lunedì 10 ottobre 2011

Il partito unico a Cuba e la questione della sovranità nazionale, di Marta Harnecker


Il partito unico a Cuba e la questione della sovranità nazionale
di Marta Harnecker

L’esistenza di vari partiti o di uno solo non è una questione di principio, non è un dogma, dipende dalla forma concreta che adotta la lotta di classe in ogni Paese
Prima di affrontare il tema del partito unico a Cuba vorrei impostare la seguente tesi: l’esistenza di vari partiti o di uno solo non è una questione di principio, non è un dogma, dipende dalla forma concreta che adotta la lotta di classe in ogni Paese, e non è scollegato dalle dinamiche assunte dalla lotta di classe a livello internazionale.
Non dobbiamo cadere né nel feticismo del pluralismo né in quello del partito unico. Ci sono tipi di pluripartitismo puramente formali, questo succede quando due partiti diversi hanno programmi simili, come è il caso dei partiti Repubblicano e Democratico negli Stati Uniti. Questo non vuol dire però che sia sempre così, esistono forme di pluripartitismo nei quali si distinguono i diversi interessi di classe come succede in molti paesi europei e dell’America Latina.
Cosa pensare del così discusso tema del partito unico a Cuba? Anzitutto dobbiamo tener presente la realtà storico sociale che esiste in quel piccolo paese situato geograficamente a 90 miglia dell’impero più potente del mondo, e quale struttura politica e strumenti di conduzione richiedeva per portare avanti la lotta per la liberazione nazionale e il socialismo.
E’ importante cominciare chiarendo che il Movimento 26 Luglio (M 26), l’organizzazione che ha portato il processo rivoluzionario alla vittoria, era un’organizzazione politica creata da Fidel Castro e da un gruppo di rivoluzionari cubani che non si ispiravano ai classici partiti comunisti ma alle idee organizzative di José Martì.
Martì, una delle figure più rilevanti nella lotta per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna, comprovato che i patrioti non erano riusciti nella prima fase di lotta a conquistare l’indipendenza, dato il fatto che Cuba fu l’ultimo paese dell’America Latina a conquistare l’indipendenza poiché erano forti le differenze tra le forze indipendentiste. Vi erano divisioni non soltanto nel campo politico ma anche tra chi faceva politica e chi impugnava le armi. Per superare questi problemi Marti concretizzò l’idea di unire in un solo corpo tutte le forse disposte a lottare per l’indipendenza di Cuba e, allo steso tempo, di Porto Rico. Nasce cosi l’idea del Partito Rivoluzionario Cubano, con una concezione non di partito classista, ma di partito-fronte: il partito della nazione cubana che intendeva unire tutti i patrioti cubani, presenti nei diversi settori sociali, in un'unica organizzazione politica capace di superare gli errori e le divisioni del passato.
Anni più tardi Fidel, nonostante la sua concezione marxista della politica, non entra nel Partito Socialista Popolare, nome adottato dal Partito Comunista, ma nel Partito Ortodosso il quale rappresentava la piccola borghesia antimperialista radicale, e da li comincia a configurare il nucleo iniziale del movimento 26 Luglio ispirandosi alla concezione martiana del partito. Nella conformazione del movimento 26 Luglio, Fidel aveva ben presente l’importanza di unificare tutti i rivoluzionari e di conseguenza lavora per ottenere accordi unitari con le altre forze della sinistra cubana. Il Partito Socialista Popolare (PSP) e il Direttivo Rivoluzionario riescono, prima dello sbarco del Granma, a produrre un manifesto politico congiunto.
A pochi mesi dalla vittoria alcuni quadri del PSP si uniscono alla guerriglia. E’ importante ricordare che subito dopo il trionfo della rivoluzione i comunisti cubani hanno il merito storico di aver riconosciuto la leadership di Fidel Castro, cosa che molti altri partiti comunisti non sono stati capaci di fare. Nel caso del Nicaragua alcuni partiti marxisti non furono capaci di riconoscere la leadership sandinista e continuarono a lottare contro il Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN) preferendo alleanze con la borghesia.
A Cuba non vi fu il solo gesto del PSP ma anche di Fidel che, dopo il trionfo della rivoluzione, adottò una posizione patriottica e antisettaria, come lui stesso dice, lasciando il movimento 26 Luglio e adottando come sua la bandiera della rivoluzione come qualcosa di molto più grande della sua organizzazione politico militare, poiché alla rivoluzione partecipava l’intero popolo. Nel linguaggio popolare “Fidel abbandonò la camicia del partito per indossare quella della rivoluzione”.
E’ importante ricordare che dopo il trionfo, a Cuba non vi erano più partiti borghesi poiché i suoi dirigenti si erano stabiliti a Miami durante la dittatura di Batista o immediatamente dopo il suo rovesciamento. Finita però positivamente la lotta contro Batista, inizia la guerra più lunga e dura: la lotta contro l’imperialismo, già prevista e annunciata da Fidel quando era ancora sulla Sierra Maestra, in una lettera a Celia Sanchez. E’ allora che si manifesta l’importanza degli ideali di Marti di raggruppare le forze rivoluzionarie in un unico partito. In quel momento esistevano tre organizzazioni politiche di opposizione importanti: il PSP, il Direttivo e il M 26 Luglio.
Fidel sapeva che qualunque fessura si fosse creata tra le file del popolo avrebbe permesso all’imperialismo di affondare dall’interno la rivoluzione. Da qui, nella misura in cui cresceva la lotta contro gli Stati Uniti aumentavano gli sforzi per dare una struttura unica ai tre partiti. Il primo intento, due anni dopo il trionfo della rivoluzione, fu la formazione delle Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate (ORI).
Che Guevara raccontava che insieme a Fidel pensarono ad un organismo legato alle masse formato da “quadri fortemente selezionati” e ad una organizzazione “centralizzata ed elastica allo stesso tempo”; per metterla in pratica “confidarono ciecamente nell’autorità raggiunta in tanti anni di lotta dal Partito Socialista Popolare”.1
In questo contesto, contro il criterio di importanti esponenti del suo stesso partito e di Fidel, Anibal Escalante, dirigente del PSP e segretario organizzativo delle ORI, cade in deviazioni settarie e cerca di controllare il nascente organismo unitario facendo ricoprire le cariche ai militanti del PSP. Questo tipo di deviazioni vengono subito rilevate e il 26 marzo del 1962 si realizza il cosiddetto “primo processo a Escalante” dove Fidel critica il settarismo e responsabilizza di questa deviazione una parte dei quadri del PSP, specialmente Anibal Escalante. Il processo finisce e con esso il primo tentativo di unire le forze rivoluzionarie. Una delle grandi responsabilità delle ORI è quella di non essere riusciti a integrarsi con le masse.
Nello steso anno inizia un nuovo sforzo di unificazione con la creazione del Partito Unito della Rivoluzione Socialista (PURS), che risponde al carattere socialista che apertamente comincia ad assumere il processo cubano dopo l’invasione di Playa Giron. Dopo l’esperienza negativa delle ORI, si decide che siano le masse a scegliere i candidati per il partito tra i lavoratori che si distinguono, considerando molto importante che i militanti della nuova organizzazione politica abbiano pieno appoggio e godano del prestigio tra le masse. Con il tempo però il PURS non cresce.
Tre anni dopo il 3 ottobre del 1965, viene fondato il Partito Comunista di Cuba (PCC) e si costituisce il suo primo Comitato Centrale, quando ormai sono considerate superate le divergenze originali dei militanti rivoluzionari. Questa è la storia e il contesto in cui nasce il partito unico a Cuba. Va bene, si potrà dire, questa è la storia, però perché oggi quando la direzione cubana sostiene che Fidel Castro ha l’appoggio della popolazione non si permette la creazione di altri partiti? Ritengo che il seguente paragone possa aiutare a comprendere il rifiuto cubano al multipartitismo.
Perché fu così importante per il futuro di Cuba smontare i piani dell’imperialismo con l’invasione di Playa Giron? Poiché era fondamentale impedire che venisse stabilita una testa di ponte controrivoluzionaria, che permettesse di instaurare a Cuba un governo provvisorio che avrebbe ricevuto immediatamente tutto l’appoggio degli Stati Uniti per riconquistare, da quel momento, il resto del territorio. Allo stesso modo, permettere a Cuba la creazione di altri partiti politici in momenti in cui le forze mondiale sono sfavorevoli al socialismo, avrebbe significato accettare in territorio nazionale cubano una testa di ponte politica che tramite quel canale avrebbe fatto penetrare a Cuba la propaganda politica e i mezzi della controrivoluzione con sede a Miami e lo stesso governo degli Stati Uniti. Sarebbe assurdo che dopo quarant’anni di sviluppo indipendente e sovrano, i cubani, per soddisfare le richieste di alcuni settori auto proclamatisi “Democra-tici”, cedessero spazio gratuito alla controrivoluzione. Sarebbe un’enorme ingenuità politica. La storia è piena di questa ingenuità. Gorbachov portò al disastro il campo socialista, come ripetere un errore simile2.
Vorrei chiarire che sto parlando della situazione vissuta attualmente da Cuba. Se queste condizioni cambieranno, se cambieranno i rapporti di forza a livello mondiale, se l’imperialismo riuscisse ad accettare una necessaria convivenza con regimi che non condividono il suo sistema di governo né la sua concezione del mondo, questa situazione potrebbe variare.
Se in futuro con un altro rapporto tra le forze mondiali, le masse cubane chiederanno la formazione di altri partiti, penso che la direzione cubana non si opporrebbe e si aprirebbe una discussione in merito. Ma nessuno che abbia un minimo di rappresentatività a Cuba sta chiedendo oggi che si formi un altro partito.
Ritengo che questo partito unico, che si ispira alla concezione martiana del Partito della Nazione Cubana, non può essere considerato oggi esclusivamente come un partito operaio-contadino, deve essere considerato come un partito di tutti i laboratori, il che significa tener in conto espressamente gli ampi settori di professionalità formati, in tutti i campi, dalla rivoluzione in questi quarant’anni. E’ fondamentale che si creino spazi di partecipazione politica specifici per questi settori, affinché tutto il suo potenziale intellettuale possa trovare canali di espressione che permettano di contribuire, con idee e iniziative, alle grandi sfide che la rivoluzione deve oggi affrontare.



Note:

1. Ernesto Che Guevara, “Il partito marxista-leninista” (1963), in Scritti e Discorsi, Editoriale Politica, l’Avana, 1985, t.7, p.10.

2. La storia dirà se fu ingenuità o tradimento.

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