lunedì 4 giugno 2012

I marxisti eurocentrici (neo-stalinisti e neo-trotskisti) e l'aggressione criminale alla Siria, di Stefano Zecchinelli


  1. Dopo aver devastato la Libia, gli Stati imperialistici occidentali, preparano un nuovo massacro: lo Stato non allineato che deve saltare, adesso, è la Siria.
In questo articolo non voglio soffermarmi sulle tecniche di condizionamento mediatico che, come al solito, sono volte a far passare una guerra imperialistica, finalizzata a perpetuare l’egemonia Usa nel mondo, per una difesa dei diritti umani (popolo buono contro il dittatore sanguinario), ma voglio criticare i due approcci che – in un modo o in un altro – hanno dominato il dibattito politico su Siria e Libia (quindi quello neo-stalinista e quello neo-trotskista).

2. Premetto immediatamente, giusto per essere chiaro, che io difendo, senza se e senza ma, l’attuale governo siriano e ritengo che sia importante smascherare (su questo si veda il lavoro della Rete Voltaire) le menzogne dei media occidentali. Questo lo chiarisco fin da subito e lo ribadirò più avanti.
Il gioco dell’imperialismo americano è molto chiaro: la Libia (che aveva una governo di natura post-panarabo) è saltata perché gli Usa hanno tutti gli interessi ad impedire la creazione di una Unione Africana forte ed indipendente dai dettati del Fondo Monetario Internazionale.
Inoltre Gheddafi, da oltre dieci anni, mise del tutto da parte il monito di Ernesto Guevara‘’dell’imperialismo non bisogna fidarsi nemmeno così poco’’, optando per la globalizzazione multipolare si è disarmato, ha iniziato a tenere un atteggiamento di critica morbida nei confronti degli imperialismi occidentali e, come ringraziamento, la NATO gli ha sguinzagliato contro i suoi mercenari. Con l’imperialismo non si tratta mai e l’eroica esperienza di Cuba deve essere un insegnamento per tutti.
La Siria è nella lista nera di Washington, da circa quaranta anni, per una pluralità di ragioni, in questa sede tratterò soltanto le più importanti: (1) il Ba’th siriano è un baluardo dell’anti-sionismo, quindi è un forte sostegno per la resistenza palestinese (ed è un sostegno proprio per l’ala più radicale, il Fronte popolare di orientamento marxista) e per la resistenza libanese; (2) togliere di mezzo il Ba’th siriano significa togliere all’Iran il suo maggiore alleato nella regione.
Si potrebbe obiettare – per ciò che riguarda il secondo punto – che anche l’Iran è un paese imperialistico: obiezione che personalmente non condivido – anche se provo il massimo disprezzo per chi dal 1981, al pari dello Scià, massacra i militanti comunisti – ed aggiungerei che l’attuale conflitto fra blocchi egemonici non lascia spazio a quelli che Lenin chiamava ‘’imperialismi straccioni’’ (come quello italiano).
Mi basta il primo punto: la Siria deve essere difesa in quanto baluardo della resistenza armata palestinese e libanese. Non ci sarà rivoluzione socialista in Medio Oriente senza la distruzione dello Regime Sionista, chi ignora questo è nel migliore dei casi un ingenuo e nel peggiore dei casi un delinquente.
E’ giusto anche segnalare che molti falsi comunisti occidentali criticano il governo iraniano appoggiando movimenti colorati creati dalla CIA ma, personalmente, non ho mai visto nessun marxista eurocentrico preoccuparsi dello stato del Tudeh (Partito comunista iraniano) o di altre formazioni marxiste come gli hekmatisti. Questo atteggiamento, lo dico senza mezzi termini, mi indigna.
La mia posizione non piacerà alle anime belle di sinistra ma il regime degli ayatollah deve essere difeso sia dagli imperialismi democratici e sia dal mostro sionista.

3. La difesa della Siria non implica assolutamente una sua idealizzazione geo-politica.
Un importante marxista come Ted Grant definì (ed io penso a ragione) la Siria, subito dopo la rivoluzione panaraba, uno ‘’stato operaio deformato’’ (stato operaio con forti distorsioni burocratiche, per capirci).
La Siria mantiene uno stato sociale efficiente ed una politica estera autonoma ma non è più da molto tempo uno stato operaio. Dare patenti di socialismo in virtù dell’anti-americanismo è una prassi molto irresponsabile che può generare grande confusione ideologica.
I neo-stalinisti che cercano di legare i dominati (nuova ‘’pauper class’’) al blocco egemonico euroasiatico (come se l’alternativa al capitalismo fosse Putin o le burocrazie cinesi) non devono avere spazio in nessun polo anti-imperialistico.
Mi chiedo quale sarà la posizione di questi signori se la realizzazione dell’Eurasia o della ‘’patria grande dell’America Latina’’ (quella del dialogo con l’attuale governo colombiano, non quella di Guevara e Santucho) debba comportare il massacro dei maoisti nepalesi, dei naxaliti indiani, o delle FARC e di Sendero Luminoso. La storia dello stalinismo è chiarissima e chi apre la bocca in sua difesa farebbe bene a ricordarsi dove stava il Partito comunista argentino sotto Videla (mentre la guerriglia trotsko-guevarista dell’ERP fu l’unica vera opposizione alla dittatura militare).
Parto dai neo-stalinisti perché – e mi duole dirlo – sono i meno peggio.

4. Molti gruppi di matrice neo-trotskista hanno letteralmente violentato il lascito teorico di Trotsky, da me considerato (prima ancora di Guevara) l’ultimo grande anti-colonialista ed anti-imperialista.
Prima di fare un esempio voglio chiarire l’importante distinzione fra Fronte unico militare e Fronte unico politico.
Il primo è una alleanza militare (quindi di resistenze armate) fra le organizzazioni comuniste e gli eserciti delle borghesie nazionali, a seguito di una invasione imperialista. Il Fronte unico politico implica delle alleanze di classe, seppur momentanee, con grandi partiti riformisti.
Trotsky ha respinto con grande lucidità la tesi di Lenin che vedeva un possibile 1789 cinese (anche Lenin sbagliava ed io non ho santi in paradiso) ritenendo che solo il proletariato potesse vincere l’imperialismo nei paesi coloniali. Lo stesso Guevara giudicava così le politiche delle borghesie nazionali: ‘’Esse dimostrano di temere di più la rivoluzione popolare delle sofferenze sotto l’oppressione e il dominio dell’imperialismo, che soffoca la nazionalità, umilia il sentimento patriottico e colonizza l’economia’’. (cit. da Roberto Massari, Ernesto Guevara. Pensiero e politica dell’utopia, pag. 292).
Gli Stati, a differenza dei movimenti rivoluzionari, si radicalizzano sulla base delle pressioni geo-politiche dell’imperialismo: pressata da Israele, la Siria (per fortuna !) è un grande appoggio per la resistenza palestinese, ma dubito che il Ba’th accetti una transizione al socialismo qualora si venisse a formare un Partito marxista rivoluzionario.
In funzione anti-sionista Siria ed Iran hanno un ruolo progressivo (che va assolutamente difeso) però le dirigenze sono un sicuro ostacolo per le forze marxiste rivoluzionarie (MARXISMO RIVOLUZIONARIO non MARXISMO-LENINISMO).
La posizione esatta penso che sia questa: i marxisti non devono compromettersi in governi di unità nazionale con le borghesie di stato panarabe (come fa il neo-stalinista Partito comunista siriano) però, in caso di minaccia imperialistica, sono obbligati a fare non solo delle alleanze militari ma è giusto che si impegnino, in tutti i modi, a contrastare le strategie egemoniche degli imperialisti (quindi è importante anche, ad esempio, lavorare nel campo della contro-informazione, sapendo che i mezzi di comunicazione sono in mano alla nuova global class).
Trotsky, a differenza di Stalin o di Mao, ha combattuto l’imperialismo anglo-americano (verso cui Stalin ha fatto grandi concessioni) senza compromettere l’indipendenza di classe del proletariato.
L’imperialismo americano sta replicando la tattica usata in Nicaragua ed altri paesi sudamericani (Honduras, Colombia, Bolivia, ecc…): in America Latina utilizza narco-trafficanti e squadroni della morte neo-fascisti, in Libia e Siria (come in Irak o in passato in Jugoslavia) ha rimesso in campo la sua creatura Al Qaeda.
Nella lotta contro questi mercenari i marxisti devono dare il massimo appoggio all’esercito regolare del Ba’th siriano, non ci sono alternative valide.

5. Molti pseudo-rivoluzionari tendono a contrapporre il dittatore cattivo alle masse buone.
La storia ci spinge sempre a scegliere delle masse: la Vandea aveva le sue masse (solo che ammazzavano i giacobini), Mussolini aveva le sue masse (peccato che erano infarcite di ideologia anti-comunista), oppure, se si vuole, Solydarnosc aveva dietro delle masse (solo che i vertici erano finanziati dalla CIA e dalla mafia del Vaticano).
Quello che realmente conta è la direzione strategica delle masse: i giacobini spingevano per la rivoluzione democratica, i comunisti per ‘’fare in Italia quello che è stato fatto in Russia’’ e il ‘’socialismo burocratico’’ dei paesi dell’est arginava lo strapotere degli Usa (quindi era un bene anche se non c’entrasse nulla con Lenin!).
Chi non capisce questo, volente o nolente, rischia di fare un favore alle oligarchie finanziarie!

6. Adesso riprendo un articolo pubblicato dal gruppo pseudo-trotskista di Alternativa Comunista (LIT):
‘’Per parte nostra, come Pdac e come Lit, come abbiamo scritto e argomentato in tanti articoli, non riponiamo nessuna fiducia nei vari governi provvisori e nei Consigli nazionali di transizione che in ognuno di questi Paesi hanno come unico scopo quello di deviare la rivoluzione, lasciando il potere in mano di altre frazioni borghesi e dell'imperialismo, rimandando a casa le masse, scippando loro il potere che sarebbe a portata di mano. Ma avere consapevolezza delle contraddizioni di questi processi non può significare, nemmeno per un minuto, schierarsi a favore dei vari Assad e Gheddafi contro le masse popolari in lotta, significa piuttosto porsi il problema di costruire altre direzioni’’ (Progetto Comunista, 23 settembre 2011)
I Consigli Nazionali di Transizione sono una espressione delle borghesie compradore (non nazionali) ed uno strumento delle borghesie imperialistiche occidentali (esistono più poli dominanti).
In questo caso conviene riportare una citazione da Trotsky:
''Il Brasile regna oggi un regime semifascista che qualunque rivoluzionario può solo odiare. Supponiamo, però che domani l’Inghilterra entri in conflitto militare con il Brasile. Da che parte si schiererà la classe operaia in questo conflitto? In tal caso, io personalmente, starei con il Brasile “fascista” contro la “democratica” Gran Bretagna. Perché? Perché non si tratterebbe di un conflitto tra democrazia e fascismo. Se l’Inghilterra vincesse si installerebbe un altro fascista a Rio de Janeiro che incatenerebbe doppiamente il Brasile. Se al contrario trionfasse il Brasile, la coscienza nazionale e democratica di questo paese e condurre al rovesciamento della dittatura di Vargas. Allo stesso tempo, la sconfitta dell’Inghilterra assesterebbe un colpo all’imperialismo britannico e darebbe impulso al movimento rivoluzionario del proletariato inglese. Bisogna proprio aver la testa vuota per ridurre gli antagonismi e i conflitti militari mondiali alla lotta tra fascismo e democrazia. Bisogna imparare a saper distinguere sotto tutte le loro maschere gli sfruttatori, gli schiavisti e i ladroni!''. (Leon Trotsky, Intervista a Matteo Fossa, 1938)
L’alleanza tattica anti-imperialista si fa con le borghesie nazionali contro l’imperialismo e non viceversa (a riguardo è importante ricordare anche le posizione di Ernesto Guevara sull’Argentina di Peron). Stando a questo discorso i comunisti cinesi avrebbero dovuto appoggiare l’invasione della Cina da parte dell’imperialismo nipponico. Quindi nasce la domanda: se ci sono opposizioni sane perché non cercano di radicalizzare le masse contro l’imperialismo israeliano (o quello Usa) in modo di tirare dalla loro parte le frange di sinistra del Ba’th. Non si è mai vista una dirigenza marxista che accetta di essere strumentalizzata dall’imperialismo in questo modo, ignorando del tutto i rapporti di forza sul piano internazionale.
L’autoritarismo del regime di Assad non c’entra e in Siria, purtroppo, non c’è nessuna opposizione sana (a differenza dell’Iran dove c’è il Tudeh ed altri gruppi di matrice maoista). Inoltre dalle documentazioni di analisti esperti (Thierry Meyssan, Michel Chossudovsky, Manlio Dinucci, ecc…) emerge chiaramente che il governo di Assad gode di un forte consenso sociale.
Questi finto-trotskisti si sono distinti anche sulla situazione libica: fronte unico militare con l’imperialismo contro le borghesie nazionali, cose assurde per un anti-imperialista!

7. In conclusione lascio la parola a James Petras, ex militante dei Giovani Socialisti (formazione trotskista americana), che ha dato ai tristi epigoni del grande Trotsky una vera lezione di analisi marxista:

‘’Come ieri i “progressisti” di “sinistra” definirono il feroce attacco brutale alla Libia una “lotta rivoluzionaria degli insorti democratici”, per poi andarsene, lavandosene le mani insanguinate delle conseguenze delle violenze etniche contro i libici neri, oggi ripetono lo stesso appello all’intervento militare contro la Siria. Gli stessi liberali, progressisti, socialisti e marxisti che chiedono all’Occidente di intervenire nella “crisi umanitaria” in Siria, dai loro bar e uffici, a Manhattan e a Parigi, perderanno ogni interesse per l’orgia sanguinaria dei loro mercenari vittoriosi dopo che Damasco, Aleppo e le altre città siriane saranno bombardate dalla NATO fino alla resa’’ (James Petras, La strada insanguinata per Damasco: La guerra della triplice alleanza contro uno Stato Sovrano, Rete Voltaire)

In assenza di partiti marxisti rivoluzionari è giusto schierarsi con la dirigenza di Assad, legittima rappresentante del popolo siriano, il resto non conta.

Stefano Zecchinelli

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