venerdì 2 agosto 2013

Khomeinismo ed antimperialismo o khomeinismo contro antimperialismo, di Stefano Zecchinelli


"Se dovessimo scegliere tra Satana e Israele, sceglieremmo Satana." Musa Sadr, fondatore del partito della resistenza libanese "Amal"

1. Per una corretta analisi del nazionalismo ( borghese, o filo-socialista che sia … ) in quello che era ( ed in parte è ancora, culturalmente e politicamente ) il mondo persiano – io, ovviamente, scriverò qualche riflessione su quello che riguarda la situazione politica dal 1978-’79 in poi – ritengo che bisogna fare le dovute distinzioni fra Khomeini ed il khomeinismo. Se non si affronta in modo preciso ( seppur senza dilungarsi ) questo spinoso argomento è impossibile prendere una corretta posizione.

Inizio col dire, in estrema sintesi, che (1) Khomeini era un uomo di Stato duro, un nazionalista radicale che ha contribuito a rendere indipendente l’Iran dall’imperialismo e dal sionismo ( o meglio, ha sganciato l’Iran dal progetto Geo-Politico sionista ) in una prospettiva – ed è quello che a me più interessa –  di real politik borghese-capitalistica. Da qui la messa al bando delle forze comuniste ( quattromila comunisti del Tudeh morirono nelle carceri della Repubblica Islamica ) per impedire uno sbocco socialista della rivolta del 1979. Il suo nazionalismo si colloca, senza ombra di dubbio, a destra.

Non dimentichiamoci che il nazionalismo di Khomeini avrà anche svolto un importante ruolo anti-coloniale, ma l’ayatollah in questione non disprezzava larghe alleanze geo-politiche ( cosa che un antimperialista non può che guardare con sospetto ) ed osteggiava le forze laiche di matrice baathista ( si veda la guerra con l’Irak ) e di matrice nasseriana.

(2) Il khomeinismo, invece, nella sua totalità comprende gli aspetti contraddittori del regime di Khomeini, fino alle sfumature più complesse del suo pensiero filosofico e politico come la teoria dell’imam nascosto. Venuto meno il capo carismatico ( che ha avuto, indubbiamente, meriti indiscussi ) questi aspetti si scindono; da un lato abbiamo correnti nazionali e borghesi, dall’altra parte della barricata forze anti-capitalistiche e antimperialistiche che radicalizzano lo spirito anti-coloniale ed anti-assolutista della rivolta islamica contro lo Scià. Quindi una cosa è il nazionalismo capitalista di Khameini o la svolta a destra di Hamas ( che è una costola della Fratellanza Musulmana, seppur particolarmente radicale e sinceramente anti-sionista ! ) , un’altra ( diametralmente opposta ) l’anticapitalismo filo-marxista degli Hezbollah.

Faccio un esempio che appartiene ad un contesto completamente diverso: prendiamo Peron ed il peronismo. Peron era un generale filo-fascista ma ( e per fortuna ! ), date le circostanze storiche, ha fatto una ampia redistribuzione dei redditi ed ha sganciato l’Argentina dal sistema neo-coloniale americano. Il suo regime era nazionale e borghese, lui restava un simpatizzante di Mussolini, ma le masse argentine, grazie alla retorica anti-coloniale di marca giustizialista, si erano radicalizzate al punto da aspirare alla realizzazione di una inedita forma di socialismo nazionale o meglio socialismo patriottico. Caduto il leader carismatico, anche qui, gli elementi che convivevano in netta contrapposizione nel regime, ben strutturato e centralizzato, si scindono e vanno in direzioni opposte. Quindi a sinistra abbiamo Jorge Masetti a cui Ernesto Guevara affida il compito di organizzare la guerriglia in Argentina ed i Montoneros che faranno Fronte Unico Militare con i maoisti dell’ERP, ed a destra il nazismo della Tripla A.

Questo è un esempio molto eloquente dato che, Peron, possiamo metterlo molto più a destra di Khomeini come leader borghese; se Khomeini era un sincero anti-sionista ed anti-colonialista, Peron rimase fino alla fine un generale filo-mussoliniano e la sua amicizia con Franco sta lì a dimostrarlo. Ovviamente la questione è complessa ma spero che questo esempio possa dare una idea chiara di come affrontarla in modo analitico e serio.

2. Gli imperialisti, statunitensi e sionisti, hanno sfruttato al meglio le correnti sciovinistiche interne al Ba’th irakeno ed al khomeinismo nello scatenare la guerra Irak-Iran. Anche le frizioni Siria-Irak ( governate da due correnti diverse del Ba’th ) avevano alla base spinte di matrice nazionalistica, a dispetto dei programmi di riforma sociale interni applicati dai partiti baathisti in quegli anni . Insomma, non dovrebbe essere una sorpresa ‘’scoprire’’ che l’imperialismo cerca di sgretolare un regime indipendente e sovrano facendo leva sulla lotta interna fra le fazioni con concezioni ideologiche diverse: così fu per il nasserismo ed il baathismo, così fu per il khomeinismo, così è per il bolivarismo latino-americano. Penso che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole, bisogna solo capire che non esistono blocchi omogenei e che il conflitto di classe, tante volte, si presenta in forme differenti e di non facile lettura.

In Iran, l’ex presidente Ahmadinejad, viene dagli apparati militari ( i Pasdaran di ferro che si sono formati durante la guerra contro l’Irak, intrisi di un forte sentimento anti-americano ), e, perseguendo una politica interna di ‘statalismo sociale’, ed estera contrassegnata dall’anti-sionismo e dall’anti-americanismo, è entrato in rotta di collisione con il mondo capitalistico occidentale. Il blocco storico ( usando delle categorie gramsciane ) che reggeva Ahmadinejad era sicuramente nazional-popolare, con un appoggio particolarmente importante delle classi lavoratrici concentrate non nelle metropoli come Teheran ma nelle periferie. L’ex presidente iraniano, pressato dall’imperialismo e sostenuto dalle classi sociali subalterne, non ha potuto che perseguire una sorta di ‘via venezuelana all’antimperialismo’, forte del suo messianesimo anti-clericale che lo avvicina molto all’Islam Rosso di Ali Shariati.

La dialettica interna alla Repubblica Islamica vede a sinistra il presidente uscente che ha mobilitato la classe lavoratrice iraniana ed i così detti  senza scarpe, ed a destra, prima Rafsasjani ed ora Rohani, che mirano ad una modernizzazione capitalistica autonoma puntando sul nazionalismo ( espansionista ) persiano. Rohani dovrà abbandonare il forte antimperialismo di Ahmadinejad perché la modernizzazione industriale richiede l’abbraccio delle teorie sulla coesistenza pacifica ( con imperialismo e sionismo ), ma non potrà fare molte concessioni, né agli Usa e né ad Israele, ne vale il futuro della potenza ( capitalistica ) iraniana. Ciò che cambieranno saranno le politiche interne: Ahmadinejad fece riforme strutturali di tipo semi-socialista ( nazionalizzazioni e politiche anti-borghesi ), mentre Rohani darà ossigeno ai ceti medi ed alla piccola borghesia filo-occidentale che, nel 2009, animò l’onda verde, protesta reazionaria ( non di massa ! ) per molti aspetti simile alle rivoluzioni colorate pilotate dalle CIA.

Nel mondo coloniale e post-coloniale non sempre la religione è l’oppio dei popoli ( espressione che Marx, oltretutto, mutua da Balzac ). Dovendosi difendere dal colonialismo occidentale i popoli coloniali, spesso, sono stati avvallati dal potere religioso che ha partorito vere e proprie correnti socialiste. Non è un caso che nel Congresso di Baku del 1920 il Presidente dell’Internazionale Comunista Zinovev invita i popoli arabi a sventolare la jihad contro l’imperialismo britannico. Tutte cose che gli pseudo-antimperialisti occidentali, gonfi di islamofobia, non riescono proprio a farsela entrare nella zucca.

Che dire ? Solo un cadavere come la sinistra europea non poteva capire questo, diventando, per l’ennesima volta, la ruota di scorta dell’imperialismo americano, dai giovani ragazzi in carriera iraniani ai militari egiziani. Uno spettacolo davvero pietoso !

Stefano Zecchinelli

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