domenica 24 febbraio 2019

La “nuova guerra fredda” secondo Thierry Meyssan, di Stefano Zecchinelli


‘’La stampa non ragiona con metodo scientifico: non mette mai in discussione le proprie ipotesi’’ (Thierry Meyssan)
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Il giornalista Thierry Meyssan ha analizzato, con documenti inoppugnabili, la politica estera USA partendo dai fatti (oscuri) dell’11 settembre del 2001 fino al tentativo di utilizzare l’Islam politico per far sprofondare il Medio Oriente nella guerra di civiltà (prima arabi contro ebrei ed ora arabo-israeliani contro persiani). La ricerca storico-giornalistica Sotto i nostri occhi. La grande menzogna della ‘’Primavera araba’’. Dall’11 settembre a Donald Trump, Editore La Vela, non è stata recensita e messa in discussione da nessun giornalista investigativo italiano, lasciando un vuoto negli studi degli esperti di geopolitica. Lo studio di Meyssan ruota attorno al concetto di Teopolitica; la distruzione degli Stati nazionali esterni al mondo globalizzato poggia sulla manipolazione delle religioni monoteistiche, quindi la prima parte del libro è una dettagliata e ragionata storia della Confraternita dei Fratelli Musulmani. Seguirò, passo dopo passo, l’approccio metodologico del giornalista francese traendone le dovute conclusioni.

Islam politico ed imperialismo

La dottrina dei Fratelli Musulmani corrisponde all’Islam politico il quale si definisce islamismo. Secondo il fondatore della Confraternita, Hasan al-Banna, il movimento avrebbe perseguito questi obiettivi: (a) ‘’una riforma della legislazione e l’unione di tutti i tribunali sotto la Sharia’’; (b) il reclutamento militare per istruire un servizio volontario sotto la bandiera del jihad; (c) il collegamento dei paesi musulmani e la preparazione per la restaurazione del Califfato, applicando l’unità richiesta dall’Islam (pag. 131- pag. 132). Il movimento islamista, dalla metà degli anni ’40, diede inizio ad una escalation di assassinii politico-religiosi attirando l’attenzione di CIA e MI6 britannico; l’intelligence angloamericana non poteva lasciarsi sfuggire una organizzazione settaria capace di trasformare, nel giro di pochissimo tempo, i propri aderenti in spietati assassini.
Poco più avanti Meyssan ci svela la natura (fascista) della Confraternita:
“Quando la CIA organizza un convegno presso l’Università di Princeton sulla ‘’situazione dei musulmani in Unione Sovietica’’, si presenta l’occasione per ricevere negli USA la delegazione guidata dal capo dell’ala militare dei Fratelli musulmani, Said Ramadan. Nel suo rapporto, l’agente della CIA incaricato di monitorarli rileva che Ramadan non è un estremista religioso, ma piuttosto un fascista; un modo per sottolineare il carattere esclusivamente politico dei Fratelli musulmani. Il convegno si conclude con un ricevimento alla Casa Bianca organizzato dalla presidenza Eisenhower, il 23 settembre 1953: l’alleanza tra Washington e il jihadismo viene così siglata” (pag. 135)
La tesi (esatta) del ‘’jihadismo made in USA’’ è la linea interpretativa della ricerca storica.
Esiliati dall’Egitto panarabo, il Fratelli trovarono rifugio in Arabia Saudita dove, giurando fedeltà al re, si divisero in due sette: i Fratelli sauditi ed i ‘’sururisti’’. Questi ultimi cercarono una inedita fusione fra l’ideologia wahabita ed il jihadismo predicato da Sayyid Qutb. In realtà l’Islam saudita e quello dei Fratelli hanno poco in comune; la sete di sangue della Confraternita impedisce alla monarchia di garantirgli agibilità politica, per cui la famiglia reale si impegna nel sostenere, su scala planetaria, i seguaci di Qutb a condizione che si astengano dal cercare di fare politica in Arabia Saudita. L’imperialismo USA ha tratto vantaggio dall’alleanza strategica degli islamismi, garantendogli copertura politica e mediatica. Una scuola di ‘’politicamente corretto’’, sapientemente allestita dalla CIA, istruì i predicatori sul linguaggio da adottare davanti al grande pubblico.
La strategia Carter-Brzezinski rappresenta un cambiamento sostanziale: ‘’L’Arabia Saudita, che in precedenza ha finanziato gruppi islamisti, diviene responsabile della gestione dei fondi contro i sovietici. Il direttore generale dell’intelligence saudita, il principe Turki – figlio del re dell’epoca, Faysal -, si trasforma in una figura chiave presso tutti i vertici occidentali’’ (pag. 144). La geopolitica anti-sovietica di Washington, s’incontra con la dottrina sulla scontro di civiltà di Sayyid Qutb: il nemico principale, secondo l’Islam politico, veniva dalla cultura asiatica basata sulla divisione fra filosofia ed etica. Una cosa inaccettabile per dei fanatici (anti)religiosi.
Nelle pagine successive, Meyssan ricostruisce i rapporti fra l’Internazionale jihadista e la sinistra radicale anti-sovietica:
“Nel 1983 il presidente Ronald Reagan affida a Carlo Gershman – ex leader del Social Democrats USA – la direzione della nuovissima National Endowment for Democracy, un’agenzia che dipende dall’accordo dei ‘’Cinque Occhi’’ e che opera sotto le mentite spoglie di organizzazione non governativa. E’ la ‘’facciata’’ legale dei servizi segreti australiani, inglesi, canadesi, statunitensi e neozelandesi. Gershman, che ha già collaborato con i suoi compagni trotskisti e amici Fratelli musulmani in Libano, Siria e Afghanistan, realizza una vasta rete di associazioni e fondazioni che CIA e MI6 utilizzano per sostenere la Fratellanza, ove possibile. Si rifà alla ‘’Dottrina Kirkpatrick’’, secondo la quale tutte le alleanze sono giuste se utili agli interessi degli Stati Uniti” (pag.146).
Gli USA, dopo la Gladio neofascista occidentale, costituirono una Gladio islamica. La strategia della tensione prevede tre fasi.
  • Demoralizzare ed esaurire lo Stato attaccandolo nei punti meno protetti.
  • Quando lo Stato si sarà ritirato dalle periferie e campagne, conquistare alcune zone, controllarle imponendo la Sharia per segnare il passaggio ad un regime teocratico. In questo periodo si avvierà una guerra di posizione contro le istituzioni democratiche.
  • Proclamare lo Stato islamico.
I wahabiti hanno rielaborato la dottrina neoconservatrice sullo scontro di civiltà, conducendo una guerra permanente contro gli sciiti ed i governi laici. La costruzione di ‘’infrastrutture islamiche’’ presuppone materiali, ingegneri ed architetti, per questo l’ISIS gode del sostegno di Arabia Saudita, Qatar ed Israele. La guerra contro Libia, Siria ed Iran rappresenta un conflitto fra formazioni economico-sociali: il mondo globalizzato contro le economie non neoliberiste. Una guerra che Gheddafi purtroppo ha perso, ma il presidente Bashar al-Assad sta vincendo cooperando alla pari con altre nazioni non sottomesse alla Dottrina Bush.
L’idillio fra la CIA e l’Islam politico venne (momentaneamente) interrotto dalla rivolta antimperialista sciita del 1979. Si trattò di una rivoluzione nazionale e democratica organizzata dal musulmano marxista Ali Shariati, non priva di contraddizioni come ho spiegato pochi giorni fa: ‘’L’Islam sciita iraniano è prigioniero di una enorme contraddizione: osteggia tanto l’imperialismo quanto il socialismo, per questo il clero islamico ha portato avanti selvagge repressioni anticomuniste. La distruzione delle forze socialiste unita alla marginalizzazione dei patrioti antimperialisti, subito dopo la guerra imposta contro l’Iraq (1980-’88), facilitò il compito (su mandato degli USA) del clan Rafsanjani: imbalsamare il processo rivoluzionario, schierando la Repubblica iraniana dalla parte dell’imperialismo USA davanti alla distruzione pianificata della Jugoslavia. L’Iran venne messo alle corde’’ 1. Da qui l’elezione del nazionalista radicale Ahmadinejad (2005), la ‘’rivoluzione colorata’’ del 2009 e la reazione del Grande Ayatollah Khamenei: ‘’Le pressioni della fazione ‘’persiana’’ del capitalismo nazionale, obbligarono il Grande Ayatollah” Khameini ad appoggiare il progetto dello sceicco Hassan Rohani: una negoziazione (conclusa nel 2015) sul programma nucleare in cambio del riconoscimento statunitense. L’Iran, in contrapposizione al mondo sunnita e all’estrema destra israeliana, avrebbe svolto un ruolo da autentica potenza regionale, in conformità alle ‘’regole’’ dettate dai padroni del mondo ’’ (Ibidem). Nel 2018, delle proteste popolari (operaie e contadine) hanno attraversato la nazione persiana, ma questa volta (spiega Meyssan) sono le campagne che fischiano i ricchi borghesi di Teheran; l’ala più populista ed antimperialista della Shia è entrata apertamente in contrapposizione con la ricchissima borghesia del bazar, una sorta di lotta di classe nella variante islamica.

Che cos’è la teopolitica?

Dal 12 al 14 ottobre 2003 si svolse uno strano incontro all’hotel King David di Gerusalemme, intitolato: ‘’Israele è un’alternativa etica al totalitarismo orientale e al relativismo morale occidentale. Israele è il ‘Ground Zero’ della battaglia centrale per la sopravvivenza della civiltà. Israele può essere salvato, insieme al resto dell’Occidente. E’ tempo di unirsi a Gerusalemme’’ (pag. 210). Quella poc’anzi riportata è – in estrema sintesi – la matrice ideologica del neoconservatorismo. L’evento è finanziato dalla mafia russo-israeliana, mentre i partecipanti hanno tutti la medesima convinzione: la Teopolitica. Thierry Meyssan aggiunge ulteriori dettagli:
L’incontro turba i progressisti israeliani, soprattutto perché alcuni oratori alludono a Baghdad, occupata sei mesi prima, come all’antica ‘’Babilonia’’. E’ evidente che, per loro, la teopolitica a cui si rifà il Congresso è una riproposizione del talmudismo. Questa scuola di pensiero – di cui Leo Strauss era un esperto – interpreta l’ebraismo come un’antica preghiera del popolo ebraico per vendicare i crimini egiziani contro i loro antenati, la deportazione a Babilonia per mano degli Assiri e persino la distruzione degli ebrei europei da parte dei nazisti. Ritiene che la ‘’dottrina Wolfowitz’’ stia preparando l’Armageddon – la battaglia finale – che imporrà il caos prima nel Grande Medio Oriente e poi in Europa. Una distruzione generale che rappresenterà la punizione divina per chi ha fatto soffrire il popolo ebraico’’ (pag. 211)
In questa prospettiva, l’imperialismo israeliano andrebbe inquadrato come il braccio armato dei neoconservatori. Una concezione della conflittualità geopolitica considerata crudele anche da diversi pezzi d’establishment. L’uomo che ha portato avanti questa ‘’dottrina’’, Elliot Abrams, promosse l’idea di dividere preventivamente il mondo: da un lato una zona stabile governata dagli Stati Uniti, dall’altro un’ampia zona senza Stati da cui l’impero attingerebbe materie prime. Si tratta di una teoria proposta al Pentagono dall’ammiraglio Arthur Cerebrowski e diffusa dal suo assistente Thomas Barnett. Gli USA vorrebbero assicurarsi che nessuno Stato del mondo non globalizzato possa ergersi a rivale degli antichi colonizzatori; Washington per stabilizzare il suo dominio ha cinicamente deciso di distruggere una porzione del pianeta. Gli Stati vassalli si troverebbero costretti ad elemosinare l’aiuto della CIA, mangiucchiando le briciole delle proprie risorse naturali.

L’insurrezione Trump?

Durante la campagna elettorale del 2016, l’imprenditore edile Donald Trump denunciò l’usurpazione del potere da parte di un gruppetto di cui Hillary Clinton era la candidata. Scrive Meyssan: ‘’Esortò a servire il popolo, cioè a restaurare la Repubblica e mise in guardia contro il terribile conflitto interno che stava sobbollendo. All’inizio fu visto come un pazzoide, ma eliminò uno a uno i suoi 16 concorrenti nel partito repubblicano, vinse le primarie e fu eletto’’ (pag. 332). L’establishment reagì:
“Per mantenere la realtà del potere e rimuovere il presidente Trump, il ‘’governo di continuità’’ ha deciso di applicare la ‘’dottrina Wolfowitz’’ nel proprio paese. Dopo aver sperimentato il caso creato dall’impiccagione di Saddam Hussein e dal linciaggio di Muammar Gheddafi, sembra voler distruggere Stati Uniti, Francia e Germania attaccando apertamente il presidente Trump e gli eventuali presidenti francesi e cancellieri tedeschi” (pag. 338)
Si tratta di una novità storica: come ha sottolineato James Petras, gli USA hanno sperimentato sulla propria pelle il loro stesso golpismo neofascista. Questa volta è la sinistra ‘’politicamente corretta’’ a fare da apripista allo Stato Profondo. L’America Latina è l’ago della bilancia: ‘’C’è però da dire che i progressi nel Grande Medio Oriente non impediscono agli ex responsabili strategici per la democrazia mondiale di portare avanti i propri piani in America Latina. Nella cerchia di Elliot Abrams si immagina una primavera latina nel nord-ovest del continente sudamericano e nei Caraibi. Il progetto viene avviato in Venezuela, accompagnato da alcune vittime durante le manifestazioni: un appello all’insurrezione della polizia e dell’esercito e persino la creazione di un tribunale parallelo’’ (pag. 346). Secondo l’analista francese tutto rientra in una ‘’nuova guerra fredda’’ che vede l’attuale amministrazione Trump e il governo russo alleati contro contro lo Stato Profondo(cioè i servizi segreti, le intelligence, la CIA ecc.) e il capitalismo transnazionale, giudizio frettoloso oggigiorno parzialmente ritrattato:
In questo lasso di tempo si sono moltiplicati i segnali di abbandono da parte dell’amministrazione Trump della propria politica estera e di difesa, nonché di convergenza con l’imperialismo statunitense. Considerati i metodi di governo del promotore immobiliare, il capovolgimento potrebbe essere solo apparente e destinato a essere rimesso in discussione il 15 febbraio, data di scadenza dell’accordo sul bilancio. Comunque sia, per il momento numerosi elementi inducono a ritenere che Trump abbia rinunciato a realizzare i cambiamenti promessi” 2
‘’Il neoconservatorismo è una forma di trotskismo, dunque ideologicamente di estrema sinistra, legatosi all’apparato statale durante l’amministrazione Reagan. A ogni alternanza politica i suoi partigiani hanno continuamente oscillato da destra a sinistra e viceversa. Si sono opposti all’elezione di Trump, cui però ora si sono aggregati’’ (Ibidem)
La strada per la pace è ancora lunga, l’imperialismo non può essere abolito tramite decreto ed il riformismo sociale non basta a trasformare un Impero in una Repubblica.

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Fonte: http://www.linterferenza.info/cultura/la-nuova-guerra-fredda-secondo-thierry-meyssan/?fbclid=IwAR1qHFZJb_2HD3gn0S1-vV9PWC6o1BnkGrKT3SYyWRidDwYYSujEjvfxQyA

lunedì 18 febbraio 2019

De último minuto: Trotsky fue agente del FBI, por Freddy Yépez

Definitivamente, Internet es algo grandioso y maravilloso para la enseñanza y el aprendizaje si sabe utilizarse como fuente del conocimiento. Indagando sobre las visitas de Rockefeller a la Rusia de Lenin me encontré con una pieza, así lo pienso, de la mentira grotesca, sucia, infame, desgraciada, irrespetuosa y perversa: que el camarada Trotsky era informante del Gobierno de Estados Unidos… Pero, pero así no lo titulan en su campaña de desprestigio contra el gran maestro revolucionario sino que lo hacen con la siguiente perversión: “Trotsky fue un agente del FBI”. Comenzando se desenmascara la muy mala intención de los enemigos de Trotsky.
         El imperialismo es capaz de todo lo asqueroso en relación con la mentira. No tiene reparo ni escrúpulo de ninguna especie en crear informaciones, matrices de opiniones y todo género de mentiras para convertir una víctima en victimario, para desprestigiar líderes o personas, para desfigurar la personalidad de hombres y mujeres que han dejado sus nombres muy en alto en la lucha de clases como en los combates y batallas contra el capitalismo y por el socialismo o comunismo. A Lenin lo acusaron de ser agente del imperialismo alemán como a Trotsky lo acusaron, uniéndose también a la falacia o la mentira el Gobierno Soviético presidido por Stalin, de ser agente de todos los gobiernos imperialistas y, por si fuera poco, de traidor a la patria URRS.
         Dicen que Rockefeller estuvo emocionado del mural pintado por Diego Rivera en el edificio RCA en su complejo en New York hasta que se dio cuenta que Lenin aparecía en el mural. Le pidieron a Diego que lo borrara, pero éste se negó por lo cual cubrieron el mural para que no lo vieran y después lo destruyeron. Los oligarcas se indignaron de ver al jefe bolchevique pintado en la fallada de un edificio de uno de los hombres más ricos de su tiempo y en plena nariz del imperialismo.  Rivera, en cambio, volvió a pintar ese mural pero en el Palacio de Bellas Artes en Ciudad de México.
         El mundo conoció la amistad que unió a Trotsky con Rivera pero igualmente de su enemistad y alejamiento total que acabó para siempre con la relación de  camaradería entre el gigante de la política revolucionaria y el gigante del arte muralista. Pero también sabe el mundo político las contradicciones no sólo de Trotsky con el régimen soviético dirigido por Stalin sino del muralista Rivera con el partido comunista mexicano. Rivera fue un crítico radical al pacto que sellaron Stalin y Hitler en 1939, lo cual le valió serias arremetidas de comunistas mexicanos contra él. Sin embargo, en honor de Rivera, la Historia condenó ese pacto que fue utilizado por el nazismo para ganar tiempo y enredar a la dirección del Estado soviético que luego se vio obligada a responder al nazismo porque Hitler violentó conscientemente toda la relación de no agresión que antes había firmado con Stalin y que éste creía cumpliría al pie de la letra.
Rivera fue expulsado del Partido Comunista. Y varios años después comenzó a ser acusado de trabajar para el Gobierno estadounidense, pasarle información al FBI, según unos investigadores del país imperialista. Pero esos investigadores, quién sabe pagados por quién, decidieron ir más lejos como si el mundo político (de derecha, de izquierda o del centro) es totalmente integrado por bobos, gafos o tontos útiles, sacaron a flote que el camarada Trotsky, ese que fue Presidente del Soviet de Petrogrado, ese que dirigió la Insurrección de Octubre de 1917, ese que organizó el Ejército Rojo en un año, ese que aportó al marxismo la teoría de la Revolución Permanente,  ese que fue el revolucionario más odiado por los imperialistas, los socialdemócratas, los reformistas, los revisionistas, también fue un informante del Gobierno de Estados Unidos. La muy mala intención de los “investigadores” estadounidenses no deja duda de ninguna naturaleza.
Pero, para que no les caiga la maldición de Malinche a los que crean en esa falacia, aceptemos que efectivamente el camarada Trotsky informaba no específicamente al Gobierno de Estados Unidos sino a muchos gobiernos en el planeta. Pero también lo fue el camarada Lenin. Ahora lo que debe tenerse muy claro es qué tipo de información daban, por ejemplo, los camaradas Lenin y Trotsky a otros gobiernos. Sencillo: denunciaban las pretensiones de los imperialistas, expresaban las inquietudes de la revolución y del socialismo y eso lo hacían de forma pública y no en secreto, porque la diplomacia de la Revolución Bolchevique fue, desde el primer momento, pública y no secreta. Ahora nadie, absolutamente nadie, puede acusar a los camaradas Lenin y Trotsky debe haber informado unas sola palabra, pública o privadamente a ningún Gobierno en el mundo, sobre las acciones que planificaban para impulsar la lucha revolucionaria y que debían ser sorpresivas para los enemigos del proletariado y del socialismo.
Sabemos, por ejemplo, que el camarada Trotsky le informó a muchos gobiernos capitalistas sobre los planes del nazismo, de Hitler, sobre las consecuencias de la guerra. Pero eso también iba a dirigido a los oídos del Estado Soviético pero lamentablemente éste no escuchaba ni prestaba atención a ninguna de las verdades que decía el camarada Trotsky. De tal manera que la acusación de que el camarada Trotsky era informante del Gobierno de Estados Unidos, para hacer creer que trabajaba para el FBI, es una de las grandes estupideces que cometieron esos investigadores de alcantarillas.
Si Trotsky hubiese trabajado para el Gobierno de Estados Unidos o el FBI, primero, se lo hubiesen llevado a vivir con todas las medidas de seguridad a Washington; no hubiera habido posibilidad que Mercader lo asesinara; hubiese sido el comandante en jefe de las fuerzas estadounidenses en la Segunda Guerra Mundial; en varios países donde se impuso el régimen denominado socialista no se hubiese materializado y, de seguro, le hubiesen otorgado el Premio Nobel de la Paz en 1945. En la política los mojones son cosas de cañerías de aguas sucias pero no de aguas limpias.  ¡Viva Trotsky! ¡Abajo el Gobierno de Estados Unidos!
https://www.aporrea.org/internacionales/a169029.html

Il ''guru'' Gabriele Adinolfi ed il neonazismo europeo guardano all'etno-imperialismo di Bolsonaro, di Stefano Zecchinelli


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Alcuni fra i più noti esponenti del neonazismo italiano (in ordine): Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi, Franco Freda e Maurizio Murelli.

Il Brasile è diventato, con la vittoria del nazi-sionista Bolsonaro, una sorta di Ucraina sudamericana. Nei piani di Washington, Brasilia ha preso in custodia la Gladio latino-americana da utilizzare contro gli Stati indipendenti e sovrani, con una rete articolata di neonazisti e anche paramilitari israeliani provenienti dallo Stato sionista e dall’Europa.
La rete eversiva era in fase di formazione da diversi anni, infatti la polizia brasiliana dello Stato del Rio Grande nel 2016 arrestò alcuni reclutatori del Battaglione Azovucraino: “Circa 10 mesi fa abbiamo ricevuto l’informazione che alcuni cittadini ucraini e dell’Europa orientale erano venuti qui per reclutare i militanti di gruppi neonazisti nel battaglione “Azov” con lo scopo di inviarli in Ucraina. Molte persone sono state arrestate ed hanno confessato,” — ha dichiarato Paulo César Jardim all’edizione brasiliana di Sputnik 1. Si tratta di una banda di criminali ricercati per delitti comuni prima della loro politicizzazione: “Allora si era rivolta al mio indirizzo l’organizzazione “Giustizia e Diritti Umani”, che aveva denunciato l’esistenza di organizzazioni neonaziste nel Rio Grande do Sul. In un primo momento non ci credevo e pensavo: è possibile il neonazismo qui? Il Brasile è il Paese del calcio, del Carnevale …,” — ha detto il poliziotto. Dopo i controlli le forze dell’ordine hanno scoperto movimenti di skinhead, nazisti e neonazisti. Avevamo scoperto che erano in lotta con i punk e dopo le indagini ci siamo resi conto che questi gruppi seguivano l’ideologia neonazista. Da allora abbiamo effettuato molte retate e 50 persone sono state condannate, sono state prese molte misure, sono partiti diversi processi nei tribunali,” — ha concluso Paulo César Jardim (Fonte Sputnik Italia). Nella stessa maniera dei wahabiti, gli USA dispongono del neonazismo alla pari di un preservativo: li utilizzano in qualsiasi angolo del mondo, trasferendoli dall’Ucraina al Brasile come se fossero merce, per poi scaricarli quando diventano troppo compromettenti.

La Gladio sudamericana di Bannon e Bolsonaro

Non soltanto neofascisti, il governo filo-israeliano di Brasilia ha permesso l’ingresso di 300 mercenari sionisti da utilizzare contro il Venezuela; le forze reazionarie dell’Alt Right applaudono. Fra i reclutatori ed ideologi della Gladiosudamericana troviamo una vecchia conoscenza dei servizi segreti (deviati) italiani, da un po’ di anni giornalista (dal 2003 dirige il quotidiano online www.noreporter.org.) ed ‘’intellettuale’’ del fronte antidemocratico: Gabriele Adinolfi, ex leader di Terza Posizione, ma – soprattutto – manutengolo di Stefano delle Chiaie. Il duo Adinolfi – delle Chiaie, nel 2014-’15, gettò un ponte fra gli stragisti russofobi di Settore Destro e l’estrema destra italiana dando copertura politica ad un piccolo delinquente partito volontario per Kiev: François Xavier Fontaine. La rivista Pagina Uno ci dà qualche ulteriore elemento di riflessione (sottolineatura mia): ‘’Fontana è legato ad Adinolfi, a sua volta vicino a Stefano Delle Chiaie, ex leader di Avanguardia nazionale, in prima fila nelle trame degli anni ‘70 e nella strategia della tensione. Secondo il sito informativo di geopolitica Aurora, diretto da Alessandro Lattanzio, Fontana sarebbe protetto dal servizio segreto estero italiano (Aise)’’ 2. La storia potrebbe ripetersi.
Il ‘’giornalista’’ Gabriele Adinolfi considera il presidente democraticamente eletto Maduro ‘’un delinquente; un neotrozkista affamatore del popolo, un bancarottiere economico e monetario che è riuscito a far fallire perfino l’esperimento – in linea di massima intelligente – della criptovaluta Petro, la prima moneta digitale di Stato’’ 3. Una sequela di sciocchezze in linea con la propaganda della CIA rilanciate dal think tank neofascista EurHope, un ambiguo Centro Studi avente sede a Bruxelles preso in custodia da Steve Bannon e l’Alt Right. Il Brasile, nei disegni di Bannon e EurHope, dovrebbe accogliere migliaia di paramilitari (neonazisti, sionisti e narcotrafficanti) da impiegare nella guerra di quarta generazione contro gli Stati antimperialisti. Un recente articolo di Adinolfi risulta alquanto eloquente (sottolineatura mia):
“Bolsonaro è altro da me. Ma ovunque mi giri so bene che chiunque è altro da me, anche i leaders populisti. Ma io non voglio tifare, voglio incidere o, almeno, voglio veder incidere, voglio registrare cambiamenti positivi purché vengano poi messi a frutto da chi di dovere e non soltanto goduti da spettatori inerti.
Perché considero storica la sua vittoria?’ Innanzitutto egli ha buon sangue, in quanto è al tempo stesso italiano e tedesco e questa è prerogativa rara e preziosa. Questo significa anche che osserva con un occhio di riguardo la comunità italiana in Brasile e che le possibilità di cooperazioni culturali ed economiche, oltre che morali, tra le nostre nazioni crescono esponenzialmente.
Non è tutto: la visione di Bolsonaro, o almeno di parte del suo entourage, è acuta e guarda anche al Pacifico. La comunità italiana e quella tedesca da oggi possono forse consentire, tra Brasile e Cile, di spingere l’asse europeo fino all’Oceano che ha acquisito centralità mondiale. Una svolta che ci sottrarrebbe alla marginalizzazione in cui ci stiamo avvitando.
 Infine c’è la cosiddetta simpatia di estrema destra che probabilmente è inesatta. La sinistra accusa però il nuovo Presidente soprattutto di una cosa: di coltivare simpatie corporative.
Fatto sta che in Brasile esiste una forte componente corporativa, essenzialmente cattolica, che prende avvio nel 1932 ad opera di Plinio Salgado, sicuramente influenzato per ragioni culturali e linguistiche, da quello di Salazar.
Ebbene la componente è viva e il corporativismo è oggi più che mai la sola risposta economico-sociale rivoluzionaria per il futuro. Con questa presidenza sarà forse possibile rilanciare il dibattito’’ 4.
Un personaggio losco come Adinolfi parla per conto di gruppi di interesse (economico) italiani – ‘’La comunità italiana e quella tedesca da oggi possono forse consentire, tra Brasile e Cile, di spingere l’asse europeo fino all’Oceano che ha acquisito centralità mondiale’’ – ma i suoi mandanti sono le teste d’uovo dell’Alt Right. Il governo di Brasilia (uno dei peggiori del mondo) accoglierà a braccia aperte gli stragisti come Fontana, magari facendoli addestrare dai paramilitari israeliani, senza perdere di vista la geopolitica della catastrofe: trasformare il Brasile nel migliore sguattero di Tel Aviv e Washington. Il neofascismo europeo, facendo da megafono alla cerchia di Bannon ed agli antisemiti nord-americani, si sta trasformando nell’appendice dell’evangelismo anglosassone, una mutazione genetica prevista dal maggiore analista anticapitalista statunitense: Chris Hedges, che da diversi anni vede nell’evangelismo una sorta di atipico neofascismo.
L’Imam Khomeini disse che Israele è la bambola del colonialismo inglese. Utilizzando il medesimo approccio dell’ autorità religiosa sciita possiamo dedurre che il neonazismo è il pupazzo dell’imperialismo americano-sionista. Manovrati.

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Fonte foto: vocidallastrada.org (da Google)

http://www.linterferenza.info/attpol/neonazismo-europeo-guarda-al-modello-bolsonaro/?fbclid=IwAR3LwgWanFZrwpHxQidiZXrswWojIHkJIoTjehlvLnQE6pBiFxwIcXYLqmw

lunedì 4 febbraio 2019

Peculiarità dell’imperialismo USA in America Latina, di James Petras

Comprendendo l’imperialismo come fenomeno generale si perde di vista il suo modus operandi in ogni contesto specifico e significativo. Mentre l’esercizio del potere imperialista è una strategia comune, motivazioni, strumenti, obiettivi e impegno variano a seconda della natura del sovrano imperiale e del Paese bersaglio. Il Venezuela, attuale obiettivo degli Stati Uniti del presidente Donald Trump, è un caso che illustra le “peculiarità” della politica imperialista. Procederemo delineando sfondo, tecniche ed impatto della presa del potere imperiale.
Sfondo storico
Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di interventi in Venezuela principalmente per ottenere il controllo della sua ricchezza petrolifera. Negli anni ’50, Washington appoggiò la dittatura militare di Perez Jiménez fin quando fu rovesciata dall’alleanza di massa dei partiti socialisti, nazionalisti e socialdemocratici rivoluzionari. Washington non poteva e non intervenne; invece si schierò coi partiti democratici di centro-sinistra (AD) e centro-destra della COPEI che dichiararono guerra alla sinistra radicale. Negli anni gli Stati Uniti riguadagnarono l’egemonia fin quando l’economia non entrò in crisi negli anni ’90, portando a sollevazioni popolari e massacri di Stato. Gli Stati Uniti non intervennero inizialmente perché ritenevano di poter cooptare Hugo Chavez non essendo affiliato alla sinistra. Inoltre, gli Stati Uniti erano militarmente impegnati nei Balcani (Jugoslavia) e nel Medio Oriente e si preparavano per le guerre contro l’Iraq e altri Paesi nazionalisti che si opponevano a Israele e sostenevano la Palestina. Usando il pretesto della minaccia terroristica globale, Washington chiese la subordinazione alla sua dichiarazione di “guerra al terrorismo” mondiale. Il Presidente Chavez non si presentò dichiarando che “non si combatte il terrorismo col terrorismo”. Gli Stati Uniti decisero che la dichiarazione di indipendenza di Chavez rappresentava una minaccia all’egemonia statunitense in America Latina e oltre. Washington decise di rovesciare il Presidente eletto Chavez, ancor prima di nazionalizzare l’industria petrolifera statunitense. Nell’aprile 2002, gli Stati Uniti organizzarono un colpo di Stato militare, che fu sconfitto in quarantotto ore dalla rivolta popolare sostenuta dall’esercito. Un secondo tentativo di rovesciare il Presidente Chavez fu messo in moto dai dirigenti petroliferi attraverso il blocco petrolifero. Fu sconfitto dagli operai e dagli esportatori del petrolio. La rivoluzione nazional-populista di Chavez procedette alla nazionalizzazione delle compagnie petrolifere che sostennero il “blocco”. I falliti colpi di Stato portarono Washington ad adottare temporaneamente una strategia elettorale pesantemente finanziata attraverso fondazioni e ONG controllate da Washington. Ripetute sconfitte elettorali portarono Washington a passare ai boicottaggi elettorali e alla campagne di propaganda progettate per delegittimare il successo elettorale del Presidente Chavez. I tentativi falliti di Washington di restaurare il potere imperialista, gli si ritorsero contro. Chavez aumentò il sostegno elettorale, estese il controllo statale sul petrolio e altre risorse e radicalizzò la base popolare. Inoltre, Chavez si era sempre più assicurato il sostegno delle politiche antimperialiste tra governi e movimenti dell’America Latina, aumentando influenza e legami nei Caraibi fornendo petrolio sovvenzionato. Mentre i commentatori attribuivano al suo carisma il sostegno e l’influenza di massa del Presidente Chavez, decisive furono le circostanze oggettive peculiari dell’America Latina.
La sconfitta del Presidente Chavez dell’intervento imperialista può essere attribuita a cinque obiettivi e condizioni. Il profondo coinvolgimento degli Stati Uniti in più guerre prolungate allo stesso tempo, in Medio Oriente, Asia meridionale e Nord Africa. distrassero Washington. Inoltre, gli impegni militari statunitensi nei confronti d’Israele minarono gli sforzi degli Stati Uniti per concentrarsi nuovamente sul Venezuela. La politica delle sanzioni nordamericane si ebbe durante il boom delle materie prime tra il 2003 e il 2011, che fornì al Venezuela le risorse economiche per finanziare i programmi sociali nazionali e neutralizzare i boicottaggi locali da parte delle élite alleate agli Stati Uniti. Il Venezuela beneficià delle crisi neo-liberiste degli anni ’90 -‘2000 che portarono all’ascesa dei governi popolari nazionali di centro-sinistra in tutta la regione. Ciò avvenbe in particolare in Argentina, Brasile, Ecuador, Bolivia ed Honduras. Inoltre, i regimi “centristi” in Perù e Cile rimasero neutrali. Inoltre, il Venezuela e i suoi alleati si assicurarono che gli Stati Uniti non controllassero l’organizzazione regionale. Il Presidente Chavez da ex-ufficiale si assicurò la lealtà dei militari, sottraendosi ai complotti degli Stati Uniti per organizzare colpi di Stato. Le crisi finanziarie mondiali del 2008-2009 costrinsero gli Stati Uniti a spendere diversi miliardi di dollari per salvare le banche. Le crisi economiche e la parziale ripresa rafforzarono la mano del Tesoro ed indebolì l’influenza relativa del Pentagono. In altre parole, mentre le politiche imperiali e gli obiettivi strategici rimanevano, la capacità degli Stati Uniti di perseguirli era limitata da condizioni oggettive.
Circostanze che favoriscono gli interventi imperiali
Le circostanze inverse che favoriscono l’imperialismo possono essere viste in tempi più recenti. Questi includono quattro condizioni:
La fine del boom delle materie prime indebolì le economie degli alleati del centro-sinistra del Venezuela e portò all’ascesa dei regimi clienti di estrema destra diretti dagli Stati Uniti, oltre a intensificare le attività golpiste degli oppositori sostenuti dagli Stati Uniti contro il neoeletto Presidente Maduro. L’incapacità di diversificare le esportazioni, i mercati, i sistemi finanziari e distributivi durante il periodo espansivo portò a un calo dei consumi e della produzione e consentì all’imperialismo di attirare elettori, in particolare consumatori delle classi media e medio-bassa, impiegati, negozianti, professionisti e affaristi. Il Pentagono trasferì l’attenzione militare dal Medio Oriente all’America Latina, identificando i clienti militari e politici tra regimi chiave: Brasile, Argentina, Ecuador, Perù e Cile. L’intervento politico di Washington nei processi elettorali dell’America Latina aprì la porta allo sfruttamento economico delle risorse e al reclutamento di alleati militari per isolare e circondare il Venezuela nazionalista e populista. Le condizioni estere obiettive favorirono la ricerca di Washington del dominio imperiale. Le configurazioni nazionali del potere oligarchico rafforzarono la dinamica dell’intervento imperiale, il dominio politico e il controllo sull’industria petrolifera. Il declino delle entrate petrolifere del Venezuela, la mobilitazione dell’élite della propria base elettorale e il sistematico sabotaggio della produzione e della distribuzione ebbero un effetto moltiplicatore. I mass media e l’autoproclamata destra elettorale abbracciarono il colpo di Stato di estrema destra guidato dagli Stati Uniti manipolando la retorica democratica e umanitaria. Washington intensificò le sanzioni economiche per affamare i sostenitori chavisti dal basso reddito e mobilitò i clienti europei e latinoamericani per chiedere la resa del Venezuela mentre pianificava un sanguinoso colpo di Stato militare.
L’ultima fase del colpo di Stato militare pianificato dagli Stati Uniti richiedeva tre condizioni:
Divisione nell’esercito per fornire al Pentagono e ai golpisti una “testa di ponte” e un pretesto per l’invasione “umanitaria” degli Stati Uniti
Una leadership politica “compromettente” che persegua il dialogo cogli avversari che si preparano alla guerra.
Il congelamento di tutti i conti all’estero e la chiusura di tutti i prestiti e mercati dai quali il Venezuela continua a dipendere.
Conclusioni
L’imperialismo è un aspetto centrale del capitalismo globale degli Stati Uniti. Ma non può raggiungere i suoi obiettivi ogni volta e come desidera. Cambiamenti globali e di regime nella correlazione delle forze possono ostacolare e ritardare il successo imperialista. I golpe possono essere sconfitti e convertiti in riforme radicali. Le ambizioni imperialiste possono essere contrastate da politiche economiche di successo ed alleanze strategiche. L’America Latina è stata soggetta a colpi di Stato ed interventi militari imperialisti. Ma è anche in grado di costruire alleanze regionali, di classe e internazionali. A differenza di altre regioni ed obiettivi imperiali, l’America Latina è terreno di lotte di classe ed antimperialiste. I cicli economici accompagnano l’ascesa e la caduta delle classi e di conseguenza il potere imperialista avanza e si ritira. L’intervento USA in Venezuela è la più lunga guerra del nostro secolo (diciotto anni), superando l’invasione nordamericana dell’Afghanistan e dell’Iraq. Il conflitto illustra anche come gli Stati Uniti si affidino a clienti regionali ed alleati oltreoceano per una copertura alla loro presa del potere imperialista. Mentre i golpe sono frequenti, le loro conseguenze sono instabili: i clienti sono deboli e i regimi soggetti a sollevazioni popolari. I colpi di Stato degli USA contro i regimi popolari portano a sanguinosi massacri che non garantiscono un consolidamento ampio e a lungo termine. Queste sono le “peculiarità” dei colpi di Stato in America Latina.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://aurorasito.altervista.org/?p=5185

LA MIA RELAZIONE AL IV CONVEGNO INTERNAZIONALE SU "L'EQUILIBRIO DEL MONDO" SVOLTOSI A L'AVANA. (TEORIA E PRATICA DEL SIONISMO), di Diego Siragusa



di DIEGO SIRAGUSA

Signore e signori, gentili delegati,

quando mi è stato chiesto di portare il mio contributo a questo convegno ho pensato a vari argomenti che fanno parte del mio lavoro di scrittore e di studioso del Medioriente. Alla fine ho deciso di attrarre la vostra attenzione su un tema che da decenni intossica le relazioni tra gli stati e incombe come la minaccia primaria sulla pace mondiale. Questo pericolo si chiama SIONISMO e la sua creatura si chiama ISRAELE. Ho voluto trattare questo argomento in coincidenza con alcuni episodi di repressione del dissenso ad ampio raggio per la formazione del pensiero unico sul SIONISMO E SU ISRAELE come la nuova religione che non ammette critiche e a cui tutto è permesso. L’oceano di sangue che scorre in Medioriente da 70 anni è causato da una nuova forma di colonialismo teorizzata e praticata da una minoranza che pretende di piegare il mondo intero ad una sua presunta superiorità e utilizzando l’esperienza storica della Shoà come pretesto per violare ogni norma del diritto internazionale ricevendo consenso e giustificazione per tutti i suoi crimini.
Il sionismo, come ideologia nazionalistica e razzista, tesa ad esaltare la superiorità e la diversità del popolo ebraico, ha conquistato dal 1948 ad oggi la maggioranza delle comunità ebraiche e dirige la politica estera di interi stati, primo fra tutti gli Stati Uniti d’America. Non è vero che la prima potenza al mondo sono gli USA: la prima potenza è Israele che comanda gli USA. Il sionismo è la causa prima della devastazione del Medioriente. I sionisti interferiscono nella politica di tutti gli stati, controllano l’informazione, censurano facebook, (IO STESSO SONO STATO MESSO A TACERE PER QUATTRO MESI, E SOLO DUE GIORNI FA HO POTUTO RIPRENDERE LE MIE PUBBLICAZIONI) minacciano i dissenzienti. Determinano anche l’elezione dei presidenti sudamericani, come nel caso recente di Bolsonaro, sostenuto dagli ebrei sionisti ricevendo in cambio l’impegno a spostare l’ambasciata brasiliana da Tel Aviv a Gerusalemme. Israele, come stato sionista, minaccia la pace mondiale, fomentando tutte le guerre, armando i gruppi mercenari, come recentemente in Siria, al fine di realizzare il famoso “PIANO YNON”, pensato per frammentare l’intero Medioriente in tanti piccoli stati, divisi per confessioni religiose e distinzioni etniche. In questo mondo si potrà realizzare IL GRANDE ISRAELE. Ormai i dirigenti israeliani non tacciono più il loro vero proposito: deportare in Giordania 5 milioni di palestinesi e completare la pulizia etnica iniziata nel 1948. 


La ricostruzione scientifica dei fatti avvenuti l’11 Settembre 2001 a New York e al Pentagono portano logicamente alla ipotesi che la CIA, il Mossad e l’FBI abbiano costruito un “inside job”, un lavoro fatto dall’interno per scatenare l’arabofobia, l’islamofobia a vantaggio unico di Israele e dell’Occidente egemonizzato dagli USA. Sono troppi gli indizi che conducono a Israele. Quando l’ex generale Wesley Clarck, ex Comandante in Capo della NATO in Europa, rivela alla televisione Democracy Now  che, pochi giorni dopo l’11 Settembre 2001, un collega del Pentagono lo informa che il governo americano sta preparando la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein e che è stato fatto un progetto per sovvertire in cinque anni i governi di sette paesi: Siria, Iran, Iraq, Libano, Libia, Sudan e Somalia allora appare evidente che l’unico e diretto beneficiario di questo progetto criminale ed eversivo è, oltre al Complesso Militare Industriale americano, ISRAELE. L’attacco all’Iraq nel mese di marzo del 2003, col falso pretesto delle armi di distruzione di massa, che non furono mai trovate, fu il primo atto per avvicinarsi ai confini iraniani. Primo atto coronato da successo. Il secondo atto doveva essere la Siria. Un altro stato forte e coeso che “dava fastidio a Israele” e che doveva essere eliminato per procedere, poi, all’eliminazione dell’Iran sciita, sostenitore del movimento libanese Hetzbollah, pur esso sciita, con un esercito di circa cento mila uomini, super armato e spina nel fianco dello stato ebraico. 

(Con padre Frei Betto, Teologo della Liberazione, uno degli oratori più applauditi)

Dopo l’Iraq, come sovvertire la Siria? Semplice. Lo stesso metodo applicato in Ucraina: la “rivoluzione colorata”. Organizzare manifestazioni dell’opposizione, sull’esempio delle “primavere arabe”, finanziare e introdurre migliaia di mercenari e innescare una guerra civile fino al rovesciamento del governo legittimo. Così avvenne, come testimoniano diverse fonti tra cui, la stessa Hillary Clinton e, soprattutto, l’ex ministro francese degli Esteri Roland Dumas in una intervista televisiva durante la quale racconta di essere andato a Londra al Foreign Office per salutare dei colleghi che gli avevano confidato che “stavano preparando una cosa in Siria” e chiedendogli se i francesi volessero partecipare. La parte più interessante di questa intervista è la domanda che il giornalista rivolge a Dumas: “Perché?” La risposta è chiara e pronta: perché è nell’interesse di Israele, come gli aveva confidato il primo ministro israeliano. Se oggi in Europa abbiamo il problema delle immigrazioni di massa, la causa principale e il colonialismo israelo-americano sul quale quasi tutta la grande informazione mainstream tace. Perché? Perché i sionisti controllano tutto. In Italia, sia nel Parlamento della Repubblica che nei grandi giornali, c’è il controllo sionista. Criticare Israele significa essere accusati di antisemitismo e perdere il posto di lavoro. L’accordo sottoscritto tra lo stato ebraico e facebook, per censurare e bloccare tutti coloro che criticano le politiche criminali israeliane, sono un esempio allarmante di questo stato di degrado e di controllo totalitario dell’informazione. Analogamente segnalo l’attacco ai liberi pensatori, ai giornalisti, agli scrittori, ai docenti del mondo accademico la cui carriera e stata rovinata dalle pressioni delle lobby sioniste. Questa è stata la sorte di Norman Finkelstein, di Tim Anderson, Marc Lamont Hill, Steven Salaita. Bahia Amawi, logopedista americana di origini palestinesi, è stata recentemente licenziata per aver rifiutato di firmare un contratto contenente un impegno anti-boicottaggio, dichiarando di non farlo, e che non parteciperà a boicottare lo Stato di Israele. Altri intellettuali sono stati anche minacciati.

(Il prof. Atilio Boròn, mostra una maglietta per la giornata internazionale 
dei crimini americani contro l'umanità)

Poche settimane fa la persecuzione sionista si è scagliata contro l'attivista e studiosa Angela Davis, eroica combattente per l’emancipazione del popolo afroamericano. Il consiglio del Birmingham Civil Rights Institute (BCRI) prima le ha dato il premio per i diritti civili e poi, su pressione della comunità ebraica locale, ha votato per annullare il premio. La colpa di Angela? Sostenere la Campagna di boicottaggio contro Israele e la difesa del popolo palestinese. Analogamente, molti studenti negli USA temono di esprimere sostegno ai diritti palestinesi a causa delle tecniche maccartiste di organizzazioni segrete come Canary Mission, che iscrive in una lista nera coloro che osano sostenere pubblicamente il boicottaggio verso Israele, mettendo così a repentaglio prospettive di lavoro e future carriere.

(Il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez Parrilla, ha concluso il convegno)

Il giornalista statunitense Joel Stein, ebreo-sciovinista, nel 2008 scrisse un articolo per il Los Angeles Times in cui, riportando un accurato elenco di nomi, dimostrò con un certo orgoglio come il mainstream americano fosse, in particolar modo per quel che riguardava l’industria dell’informazione commerciale, dell’intrattenimento e del cinema, controllata integralmente da circoli capitalistici di impronta ebraico-sionista. Gli ebrei sionisti gestiscono totalmente Hollywood. Non parlo della presenza sionista nel mondo della finanza perché mi manca il tempo. Ma voi tutti sapete che anch’esso è controllato e guidato dalle lobby sioniste.  

(Al dialogo interreligioso ha partecipato anche la comunità ebraica cubana 
esprimendo il proprio sostegno alla patria socialista)

Recentemente, il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha visitato 9 paesi mediorientali per illustrare la nuova “dottrina Trump” che cancella la “dottrina Obama”: sanzioni all’Iran, via libera a Israele per continuare a massacrare i palestinesi e prospettiva di costruzione di una NATO mediorientale con Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi, Qatar, Abu Dabi e Kuwait. Tutto costruito in funzione anti-iraniana e per fare un piacere a Israele. Quando Papa Francesco dice che la terza guerra mondiale è già iniziata, ma è a bassa intensità, dice una grande verità che molti hanno paura di dire, soprattutto in Europa, per non dare un dispiacere agli USA che sono il motore principale di quel progetto elaborato dai neoconservatori americani chiamato Project for a New American Century. L’11 Settembre 2001, il crollo delle Torri Gemelle, mediante la demolizione controllata, e il missile lanciato contro il Pentagono, perché questa è la verità, furono la prova generale per un nuovo secolo di guerre e di rinnovata egemonia israelo-americana. Per questa ragione attaccare, a tutti i livelli, il sionismo e lo stato di Israele, è una lotta titanica che deve impegnare tutti noi per la salvezza del mondo. Questa è a gionbe per cui Cuba non ha rapoporti diplomatici con Israele, uno stato artificiale, illegale, razzista e terrorista.

Questa è la ragione per cui Cuba non ha rapporti diplomatici con Israele, uno stato artificiale, illegale, razzista e terrorista.

Grazie per la vostra attenzione.



VERSIÓN EN ESPAÑOL


TEORÍA Y PRÁCTICA DEL SIONISMO

de DIEGO SIRAGUSA

Damas y caballeros, queridos delegados,

Cuando me pidieron que contribuyera a esta conferencia, pensé en varios temas que forman parte de mi trabajo como escritor y estudioso de Oriente Medio. Al final decidí llamar su atención sobre un tema que durante décadas ha estado intoxicando las relaciones entre los Estados y que se perfila como la principal amenaza para la paz mundial. Este peligro se llama SIONISMO y su criatura se llama ISRAEL. He querido tratar este tema en conjunción con algunos episodios de represión de amplio disenso para la formación del pensamiento único sobre el SIONISMO Y SOBRE ISRAEL como la nueva religión que no admite la crítica y a la que todo está permitido. El océano de sangre que ha estado fluyendo en el Oriente Medio durante setenta años está causado por una nueva forma de colonialismo teorizado y practicado por una minoría que pretende doblegar al mundo entero a su supuesta superioridad y utilizar la experiencia histórica de la Shoah como pretexto para violar todas las normas del derecho internacional al recibir el consentimiento y la justificación de todos sus crímenes.
El sionismo, como ideología nacionalista y racista, dirigida a exaltar la superioridad y diversidad del pueblo judío, ha conquistado desde 1948 la mayoría de las comunidades judías y dirige la política exterior de estados enteros, en primer lugar los Estados Unidos de América. No es cierto que la primera potencia del mundo sea Estados Unidos: la primera potencia es Israel, que manda en Estados Unidos. El sionismo es la causa principal de la devastación del Medio Oriente. Los sionistas interfieren en la política de todos los estados, controlan la información, censuran facebook, (yo mismo he sido silenciado durante cuatro meses, y sólo hace dos días pude reanudar mis publicaciones) amenazan a los disidentes. También determinan la elección de presidentes sudamericanos, como en el reciente caso de Bolsonaro, apoyado por judíos sionistas, recibiendo a cambio el compromiso de trasladar la embajada brasileña de Tel Aviv a Jerusalén. Israel, como estado sionista, amenaza la paz mundial, fomentando todas las guerras, armando a los grupos mercenarios, tan recientemente como en Siria, para realizar el famoso "PLAN YNON", diseñado para fragmentar todo Oriente Medio en muchos estados pequeños, divididos por denominaciones religiosas y distinciones étnicas. De esta manera se puede realizar el gran Israel. Ahora los líderes israelíes ya no callan sobre su verdadero propósito: deportar a 5 millones de palestinos a Jordania y completar la limpieza étnica que comenzó en 1948. 
La reconstrucción científica de los acontecimientos que tuvieron lugar el 11 de septiembre de 2001 en Nueva York y en el Pentágono conduce lógicamente a la hipótesis de que la CIA, el Mossad y el FBI han construido un "trabajo interno", un trabajo hecho desde dentro para desencadenar la arabofobia, la islamofobia en beneficio único de Israel y de Occidente hegemonizado por los Estados Unidos. Hay demasiadas pistas que conducen a Israel. Cuando el ex general Wesley Clarck, ex comandante en jefe de la OTAN en Europa, revela por televisión Democracy Now que, pocos días después del 11 de septiembre de 2001, un colega del Pentágono le informa de que el gobierno de Estados Unidos está preparando la guerra de Saddam Hussein contra Irak y que se ha hecho un proyecto para subvertir en cinco años los gobiernos de siete países: Siria, Irán, Irak, Líbano, Libia, Sudán y Somalia, entonces está claro que el único y directo beneficiario de este proyecto criminal y subversivo es, además del Complejo Industrial Militar Americano, Israel. El ataque contra el Iraq en marzo de 2003, con el falso pretexto de que las armas de destrucción masiva nunca fueron encontradas, fue el primer acto de acercamiento a las fronteras iraníes. Primer acto coronado con éxito. El segundo acto iba a ser Siria. Otro estado fuerte y cohesionado que "molestó a Israel" y que tuvo que ser eliminado para proceder, entonces, a la eliminación del Irán chiíta, partidario del movimiento libanés Hetzbollah, también chiíta, con un ejército de unos cien mil hombres, súper armados y con espinas al lado del estado judío. 
Después de Irak, ¿cómo subvertir a Siria? Simple. El mismo método aplicado en Ucrania: la "revolución de colores". Organizar manifestaciones de oposición, siguiendo el ejemplo de la "Primavera Árabe", financiar e introducir miles de mercenarios e iniciar una guerra civil hasta el derrocamiento del gobierno legítimo. Es lo que ocurrió, como atestiguan varias fuentes, entre ellas la propia Hillary Clinton y, sobre todo, el ex ministro francés de Asuntos Exteriores, Roland Dumas, en una entrevista televisiva en la que nos cuenta que fue a Londres al Ministerio de Asuntos Exteriores para saludar a los colegas que le habían confiado que "estaban preparando algo en Siria" y le preguntaban si los franceses querían participar.
Lo más interesante de esta entrevista es la pregunta que el periodista le hace a Dumas: "¿Por qué?" La respuesta es clara y está lista: porque redunda en interés de Israel, como le dijo el Primer Ministro israelí. Si hoy en día en Europa tenemos el problema de la inmigración masiva, la causa principal es el colonialismo israelo-estadounidense, sobre el que casi toda la gran mayoría de la información es silenciosa. ¿Por qué es eso? Porque los sionistas controlan todo. En Italia, tanto en el Parlamento de la República como en los grandes periódicos, existe el control sionista. Criticar a Israel es ser acusado de antisemitismo y perder el trabajo. El acuerdo firmado entre el Estado judío y Facebook para censurar y bloquear a todos aquellos que critican las políticas criminales israelíes es un ejemplo alarmante de este estado de degradación totalitaria y control de la información. Del mismo modo, me gustaría señalar el ataque a los librepensadores, periodistas, escritores y a los académicos cuyas carreras se han visto arruinadas por la presión de los grupos de presión sionistas. Este fue el destino de Norman Finkelstein, Tim Anderson, Marc Lamont Hill, Steven Salaita. Bahia Amawi, logopeda estadounidense de origen palestino, fue despedida recientemente por negarse a firmar un contrato que contenía un empeño antiboicot, afirmando que no lo hizo, y que no participará en el boicot al Estado de Israel. Otros intelectuales también han sido amenazados. Hace unas semanas, se lanzó la persecución sionista contra la activista y erudita Angela Davis, una heroica luchadora por la emancipación del pueblo afroamericano. El consejo del Instituto de Derechos Civiles de Birmingham (BCRI) le otorgó primero el premio de derechos civiles y luego, bajo la presión de la comunidad judía local, votó para cancelar el premio. ¿La culpa de Angela? Apoyar la campaña de boicot contra Israel y la defensa del pueblo palestino. Del mismo modo, muchos estudiantes en Estados Unidos temen expresar su apoyo a los derechos de los palestinos debido a las técnicas macartistas de organizaciones secretas como la Misión Canaria, que incluye en una lista negra a quienes se atreven a apoyar públicamente el boicot a Israel, poniendo en peligro las perspectivas de empleo y las carreras futuras.
El periodista estadounidense Joel Stein, judìo-chovinista, escribió un artículo para Los Angeles Times en 2008 en el que, con una lista exacta de nombres, demostraba con orgullo que la corriente dominante estadounidense, en particular en lo que respecta a la información comercial, el entretenimiento y la industria cinematográfica, estaba totalmente controlada por los círculos capitalistas judeo-sionistas. Los judíos sionistas dirigen Hollywood hasta el final. No hablo de la presencia sionista en el mundo de las finanzas porque me falta tiempo. Pero todos ustedes saben que también está controlado y dirigido por grupos de presión sionistas.  
Recientemente, el secretario de Estado de los Estados Unidos, Mike Pompeo, visitó 9 países de Oriente Medio para ilustrar la nueva "doctrina Trump" que borra la "doctrina Obama": las sanciones a Irán, la luz verde para que Israel continúe masacrando a los palestinos y la perspectiva de construir una OTAN de Oriente Medio con Egipto, Arabia Saudí, Jordania, Emiratos Árabes Unidos, Qatar, Abu Dabi y Kuwait. Todo ello con una función antiiraní y para complacer a Israel. Cuando el Papa Francisco dice que la Tercera Guerra Mundial ya ha comenzado, pero que es de baja intensidad, dice una gran verdad que mucha gente tiene miedo de decir, especialmente en Europa, para no disgustar a los Estados Unidos, que es el principal motor de ese proyecto desarrollado por los neoconservadores estadounidenses llamado Proyecto para un Nuevo Siglo Americano. El 11 de septiembre de 2001, el derrumbe de las Torres Gemelas, mediante demolición controlada, y el lanzamiento de misiles contra el Pentágono, porque esa es la verdad, fueron la prueba general para un nuevo siglo de guerras y de renovada hegemonía israelo-americana. Por esta razón, atacar al sionismo y al estado de Israel a todos los niveles es una lucha titánica que debe comprometernos a todos por la salvación del mundo.  Esta es la razón por la que Cuba no tiene relaciones diplomáticas con Israel, un Estado artificial, ilegal, racista y terrorista.

Gracias por su atención

http://diegosiragusa.blogspot.com/2019/02/la-mia-relazione-al-iv-convegno.html