’’Trionfi,
la Rivoluzione
nazionale sarà socialista; arrestino il suo slancio, la borghesia colonizzata
prenda il potere, il nuovo Stato, ad onta d’una sovranità formale, resta nelle
mani degli imperialisti’’ Jean-Paul Sartre
‘’I
fascisti non sono esseri umani. Un serpente è più umano di un fascista’’ Hugo
Chavez
‘’La
misura della menzogna è il fattore decisivo per farla credere, poichè le grandi
masse di una nazione sono, nel profondo del cuore, più facilmente ingannate,
piuttosto che consapevolmente e intenzionalmente cattive. La primitiva
semplicità delle loro menti le rende facile preda di una bugia grande, anzichè
di una piccola, anche perchè esse stesse spesso raccontano piccole bugie, ma si
vergognerebbero di raccontare grandi bugie'' Adolf
Hitler
1. Un
recente intervento del compagno Riccardo Achilli prende in esame, a mio avviso
molto bene, l’attuale situazione del Venezuela chavista spiegando, con
puntualità, meriti e debolezze della, così detta, ‘’rivoluzione bolivariana’’.
L’articolo di Riccardo critica prevalentemente le contraddittorie posizioni
interne alle varie anime di sinistra, sostenendo (a ragione) che il motivo
della debolezza di queste critiche risiede nella vergognosissima compromissione
della sinistra occidentale (per me schifosissima ‘’sinistra colta’’) con le
oligarchie economico-finanziare, promotrici di un inedito cosmopolitismo
hitleriano.
In
questo articolo non farò una analisi della situazione politica e sociale del
Venezuela (a parte un paragrafetto introduttivo), anche perché Achilli è un
bravissimo economista e potrebbe fare ciò un milione di volte meglio di me, ma
(cosa che più mi compete) cercherò di spiegare come gli sgherri del Gran
Capitale cercano di creare l’opinione pubblica adatta per rovesciare ‘’Stati
canaglia’’ tipo il Venezuela. Dirò subito, senza ipocrisie, che davanti i colpi
di coda dell’imperialismo americano, queste brevi note vogliono prendere le
parti del modello bolivariano, a cui va dato un sostegno critico (un po’ come fece
il MIR con Allende), ma di certo da difendere in tutti i modi dalle minacce
dell’imperialismo.
2. Prima
di affrontare il problema della disinformazione di regime, dirò due cose –
direi che sono obbligato ad introdurre così la questione – sulla natura sociale
del Venezuela. Di mio tendo a definire i regimi nazional-progressisti (dal
‘’socialismo arabo’’ al bolivarismo) come ‘’Dispotismi sociali’’ (formula che
mi sembra più corretta rispetto a ‘’capitalismo di stato’’) dove le borghesie
nazionali, per fronteggiare l’imperialismo, fanno ‘’blocco sociale’’ con il
‘’proletariato’’. La fragilità della società civile (l’abbiamo visto con la Libia o con l’Irak) comporta
il passaggio dal ‘’centralismo democratico’’ al conseguente ‘’centralismo
burocratico’’, in pratica ciò che Gramsci chiamò ‘’statolatria’’. Non è casuale
che nel Nord Africa il Partito Ba’th abbia strozzato (usando anche la legge
islamica che vieta l’usura) le borghesie mercantili, creando un forte ‘’blocco
sociale’’ (rapporto di produzione + ideologia) a suo sostegno.
Una
notevole studiosa, eroica figura del movimento operaio cileno fuggita al regime
di Pinochet, come Marta Harnecker (di scuola althusseriana), nonostante queste
contraddizioni ha individuato nel progetto di Chavez una possibile alternativa
al neo-capitalismo. Dalla rivoluzione politica a quella sociale? Speriamo,
staremo a vedere.
Adesso
posso affrontare il problema delle strategie di controllo usate dall’impero,
partendo, in primis, da una analisi dello scontro fra le potenze che è in atto,
e poi inquadrando il ruolo dei mass media. Mi metto al lavoro con la speranza
di dare a chi legge una idea chiara della situazione.
3. Un
importante teorico marxista come James Petras ha delineato questa gerarchia
imperiale (con cui mi sento di concordare in buona parte):
''I. Gerarchia
dell’Impero (dall’alto verso il basso)
A.
Stati Centrali Imperiali (CIS)
B.
Potenze Imperiali di recente Emergenti (NEIP)
C.
Regimi Vassalli Semi-autonomi (SACR)
D.
Regimi Vassalli Collaboratori (CCR)
II. Stati
Indipendenti:
A.
Rivoluzionari
Cuba
e Venezuela
B.
Nazionalisti
Sudan,
Iran, Zimbabwe, Corea del Nord
III. Aree
di contrasti e Regimi in Transizione
Resistenze
armate, regimi eletti, movimenti sociali''.
A me
interessa principalmente approfondire il secondo punto, quello sugli Stati
indipendenti, mentre sul primo e sul terzo punto segnalo subito alcune
cose di particolare interesse.
All’interno
di questa carneficina planetaria Istrale, lo Stato assassino e terrorista di
Israele, è una anomalia, perché da una parte è una potentissima forza
neocoloniale, e dall’altra, tutto questo arsenale omicida fa capo ad un piccolo
stato con una popolazione (che promuove campagne di boicottaggio interne contro
le sue borghesie imperialistiche) molto modesta, almeno come densità
demografica.
Ciò
significa, o almeno potrebbe significare, che siamo oltre alla involuzione
nazionalistica descritta da Lenin nei testi sull’imperialismo; comunque
l’argomento è complesso e meriterebbe un saggio a parte, non posso di certo
argomentare in questa sede.
Per
ciò che riguarda il terzo punto la mia posizione è sempre stata chiara: i
movimenti di liberazione nazionale vanno sostenuti, senza se e senza ma, perché
al momento sono i soli in grado di infligge dei colpi mortali all’impero
centrale, marcato Usa-UE.
4. Passo
al secondo punto per poi arrivare al Venezuela.
Petras
dice:
‘’
Sfide al sistema imperiale arrivano da due fonti: gli stati relativamente
indipendenti e i movimenti forti socialmente e politicamente.
Gli
stati “indipendenti” sono regimi che si oppongono e per questo sono presi di
mira dagli stati imperiali. Questi “indipendenti” includono il Venezuela, Cuba,
l’Iran, la Corea
del Nord, il Sudan e lo Zimbabwe. Quello che caratterizza questi regimi
come ‘indipendenti’ è la loro volontà di respingere le politiche delle potenze
imperiali, e in particolar modo gli interventi militari imperiali. Inoltre
respingono le pretese imperialiste di accesso incondizionato ai mercati, di
risorse e di basi militari.
Questi
regimi si differenziano notevolmente in termini di politiche sociali,
dall’entità del sostegno popolare, dalle loro identità secolari-religiose,
dallo sviluppo economico e dalla consistenza nell’opporsi alle aggressioni
imperialiste’’.
James
Petras è fra più bravi marxisti che ci sono in circolazione e i suoi testi mi
sono sempre di grande aiuto, però questa volta non sono d’accordo con lui.
Diffido fortemente dalle ‘’rivoluzioni su base religiosa’’ tanto più che le
ideologie pre-industriali hanno spesso nascosto il volto dell’imperialismo, sia
da parte delle borghesie compradore, che da parte delle borghesie nazionali in
espansione.
Le
classi dominanti fanno in modo che le masse sfruttate si difendano
dall’alienazione coloniale esasperando l’alienazione religiosa, e cumulando le
due alienazioni; l’una si rafforza con l’altra.
A
riguardo ci sono delle bellissime pagine di Jean-Paul Sartre e Franz Fanon i
quali, non si limitano all’analisi del neo-colonialismo, ma colgono anche il
movente psicologico del ‘’nazionalismo anti-coloniale’’.
Petras
mi scuserà ma l’Iran è un baluardo dell’anticomunismo (cosa che lui sicuramente
sa, ma nel testo che menzionerò nelle note non ne fa cenno), dove i comunisti
del Tudeh o del Partito comunista operaio dell’Iran sono fuorilegge dal 1988, e
che ora fa la parte dell’ ‘’antimperialista’’ solo perché si sta scontrando con
gli interessi degli Stati Uniti in una geo-zona (Medio Oriente)
importantissima.
Considerazioni
non da poco dato che l’Iran è uno dei maggiori partner commerciali del
Venezuela, ma, dall’altra parte, questa politica estera (molto cinica, si pensi
ai rapporti con Cina e Russia) ha permesso a Chavez di concludere accordi
vantaggiosi (tenere lontani gli Usa) e fare una ottima redistribuzione della
ricchezza.
Prendendo
in esame la politica internazionale degli ‘’Stati indipendenti’’ ci sono forti
analogie con il ‘’Movimento dei non allineati’’ di Tito e Nasser, con
condizioni differenti, basi ideologiche molto distanti, e soprattutto una
situazione geo-politica mono-centrica e priva di bilanciamenti
(conseguentemente drammatica).
Utilizzando
il metodo di chi aderisce alla Sinistra Comunista dovrei bollare il tutto come
‘’formazione del mercato nazionale’’, senza considerare i rapporti di forza
internazionali, e le spinte interne che questi governi ricevono da una base
sociale certamente anticapitalista (si pensi al carattere di classe
dell’indigenismo). Sono convinto che bisogna uscire dal mono-centrismo e se
questi accordi ‘’compromettenti’’ possono indebolire Washington che ben
vengano. Ogni tanto ci vorrà anche un po’ di cinismo, non siamo mica ad un
‘’pranzo di gala’’.
Chiarita
la mia posizione sulla politica estera, esaminerò alcuni cavalli di battaglia
dell’ ‘’impero’’ per destabilizzare la Repubblica bolivariana.
5. Primo
punto: il pluralismo. Per pluralismo in questo caso si intendono le libertà
economiche, e quindi all’autoritarismo di uno Stato che controlla sempre di più
l’economia si contrappongono le ricette neo-liberali. Il pluralismo è un
eufemismo utilizzato dagli intellettuali filo-imperialistici perchè, in realtà,
i partiti in regime capitalistico, complessivamente, rappresentano, nessuno
escluso, gli interessi della classe borghese. Il fatto che nessuno metta in
dubbio il dogma del mercato (come negli Usa o in Europa) ne è la prova.
Secondo
punto: la centralizzazione del credito bancario. In questo caso si fa
riferimento alla nascita del Banco del Bicentenario del Venezuela. Le banche
centrali negli Usa e in Europa seguono gli spostamenti dei capitali finanziari,
distruggendo le sovranità nazionali, e macellando i ceti più deboli con la
questione del debito pubblico. Marx nel Capitolo 24 del primo libro di ‘’Il
Capitale’’ chiama questo sistema ‘’bancocratico’’.
La
centralizzazione del credito bancario, nel caso venezuelano, risponde alle
necessità di incentivare la democrazia partecipativa, e il controllo sociale
della ricchezza.
Non
amo mitizzare il marxismo, ma Marx nel Manifesto dice chiaramente:
‘’
Accentramento del credito in mano dello Stato mediante una banca nazionale con
capitale dello Stato e monopolio esclusivo’’.
Le
critiche dei liberali si dimostrano debolissime.
Terzo
punto: le politiche aperte. Questa è una vecchia storia: gli Usa finanziano le
Organizzazioni non governative, le reti studentesche, i movimenti colorati, per
rovesciare Stati che fanno una politica interna ed estera a loro avversa. Ne ho
già parlato altrove quindi non ritorno sull’argomento.
Petras
pone l’accento sulla nozione gramsciana di ‘’società civile’’. La società civile
per Gramsci ha certamente le divisioni di classe, ma la borghesia
imperialistica parla (al contrario) di ‘’società civile organizzata’’ (termine
caro a Gene Sharp) interpretandola come amalgama sociale. Quindi la storia è
sempre la stessa: da una parte il dittatore cattivo e dall’altra il popolo che
vuole libertà democratiche.
L’eufemismo
più importante è economia di mercato. Un marxista sa che le economie
capitalistiche necessitano di un mercato ideologico e di un mercato politico, e
questo fa si che il dissenso venga fatto fuori direttamente dai monopoli
informativi. La forza del capitalismo sta nella sua flessibilità cosa capita
molto bene da Marcuse che parlò di ‘’tolleranza repressiva’’ e da Lukàcs che
parlò di ‘’democrazie manipolate’’.
E’
triste vedere come certe critiche sono fatte proprie anche dalla sinistra
socialdemocratica, dai ‘’comunisti per bene’’, e dalla sinistra libertaria. I
tentacoli dell’impero sono più insidiosi di quello che si possa credere.
6. La
strategia imperialistica in Venezuela si basa sulla creazione degli ‘’Angoli
americani’’. Questi angoli sono delle piccole ambasciate di Washington sparse
in tutto lo Stato preso di mira. La ex Jugoslavia ne aveva 22 (di cui 7 in Serbia), l’Ucraina 24, la Bielorussia 11, la Russia 20, e l’Irak 11. I
più importanti si trovano nelle ex Repubbliche popolari, e se noi pensiamo che
quegli Stati sociali hanno funzionato fino all’ultimo, capiamo il movente
interno che ha portato alla attuale catastrofe.
In
Venezuela ci sono 4 ‘’Angoli americani’’ che gli Usa finanziano spendendo circa
5 milioni dollari all’anno (Jim McIlroy & Coral Wynter, "Eva Golinger:
Washington's 'three fronts of attack' on Venezuela," Green Left Weekly, 17
November 2006).
Pascal
Fletcher, molto ben documentato, dimostra come gli Usa abbiano affidato la
destabilizzazione del Venezuela a Robert Helvey che già addestrò attivisti e
studenti filo-Usa per il rovesciamento di Milosevic. Abbiamo tutti presente il
ruolo dell’OTPOR, esperienza che si è replicata in tutto il mondo, e che le
mafie di Miami hanno riproposto anche a Cuba. La ‘’sinistra colta’’ ovviamente
si gusta il feticcio della democrazia.
Neil
Foley, professore in Texas di storia, ha fatto in Venezuela e Bolivia, non
molto tempo fa, seminari sulla ‘’cultura americana’’. Il punto centrale del suo
insegnamento – ovviamente lui ha fatto questi seminari abbondantemente pagato
da Washington – è che se un Paese non corrisponde ai parametri di ‘’democrazia
e dialogo americani’’ deve essere rovesciato. Insomma, c’è un triste filo nero
che collega Foley a Gene Sharp, per poi arrivare ai loro emuli italioti,
delinquenti come Don Ciotti e Marco Travaglio.
Infine
ci sono gli immensi monopoli mediatici, si pensi alla RCTV, controllati dal
Condor, cosa che ricalca la tragedia serba, dove l’informazione era in mano
agli yankee e alle massonerie franco-tedesche (altro che Milosevic dittatore!).
7. La
mia analisi si ferma qui. Il bolivarismo nasce come ideologia anticolonialista,
ha un carattere autoctono (si parla di ‘’socialismo latino-americano’’),
presenta certamente delle ambiguità di fondo, ma la difesa delle conquiste fino
ad ora ottenute dai movimenti che ne fanno capo è il punto di partenza per
sfondare le roccheforti del neo-capitalismo imperante.
Note:
1)
James Petras ‘’Analisi sull’Impero:
gerarchie, architetture, clientele’’, Global Research, 19
marzo 2007
2)
James Petras ‘’ Venezuela:
dizionario degli eufemismi della sinistra progressista’’
3)
Chris Carlson ‘’ La nuova
strategia imperiale di Washington in Venezuela’’
Fonte:
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1830
Stefano
Zecchinelli
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