venerdì 21 giugno 2013

Le mobilitazioni anti-governative in Brasile e le contraddizioni della sinistra, di Stefano Zecchinelli


1. Le grandi mobilitazioni popolari che stanno mettendo in discussione il governo ‘progressista’ del PT brasiliano segnano la fine di un esperimento capitalistico basato sulla attività di estrazione e di sfruttamento delle risorse, da parte delle grandi imprese pubbliche e private, ai danni delle popolazioni indigene e delle classi lavoratrici di quel paese.

Tramonta l’ipotesi di un ‘capitalismo serio ‘ ( usando le parole balorde di Cristina Kirchner ) ed emergono tutte le contraddizioni di uno dei paesi BRICS che, da un punto di vista capitalistico, voleva rompere con l’egemonia americana nei mercati mondiali puntando su alleanze geopolitiche orientate in una diversa prospettiva.

In realtà il PT brasiliano non solo ha accettato il debito pubblico imposto dal Fondo Monetario Internazionale ( cosa che non hanno fatto Ecuador e Venezuela ! ), ma continua ad avere rapporti politici stretti con la Colombia che proprio di recente – a spregio del processo di pace con le FARC, Cuba ed il Venezuela – ha dichiarato la sua volontà di entrare nella NATO, dimostrandosi fino all’ultimo la Israele del Sud America.

Nulla di nuovo; per chi ha studiato processi politici complessi come il peronismo e la sua parabola filo-fascista, la fine di un processo nazionalistico borghese non suscita nessun stupore ma anzi è nell’ordine delle cose.

 Nestor Kohan ( intellettuale militante sostenitore della guerriglia rivoluzionaria delle FARC ) ha recentemente spiegato ( proprio a seguito di alcune minacce ricevuto ad opera dei servizi segreti argentini ) che nei paesi ‘post-coloniali’, a meno che non ci sia una rottura rivoluzionaria, gli apparati burocratici restano in mano all’imperialismo ed alla destra oligarchica. L’impotenza della borghesia autoctona la spinge ad asservirsi al capitale finanziario e quindi le leve principali della macchina statale ( che in un processo rivoluzionario deve essere spezzata, come disse Marx ) rimangono all’imperialismo.

Proprio sull’Argentina – che come potenza d’area ha una situazione molto simile al Brasile – Kohan dice ( la sottolineatura è mia ! ): ‘’ L’apparato dei servizi e quello repressivo dello Stato operano per varie vie. Si può utilmente consultare al riguardo il libro di G. Yung, SIDE, L’Argentina segreta (Planeta, Buenos Aires, 2006), in cui figura la descrizione del modo di operare dell’apparato del servizio segreto argentino (direttamente guidato ed equipaggiato dalla CIA statunitense e dal MOSSAD israeliano) nei confronti del movimento popolare, dei suoi militanti e intellettuali. Uno dei tanti dipartimenti della centrale investigativa argentina è dedicato, naturalmente, all’informatica. Usano tecnologie di punta, in larga misura provenienti da Israele. Da lì intercettano messaggi, ascoltano, osservano e, perché no?, armano siti e blog sul web’’.

Le politiche redistributive del PT hanno (1) in una prima fase tolto il Brasile dalla bolgia del colonialismo dando aria ai ceti sociali subalterni ( si pensi a misure keynesiane di redistribuzione della ricchezza come la Bolsa Familia ) ed (2), in una seconda fase, creato una borghesia nazionalistica piena di iniziativa che ora cerca nuovi margini di manovra.

2. L’alleanza del PC del Brasile con il PT segna la realizzazione del sogno di Prestas che voleva la collaborazione di governo fra il PC ed i laburisti guidati nel 1964 da Joao Goulart, ipotesi fallita miseramente. Vediamo i motivi !

Per essere sintetico e dare una idea di dove andasse a parare la sinistra brasiliana è bene che riporti una citazione eloquente da Prestas ( citazione interessante perché dà una idea complessiva della prassi politica sbagliata dei PC filo-sovietici, non ha caso l’ho usata anche altre volte ! ). Dice il dirigente brasiliano ( la sottolineatura è mia ): ‘’La contraddizione che sempre più si accentuava, era quella che opponeva la nazione brasiliana all’imperialismo nordamericano e ai suoi ricatti. Questa contraddizione era arrivata ad essere la principale e dominante ( … ) si accumulavano fattori che conducevano alla formazione di un fronte unico contro l’imperialismo americano e i suoi agenti interni, fronte che può riunire il proletariato, i contadini, la piccola borghesia urbana, la borghesia, i latifondisti che hanno contraddizioni con l’imperialismo americano e i capitalisti legati a gruppi imperialisti rivali dei monopoli nordamericani ( … ) nelle nuove contraddizioni del paese e del mondo è apparsa la possibilità reale ( … ) dello sviluppo pacifico ’’.

Per Prestas il conflitto di classe scompare ed il proletariato può marciare insieme alla borghesia nazionale in nome di un capitalismo burocratico con i diritti sociali.

In realtà, mettendo il proletariato a rimorchio della borghesia nazionale, si statizza il movimento operaio rendendolo dipendente dalle politiche di governo e spesso – essendo in atto un conflitto inter-imperialistico che indebolisce all’interno il fronte borghese di ‘sinistra’ – disarmandolo davanti misure anti-popolari ed anti-operaie.

Strano che Prestas dica queste cose ignorando del tutto, non solo il ruolo della Rivoluzione cubana, ma anche il fallimento del governo riformista di Jacobo Arbentz in Guatemala, oppure la sconfitta dei populismi ‘antimperialisti’ di Vargas e Peron. Oltretutto sulle borghesie nazionali, negli stessi anni, Ernesto Guevara scrisse queste parole durissime: ‘’ Esse dimostrano di temere di più la rivoluzione popolare delle sofferenze sotto l’oppressione e il dominio dell’imperialismo, che soffoca la nazionalità, umilia il sentimento patriottico e colonizza l’economia’’. (cit. da Roberto Massari, Ernesto Guevara. Pensiero e politica dell’utopia, pag. 292).

Il Che indubbiamente aveva ragione ! La borghesia nazionalistica, da un lato,non può in nessun modo risolvere il problema dell’indipendenza nazionale, dall’altro lato, non è nemmeno in grado di costituirsi come borghesia imperialistica essendoci ancora troppo squilibrio fra gli sciovinismi dei paesi BRICS ( esclusa la Cina ! ) e l’imperialismo americano.
I tentativi della destra di strumentalizzare queste proteste facendo leva sulla corruzione che ha colpito il PT ( quando, in realtà, i partiti di destra sono molto più corrotti ! ) ha il suo punto di forza sociale nei ceti medi, da sempre labili e condizionati dalla ideologia della borghesia più forte che è la borghesia americana.

Lula e la Roussef hanno incorporato i movimenti popolari – esclusi i movimenti indigeni colpiti da una repressione brutale – nelle dinamiche statali propinando un modello di vita consumistico. La loro prospettiva ? Un capitalismo di stato con i diritti sociali. E’ il fallimento di questa prospettiva borghese e l’arretratezza della sinistra che si è posta sul terreno della collaborazione di classe a dare forza alla destra fascista, non la presunta inattualità di un progetto rivoluzionario in America Latina.

Gruppi di matrice ‘geopoliticista’ già urlano alla ‘rivoluzione colorata’ come se la storia non fosse storia di conflitti sociali ma fosse – seguendo loro logica distorta – storia di intrighi e strategie diplomatiche. Nessuna organizzazione della sinistra guevarista ha dato solidarietà al governo della Roussef e nel sito del Movimento dei senza terra ci sono moltissime denunce riguardanti assassinii mirati contro militanti del movimento indigeno.

I rivoluzionari possono anche subire delle sconfitte, ma, anche in questo caso, l’unico progetto ad uscire definitivamente distrutto è quello di un capitalismo dal volto umano.

Stefano Zecchinelli





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