‘’Il marxista si pone sul terreno della lotta di classe, e
non su quello della pace sociale. In certi periodi di acuta crisi economica e
politica, la lotta di classe si sviluppa sino a trasformarsi in aperta guerra
civile, cioè in lotta armata fra due parti del popolo. In questi periodi il
marxista ha il dovere di porsi sul
terreno della guerra civile. Ogni sua condanna morale è assolutamente
inammissibile per il marxismo’’ (Lenin)
1. L’attuale fase dello sviluppo capitalistico sembra essere
caratterizzata dalla fine dell’egemonia dell’imperialismo americano. Gli Stati
Uniti per oltre sessanta anni, hanno modificato gli assetti interni degli Stati
capitalistici nel mondo occidentale, ed hanno impedito, nel sud del mondo, la
nascita di Stati nazionali indipendenti. Le pressioni imperialistiche hanno
messo in luce la debolezza delle borghesie autoctone, incapaci di risolvere, da
un punto di vista capitalistico, il problema dell’indipendenza nazionale.
I paesi a capitalismo maturo (quindi pronti per essere
abbattuti dalla classe operaia) ci presentano una gerarchia interna:
(1) Stati
Super-Imperialistici: Stati Uniti d’America ed Israele.
(2) Forze Imperialistiche
in Declino: Inghilterra, Germania e Giappone.
(3) Paesi
Sub-Imperialistici Occidentali: Francia, Italia, Spagna e Portogallo
(vecchie potenze coloniali).
(4) Paesi Imperialistici
Emergenti: Brasile, Turchia ed India.
L’egemonia di una potenza imperialistica è prima di tutto
militare e politica (come notò bene Mao Tse Tung a partire dal suo famoso
slogan ‘’Il potere nasce dalla canna del fucile’’). In questo è eloquente l’esempio
della Germania: un paese forte economicamente, capace di tenere in scacco le
borghesie nazionali europee, del tutto subordinato alla politica estera
americana tanto da avere 160 basi NATO sul suo territorio nazionale.
In questo momento nessun paese imperialistico europeo è in
grado di mettere in dubbio l’egemonia della NATO, del resto lo stesso Lenin
aveva lucidamente escluso, nel lontano 1915, la formazione di un polo unito
imperialistico del vecchio continente.
Il passaggio dal mondo unipolare al mondo multipolare vede
un ruolo importante della Russia (potenza capitalistica emergente) e della Cina
(che, in parte, mantiene la base dello Stato operaio e troppo frettolosamente è
stata definita potenza capitalistica).
Sull'atteggiamento che i marxisti rivoluzionari devono
tenere verso la Russia è bene spendere qualche parola.
2. La Russia è una potenza capitalistica emergente e le sue
oligarchie non possono cedere al progetto imperialistico americano di
distruzione della sua economia nazionale.
Ovviamente la borghesia russa difende i suoi interessi
attraverso un capitalismo corporativo che qualsiasi marxista rivoluzionario non
può far altro che combattere in tutti i modi. Putin è un anticomunista
viscerale, e punta a dare vigore alle oligarchie che si sono viste spezzare le
gambe dall’agente della CIA Boris Eltsin.
I problemi che sorgono sono molteplici; la classe dirigente
russa è un baluardo dell’anticomunismo eppure si rivela un contrappeso efficace
nei confronti dell’imperialismo americano.
I nodi da sciogliere sono questi:
(1) Il passaggio al mondo multipolare favorisce i movimenti di
liberazione nazionale operanti in tutto il terzo mondo e dà respiro agli Stati
indipendenti non allineati.
Abbandonare la morsa dell’imperialismo americano, in questo
momento, è una priorità per la classe operaia dei paesi coloniali o di paesi,
seppur borghesi, che fino alla fine degli anni ’80 ruotavano nell’orbita
sovietica.
(2) Partendo da questo prospettiva, i marxisti, da un lato
devono combattere la borghesia nazionalistica che trova in Putin il suo
rappresentante, ma davanti le pressioni americane devono dare appoggio militare
(e non politico) alla Russia.
Un discorso analogo potrebbe essere fatto per un paese come
l’Iran, paese capitalistico che – a differenza della Russia – non ha nessuna
possibilità di diventare imperialistico.
(1) L’Iran deve essere difeso militarmente da qualsiasi
aggressione imperialistica e deve essere messo nelle condizioni di poter
fronteggiare l’imperialismo militarmente a tutti i livelli. Per questo, contro
l’imperialismo israeliano, è auspicabile che la Repubblica Islamica si doti
della bomba atomica.
L’appoggio militare all’Iran non implica nessun appoggio
politico alle classi dominanti di quel paese. I marxisti devono essere pronti
ad intraprendere anche la lotta armata interna (come già fanno alcuni gruppi
maoisti) contro il regime degli ayatollah ma, in caso di aggressione esterna
(es. una aggressione che parte dell’entità sionista), non possono rifiutare un Fronte Unico Militare con l’esercito
iraniano (nello stesso modo in cui Mao Tse Tung fece Fronte Unico Militare – tenendo separati gli eserciti – con Cian
Kai Shek contro il Giappone fascista).
(2) La presenza del Super-Imperialismo
(quindi di una potenza imperialistica capace di aprire più fronti di guerra)
israeliano, impedisce la nascita di movimenti classisti nell’area (con la sola
eccezione del Fronte popolare di
liberazione della Palestina) e quindi di rivoluzioni socialiste.
In questa prospettiva l’influenza della Repubblica Islamica
nella regione potrebbe aprire ad importanti esiti antimperialistici: nel 2006 è
stato l’Iran a permettere ad Hezbollah
di resistere all’imperialismo israeliano, come nel 2008 e nel 2012 ha permesso
(insieme alla Siria baathista) ad Hamas di
resistere.
In questo caso il campismo (o geopoliticismo) non c’entra
nulla (a dispetto di quello che dice la scolastica neo-trotskista): pesando le
forze in campo è chiaro che la distruzione dell’entità sionista precede
processi rivoluzionari socialisti nell’intera regione. Quindi – come ben hanno
fatto i compagni del Fronte popolare di
liberazione della Palestina – è necessario fare opportune alleanze militari
preservando l’indipendenza di classe dei lavoratori. Questo vale per tutti i
paesi arabi che vengono minacciati dall’occidente !
(3) Un marxista non può non tenere conto che in paesi come l’Iran
il proletariato è concentrato principalmente nelle periferie dove le industrie
sono quasi tutte di proprietà dello stato, mentre manca un forte proletariato
urbano. L’imperialismo con la famosa onda
verde ha cercato di rovesciare il governo eletto di Ahmadinejad (leader
certamente popolare!) facendo leva sui ceti medi, quindi sulla piccola
borghesia che ha abbracciato l’ideologia dell’americanismo.
Il compito dei marxisti rivoluzionari è quello di mettere il
proletariato nelle condizioni di svilupparsi al meglio ed è chiaro che, la
crescita del proletariato urbano, avvenga in modo più agevole in un paese
libero dalla presa dell’imperialismo.
Una analisi di questo tipo, in questo momento, sembra essere
esclusa sia dalla scolastica neo-trotskista che dalla scolastica neo-stalinista.
3. Alcuni compagni diranno: ‘’Paesi
come l’Iran o la Corea del Nord sono paesi dittatoriali’’. In questo caso è
evidente che l’ideologia borghese è riuscita a penetrare anche in campo
comunista.
Si usa la parola
dittatura – nota Trotsky – in senso
ristretto, politico, e altre volte in un senso sociologico, più profondo.
I marxisti rivoluzionari non devono giudicare un regime
partendo dalla sua forma politica ma
devono analizzare la sua base sociale
risalendo poi agli interessi di classe dominanti.
Trotsky fa questo esempio: ‘’Parliamo della dittatura di Mussolini e al tempo stesso dichiariamo
che il fascismo non altro che lo strumento del capitale finanziario. Quando
teniamo la posizione corretta ? In ambedue le occasioni, ma su piani diversi. E’
indiscutibile che Mussolini concentra nelle sue mani la totalità del potere
esecutivo. Ma non è meno vero che ciò che determina il contenuto reale dell’attività
statale sono gli interessi del capitale finanziario’’ ( Leon Trotsky, Lo Stato operaio, il termidoro e il
bonapartismo, Editoriale Coop. )
Sicuramente è vero che la burocrazia al potere nella Corea
del Nord è autoritaria però la base dello Stato Nordcoreano resta quella dello
Stato operaio fondato sulla proprietà statale dei mezzi di produzione ed il
piano. I marxisti rivoluzionari – così come Trotsky difese in modo
incondizionato l’Unione Sovietica – devono difendere militarmente tutti gli
Stati operai deformati: dalla Corea del Nord ed il Vietnam fino alla Cina e Cuba
(che ha abbandonato il sostegno ai movimenti guerriglieri – si veda la
questione delle FARC – in modo vergognoso).
In caso di scioperi e manifestazioni operaie, i marxisti si
schiereranno con i lavoratori (mettendoli in guardia dalle strumentalizzazioni
delle borghesie straniere), ma la base dello Stato operaio conferisce a questi
paesi un ruolo importante nella lotta contro l’imperialismo.
Se quindi possiamo tracciare una gerarchia interna all’ordine
capital-imperialistico, possiamo fare altrettanto con le forze di resistenza.
(1)
Stati
operai deformati: Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba.
(2)
Stati
nazionali indipendenti: Siria, Iran, Bolivia ed Ecuador.
(3)
Regimi
in transizione: Venezuela e Nepal
(4)
Lotte
armate antimperialistiche: Afghanistan, Palestina, Libano, Irak, Libia,
Messico, Colombia, Perù.
Per ciò che riguarda gli Stati
operai deformati (in politica estera importanti baluardi contro l’imperialismo!)
le classi lavoratrici devono spingere verso rivoluzioni anti-burocratiche
interne. La burocrazia denghista di Pechino, ad esempio, è arrivata a fare
accordi con il regime corrotto di Karzai a spregio della resistenza afghana.
Che cosa bisogna fare se l’imperialismo utilizza delle manifestazioni
operaie per schiacciare uno Stato operaio deformato ? Trotsky fa l’esempio di
un ipotetico sciopero strumentalizzato dai padroni contro un sindacato
reazionario arrivando alla conclusione che i comunisti devono difendere il
sindacato e non appoggiare i lavoratori. Lo stessa cosa – secondo Trotsky ma
forse non per certi trotskisti – può valere per uno Stato non borghese. (Leon
Trotsky, In difesa del marxismo, Ed.
Giovane Talpa)
I marxisti rivoluzionari non appoggeranno scioperi in Cina o
in Corea del Nord se fomentate dall’imperialismo; la stessa cosa deve valere
per gli Stati indipendenti. Non si può sconfiggere il nemico di classe se si
cede alle sue provocazioni !
Gli Stati nazionali
indipendenti rispondono principalmente a pressioni geopolitiche. Faccio
anche qui un esempio: la Siria baathista, dopo i tentativi degli Usa, Francia
ed Israele di destabilizzarla, con tutta probabilità aumenterà il sostegno agli
Hezbollah ed alla Resistenza
palestinese con l’intento ben preciso di cancellare l’entità sionista (cosa che
tutti gli antimperialisti si augurano!). La resistenza siriana guidata dal Ba’th
in questo momento ha un ruolo guida nell’Asse
della resistenza araba contro Usa ed Israele. Voltargli le spalle significa
voltare le spalle a gran parte dei lavoratori arabi.
I Regimi in transizione
sono diventati roccaforti indispensabili. In Nepal i maoisti dopo quaranta
anni di lotta armata hanno abbattuto la monarchia ed hanno posto il problema
della internazionalizzazione della lotta di classe ricollegandosi direttamente
al pensiero marxista di Guevara.
In Venezuela, invece, il socialista Chavez ha messo la
borghesia nazionale con le spalle al muro, appoggiato da un forte movimento
popolare ostile agli Stati Uniti.
Per ciò riguarda le Lotte
armate antimperialistiche i marxisti devono appoggiarle a prescindere dalla
loro direzione politica. In funzione antisionista, o meglio contro l’imperialismo
israeliano, è auspicabile un Fronte Unico
Militare fra gli Hezbollah ed il Partito comunista libanese, come fra Hamas ed il Fronte popolare di liberazione della Palestina. Lo stesso vale per
l’Afghanistan dove i maoisti devono collaborare militarmente, contro l’occupazione
Usa, con i movimenti islamici.
Per ciò che riguarda l’America Latina è indispensabile che
si formi una Giunta Rivoluzionaria,
sul modello di quella guidata dal PRT-ERP
di Mario Roberto Santucho, la quale coordini i vari movimenti guevaristi, con
in testa i combattenti delle FARC.
La situazione, purtroppo, non è ottimale: Cuba non sembra
più disposta a sostenere ipotesi di guerriglia e lo stesso vale per il
Venezuela, senza parlare dei governi socialdemocratici di Ecuador e Bolivia.
I comunisti in Europa devono organizzare Comitati di
sostegno ai movimenti di liberazione nazionale, lanciare campagne di
boicottaggio contro le multinazionali che operano in quei territori,
organizzare manifestazioni contro le basi NATO. E’ un nostro compito bloccare
le leve di comando presenti nelle metropoli imperialistiche con ogni strumento
di lotta. La pacificazione sociale, del resto, è una invenzione degli
stalinisti e la borghesia non ha problemi a fare ricorso, anche nei paesi ‘’democratici’’,
a squadracce di fascisti per reprimere i movimenti popolari.
L’evoluzione del capitalismo richiede sempre di più la
costituzione un Fronte Marxista Rivoluzionario che spinga la classe operaia ed
il popolo a conquistare il potere.
Stefano Zecchinelli
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