domenica 14 febbraio 2016

La lunga marcia dei rossobruni verso Israele, di Stefano Zecchinelli

La contrapposizione valoriale fra la destra e la sinistra è più che mai attuale, per quanto ne dicano i vari cultori della geopolitica, e resta la chiave interpretativa dei processi storico-sociali dettati dalla conflittualità di classe.
Destra e sinistra esprimono due visioni del mondo contrapposte: la destra propone il culto delle gerarchie, prediligendo, in politica internazionale, la realpolitik; la sinistra si fonda su una visione del mondo egualitaria, di classe e ha storicamente ispirato i movimenti rivoluzionari, dal giacobinismo francese alle lotte antimperialiste di liberazione nazionale.
Il pensiero di Marx e successivamente il bolscevismo non sono slegati – spiega Lenin – da questo filone progressista che nasce con la Rivoluzione francese. In un saggio intitolato, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo, il rivoluzionario russo chiarì che ‘Il marxismo è il successore legittimo di tutto ciò che l’umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la filosofia tedesca, l’economia politica inglese e il socialismo francese’ 1, dando un colpo durissimo a tutte le riletture ‘’tradizionaliste’’ della teoria marxiana.
Purtroppo, nel campo socialista, non sono nuovi i ripiegamenti nazionalistici e gli ibridi ideologici. Già nel 1921 Gyorgy Lukàcs dovette puntare il dito contro il nazionalbolscevismo ucraino: ‘’L’elemento interessante di questo nuovo infuso controrivoluzionario è costituito solamente dal fatto che esso vorrebbe realizzare il superamento del bolscevismo all’interno della Terza Internazionale’’ ( Gyorgy Lukàcs, Cultura e rivoluzione, Newton Compton Editori, 1975 ). Inquadrare l’attuale fenomeno ‘’rossobruno’’, significa risalire alle sue radici storiche, in forza di ciò è bene continuare a leggere la pagina lukacciana.
Continua Lukàcs: ‘’La tesi fondamentale di questo nuovo marxismo si basa su una autonomia culturale, afferma che una indipendenza nazionale ( si noti bene: nel sistema dei consigli e non nella società capitalistica ) è impossibile senza l’autonomia economica’’. Secondo il filosofo comunista ungherese l’antico Stato nazionale – in un’epoca storica di grandi rivolgimenti sociali – è un ostacolo all’unità dei lavoratori. Per l’autore di Storia e coscienza di classe: ‘’la nuova organizzazione economica delle Repubbliche Sovietiche si limita solo provvisoriamente, per l’attuale stato della rivoluzione mondiale, alla base attuale dell’attuale Russia; che ogni nuova Repubblica Sovietica – anche se ha in comune soltanto i confini con la Russia – deve necessariamente aggregarsi ad essa; che solo tramite la futura unificazione di tutte le repubbliche consiliari si potrà uscire dallo stato generale di distruzione provocato dalla guerra mondiale e giungere alla realizzazione di una organizzazione economica mondiale razionale, non turbata dalle barriere del profitto; che il socialismo significa una economica mondiale organizzata e che la vera indipendenza ‘’nazionale’’ e ‘’culturale’’ dei popoli potrà sorgere solo da tali premesse’’.
Quest’ultimo passo di Lukàcs è illuminante perché ci consente di capire come mai l’ibrido ideologico che tiene insieme post-fascisti e post-stalinisti si sia potuto realizzare concretamente solo dopo la distruzione, per mano dell’imperialismo americano, dello “Stato proletario seppur degenerato” sovietico, secondo la ben nota definizione di Lev Trotzschj. La presenza dell’Urss, nonostante il processo di burocratizzazione, era una linea rossa invalicabile per i tradizionalisti alla Dugin ma anche per i neofascisti alla Claudio Mutti: il passaggio dal socialismo sovietico (ripeto: malgrado le evidenti contraddizioni della società sovietica e in particolare la burocratizzazione) alla Russia capitalistica ha cambiato le carte in tavola.
L’odierna elaborazione teorica rossobruna ruota attorno a questi due punti programmatici: (1) il primato dello Stato nazionale – quindi il primato della geopolitica – rispetto alla conflittualità di classe; (2) la nazione non viene più definita sulla base dei rapporti sociali di produzione bensì gli elementi sovrastrutturali – come la religione, l’ideologia di Stato e l’ordinamento giuridico – la rendono, a seconda delle circostanze, ‘amica’ o ‘nemica’. Ovviamente il ‘terzismo’ ha anche altre caratteristiche ma, per il momento, voglio concentrare la mia analisi su questi due aspetti ed in particolare sul primo.
Il caso di Socialismo Patriottico: una anomalia tutta italiana ?
In Italia il movimento chiamato Socialismo Patriottico, fino a poco tempo fa Stato&Potenza, ha legato la sua strategia politica alla cooperazione economica con i paesi Brics: Russia, Cina, India, Brasile e Sudafrica. Qualsiasi paese che si avvicina all’Unione Euroasiatica viene, per forza di cose, considerato ‘progressista’. Notiamo all’interno di questa prassi almeno due rilevanti astrazioni. Analizziamole separatamente.
(a) I paesi Brics non sono assimilabili nella medesima struttura socioeconomica e, soprattutto, hanno governi, molto spesso, ideologicamente contrapposti.
Il governo brasiliano di Dilma Roussef, facente capo al PT, nonostante il sociologo marxista James Petras l’abbia accusato di aver rovinato l’immagine della socialdemocrazia sudamericana, continua a cooperare col Venezuela bolivariano, garantisce agibilità politica al Movimento dei Senza Terra ed è solidale col popolo palestinese e la Siria baathista. Possiamo assimilare il Brasile laburista con l’India governata da una banda di reazionari induisti? Ritornerò successivamente a parlare del governo indiano ma la contraddizione che ho appena sottolineato – incompatibilità fra i governi laburisti sudamericani e quelli conservatori del versante asiatico – basterebbe, da sola, a far cadere tutto l’impianto teorico rossobruno.
(b) La realpolitik degli Stati capitalisti è un piede di porco contro i movimenti di liberazione nazionale. Pongo due domande eloquenti: (1) qual è la posizione dei terzisti rispetto alla feroce repressione anticomunista in India ?; (2) Se l’Unione Euroasiatica dovesse includere, su direttiva indiana, nella categoria di terrorismo le numerose guerriglie maoiste che operano in quell’area geopolitica, S&P si lancerebbe in una nuova crociata sciovinistica ?
Il sostegno ai movimenti antimperialisti – dalle FARC agli Hezbollah, dal DHKP-C turco al Fronte popolare di liberazione palestinese fino ai naxaliti indiani – è una pregiudiziale inopinabile per ogni marxista, socialista o radicaldemocratico. Lenin a suo tempo ruppe, non a caso, con la Seconda Internazionale di Kautsky e Plekanov proprio su questo punto, stigmatizzando la degenerazione ‘’socialpatriottica’’ dei riformisti.
L’insostenibilità del rossobrunismo appare evidente, così come il suo carattere profondamente antiprogressista che – sulla scia di una concezione “mussoliniana” – vorrebbe cancellare la lotta di classe per sostituirla con il corporativismo in politica interna e con una politica da ‘grande potenza’ in politica internazionale. Questi novelli terzisti, paradossalmente, si trovano nell’imbarazzante posizione di dover appoggiare gli ex atlantisti passati alla cooperazione con Mosca. Il punto è questo: gli ex atlantisti che diventano improvvisamente ‘’filorussi’’ o ‘’filocinesi’’ possono, nella stessa maniera, ritornare agli ordini del gendarme statunitense. Arrivati a quel punto ai rossobruni non resterebbe che fare cartastraccia delle loro analisi.

Le relazioni pericolose dei rossobruni: (a) El Sisi; (b) Modi; (c) Orban

La politica estera di Socialismo Patriottico e simili è contrassegnata dall’appoggio a piccoli boss di destra radicale. Dove vogliono arrivare i rossobruni ?
El Sisi
Il generale El Sisi subito dopo il colpo di Stato, con il quale ha rovesciato l’ugualmente indifendibile governo dei Fratelli Musulmani, è stato proclamato dal Likud israeliano un ‘’eroe di Israele’’.
Un criminale di guerra, Netanyahu, riconosce un suo simile: il Pinochet di El Cairo. Ma ecco che S&P entra all’opera, scrive Alessandro Lattanzio ( redattore anche della rivista Eurasia ): ‘’Difatti, continuare con la solfa idiota che un generale, casualmente egiziano, avendo fatto sei mesi di scuola di guerra a Washington, lo trasformi automaticamente in pupazzo degli USA, dimostra solo malafede ignorante o ignoranza in malafede, visto che un ‘marxista’ (come si piccano essere in genere tali ‘assaltatori di palazzi invernali’) dovrebbe ben sapere che esistono le ‘CONTRADDIZIONI’ interne o internazionali; quindi, invece di dedicarsi a deliqui solipsistici sulle tombe di chi è morto da decenni, costoro farebbero bene a leggere (non si pretende che la studino, comprendendone i limiti intellettuali), la disprezzata Geopolitica, guadagnerebbe maggior lucidità prima di sparare sentenze gratuite su cose che interpreta come se leggesse un dazebao del, per fortuna, sepolto periodo della Rivoluzione Culturale di non si sa cosa’’. 1
Lattanzio fa un inopportuno riferimento alla ‘’teoria delle contraddizioni’’, ma il discorso – purtroppo per lui – si pone su tutt’altro piano: non sa Lattanzio che l’esercito egiziano è integrato nel complesso militar-industriale occidentale e quindi risponde delle sue azioni direttamente all’imperialismo nord-americano? Il redattore della rivista Eurasia non è al corrente di come l’esercito egiziano sia una sorta di azienda armata, corresponsabile, insieme ai Fratelli Musulmani, dell’imboccata – e catastrofica – via neoliberista, una ricetta economica che sta gettando nella miseria interi popoli e nazioni.
Eppure Manlio Dinucci, subito dopo il golpe, ci comunicò che El Sisi è ‘’Uomo di fiducia del Pentagono, perfezionatosi allo US Army War College di Carlisle (accademia militare della Pennsylvania), già capo dei servizi segreti militari, principale interlocutore di Israele, nominato meno di un anno fa dal presidente Morsi capo di stato maggiore e ministro della difesa’’ 2. Lo scorso anno, sul giornale online Interferenza.info, pubblicai un articolo in cui, facendo ricorso a numerose fonti, chiarivo i rapporti di El Sisi con l’imperialismo israeliano: ‘’Il governo egiziano si sta comportando come un vero e proprio carceriere del Mossad. Le cifre attuali sui detenuti politici sono impressionanti. Cito James Petras: “Secondo il Centro egiziano per i diritti sociali ed economici, nel secondo semestre del 2013, sono state arrestate 21.317 persone che manifestavano in favore della democrazia. A partire da aprile 2014, oltre 16.000 prigionieri politici sono incarcerati e la maggior parte è stata torturata.’ ( fonte: infopal )’’ 3
I rossobruni vedono, in modo balordo, il golpe come un punto d’arrivo della rivoluzione egiziana contro il neoliberismo di Morsi, ma Michel Chossudovsky li ha smentiti con grande acume analitico: “Il ruolo delle forze armate (egiziane) non è quello di proteggere un movimento popolare. Piuttosto il contrario: l’obiettivo è di manipolare l’insurrezione e il dissenso in nome di Washington’’ 4.
El Sisi va verso Israele: Socialismo Patriottico lo segue ?

Modi
Il governo di Modi è sicuramente uno dei più reazionari di tutto il versante asiatico: giornalmente abbiamo notizie preoccupanti sullo stato dei movimenti operai e contadini, oltre a minacciare apertamente l’esperimento maoista nepalese.
La scorsa estate documentavo che ‘’La polizia del Chhattisgarh, lo stato indiano più colpito dall’insurrezione maoista, ha lanciato un’applicazione per smartphone, che permette di comunicare anonimamente con le forze dell’ordine con registrazioni audio e video e altre informazioni sui maoisti. L’applicazione può essere scaricata da Google Play Store, il magazzino di applicazioni degli smartphones Android. La polizia spera che l’applicazione fornisca loro preziosi informazioni sul campo. L’applicazione in funzione anti-maoista è stata progettata in particolare dalla Chhattisgarh Infotech & Biotech Promotion Society (CHIPS), una società appartenente allo Stato del Chhattisgarh. 146 torri di telecomunicazione per la telefonia cellulare saranno messe in servizio nella “zona rossa” del Chhattisgarh il prossimo settembre. Una torre di telecomunicazione di telefonia è stata fatta saltare in aria dai maoisti ( nel distretto di Muzaffarpur nello stato del Bihar)’’ 5. La conclusione a cui sono giunto è stata chiara: ‘’La guerriglia fa davvero tanta paura ad una struttura governativa che, senza problemi, possiamo definire parafascista? Sembra proprio di sì dal momento che i governi in carica, di privatizzazione in privatizzazione, si sono alienati il sostegno del mondo del lavoro che, schiacciato dalle multinazionali, tende inevitabilmente a trovare “rifugio” in una sorta di “contropotere operaio e contadino”, per usare il linguaggio tipico della tradizione rivoluzionaria. I maoisti, dopo ben 40 anni di lotta armata, rappresentano, agli occhi di tanti lavoratori indiani, una alternativa credibile’’.
Alcuni storici – fra cui l’italiano Aldo Giannuli – hanno messo in risalto le somiglianze ideologiche fra il Rss indiano ed il Likud israeliano: “La dirigenza della Rss – nonostante apprezzamenti verso il regime nazista e le teorie sulla purezza della razza – si è dimostrata da subito ammiratrice del desiderio di molti ebrei di costituire uno stato sulla base dell’appartenenza religiosa, schierandosi dall’inizio a favore della nascita di Israele”. All’articolo di Giannuli, aggiungevo come: ‘’Un dossier apparso nel blog Impicci e segnalato dallo stesso Giannuli ci spiega chi siano i principali esponenti del gabinetto Modi. Non mi dilungherò molto su questo tema: mi limito solo a rendere noto che il Ministro degli Interni è un certo Rainath Sing il quale si è fatto conoscere per essere sostenitore dell`interpretazione nazionalista della Hindutva, chiave con cui interpreta alcuni degli aspetti controversi della società indiana. Un esempio su tutti: nel 1992, militanti della Rss e del Bjp rasero al suolo la moschea di Babri, colpevole di sorgere sopra il presunto luogo di nascita del principe divino Rama ( domanda: l’islamofobia è forse il movente ideologico dell’alleanza con Israele ? ). Questa azione generò mesi di violenti scontri tra hindu e musulmani, lasciando sul terreno circa duemila morti. Ancora oggi la ferita resta aperta e pronta a sanguinare nuovamente. Un rischio che non sembra certo spaventare Singh, convinto della necessità imprescindibile di costruire al più presto un tempio dedicato a Rama sulle rovine della moschea. Posizioni che risultano inquietanti se si pensa che il Ministro sarà diretto responsabile della polizia.( domanda: dobbiamo aspettarci un inasprimento del regime repressivo verso le sinistre ? )’’.
Dopo El Sisi, fra i modelli di Socialismo Patriottico si aggiunge Modi, come dire: prendete un nazionalista filolikudista e mettetegli a fianco un rossobruno italiano. Si innamoreranno ? Ovviamente, questa strana cooperazione economica dei paesi Brics non disdegna accordi pericolosi col sionismo internazionale e l’imperialismo israeliano, andando a rafforzare l’apparato militare di Tel Aviv. Nessuna contraddizione: i terzisti non hanno il problema di sporcarsi le mani con le lotte di liberazione nazionali, per loro conta la realpolitik e Israele –cioè il regime guerrafondaio e razzista israeliano – diventa un potenziale socio in affari.

Orban
Il calvinista Viktor Orban, leader del Fidez, è un caso particolare: siamo davanti un ex uomo di Bush e della destra statunitense passato dalla parte di Putin.
Un documento, pubblicato in Italia dal Campo antimperialista, ci chiarisce la sua parabola politica. Leggiamo:
(1) Orban, dopo che giovanissimo aveva fatto parte della Gioventù comunista, nel 1989 va a studiare a Oxford grazie ad una borsa di studio della fondazione Soros. Nel 1992 è già leader di Fidezs, che in questo momento fa parte dell’internazionale liberale.
(2) Il primo governo di Fidezs, dopo la vittoria elettorale del 1998, si distinse per le sue misure ultraliberiste: privatizzazioni, abbattimento del disavanzo con tagli alla spesa pubblica, norme sulla flessibilità del mercato del lavoro, politiche di deflazione salariale. Misure antipopolari che incoraggiarono i capitali stranieri, anzitutto tedeschi, a colonizzare di fatto il paese.
(3) Nel 1999 (erano i tempi dell’aggressione NATO alla Iugoslavia) il governo di Orban fa entrare l’Ungheria nella NATO.
(4) Nell’anno 2000 il partito, che nel frattempo aveva assorbito altre formazioni di centro-destra, nella prospettiva di sostenere l’ingresso dell’Ungheria nella Unione europea, entra nel Partito popolare europeo.
(5) Nel 2001 il governo Orban aderisce alla richiesta di Bush e fa partecipare l’Ungheria alla forze ISAF di occupazione dell’Afghanistn e poco dopo viene premiato da due famigerate fondazioni atlantiste, la New atlantic initiative e l’ American enterprise institute. 6
Tutto questo, nel 2011, non gli impedisce affatto di: ‘’muovere il suo governo in due direzioni, non opposte ma complementari: da una parte inverte la rotta rispetto alle politiche liberiste chieste dagli oligarchi europei e dal FMI (controllo pubblico della banca centrale, svalutazione della valuta nazionale, alcune rinazionalizzazioni come quelle dei fondi pensione, rifiuto di entrare nell’eurozona); dall’altra procede, grazie alla maggioranza assoluta verso una modifica antidemocratica della legge elettorale e della Costituzione’’. Ma di che Costituzione si tratta ? Il documento dei comunisti ungheresi ci aiuta a comprendere davanti a che razza di reazionario siamo: ‘’Per quanto riguarda la nuova Costituzione, che Fidezs si approvò da sola, salta agli occhi il suo carattere reazionario. Nel famigerato Preambolo esplicito il riferimento nazionalista alla “Grande Ungheria”: si rivendicano infatti le parti del territorio magiaro che alla fine della prima guerra mondiale vennero assegnati a Romania, Austria, Slovacchia e Iugoslavia’’, ed ancora: ‘’Non meno grave l’abolizione del potere di veto della Corte costituzionale, ridotta a protesi del governo e la limitazione del potere giudiziario. Viene creata, inoltre, la norma secondo cui, se il parlamento non è in grado di approvare una legge finanziaria entro il 31 marzo di ogni anno, il presidente della Repubblica (per i prossimi anni Pál Schmitt, proprio del Fidesz) lo può sciogliere e indire nuove elezioni’’.
Orban ha semplicemente avvicinato l’Ungheria alla Russia, ma la sua idea riguardante il ruolo e la funzione dello Stato è rimasta quella di un neoconservatore. Il rossobrunismo cancella la dicotomia destra/sinistra senza capire che gli uomini politici di destra sono strutturalmente portati ad agganciarsi ai grandi centri di potere: Orban è già filoisraeliano, ma verrà il momento in cui da Mosca ritornerà sotto il pugno duro di Washington. L’ennesimo castello di sabbia geopoliticista crollerà e di Socialismo Patriottico resterà solo il ricordo delle tante posizioni bigotte e antiprogressiste assunte da tale movimento.

La novità dei moderni rossobruni: la rimozione della questione palestinese
I rossobruni moderni – al contrario di quello che dice la ‘’sinistra imperiale’’ – riducono la lotta per l’egemonia ad un mero scontro, tutto geopolitico, fra l’imperialismo Usa e la Russia capitalista: Israele all’interno di questo conflitto diventa per loro un partner, magari utile per rompere il predominio statunitense, e questo perché attribuiscono ad Israele una posizione autonoma e cercano di riassorbirla nel versante euroasiatico. La novità di questo insidiosissimo terzismo, è la silente collaborazione col sionismo. Eppure, chi analizza le questioni internazionali da un punto di vista antimperialista, sa che la causa palestinese è uno degli snodi principali del conflitto politico nella nostra epoca storica.
Lo studio di Nina Andreeva, marxista ucraina Segretaria Generale dell’AUCPB (All-Union Communist Party of Bolsheviks), ci aiuta a capire quanto rilevante sia questo problema: ‘’Il sionismo contemporaneo è una ideologia estremistica nazionalista e razzista, la politica e la prassi al servizio degli interessi della grande borghesia israeliana, strettamente legata alla borghesia monopolistica degli Stati imperialistici. Esso ha come contenuto fondamentale lo sciovinismo bellicoso, il razzismo, l’anticomunismo e l’antisovietismo, il progetto di conquistare il dominio planetario e di affermare il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale’’ 7, e continua: ‘’Fidel Castro ha osservato che alla fine della seconda guerra mondiale, combattuta dai popoli contro il nazifascismo, si costituì un nuovo potere che si è impossessato del mondo ed impone l’attuale ordinamento crudele ed assolutistico’’. Secondo Andreeva ‘’Al marxismo-leninismo si contrappone oggi l’ideologia borghese. L’ideologia di Stato della classe dirigente della borghesia USA, ossia della superpotenza imperialistica mondiale, è il sionismo bellicoso’’. Il rossobrunismo, senza ombra di dubbio, si colloca a destra della barricata: esaltando El Sisi, Modi ed Orban, rifiuta di fatto il marxismo (e anche il leninismo), restando imbrigliato nelle maglie dell’ideologia dominante. L’approdo al sostegno ad Israele, implicito od esplicito, è un punto d’arrivo prevedibile. Bisogna solo valutare quali camuffamenti ideologici, da qui a poco, subentreranno.
Fino ad ora Socialismo Patriottico ha appoggiato partiti conservatori come il Fidez ma anche il Fronte Nazionale di Marine Le Pen; proclama l’adesione al ‘’socialismo’’ ma il suo programma è privo di qualsiasi accenno al mondo del lavoro. Il fenomeno migratorio viene ricondotto ad un delirante ‘’complotto anti-italiano’’, mentre il giornalista di sinistra Antonio Mazzeo ha giustamente focalizzato l’attenzione sui ‘’conflitti militari in corso, l’esistenza di governi militar fascisti, le pesantissime condizioni di vita di buona parte delle popolazioni, l’assenza di agibilità politiche e democratiche determinano o condizionano sparizioni, assassinii, deportazioni ed espulsioni più o meno forzate di potenziali oppositori e delle fasce sociali ed economiche più deboli. Si spiega così come mai, oggi, in Europa i “migranti” (ma in realtà rifugiati a cui sono negati l’asilo e i diritti di protezione e accoglienza previsti dalle convenzioni internazionali) provengano in buona parte dalla Siria, dall’Iraq, dal Kurdistan, dall’Afghanistan, dal Corno d’Africa, dalla Libia, dall’Egitto e da molti paesi dell’Africa Subsahariana’’ 8.
Netanyahu, da buon fascistoide, vuole far recintare Israele con un muro ‘’protettivo’’ anti-migranti. L’Iran, al contrario, ospita ben 3 milioni di rifugiati afghani. I nazionalisti sciovinisti di SP, a chi vi sembrano più vicini con i loro slogan sostanzialmente razzisti?
Il rossobrunismo, che fino a tre o quattro anni fa poteva trarre in inganno i meno avveduti, oggi ha le armi spuntate: i terzisti hanno gettato la maschera e non ci sono più alibi per nessuno.

1.
http://www.statopotenza.eu/8533/che-succede-in-egitto
2.
http://www.voltairenet.org/article179371.html
3.
http://www.linterferenza.info/esteri/el-sisi-e-netanyahu-il-gatto-e-la-volpe/
4.
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2707
5 .
http://www.linterferenza.info/esteri/lotte-di-classe-e-repressione-in-india/
6 .
http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2797%3Aungheria-chi-e-davvero-viktor-orban&catid=134%3Aungheria&Itemid=1
7.
http://lanostralotta.org/?p=87
8.
http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/2015/11/contro-il-capitalismo-e-le-sue-guerre.html

http://www.linterferenza.info/attpol/3258/#comment-29079

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