lunedì 4 novembre 2013

Geopoliticismo e neofascismo, di Stefano Zecchinelli



1. In modo improprio il movimento politico Stato e Potenza è stato definito in una recente polemica un movimento 'neofascista'. Ovviamente questa assimilazione dei 'geopoliticisti' ( in questo caso con venature antimperialistiche ) con il neofascismo è del tutto errata come, adesso, cercherò di dimostrare.

Facciamo un po’ di igiene culturale prima di passare ai discorsi seri: (1) neofascista e reazionario non sono termini intercambiali. Un movimento può essere reazionario o di destra ma, non per forza di cose, neofascista; (2) il fascismo storico, in quanto fase di espansione neocoloniale dei capitalismi europei, termina nel 1945, mentre il neofascismo resta, per vari motivi, legato agli apparati burocratici dello Stato italiano con l'appoggio - diretto od indiretto - degli Usa. Quindi parlare del neofascismo significa indagare sui suoi rapporti con il complesso militar industriale statunitense. Il geopoliticismo, con tutto ciò, c'entra ben poco avendo sviluppato, almeno dagli anni '70 in poi, una produzione culturale autonoma; (3) il geopoliticismo è un fenomeno trasversale. Da un punto di vista soggettivo ha raccolto elementi che venivano dal neofascismo ma anche ex stalinisti od aderenti alla sinistra togliattiana fino a socialdemocratici ispirati all’esperienza di Allende, quindi non si può etichettare partendo dagli orientamenti dei singoli redattori (Il Punto 2 mi sembra che chiarisca molte cose e che debba essere sempre tenuto presente nel corso della lettura di questo articolo ).

Utilizzando le categorie classiche direi che S&P ha un programma di politica interna piccolo borghese basato sulla difesa delle piccole e medie imprese, il reddito di cittadinanza e lo Stato sociale ( sintetizzo in questo modo, pensando ed il lettore me ne darà conferma, di essere eloquente ). Fa bene a denunciare l'influenza delle lobby - soprattutto quelle sioniste – sulle rivendicazioni corporative di matrice ‘civile’ ( pensiamo ai diritti degli omosessuali del tutto subordinati alle politiche criminali di Washington e Tel Aviv ) o la subordinazione dei governanti europei all'imperialismo statunitense ed al sionismo. Basandoci su questi pochissimi elementi prendiamo atto che S&P ha il progetto politico di una socialdemocrazia classica, di certo più vicina ad Olof Palme che ad Orban ( seppur a causa della loro confusione ideologica finiscono per sostenere personaggi equivoci come l’atlantista al governo in Ungheria ).

In politica estera il movimento in questione è più radicale: uscita dalla NATO, uscita dall'Unione Europea, anti-americanismo ed anti-sionismo. Quindi sul campo internazionale guadagnano terreno rispetto alle sinistre europee del tutto americanizzate. Questo è un fattore innegabile che, piaccia o no, gioca a loro vantaggio.

Vediamo in che cosa sono ambigui: (1) il programma politico socialdemocratico ( socialdemocratico nel senso di Olof Palme ) viene rapportato ad una organizzazione tradizionalista della società ( mentre le socialdemocrazie classiche, post-marxiste, erano progressiste e si battevano per i diritti civili ). Questo ha favorito il loro incontro con alcuni intellettuali che effettivamente vengono da destra come Claudio Mutti o Dugin; (2) nelle loro analisi scompare la lotta di classe a livello nazionale ( quindi non si presta attenzione alle mobilitazioni operaie ) e, per quanto ne dicano, a livello internazionale viene sopravvalutata di molto la diplomazia. ( Il Punto 2 mi sembra abbastanza grave e li riconduce ad una concezione elitaria dei rapporti sociali cosa che gli fa prestare il fianco all’accusa di neofascismo ).

Coloro che accusano, però, S&P di neofascismo per i rapporti con Mutti e Dugin ( cosa grave e vergognosa data la produzione intellettuale davvero equivoca di questi due personaggi ) dovrebbero spiegare anche le relazioni di questa organizzazione con il Partito del lavoro turco o gli Hezbollah. I conti non tornano e la questione, in effetti, non si risolve con i dossier ma con uno studio sistematico del fenomeno.

Qualche tempo fa scrivevo: ''In estrema sintesi penso che i caratteri del geopoliticismo siano questi: (1) sovrapposizione del concetto di STATO NAZIONALE al concetto di CLASSE; (2) il nemico da combattere è solo il capitalismo americano mentre abbiamo l’esaltazione del modello capitalistico russo; (3) la NAZIONE non viene più definita sulla base dei RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE ma sono elementi sovrastrutturali – come la religione, l’ideologia di stato o l’ordinamento giuridico – a renderla ‘nemica o amica’; (4) la LOTTA DI CLASSE viene sostituita con la TEORIA BORGHESE DEL COMPLOTTO; (5) disprezzo per le masse ed esaltazione dell’uomo forte, l’uomo della provvidenza con il pugno di ferro che prende in mano la situazione'' ( Stefano Zecchinelli, Antimperialismo o geopoliticismo, Osservatorio Anticapitalista ).

La fotografia che faccio del geopoliticismo è corretta ma non risponde completamente ad alcuni interrogativi che penso siano importanti, per questo farò degli approfondimenti.

2. Nell’articolo su citato ho chiarito questo: ‘Mettendo in chiaro che la strategia dell’ENI – anche in rapporto alla delocalizzazione dei capitali nei paesi dell’est Europa – era chiaramente imperialistica ( l’imperialismo italiano si ritagliava nuovi margini di manovra stringendo alleanze con i regimi nazionalisti arabi ), voglio riportare uno stralcio da un documento di archivio declassificato riguardante la figura di Enrico Mattei in modo che tutti possano capire che razza di personaggio era questo capitano d’industria’.

Ed attaccavo Mattei parlando dei sui progetti anti-comunisti ( qui non riproduco il documento citato nel precedente articolo ), concludendo: ‘In questa circostanza Mattei si propose, al potere capitalistico italiano, come bastione dell’anti-bolscevismo proponendo addirittura di fare delle milizie civili contro la sinistra’.

L’Italia del ‘miracolo Mattei’ perseguiva una debole penetrazione imperialistica ed il tessuto industriale autoctono da cui Mattei traeva forza si formò indubbiamente durante il fascismo. Quindi abbiamo una razionalizzazione capitalistica con finalità imperialistiche. Basta questo per dire che Mattei era un post-fascista ? Certo che no !

Dire il contrario significa non sapere nulla dell’imperialismo: il fascismo poggiava su una ideologia suprematista, esportava i propri apparati burocratici ( che erano quelli dell’abietto Stato corporativo ) e devastava interi territori con barbare razzie. Mattei perseguiva una prudente politica di penetrazione dei capitali italici per via diplomatica cercando di sganciare la borghesia italiana dall’orbita yankee.

Eredi del fascismo non lo sono di certo i geopoliticisti ( od almeno tutti i geopoliticisti ) ma lo sono gli imperialisti yankee, gli oligarchi europei e sicuramente i sionisti. ( Questo è un altro Punto cardine su cui voglio basare la mia analisi ).

Ovviamente so bene che: ‘L’uscita dalla NATO, la smilitarizzazione del paese, la democratizzazione dell’esercito, l’adozione di una moneta nazionale/popolare ( contro l’Euro che è un METODO DI GOVERNO ) sono obiettivi di grande importanza. L’Italia è un paese commissariato politicamente per il volere dell’imperialismo americano quindi lottare – ad esempio – contro il capitalismo casinò e lo strozzinaggio della BCE ( che è in mano ad azionisti inglesi che riscuotono i profitti da signoraggio ) significa spezzare dei lacci che partono direttamente da Washington’.

Certamente S&P non può condividere l’idea della Sollevazione Popolare avendo, di suo, rimosso completamente il concetto di classe sociale ( e se sistematizzano – cosa che per ora non è stata fatta – una ideologia elitaria davvero saranno forti le somiglianze con alcuni gruppi neofascisti ‘terzisti’. Questo monito va tenuto presente perché mi sembra particolarmente importante ! ). Infatti concludo il mio articolo polemico contro il geopoliticismo ricordando che ‘il sovranismo di destra, per capirci, finisce per diventare l’ultimo rifugio per i dominanti italiani che, nell’epoca del mondo unipolare, cercano di ritagliarsi deboli margini di manovra. Per questo si danno un programma socialisteggiante – si legga la rivista Stato e Potenza – e predicano nuove alleanze geopolitiche eludendo il problema della lotta di classe nel mondo’. 

Io riassumerei le problematiche derivanti dal ‘geopoliticismo’ così:

(1)    Definire S&P una organizzazione sovranista di destra non è del tutto corretto allora aggiungo una breve puntualizzazione rispetto il precedente articolo; S&P ha un programma anti-oligarchico ma interno ad un capitalismo di tipo statuale ( quindi non è anticapitalistica seppure alcuni suoi redattori dicono di rifarsi al marxismo-leninismo ). Non ha maturato una critica conseguente all’imperialismo ( e quindi nemmeno al fascismo ) ma mantiene punte di radicalismo che, a mio avviso, la rendono meno indigesta dei partiti della sinistra americanizzata. Non sono anti-capitalisti ma sono anti-neoliberisti, non sono antimperialisti ma sono anti-americani.

(2)    Il geopoliticismo segue la dissoluzione dello stalinismo campista. Al campo socialista reale ( gli Stati operai che, ogni sincero marxista, avrebbe dovuto difendere in modo incondizionato ) per il cultore della geopolitica deve seguire un campo antimperialista immaginario, ed in questo caso è quello degli Stati non allineati guidati da Russia e Cina.

Ora che natura economico-sociale hanno questi paesi ? La Cina mantiene una economia ancora, prevalentemente, collettivizzata ( quindi usando la corretta definizione dei marxisti rivoluzionari è uno Stato operaio deformato ) mentre la Russia è un capitalismo corporativo con, in parte, spinte sciovinistiche. Eludere i conflitti fra dominanti interni a questi paesi significa eludere la critica alle forme diverse di capitalismo. Questo rende del tutto compatibile il ‘geopoliticismo di sinistra’ con l’ideologia borghese. ( Il Punto 2, a mio avviso, sintetizza la critica al geopoliticismo come ideologia compatibile con il capitalismo ).

Come ben concludevo la volta scorsa: ‘Resta questo problema: il campo antimperialista è debole e la sinistra – in questo caso faccio riferimento alla sinistra politica quindi ai delinquenti che vanno dal PD alla Federazione della sinistra – ‘social-imperialista’ è la prima referente dell’imperialismo americano e del sionismo ( mostro da estirpare ! ). Questo sta favorendo la collusione fra culture contrapposte e le categorie tipiche di una certa destra stanno penetrando a sinistra; molti compagni, ad esempio, quando si riferiscono ad Israele fanno continuo riferimento alle strutture lobbistiche ( che ci sono ed hanno il potere di fare gli strozzini verso interi Stati ) ma non prendono in esame il ruolo specifico dell’imperialismo israeliano ( che, per me, è a capo della catena di comando imperialista ). Va benissimo denunciare le lobby ma perché rimuovere la categoria di imperialismo che è centrale ? Le lobby sioniste si ricollegano, sì o no, al folle progetto geopolitico dello Stato razzista ( e fascista ) di Israele ? Indubbiamente chi perde di vista il metodo marxista non può che avere torto. E’ poco ? Io non direi che è poco anzi è un campanello d’allarme ed un problema ( non so ancora quanto grave ! ) da affrontare con decisione’.

Riconfermo, su queste basi va criticato il geopoliticismo, inventarsi spauracchi non vedo a cosa, e soprattutto a chi, possa servire. 

Stefano Zecchinelli



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