Ci sono compagni che, una volta
compiuta un’analisi economica e politica generale delle cause delle
guerre, trovano inutile e sviante la ricerca di quali stati e servizi
segreti stiano dietro gli attentati con cui si cerca d’impaurire la
popolazione e di renderla prona alle politiche di repressione e di
guerra. Non si tratta di complottismo o dietrologia, ma di un lavoro
utile per contrastare la permanente opera di disinformazione compiuta
dai regimi e dai loro pennivendoli. In Marx ed Engels si possono
trovare numerose denunce delle trame di Napoleone III o della diplomazia
zarista, di Thiers o di Bismarck. Marx cercava di avere notizie, dai
suoi contatti russi, sull’attività della “Terza divisione”, cioè della
polizia segreta zarista. Giova ricordare qualche esempio: nel 1873, un
reparto russo guidato dal generale Golovašov, che dipendeva
dall’aiutante generale K.P. Kaufmann, condusse una terribile spedizione
punitiva contro la tribù turkmena degli Jomudi. In un libro, uscito nel
1876, il diplomatico americano Eugene Schuyler rese nota tale
carneficina. La polizia segreta russa entrò in azione per neutralizzare
gli effetti di tale rivelazione. Poiché la notizia era diffusa dai
giornali londinesi, la signora Nokivova, moglie dell’interprete russo a
Costantinopoli e cognata dell’ambasciatore russo a Vienna, nel cui
salotto s’incontravano letterati, scienziati e politici di diverse
nazionalità, scrisse, in combutta con Gorlov, addetto militare
all’ambasciata russa a Londra, una lettera a Gladstone in cui protestava
contro gli “sporchi attacchi” di certa stampa londinese alla Russia.
Gladstone pubblicò un articolo sulla Contemporary Review, basato sulle “informazioni” della Nokinova e di Gorlov, secondo le quali l’ordine di Kaufmann a Golovašov di massacrare gli Jomudi era un’invenzione. Marx, informato dagli amici di Pietroburgo, scrisse a Collet Dobson Collet , editore del periodico urquartista Diplomatic Review, due lettere (riservate a lui e a Urquhart), per informarli dei retroscena, dando indicazioni perché dalla pubblicazione non si potesse arguire da quale fonte venisse la notizia. (Marx a Collet Dobson Collet, 10 novembre e 9 dicembre1876)
Gladstone invitò la Nokinova alla conferenza nazionale del Partito Liberale sulla questione orientale (8 dicembre 1876), e, alla fine della manifestazione, salì ostentatamente sul palco della Nokinova, e uscì con lei sottobraccio, per indicare che l’alleanza anglo russa esisteva già. Purtroppo anche Charles Darwin, ingannato, prestò il suo nome per quella manifestazione. (Marx ad Engels 11- dicembre 1876)
Poiché il Collet si limitava ad attacchi indiretti a Glastone, Marx agì tramite Maltman Barry: “Barry è il mio factotum qui... Soprattutto attraverso di lui ho prodotto però in incognito per mesi un fuoco di fila contro il russomane Gladstone sulla fashionable press di Londra (Vanity Fair e Whitehall Review), così come sulla stampa provinciale inglese, scozzese e irlandese, ho rivelato il suo imbroglio con l’agente russa Nokinova, (con) la legazione russa a Londra, ecc; idem, agendo attraverso su lui sui parlamentari inglesi della Camera bassa e alta che si metterebbero le mani nei capelli se sapessero che il Red Terror Doctor, così mi chiamano, è il loro suggeritore nella crisi orientale”( Marx a F. A. Sorge, 27 settembre 1877).
In una lettera a Thomas Allsop racconta di una manifestazione a Trafalgar Square in cui i filorussi erano stati cacciati e bastonati: “Entre nous, io ho avuto la mia parte nel preparare questa manifestazione in quanto, a dire la verità, da molti, molti mesi agisco- tramite alcuni operai e operai ci-devant britannici – sugli strati estremamente diversificati dei filoturchi. Ma, naturalmente, se avessi fatto la minima mossa pubblica, tutta la faccenda sarebbe stata rovinata. In questi affari nazionali, non deve comparire nessuno straniero. Se egli pensa che sia suo dovere fare qualcosa, deve farlo segretamente, dietro le quinte, tramite qualche nativo sulla cui discrezione possa contare. Un giorno le racconterò le stranissime relazioni in cui sono entrato con alcuni grandi di Spagna britannici, i quali sbiancherebbero dall’ira se avessero il minimo sospetto su chi sia la fonte dei consigli in base ai quali hanno agito” (Marx a Thomas Allsop, 1 gennaio 1878)
La rivelazione delle manovre segrete della polizia e della diplomazia zarista non fu interrotta dalla morte di Marx, perché Engels continuò questo suo lavoro.
Nel gennaio del 1885 Bismarck concluse con la Russia un trattato per l’estradizione dei rivoluzionari russi; bastava l’accusa, vera o falsa che fosse, della preparazione di un attentato. Il 15 gennaio, la famigerata signora Nokinova lanciò sulla Pall Mall Gazette un appello all’Inghilterra, in cui invitava il governo inglese a non tollerare la presenza di anarchici come Kropotkin e di populisti come Hartmann e Stepniak (Michajlovič), che cospiravano sul suolo inglese “per assassinarci in Russia”.
Il giorno stesso in cui venne reso noto a Londra il trattato con Bismarck sull’estradizione, ci furono tre attentati dinamitardi. Engels affrontò il tema in due articoli: “Consiglieri dinamitardi imperiali russi veramente segreti”(29-1- 1885) e “Chi paga la dinamite?” (14 -2- 1885) in cui non esitava ad accusare la Russia, che poteva anche avere utilizzato come esecutori alcuni irlandesi, ma aveva organizzato e finanziato il tutto, per convincere l’opinione pubblica inglese della necessità di un trattato di estradizione. Con ciò, l’Inghilterra, rifugio di tutti i perseguitati politici d’Europa, non sarebbe più stata sicura per nessuno. Engels ricordò anche un complotto degli agenti zaristi per narcotizzare Hartmann, rapirlo e portarlo in Russia, fallito per l’intervento della polizia di Londra. E la produzione, da parte di agenti russi, di rubli falsi, per poter accusare i fuoriusciti polacchi della falsificazione, come narrato nell’opuscolo “I falsari o gli agenti del governo russo” di H Georg, 1875.
Marx, quindi, spregiudicatamente si servì, nella sua lotta contro lo zarismo, della destra urquartiana, e influenzò in incognito la Camera dei Comuni, e la Camera dei lord . Ed Engels s’impegnò nella denuncia delle manovre zariste. Perché noi, loro modestissimi allievi, dovremmo ritrarci dall’indagare i retroscena, per non sentirci rinfacciare dalla stampa borghese di cadere nel complottismo e nella dietrologia? E a nessuno venga in mente la classica frase con cui abitualmente si cestinano le esperienze di Marx ed Engels: “Sì, ma ora siamo nell’età imperialistica, e tutto questo non vale più”. Non cadiamo in quello che Lenin chiamava “abuso del concetto di imperialismo”. L’imperialismo rende tutto più complicato, e ciò richiede piuttosto un supplemento di attenzione ai mille trucchi della diplomazia e dei servizi segreti, non una chiusura in una visione economicistica.
Dopo questi clamorosi eventi del lontano passato, vediamo alcuni casi odierni. Sono note ai compagni le dichiarazioni della Clinton - ha ammesso che l’ISIS è una creatura degli USA, poi “sfuggita di mano”. Analoghe dichiarazioni, assai più esplicite, troviamo in scritti o interviste del generale Wesley Clark, del generale francese Vincent Desportes, e in siti come quello di Global Research, oltre che in molti altri. I media ufficiali si guardano bene dall’evidenziare questi fatti, ma c’è anche un modo più subdolo: non appena appare in internet o in facebook un articolo che sconfessa la visione ufficiale dei fatti, una “manina” gliene accosta un altro, che grida alla bufala. E, per ridicolizzare il presunto complottismo, mettono nello stesso calderone la denuncia dei rapporti di McCain con l’ISIS, i cerchi nel grano e gli extraterrestri, e il lettore – spettatore TV italiano, di solito disinformato, ci casca. E c’è persino chi, dopo aver sentito tali amenità in TV da Franco Di Mare, si dichiara lieto di aver pagato il canone.
Lo spionaggio, le azioni clandestine, le falsificazioni propagandistiche esistono da tempi immemorabili, Per millenni gli storici hanno creduto che Ramesse II a Qadesh avesse sconfitto gli Hittiti, mentre ebbe vita breve la bugia , diffusa dalla radio inglese, che i tedeschi, nel tentativo di conquistare la Norvegia, fossero stati ricacciati in mare. Oggi, la guerra dietro le quinte ha assunto un ruolo importantissimo. Riportiamo alcuni dati da un vecchio articolo di G. Chiesa in cui si parla di attentati del Mossad a scienziati atomici, dirigenti politici e militari iraniani, in territorio iraniano. “ L’elenco è questo: gennaio 2007. Ardeshir Husseinpur, 44 anni, scienziato che lavorava nell’impianto di Isfahan, muore “per una fuga di gas”. Gennaio 2010. Massoud Alì Ehud Barak Mohammadi, fisico delle particelle, salta in aria quando una bici, parcheggiata vicino alla sua auto, esplode. 29 Novembre 2010. Due alti dirigenti del programma nucleare iraniano, Majid Shariari e Fereydoun Abbasi-Davani vengono attaccati da due motociclisti in pieno centro di Teheran. Il secondo e sua moglie si salvano prima dell’esplosione. Abbasi-Davani era vice-presidente dell’Iran e capo del progetto nucleare. Luglio 2011. Darioush Rezaei Nejad, fisico nucleare che lavorava nell’agenzia atomica iraniana, viene sparato da un altro motociclista mentre guidava l’auto vicino alla sua casa. Novembre 2011. Una enorme esplosione si verifica a 50 km da Teheran, nella sede delle Guardie Rivoluzionarie. Muore il brigadiere generale Hassan Moghaddam (capo della divisione missilistica) insieme a 16 militari. 11 gennaio 2012. E’ la volta di Mostafa Ahmadi-Roshan, vice direttore dello stabilimento di arricchimento dell’uranio di Natanz, il quale salta in aria per una mina magnetica attaccata alla carrozzeria della sua auto. Questo è quanto riferisce Roney Bergman. Il quale assegna il merito di questa serie di eroici atti di difesa della pace a Meir Dagan, capo del Mossad..(Giulietto Chiesa, “Non farlo, Bibi”, da “Il Fatto Quotidiano” del 29 gennaio 2012)
Altrettanto importante fu la diffusione di un potente virus informatico, Stuxnet, la cui origine non è mai stata chiarita, ma di cui si sospetta la creazione da parte di Israele. (Le morti degli scienziati nucleari iraniani, 11 gennaio 2012 Il Post) L’articolo riporta anche un elenco degli scienziati e militari uccisi, preso dal Daily Telegraph, simile a quello presentato da G. Chiesa.
Queste citazioni servono a dimostrare che oggi la guerra condotta tramite servizi segreti, hacker e falsi flag ha assunti dimensioni impensabili un tempo, e può, come nel caso del nucleare iraniano, ritardare di anni un programma, con conseguenze economiche gravissime.
Di fronte a questi sviluppi, come si fa a dire che è inutile ricercare chi ha colpito Charlie Hebdo o ha ammazzato Nemtsov? Sarebbe una rinuncia a un aspetto importante dell’analisi politica, che poggia, è vero, su quella delle condizioni economiche e sociali, in cui vanno ricercate le cause ultime di contrasti e guerre, ma che non può assolutamente essere messa da parte.
Gladstone pubblicò un articolo sulla Contemporary Review, basato sulle “informazioni” della Nokinova e di Gorlov, secondo le quali l’ordine di Kaufmann a Golovašov di massacrare gli Jomudi era un’invenzione. Marx, informato dagli amici di Pietroburgo, scrisse a Collet Dobson Collet , editore del periodico urquartista Diplomatic Review, due lettere (riservate a lui e a Urquhart), per informarli dei retroscena, dando indicazioni perché dalla pubblicazione non si potesse arguire da quale fonte venisse la notizia. (Marx a Collet Dobson Collet, 10 novembre e 9 dicembre1876)
Gladstone invitò la Nokinova alla conferenza nazionale del Partito Liberale sulla questione orientale (8 dicembre 1876), e, alla fine della manifestazione, salì ostentatamente sul palco della Nokinova, e uscì con lei sottobraccio, per indicare che l’alleanza anglo russa esisteva già. Purtroppo anche Charles Darwin, ingannato, prestò il suo nome per quella manifestazione. (Marx ad Engels 11- dicembre 1876)
Poiché il Collet si limitava ad attacchi indiretti a Glastone, Marx agì tramite Maltman Barry: “Barry è il mio factotum qui... Soprattutto attraverso di lui ho prodotto però in incognito per mesi un fuoco di fila contro il russomane Gladstone sulla fashionable press di Londra (Vanity Fair e Whitehall Review), così come sulla stampa provinciale inglese, scozzese e irlandese, ho rivelato il suo imbroglio con l’agente russa Nokinova, (con) la legazione russa a Londra, ecc; idem, agendo attraverso su lui sui parlamentari inglesi della Camera bassa e alta che si metterebbero le mani nei capelli se sapessero che il Red Terror Doctor, così mi chiamano, è il loro suggeritore nella crisi orientale”( Marx a F. A. Sorge, 27 settembre 1877).
In una lettera a Thomas Allsop racconta di una manifestazione a Trafalgar Square in cui i filorussi erano stati cacciati e bastonati: “Entre nous, io ho avuto la mia parte nel preparare questa manifestazione in quanto, a dire la verità, da molti, molti mesi agisco- tramite alcuni operai e operai ci-devant britannici – sugli strati estremamente diversificati dei filoturchi. Ma, naturalmente, se avessi fatto la minima mossa pubblica, tutta la faccenda sarebbe stata rovinata. In questi affari nazionali, non deve comparire nessuno straniero. Se egli pensa che sia suo dovere fare qualcosa, deve farlo segretamente, dietro le quinte, tramite qualche nativo sulla cui discrezione possa contare. Un giorno le racconterò le stranissime relazioni in cui sono entrato con alcuni grandi di Spagna britannici, i quali sbiancherebbero dall’ira se avessero il minimo sospetto su chi sia la fonte dei consigli in base ai quali hanno agito” (Marx a Thomas Allsop, 1 gennaio 1878)
La rivelazione delle manovre segrete della polizia e della diplomazia zarista non fu interrotta dalla morte di Marx, perché Engels continuò questo suo lavoro.
Nel gennaio del 1885 Bismarck concluse con la Russia un trattato per l’estradizione dei rivoluzionari russi; bastava l’accusa, vera o falsa che fosse, della preparazione di un attentato. Il 15 gennaio, la famigerata signora Nokinova lanciò sulla Pall Mall Gazette un appello all’Inghilterra, in cui invitava il governo inglese a non tollerare la presenza di anarchici come Kropotkin e di populisti come Hartmann e Stepniak (Michajlovič), che cospiravano sul suolo inglese “per assassinarci in Russia”.
Il giorno stesso in cui venne reso noto a Londra il trattato con Bismarck sull’estradizione, ci furono tre attentati dinamitardi. Engels affrontò il tema in due articoli: “Consiglieri dinamitardi imperiali russi veramente segreti”(29-1- 1885) e “Chi paga la dinamite?” (14 -2- 1885) in cui non esitava ad accusare la Russia, che poteva anche avere utilizzato come esecutori alcuni irlandesi, ma aveva organizzato e finanziato il tutto, per convincere l’opinione pubblica inglese della necessità di un trattato di estradizione. Con ciò, l’Inghilterra, rifugio di tutti i perseguitati politici d’Europa, non sarebbe più stata sicura per nessuno. Engels ricordò anche un complotto degli agenti zaristi per narcotizzare Hartmann, rapirlo e portarlo in Russia, fallito per l’intervento della polizia di Londra. E la produzione, da parte di agenti russi, di rubli falsi, per poter accusare i fuoriusciti polacchi della falsificazione, come narrato nell’opuscolo “I falsari o gli agenti del governo russo” di H Georg, 1875.
Marx, quindi, spregiudicatamente si servì, nella sua lotta contro lo zarismo, della destra urquartiana, e influenzò in incognito la Camera dei Comuni, e la Camera dei lord . Ed Engels s’impegnò nella denuncia delle manovre zariste. Perché noi, loro modestissimi allievi, dovremmo ritrarci dall’indagare i retroscena, per non sentirci rinfacciare dalla stampa borghese di cadere nel complottismo e nella dietrologia? E a nessuno venga in mente la classica frase con cui abitualmente si cestinano le esperienze di Marx ed Engels: “Sì, ma ora siamo nell’età imperialistica, e tutto questo non vale più”. Non cadiamo in quello che Lenin chiamava “abuso del concetto di imperialismo”. L’imperialismo rende tutto più complicato, e ciò richiede piuttosto un supplemento di attenzione ai mille trucchi della diplomazia e dei servizi segreti, non una chiusura in una visione economicistica.
Dopo questi clamorosi eventi del lontano passato, vediamo alcuni casi odierni. Sono note ai compagni le dichiarazioni della Clinton - ha ammesso che l’ISIS è una creatura degli USA, poi “sfuggita di mano”. Analoghe dichiarazioni, assai più esplicite, troviamo in scritti o interviste del generale Wesley Clark, del generale francese Vincent Desportes, e in siti come quello di Global Research, oltre che in molti altri. I media ufficiali si guardano bene dall’evidenziare questi fatti, ma c’è anche un modo più subdolo: non appena appare in internet o in facebook un articolo che sconfessa la visione ufficiale dei fatti, una “manina” gliene accosta un altro, che grida alla bufala. E, per ridicolizzare il presunto complottismo, mettono nello stesso calderone la denuncia dei rapporti di McCain con l’ISIS, i cerchi nel grano e gli extraterrestri, e il lettore – spettatore TV italiano, di solito disinformato, ci casca. E c’è persino chi, dopo aver sentito tali amenità in TV da Franco Di Mare, si dichiara lieto di aver pagato il canone.
Lo spionaggio, le azioni clandestine, le falsificazioni propagandistiche esistono da tempi immemorabili, Per millenni gli storici hanno creduto che Ramesse II a Qadesh avesse sconfitto gli Hittiti, mentre ebbe vita breve la bugia , diffusa dalla radio inglese, che i tedeschi, nel tentativo di conquistare la Norvegia, fossero stati ricacciati in mare. Oggi, la guerra dietro le quinte ha assunto un ruolo importantissimo. Riportiamo alcuni dati da un vecchio articolo di G. Chiesa in cui si parla di attentati del Mossad a scienziati atomici, dirigenti politici e militari iraniani, in territorio iraniano. “ L’elenco è questo: gennaio 2007. Ardeshir Husseinpur, 44 anni, scienziato che lavorava nell’impianto di Isfahan, muore “per una fuga di gas”. Gennaio 2010. Massoud Alì Ehud Barak Mohammadi, fisico delle particelle, salta in aria quando una bici, parcheggiata vicino alla sua auto, esplode. 29 Novembre 2010. Due alti dirigenti del programma nucleare iraniano, Majid Shariari e Fereydoun Abbasi-Davani vengono attaccati da due motociclisti in pieno centro di Teheran. Il secondo e sua moglie si salvano prima dell’esplosione. Abbasi-Davani era vice-presidente dell’Iran e capo del progetto nucleare. Luglio 2011. Darioush Rezaei Nejad, fisico nucleare che lavorava nell’agenzia atomica iraniana, viene sparato da un altro motociclista mentre guidava l’auto vicino alla sua casa. Novembre 2011. Una enorme esplosione si verifica a 50 km da Teheran, nella sede delle Guardie Rivoluzionarie. Muore il brigadiere generale Hassan Moghaddam (capo della divisione missilistica) insieme a 16 militari. 11 gennaio 2012. E’ la volta di Mostafa Ahmadi-Roshan, vice direttore dello stabilimento di arricchimento dell’uranio di Natanz, il quale salta in aria per una mina magnetica attaccata alla carrozzeria della sua auto. Questo è quanto riferisce Roney Bergman. Il quale assegna il merito di questa serie di eroici atti di difesa della pace a Meir Dagan, capo del Mossad..(Giulietto Chiesa, “Non farlo, Bibi”, da “Il Fatto Quotidiano” del 29 gennaio 2012)
Altrettanto importante fu la diffusione di un potente virus informatico, Stuxnet, la cui origine non è mai stata chiarita, ma di cui si sospetta la creazione da parte di Israele. (Le morti degli scienziati nucleari iraniani, 11 gennaio 2012 Il Post) L’articolo riporta anche un elenco degli scienziati e militari uccisi, preso dal Daily Telegraph, simile a quello presentato da G. Chiesa.
Queste citazioni servono a dimostrare che oggi la guerra condotta tramite servizi segreti, hacker e falsi flag ha assunti dimensioni impensabili un tempo, e può, come nel caso del nucleare iraniano, ritardare di anni un programma, con conseguenze economiche gravissime.
Di fronte a questi sviluppi, come si fa a dire che è inutile ricercare chi ha colpito Charlie Hebdo o ha ammazzato Nemtsov? Sarebbe una rinuncia a un aspetto importante dell’analisi politica, che poggia, è vero, su quella delle condizioni economiche e sociali, in cui vanno ricercate le cause ultime di contrasti e guerre, ma che non può assolutamente essere messa da parte.
Michele Basso
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