiasi accordo con la borghesia simil-fascista israeliana, si è concluso, che piaccia o no, fino ad ora, per dirla con Said, in una 'seconda Nakba'.
Domanda: la Lista Araba ha chiesto la totale smilitarizzazione di Israele ? Io, personalmente, non ho visto iniziative concrete nemmeno in rapporto alla liberazione di Vanunu lo scienziato che denunciò i piani sionisti da grande potenza nucleare ( tradotto: grande potenza del crimine ).
Le mie critiche sono chiare, passo ora alla citazione di Ernesto Guevara che, da un punto di vista antimperialista, è illuminante e vale di più di tutto il mio elaborato ( il titolo dell’articolo si legittima con ciò ! ):
‘’Insisto che non si può esigere che la classe operaia del Nord vada al di là delle proprie narici. Sarebbe inutile cercar di spiegare da lontano, con la stampa completamente in mano al grande capitale, che il processo di decomposizione interna al capitalismo sarebbe solo frenato per qualche tempo in più, ma non fermato dalle misure di tipo totalitario che si dovessero assumere, tendenti a mantenere l’America Latina in uno stato di colonia. La reazione della classe operaia, logica fino ad un certo punto, sarebbe di appoggiare gli Stati Uniti, seguendoli dietro l’emblema di qualunque slogan, come potrebbe essere in questo caso l’anticomunismo. D’altro canto, non si deve dimenticare che la funzione dei sindacati operai negli Stati Uniti è più di servire da cuscinetto tra le due forze in lotta e, surrettiziamente, smussare la potenza rivoluzionaria delle masse’’ ( Ernesto Guevara, Il proletariato americano: amico o nemico ?, Ed. Massari ).
Faccio due domande, la prima è una provocazione, la seconda, come è giusto, è una corretta conclusione ( sempre a mio modo di vedere ).
Prima domanda: se la borghesia militarista israeliana permette agibilità politica al Pc israeliano, nessuno ha sospettato che questo partito possa fungere da collante fra gli sfruttati di Israele e alcuni settori dominanti per evitare una effettiva radicalizzazione dei lavoratori ? Ricito la parte finale dell'articolo: 'D’altro canto, non si deve dimenticare che la funzione dei sindacati operai negli Stati Uniti è più di servire da cuscinetto tra le due forze in lotta e, surrettiziamente, smussare la potenza rivoluzionaria delle masse'. E se questo valesse anche per Israele ? La domanda del Che è attualissima !
Seconda domanda ( conclusione ): possiamo avere 'pietà’ degli israeliani che votano Likud ? Io credo di no e pagine e pagine, di Marx e Lenin stanno lì a dimostrarlo. La liberazione della Palestina passa per la Palestina ma, dall'altra parte, chiede il nostro coraggio e la nostra determinazione: contrastare Israele significa controbattere, colpo su colpo, disposizioni di legge liberticide, la violenza degli squadroni sionisti ( come avviene in Francia contro i lavoratori migranti arabi, ma anche contro quei pochi storici antisionisti ) ed i pregiudizi di uno sciovinismo filo-capitalista di cui, purtroppo, ancora non vedo il tramonto.
Stefano Zecchinelli
Grazie Stefano, molto interessante come al solito!
RispondiEliminaAlcune osservazioni e commenti:
1) Lascia stare l'irredentismo quando parli di fascismo ed elite dominanti, perché la questione riguardante il conflitto schizofrenico con i nostri amati/odiati vicini slavi (parlo da giuliano) è molto più complessa e viene da molto più lontano.
2)Abito a Gerusalemme Est da 5 mesi ormai, lasso di tempo sufficiente per parlare con la gente e tirare qualche prima sommaria conclusione. La mia impressione è che la sinistra araba in Israele sia presa tra due fuochi e non sappia che pesci pigliare: se da un lato vorrebbe la fine del dominio sionista e la creazione di uno stato democratico e binazionale, dall'altro teme anche gli arabi di Cisgiordania e Gaza, molto più poveri degli arabi israeliani e molto più legati ad uno stile di vita tradizionale e religioso da cui molti arabi israeliani, nettamente più occidentalizzati dopo decenni di dominio sionista, si sono invece allontanati. In buona sostanza mi pare che questi partiti non abbiano una politica di lungo termine, e che per ora il loro programma sia solo quello di attutire i colpi che i cittadini arabi israeliani ricevono dall'entità, senza però chiedersi come risolvere il problema alla radice. Ho come l'impressione che paradossalmente nel Hadash siano i politici di etnia ebraica (Khenin, Burg per citarne alcuni, e lo stesso Pappe che pure a suo tempo vi aveva aderito) e non quelli di etnia araba i più entusiasti sostenitori della soluzione a stato unico.
3) Parlando con amici e conoscenti israeliani proprio di Martin Buber, mi avevano detto che lui aderiva alla corrente del cosidetto sionismo federale che all'epoca del mandato britannico sosteneva la creazione di uno stato unico binazionale. Di più sul personaggio in questione non so.
4) La soluzione a due stati è scandalosa ed indecente e nessuno che la sostenga può definirsi amico dei palestinesi. Peggio ancora, non può definirsi amico del buon senso:è infatti intollerabilmente contro ogni buon senso l'idea che un gruppo di persone si organizzi in massa per invadere la terra di un altro popolo e sottrargliela portando come motivazione il fatto che duemila anni prima i loro antenati provenivano da lì. E visto che si può negoziare su tutto ma non sul buon senso, e si può venire a patti con chiunque ma non con la stupidità, nessuna soluzione che preveda l'esistenza di uno stato che si definisca esclusivamente ebraico è accettabile, e su questo non c'è da discutere. Punto.
5) Detto questo, io speravo tatticamente in una vittoria della destra israeliana, perché temevo sul serio che il centrosinistra avrebbe potuto raggiungere un accordo per la soluzione a due stati. In questo modo i sionisti invece non hanno scampo, si sono cacciati in una trappola da cui non potranno uscire: entro 20-30 anni al massimo saranno costretti ad annettere la Cisgiordania ed a dare la cittadinanza a tutti gli arabi che ci vivono, ed a quel punto non passerà molto prima che lo stato ebraico e razzista di Israele diventi la binazionale e democratica Repubblica di Terra Santa.
RispondiEliminaE' proprio per evitare questo scenario che diversi miei colleghi israeliani hanno votato centrosinistra, litigando con quelli che votavano Likud e accusandoli di consegnare Israele in mano agli arabi in tal modo.
6) In un momento in cui gli Usa cercano di normalizzare i rapporti col Medio Oriente per poter meglio assediare Russia e Cina in un prossimo futuro, la tensione creatasi tra Washington e Tel Aviv con la vittoria di Bibi contribuisce ad aumentare i dissapori emersi recentemente fra le due potenze imperialiste. Che dire, speriamo solo che continui così: se Israele perde parte dell'appoggio USA (chiaramente sarebbe da sciocchi pensare che lo possa perdere del tutto) lo perderebbe anche da buona parte dell'Occidente, che in tal caso non sarebbe più disposto a chiudere gli occhi sui crimini compiuti da sionisti. In tal modo essi dovrebbero se non altro rallentare la pulizia etnica a danno degli arabi che sennò attuerebbero per prevenire il sorpasso demografico di cui ho parlato nel punto 5), e tale ostacolo porterebbe ulteriore acqua al mulino dello stato binazionale.
7) La tua conclusione non ha senso: perché avere pietà degli israeliani che votano Likud, dici? Ma perché averne anche di quelli che votano laburista o Meretz allora? La sinistra sionista non è affatto meno ignobile del Likud! Anzi, storicamente i danni maggiori dagli inizi del secolo in poi sono stati fatti più dai Ben Gurion che dagli Jabotinsky.
8)Personalmente ho amici e conoscenti israeliani a cui sono affezionato e per i quali ho sicuramente "pietà" ed a cui auguro ogni bene. Detto questo, non ci piove che loro sono dalla parte del torto al 110%. L'importante (nel mio caso) è esserne consci e saper distinguere tra il piano politico e quello personale.
Saluti da Gerusalemme
Una cosa al volo, poi ti risponderò bene: il titolo dell'articolo è 'possiamo avere pietà degli israeliani ?'. Mica 'possiamo avere pietà dei likudisti ?'. Se vai poco più indietro trovi un articolo sul ruolo reazionario della sinistra israeliana, e quindi, concordo con te. Scrissi, se è per questo, anche una critica antimperialista a Gideon Levy. Cioè, mi hai frainteso, abbiamo detto la stessa cosa.
RispondiEliminaMartin Buber era un sionista che, vista la ferocia di Israele, prende le distanze e dice spaventato 'il mio sionismo era un'altra'. Non esiste un altro sionismo, il sionismo reale è una ideologia perniciosa e sciovinistica che fa capo ad uno Stato razzista e militarista. La sua presa di distanza è emblematica ed ha un valore di testimonianza: anche i sionisti immaginari temono Israele. Un'arma a doppio taglio per questo regime totalitario.
Sulle altre questioni ci ritorno, anche se, da quello che leggo, non trovo punti di disaccordo.
Stefano Zecchinelli