Oh, when the saints go marching in
Oh, when the saints go marching in
Lord, how I want to be in that number
When the saints go marching in
Oh, when the saints go marching in
Lord, how I want to be in that number
When the saints go marching in
Quando parlo degli Stati Uniti, ho la sensazione di non capirmi, né con gli ammiratori né con i detrattori. E’ come se entrambi vedessero solo il film, l’Immagine America, senza riuscire mai a guardare dietro e dentro.
L’altro giorno, abbiamo riportato uno scritto di Ted Kaczynski.
Quelli che seguono sono solo pensieri un po’ confusi, espressi a ruota libera, sullo spirito americano. Non prendeteli alla lettera, e soprattutto non chiedetemi di definire il concetto di “spirito”. Mica stiamo dicendo che noi americani siamo fatti in modo diverso, solo che ci sono degli echi, delle storie, dei modi di vedere che non si capiscono sempre in Italia.
Ted Kaczynski era un giovane e geniale professore di matematica presso l’università di Berkeley, che un giorno diede le dimissioni e andò a vivere da solo tra i boschi del Montana, in una capanna senza elettricità o acqua corrente; da cui condusse una personalissima lotta armata, durata diciassette anni, contro le grandi corporation e contro i tecnici del dominio. E continua oggi, come può, mentre sconta l’ergastolo.
Kaczynski, immagino, veniva da una famiglia cattolica. Eppure trovo molto protestante il bisogno di rinascere a se stessi, e di tradurre ogni idea in azione: l’americano non cambia idea, cambia vita, come Malcolm X o John Brown, “the avenging angel of the Lord“.
Per la maggior parte degli statunitensi, ovviamente, Ted Kaczynski – se se lo ricordano – è semplicemente il mostro raffigurato in televisione: “Unabomber” nel linguaggio immaginifico-tecnocratico dell’FBI.
Però una minoranza soprendentemente ampia di statunitensi capirebbe perfettamente la sua scelta, anche se non hanno affatto la sua profondità intellettuale o chiarezza di visione.
Loren Goldner ha scritto alcuni anni fa un curioso saggio, in cui analizzava la profonda differenza che esiste tra il radicalism americano e i suoi presunti equivalenti europei.
“Mi sono accorto che il ruolo della tradizione europea rivoluzionaria, dalla Francia alla Germania alla Russia, era stato in realtà di rendere l’Europa più e non meno capitalista, e allora è diventato evidente perché tale tradizione abbia avuto così poco impatto su una società totalmente capitalista come quella americana. Mi sembrò anche chiaro che la tradizione autoctona radicale americana, che aveva le sue origini nelle correnti religiose radicali che avevano ‘perso’ all’alba stessa del capitalismo, e il loro incontro con popoli non occidentali – indiani e africani – che formarono la prima cultura americana quanto i bianchi, poteva forse contribuire qualcosa all’attuale e ancora irrisolta crisi della sinistra rivoluzionaria internazionale, qualcosa in realtà di ancora più radicale di qualunque cosa l’Europa moderna abbia conosciuto”.
La tesi è ardita, ma c’è del vero: mentre la sinistra europea si è battuta furiosamente per eliminare i residui di mondi precapitalistici (la mitica Reazione), il radicalismo americano (distinto dal progressismo liberal urbano) è stato sempre anticapitalista, antistatale e antiprogressista. E anche religioso, persino in laici come Ted Kaczynski.
In questo contesto, i confini sono molto meno netti che in Europa. Qui, le comunità si formano guardando al passato: siamo qualcosa, perché siamo figli di qualcuno – di una famiglia operaia o borghese, fascista, cattolica, comunista; e conserviamo con accanimento tali identità anche quando non corrispondono più a nulla.
Gli americani sono uniti, invece, dai fatti, innanzitutto: le grandi scelte sono figlie dell‘esperienza diretta. Nel movimento per la pace in Italia, sono tutti preti e politici; nel movimento per la pace negli Stati Uniti, le figure principali sono spesso veterani, madri di soldati morti, persino gente che ha fatto parte dei corpi speciali.
Poi gli americani sono uniti da fantasie opposte e parallele sul futuro. Il Libro dell’Apocalisse parla sia della Gerusalemme Celeste che della Catastrofe. Tutto dipende dove si pone l’accento; ma se a unirci è il futuro e non il passato, la domanda cruciale non è, da dove vieni, ma dove stai andando?
La fantasia neocon, esattamente come quella liberal che incanta gli italiani, si nutre della parte speranzosa del racconto: gli infiniti sviluppi dell’American Dream, da quando Sir Edwin Sandys, nel primo Seicento, mandava i suoi agenti a suonare i tamburi nei villaggi inglesi e cantare ballate sul Nuovo Mondo, per raccogliere volontari per lavorare nelle piantagioni di tabacco della Virginia (nei primi undici anni, ne morirono i due terzi).
Ora, l’Apocalisse è un racconto immenso, che riguarda tutta la creazione. Lasciamo perdere il contesto storico e tutto il resto, immaginiamoci l’Apocalisse che viene raccontata e sognata in una piccola chiesa frequentata da contadini e montanari scozzesi, oppure da discendenti di schiavi neri; ma anche la maniera in cui pensano apocalitticamente persone che si ritengono non religiose.
L’Apocalisse ci racconta di un Dominio, che si afferma su tutti gli esseri umani attraverso laseduzione e l’inganno: l’Anticristo, ricordiamo, non è affatto un semplice cattivo, è l’affascinatore la cui potenza dipende proprio dal fatto che imita quella di Cristo.
L’Anticristo è una figura su cui ognuno può proiettare ciò che vuole: molti americani vi vedono il governo, il diritto, i media, la televisione, il sistema carcerario, la scuola, la censura, la pubblicità, la guerra, la polizia, l’esercito, la finanza e le infinite forme che assumono la sorveglianza e il controllo.
E guardate che non è poco, perché stiamo parlando dell’intera base di ciò che chiamano civiltà: gli americani pensano in grande.
“Raccoglietevi attorno e vi dirò come si fa
Come fanno a trasformare tutti in idioti
Prendete una popolazione umana, con la sua fame e il suo dolore
E le debolezze che ancora e ancora la rende zoppa
Inventa una splendida festa dove si possono vincere i sogni
E con luci forti e scintillanti, passa il loro disagio
Con sesso e soldi e tutto gratis
Fatene intravedere qualcosa ogni notte in TV.
Guarda le mani sporche che hanno lavorato per voi
Che si stendono per una bricioa da masticare
Date loro un’auto e un video e un po’ di più
E continuate a prometere che potrebbero avere tutto
Come fanno a trasformare tutti in idioti
Prendete una popolazione umana, con la sua fame e il suo dolore
E le debolezze che ancora e ancora la rende zoppa
Inventa una splendida festa dove si possono vincere i sogni
E con luci forti e scintillanti, passa il loro disagio
Con sesso e soldi e tutto gratis
Fatene intravedere qualcosa ogni notte in TV.
Guarda le mani sporche che hanno lavorato per voi
Che si stendono per una bricioa da masticare
Date loro un’auto e un video e un po’ di più
E continuate a prometere che potrebbero avere tutto
Coro: Tutte menzogne, tutte menzogne, tutti trucchi, tutti trucchi
Per ogni vincitore c’è un perdente nel sogno occidentale”
Per ogni vincitore c’è un perdente nel sogno occidentale”
(New Model Army, Western Dream)
Con l’Anticristo, non c’è mediazione che tenga e quindi non ci può essere politica.
Ci si deve liberare dal Dominio, nella propria mente e nel proprio corpo: il rigetto che tanti americani provano verso le perquisizioni corporali, la richiesta di documenti da parte della polizia o persino i codici a barre sui prodotti è incomprensibile, se non si capisce questo. Un sito che in Italia non potrebbe esistere, ma certamente non sarebbe definito di sinistra,definisce la polizia “membri di una gang oppressiva di criminali organizzati con un monopolio e divise”.
Garanzia della libertà, contro tutte le polizie del mondo, è quell’estensione del proprio corpo, che è il fucile, libertà incarnata.
Come vanta un ironicamente autoproclamato estremista:
“Il possesso di armi da fuoco è un passatempo americano molto diffuso, che cresce mese per mese. Ma c’è un malinteso, secondo cui si tratterebbe della nostra “eredità di cacciatori” o per difenderci dalla criminalità locale. Per niente. Non è per questo che l’estremista accumula un arsenale (un arsenale viene definito come i fucili che hai in casa quando passano a fare i controlli). Possiede fucili da far paura perdifendersi contro un governo canaglia e l’insorgere di una dinamica totalitaria. Strano, vero…”
Il Dominio porta in sé la Catastrofe, che distruggerà tutto il creato, almeno così come noi lo conosciamo. Una sorta di Catastrofe unificata, pestilenze, sangue, guerre, miseria, incendi, i segni premonitori basta poco per trovarli. E se spesso esagerano, non si può dire nemmeno che abbiano tutti i torti.
La Catastrofe implica la necessità della sopravvivenza – la Survival, cui si dedicano da decenni interi eserciti di statunitensi (qualche anno fa, circa 50.000 statunitensi militavano in qualche armatissima Militia), sotto le forme più diverse.
L’intenzione deliberata di uscire dalla grid, la griglia, il grande dispositivo, è forse comune anche a certi ecologisti e anarchici nostrani, ma ci sono elementi tipicamente americani.
Il concetto di Survival è infatti parente sia del dovere di ogni imprenditore di cavarsela da solo o morire; ma anche dell’autosufficienza millenaria dei contadini: ricordiamo che fino alla Seconda guerra mondiale, circa metà della popolazione degli Stati Uniti lavorava la terra in piccole proprietà.
Ambiguamente, la stessa urgenza della sopravvivenza ispira anche la retorica del governo, sempre alla ricerca di nemici e catastrofi per affermare il proprio controllo. E la Catastrofe può essere tanto l’invasione sovietica, l’attacco alieno, l’islamizzazione; quanto il crollo ecologico, le guerre imperialiste, il razzismo.
O anche qualche combinazione di tutto ciò: mi auguro per la loro salute mentale, che i paranoici italiani che si dedicano alla Caccia ai Rossobruni non imparino mai a leggere l’inglese (ma non c’è pericolo).
La violenza, nella società più armata del mondo, che conduce guerre in ogni continente, dove nessuno è fuori dall’immenso dispositivo militare, che applica la pena di morte per iniezione letale come tramite i droni, assume un valore diverso dall’Europa. Vi ricordate lo slogan, “anche se la mamma ti ha detto il contrario, la violenza risolve davvero i problemi“?
Questo significa che nel paese del più terrificante conformismo, l’idea di una rivoluzione armata sia ritenuta normale e auspicabile da un numero incredibilmente alto di persone; e anzi è quasi un artifizio retorico, adottato persino da conservatori che vogliono opporsi a un improbabile sequestro delle armi private.
Infatti, quale rivoluzione sia, dipende dall’interazione di almeno tre fattori.
Primo, la capacità del dispositivo mediatico di inventare nemici contro cui armarsi – parlo sia delle grandi mistificazioni, come quella anticomunista in passato o quella islamofoba oggi, sia delle piccole manipolazioni partigiane, tra cui spicca in questo periodo una folle demonizzazione di Barack Obama. [1] In fondo, è lo stesso Governo nemico che manda la polizia a sequestrare le case di chi ha perso lavoro e arruola gli eserciti, anche che multa gli imprenditori che inquinano o offre un residuo di scuola pubblica.
Secondo, il peso di odi razziali latenti, che in ogni momento possono essere risvegliati e manipolati. Il discorso apocalittico procede in parallelo tra bianchi e neri, certo.
Ma è facile dimenticare che negli Stati Uniti, i poveri, i proletari, la carne da cannone degli eserciti e degli usurai, i precari a vita, i discendenti – tra l’altro – delle migliaia di bambini che venivano “raccolti” nelle strade di Londra e imbarcate sulle navi, sono ancora inmaggioranza bianchi (sono circa sessanta milioni) di origine inglese, scozzese e ulsteriana. Sono i primi ad armarsi, i primi a invocare la libertà, ma anche i primi a covare risentimenti furiosi contro neri e ispanici. D’altra parte, il sistema campa da sempre con questo trucco.
Terzo, la capacità di persone lucide di far capire il vero senso della catastrofe presente. Purtroppo, l’astrazione e l’attenta analisi storica sono arti tipicamente europee, che non comunicano quasi nulla al mondo di cui stiamo parlando. Piuttosto, questi qui colgono le parole del predicatore e del profeta, oppure di chi ha davvero vissuto qualcosa.
Certo, la forza delle persone lucide è poca, rispetto alla potenza mediatica o agli istinti etnici; ma concediamo almeno a questa cultura apocalittica un potenziale che non si trova da molte altre parti: quello di guardare fino in fondo al grande tema del Dominio e la peste che l’accompagna, senza perdersi nelle mille piccole paure degli europei.
And when the moon turns red with blood
And when the moon turns red with blood
Lord, how I want to be in that number
When the moon turns red with blood
And when the moon turns red with blood
Lord, how I want to be in that number
When the moon turns red with blood
Nota:
[1] Se il linguaggio dei jihadisti sauditi vi sembra strano, leggete questo sogno a occhi aperti di un tipico texano, che descrive come verranno giustiziati ad uno ad uno gli sgherri di Obama, una fantasia che unisce l’odio per il “comunista” Obama al rifiuto di pagare gli interessi sui debiti per l’acquisto di case e praticamente all’abolizione di qualunque forma di Stato.
Da notare che un linguaggio del genere passa inosservato, nello stesso paese che condannaTarek Mehanna a 17 anni di isolamento per una traduzione.
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