1. La massiccia partecipazione di organizzazioni neofasciste, in
Italia ed in Europa, dentro il così detto ‘fronte pro-Siria’ ( fronte che fa
una esplicita apologia del baathismo ) e la corrispondente delineazione di un
progetto politico neofascista di chiaro segno anti-americano ha fatto risorgere
il problema delle infiltrazioni politiche di destra nel ‘campo antimperialista’.
In questo articolo cercherò di esporre alcune riflessioni su
ciò cercando di chiarire, in pochi ed essenziali punti, le caratteristiche del ‘neofascismo
di sinistra’ ( o ‘neofascismo anti-americano’ ) dando, ovviamente, agli antimperialisti,
delle indicazioni concrete per combatterlo.
Parto da queste constatazioni di base: (1) i neofascisti non si considerano
militanti di destra ma propinano una ‘rivoluzione nazionale’ italiana. In
questo hanno trovato un chiaro appiglio nella elaborazione teorica di Alain De
Benoist il quale parla dell’esaurimento della coppia dicotomica
destra/sinistra; (2) il ‘fascismo di sinistra’ non è un fenomeno nuovo nel
panorama politico italiano ( lo stesso PCI finanziò per un certo periodo il
movimento ‘pensiero nazionale’ di Stanis Ruinas ), ha una sua genesi storica ed
i suoi appigli teorici. Allora, a dispetto di quello che dicono i dossier
antifascisti che non analizzano affatto il fenomeno, siamo davanti a movimenti
politici che da decenni giocano, spesso in modo autonomo, la loro partita.
Parto dal secondo punto: la rottura interna al neofascismo
italiano ( rottura che Vincenzo Vinciguerra, mi pare, faccia risalire al 1955 circa
) fra i ‘nostalgici di Salò ( se vogliamo i socializzatori ) e gli
anticomunisti ( legati al fascismo monarchico e colonialista ) spinse i primi a
cercare dei modelli sociali alternativi sia agli Stati Uniti d’America e sia all’Unione
Sovietica. La ricerca cadde su movimenti ‘terzisti’ extra-europei come il
peronismo, il nasserismo ed il baathismo; insomma, un grande movimento latino-americano
( con dentro una forte carica anti-colonialista ) e due movimenti pan-arabi.
Argomento interessante su cui vale la pena spendere qualche parola.
I neofascisti di sinistra rivendicano le origini fasciste di
questi movimenti, soprattutto per ciò che riguarda il nazionalismo arabo. Tutto
vero ! Già il colpo di stato del Ba’th contro Qassem nel 1959 ( insieme a
quello finale del 1963 ), in Irak, fu finanziato da Rashid Ali Al-Kaylani,
ammiratore di Hitler, e guida del regime filo-nazista irakeno che affrontò gli
inglesi nel 1941. Nasser fu un ammiratore di Mussolini e lo stesso Ba’th
siriano ha avuto militanti filo-tedeschi ( emblematico è il caso del Partito
nazional-socialista siriano ).
Per ciò che riguarda il peronismo, ovviamente, ci sono molte
forzature; Peron era un generale filo-fascista ma il movimento di massa che lo
sosteneva raccoglieva anche tante anime di sinistra. Vero è che nei primi anni ’60,
indubbiamente neofascista, fu il Movimento Nazionalista Tacuara molto solidale
con il nasserismo tanto da coniare lo slogan ‘Nasser y Peron un solo corazon’.
La constatazione che faccio è questa: il fascismo nei paesi
coloniali è stato molto diverso rispetto ai paesi imperialistici, vediamo il
motivo. Il nazionalismo, in Europa, non si attiene a questioni di sovranità,
dato che gli europei minacciano l’indipendenza nazionale di altri popoli dai
tempi delle crociate ( primo caso di aggressione coloniale ! ), ma al massimo
prende in considerazione questioni di frontiere ( Trieste, e sciocchezze varie
! ); il fascismo, intriso di ideologia nazionalistica, non poteva che essere
militarista ed imperialista, quindi l’unico fascismo reale è stato di destra ed
anticomunista.
La cosa cambia nei paesi coloniali dove il patriottismo
portato all’estremo si scontrò, inevitabilmente, con l’imperialismo ed essendo
quei popoli davvero privi di sovranità gli slogan anticomunisti delle destre
oligarchiche non hanno mai avuto effetto.
Molti militanti dal ‘fascismo populista’ ( un’altra esperienza
importante fu l’ ‘integralismo’ brasiliano ) si sono spostati a sinistra, in
questa sede faccio l’esempio di Helden Camara famoso teologo della liberazione,
esempio che penso sia davvero eloquente per capire di cosa parlo. Riassumendo:
l’attrazione ‘assadista’ di questi ‘neofascisti di sinistra’ ha ‘storicamente’
un senso o, quanto meno, ragioni politiche che andrebbero smontate
analiticamente. Che poi questi attivisti non tengano presente del ruolo dell’Urss
in sostegno del nazionalismo arabo, dei rapporti sociali di produzione in Siria
sotto l’influenza sovietica e del terrorismo fatto, dall’altro lato, dal
neofascismo filo-americano ( Patria e libertà in Cile, Tripla A in Argentina o
i falangisti cristiani in Libano ) è un’altra cosa. Insomma, voglio capire il
fenomeno e quindi cerco di vedere – ragionando sui fatti storici – cosa c’è
nella testa dei ‘neofascisti rossi’.
Quest’area politica fa riferimento allo ‘stato corporativo’
( in questo momento corrispondente al capitalismo russo ), rimuove la lotta di
classe ( rimossa anche dai primi teorici del baathismo come Michel Aflaq ) ed
utilizza la geopolitica auspicando la formazione di blocchi egemonici alternativi.
Non per nulla molti di questi personaggi cadono nel geopoliticismo ( fenomeno
da non bollare assolutamente come fascista !). Fatte queste considerazione ‘storiche’
passo ad inquadrare i risvolti politici.
2. L’infiltrazione neofascista è improbabile ( per non dire
impossibile ) perché (1) prima di tutto c’è poco da
infiltrare non essendoci un vero campo antimperialista di sinistra ( ed è
questo il vero problema perché se ci fossero organizzazione di classe forse non
ci sarebbero nemmeno queste anomalie militanti ! ), (2) sono troppe le
organizzazioni politiche che partendo da destra elaborano un indirizzo anti-americano
e la cosa sarebbe troppo evidente.
Il cuore del problema è questo:
tutte le forze politiche giocano la loro partita e cercano il campo che gli è
più congeniale. Davanti una crisi capitalistica sistemica ( ci sarebbe un
appunto da fare: ha colpito prevalentemente l'occidente ed il modello
capitalistico neoliberista ) le destre, in concreto, perdono forza battendo
sull' 'anticomunismo' tradizionale e su
questioni 'etniche' o 'razziali' ( la critica al multiculturalismo ). In questo
modo le organizzazioni più intelligenti hanno capito che per guadagnare
consensi da una prospettiva nazionalistica non serve più dire 'via i rom' ma è
meglio dire 'via la BCE' quindi si danno un programma 'sociale' ( non
socialista, attenzione ! ) e fanno leva su problematiche come il signoraggio,
sulla importanza della industria di Stato e sui sussidi alla piccola e media
borghesia. Questi aggiustamenti interni necessitano anche di una revisione del
progetto internazionale: gli Usa non consentono, nè politiche sovraniste ( anche
in una prospettiva imperialistica italiana ) nè concessioni sociali, quindi, i
neofascisti, hanno capito che l'Italia, per riottenere margini di manovra, deve
agganciarsi ai paesi BRICS. Penso che la geopolitica ( o meglio il
geopoliticismo ) sia il collante fra l'involuzione populista di un certo campo
post-staliniano ( emblematico è il caso di Gianfranco La Grassa ) ed il
'neofascismo' di sinistra’ ( ovviamente in questo caso mettersi a gridare ‘fascista’
e ‘rossobruno’ è tre volte da idiota dato che siamo davanti produzioni teoriche
complesse e difficili da smontare ).
Nella storia del neofascismo
italiano, un caso eloquente di spostamento ad est della destra, fu il Comitato
di amicizia Italia-Libia, fondato nel 1973 da Claudio Mutti.
Restano questi appunti da fare: (1)
ci sono ‘neofascisti di sinistra’ in grado di abbandonare sinceramente queste
organizzazioni, singolarmente o in piccoli gruppi, ed iniziare un coerente
percorso di formazione antimperialista ( prima del ’68 molti ex ‘fascisti in
salsa rossa’ passarono a sinistra ed alcuni vi rimasero anche ! ). Penso che
sia importante riconoscere questo e prediligere l’analisi dei progetti politici
alla esposizione delle biografie individuali; (2) il geopoliticismo (
che è un fenomeno complesso, difficile da etichettare e che si riproduce non
solo nel campo borghese ) non è antimperialista, però fra i geopoliticisti si
trovano a volte ‘compagni di strada’ che
abbandonano l’antimperialismo scoraggiati dalla assenza di strutture di classe.
Ovviamente tanti di loro slittano in modo convinto dalla parte di qualche
fazione imperialistica ( la rivista Stato e Potenza è piena di redattori con
una concezione dei rapporti sociali gerarchica ed anti-socialista ! )
diventando reazionari con orribili fetide penali.
Questo andava precisato senza
perdere di vista che il ‘neofascismo di sinistra’ ed il geopoliticismo ( anche
nella versione pseudo-socialista di Stato e Potenza ) sono avversari da
combattere in qualsiasi modo. Come ben dice la mia amica Maria-Cristina Serban
che in modo molto penetrante dimostra quanto reazionari possano diventare certi
ambienti ( la sottolineatura è mia ):
‘’ I regurgiti nazionalisti europei che in parte ispirano
l'antiamericanismo in Europa, se oggi possono essere "compagni di
strada" contro la guerra e difendono la Siria sostenendo Bashar al-Assad,
già domani possono scontrarsi con una visione internazionalista e di classe
della realtà. L'"antiamericanismo" fomentato qua e là da settori
dell'establishment europeo o da certe destre anti-atlantiche e organizzazioni che si rifanno al mussolinismo è assai
distinto per natura ed analisi dall'antimperialismo internazionalista che sta
nel DNA degli anti-imperialisti. È
spesso un antiamericanismo adatto alla definizione di un'"identità
europea" (espressa in negativo rispetto al modello americano diffuso fino
agli anni '90) che le classi dominanti europee non hanno saputo darsi mentre
costruivano l'antidemocratica Unione Europea’’.
La definizione della identità
europea ( a cui Pino Rauti fece corrispondere il ‘colonialismo latino’ differenziato, in modo balordo dato che tutti i colonialismi sono mostri da distruggere,
dall’imperialismo anglo-americano ) riporta alla rinascita del neocolonialismo
dei paesi europei. La traduzione politica è questa, è inutile girarci attorno,
non a caso nessun ‘neofascista di sinistra’ fa i conti con l’eredità storica
dell’imperialismo italiano durante il ventennio ( ed i massacri fascisti in
Etiopia, in Libia e nei Balcani ) riconoscendo il valore storico della
Jugoslavia socialista nata proprio dalla resistenza all’imperialismo italiano ed i partigiani jugoslavi hanno combattuto anche per la libertà degli operai italiani, non dimentichiamocelo.
Che dire ? Tante volte la
buonafede non basta e dietro l’ingenuità di tanti attivisti si nasconde la
peggiore destra oligarchica ed imperialista, cosa comprovata dagli avvenimenti
attuali.
Stefano Zecchinelli
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