domenica 15 aprile 2012

Ahmed Ben Bella e la resistenza algerina, di Stefano Zecchinelli

“Con questa guerra americana, noi viviamo l’inizio della fine del sistema capitalistico” Ahmed Ben Bella



1.  Questa volta purtroppo è ufficiale, non ce l’ha fatta Ahmed Ben Bella a superare la malattia che, ormai da molto tempo, l'aveva fortemente condizionato. Con Ben Bella se ne va l’ultimo (a parte Fidel Castro) di una serie di grandi leaders (Ben Bella, Ho Chi Minh, Allende, Thomas Sankara, ecc…) che, dai primi anni ’50 fino alla metà degli anni ’80, hanno inferto durissimi colpi all’imperialismo collettivo dei Paesi Occidentali. Viene ricordato, il nostro, come il padre della patria algerina ma, in realtà, Ahmed è stato molto (ma davvero molto!) di più.

2. Nato il 25 dicembre 1918, Ben Bella, da ragazzo, insegue il sogno di diventare calciatore professioniste. Verso la fine degli anni ’30 gioca nell’Olympique Marsiglia, nella massima categoria calcistica francese, ottenendo buoni risultati agonistici. La sua carriera viene poi interrotta dalla guerra.
Il conflitto mondiale (che, in realtà, vede la contrapposizione fra gli imperialismi democratici e l’imperialismo fascista) porta il giovane Ahmed a combattere nell’esercito di De Gaulle. Il nostro era totalmente impreparato per ciò che attiene la teoria politica (ed infatti non capisce il significato della guerra imperialistica in corso) però si distingue in quanto coraggio ed altruismo, proprio sul campo di battaglia. Dopo la battaglia sul Monte Cassino riceve la Médaille Militaire della Repubblica Francese.
Nel 1945 l’imperialismo francese reprime la rivolta nella città algerina di Setif; il nostro capisce che gli imperialismi democratici hanno la stessa bestialità (se non peggio!) del nazi-fascismo e restituisce l’onorificenze ricevuta. Allora Ben Bella aderisce al nazionalismo panarabo (il cui massimo esponente algerino era  Messali Hadj) ed inizia a militare nell’Organisation Spéciale, collegata al Partito popolare algerino.
Quando i francesi schiacciarono l’OS, Ben Bella si rifugiò nell’Egitto nasseriano, dove da poco le borghesie compradore erano state rovesciate. Il regime di Nasser era un regime nazional-populista (il Partito comunista egiziano fu tenuto fuori legge fino al 1962), tutt’altro che socialista, però l’adesione al panarabismo laico è solo una prima tappa importante nella formazione politica e culturale del nostro.
Nel 1955, poco prima della vittoriosa battaglia antimperialista del popolo egiziano contro l’imperialismo anglo-francese (la battaglia di Suez), Ben Bella viene catturato dai francesi con i metodi criminali propri dell’imperialismo. Ahmed è la prima vittima di un dirottamento d’aereo della storia, insieme ad altri cinque capi della rivolta algerina. Con gli accordi di Evian del 1962, l’Algeria ottiene l’indipendenza e Ben Bella – ormai simbolo della resistenza nazionale – ne divenne il primo presidente.

3.L’Algeria post-coloniale è un Paese con delle strutture economico-sociali, prevalentemente, pre-industriali (pre-capitalistiche). Un Paese che ha una superficie di circa 2.381.000 kilometri quadri e che concentra(va) le principali attività industriali nel nord. Le differenze fra nord e sud erano (e sono ancora oggi) immense. Quando i colonizzatori francesi sono fuggiti le borghesie nazionali sono subentrate al loro posto, creando una nuova borghesia di Stato.
E’ avvenuto, in Algeria, un fenomeno molto complesso che Gramsci chiamò statolatria: alla frammentazione della società civile segue una società politica debole, quindi le borghesie (nazionali) tendono a fondersi con gli apparati statali.
La stessa critica – questa volta rivolta proprio alla rivoluzione algerina – è stata fatta, seppur con eccessiva severità, da Guy Debord:

‘’ In alcuni casi, tra i quali l’Algeria al termine della sua guerra di indi­pendenza, la burocrazia, che si è costituita come direzione parastatale durante la lotta, ricerca il punto di equilibrio di un compromesso per fondersi con una debole borghesia na­zionale’’ (Guy Debord, La società dello spettacolo, 1967)

Ed è in questa contrapposizione, socialismo dal basso – da un lato – e burocratismo – dall’altro – che si porranno le basi per il colpo di Stato di Houari Boumedienne.
Gli apparati amministrativi algerini contavano circa 300.000 posti, prima occupati dai francesi e poi da una nuova classe di amministratori che faceva fatica ad emergere (almeno fino al 1965), frenata dal radicalismo delle masse. La burocrazia si mangiava almeno metà del bilancio algerino quindi una rivoluzione interamente socialista avrebbe dovuto distruggere i vecchi apparati burocratici del precedente Stato semi-capitalistico.
E’ stato un errore grave che, dall’altra parte, valorizza – contro le politiche dei blocchi sociali – i lasciti teorici di grandi rivoluzionari come Trotsky ed Ernesto Guevara. Ovviamente restano moltissimi i meriti di Ben Bella.
Il nostro rivoluzionario reagì in modo energico contro le correnti di destra del Fronte di liberazione nazionale. Nel 1963 destituisce Khider; a giugno Budiaf viene arrestato colpevole di aver tentato di rovesciare il governo; vengono deposti anche Fehrat Abbas e il colonnello el-Hadji.
Fra ottobre e novembre viene soffocata la rivolta reazionaria dei cabìla che rappresentavano circa 1/5 della popolazione algerina.
Dall’altra parte non ha mai smesso di perseguire l’ideale di un socialismo romantico, basato sull’autogestione operaia. Le borghesie mercantili sono state duramente attaccate, gli schiavi liberati e le donne hanno goduto di pieni diritti civili e politici.
Ben Bella ha goduto – oltretutto – della consulenza (oltre che della amicizia personale) di economisti marxisti come Charles Bettelheim (maoismo teorico) ed Ernest Mandel (trotskismo teorico), oltre che della ammirazione di Daniel Guerin (massimo esponente del marxismo libertario francese).
Vediamo, adesso, come il nostro si è mosso in politica estera.

4. Nel settembre del 1962 l’Ufficio Politico del Fln fa una visita alle Nazioni Unite, a cui sarebbe seguita una visita della Cuba.
Alla Casa Bianca Kennedy cercò di persuaderlo a non andare a Cuba, ma la risposta di Ben Bella fu forte e decisa come ricordò lui stesso in un intervento commemorativo rivolto ad Ernesto Guevara: ‘’ribattei che ero una fellagha e che non mi lasciavo intimidire dalle minacce degli harkis, algerini o cubani che fossero’’.
I metodi infimi del Presidente yankee eletto con l’appoggio della mafia italo-americana si scontrano con la grandezza umana di un capo, fiero ma nello stesso tempo umile, di un grande movimento anti-coloniale.
Ahmed instaurò con Fidel Castro e soprattutto con Ernesto Guevara una profonda amicizia personale.
Nel 1963 Stati Uniti e Francia armarono contro l’Algeria il mercenario Marocco. Nasser offrì copertura aerea al giovane Stato antimperialista ma Cuba fece qualcosa di più inviando un contingente di blindati ed alcune centinaia di soldati.
Ecco come il nostro ricorda quell’episodio:
’Ebbene nonostante le restrizioni imposte da Mosca e incuranti dei divieti, i cubani non avevano esitato a inviare i propri mezzi blindati in aiuto della rivoluzione algerina in pericolo’’.

Fu un esempio di solidarietà antimperialista, solidarietà a cui l’Urss aveva rinunciato – per il quieto vivere – ormai da molto tempo (come denunciò Ernesto Guevara nel Discorso di Algeri, nel 1965).
Durante uno dei suoi soggiorni ad Algeri, Guevara chiese a Ben Bella se l’Algeria poteva sostituirsi a Cuba, in quel momento sorvegliatissima, nell’armare i movimenti rivoluzionari in America Latina. La risposta del rivoluzionario algerino fu immediata e positiva.
Il Che mise in guarda Ahmed da un possibile colpo di Stato di destra e, a mio avviso, la caduta di Ben Bella e la morte di Guevara, oltre – aggiungerei – la sconfitta di Lin Biao in Cina, rappresentano un arretramento di quei grandi processi di liberazione nazionale iniziati alla fine degli anni ’40 (Cina, Vietnam, Cuba, ecc…).
Incarcerato fino al 1980, Ben Bella andò a vivere in esilio in Svizzera dove fondo il Mouvement pour la Démocratie en Algerie. Ritornò il patria nel 1990, quando venne introdotto un sistema multi-partitico.
La seconda parte della sua vita da rivoluzionario è caratterizzata da una accesa critica alla globalizzazione unipolare, quella che lui ha chiamato la ‘’Karzai-mania’’ in cui gli Usa piazzano i loro lacchè alla guida dei Paesi ricolonizzati.
In una intervista del 2003 (circa) con estrema lucidità diede una lucida previsione della drammatica situazione attuale:

‘’ Terminata la prima fase della guerra, vediamo affermarsi quella che io amo definire la “Karzai-mania”. Dopo la guerra dell’ottobre 2001, hanno messo un certo Karzai alla testa dell’Afghanistan. E’ quello che vogliono fare in tutti i paesi che ricolonizzano. Vogliono che ogni paese sia diretto da un presidente filoamericano al 100%, un lacchè completamente asservito agli Stati Uniti. Ma avranno dei seri problemi in Iraq! Tutti i gruppi religiosi, tutte le etnie rifiutano un tale governo, costruito dall’esterno. Mentre gli americani sono impegnati a cercare un nuovo Karzai per l’Iraq, la stessa cosa vorrebbero fare anche nei confronti della Siria.
La ricetta è risaputa: aumentare la pressione per destabilizzare il paese e, in seguito, inviare gli aerei e le bombe.
Dopo la sua guerra in Iraq, Bush pianifica di distruggere la Siria, l’Iran, la Corea. E’ dunque una guerra infinita quella che si annuncia. Questo sistema non è più sostenibile. Occorre creare un’altra cosa. Noi stiamo vivendo l’inizio della fine del sistema capitalistico. Dobbiamo cambiarlo’’.

Una capacità di analisi ormai aliena alla sinistra europea che si è integralmente convertita alle esigenze strutturali, e non solo congiunturali, del capitalismo assoluto.

5. Ben Bella ci viene descritto dalle persone che l’hanno conosciuto e gli sono state amiche come una persona priva di una natura stabile, sempre in preda ad un irrefrenabile dinamismo.
Si faceva prendere spesso dalla collera, era imprevedibile e pronunciava, in quei momenti, parole fuori controllo. Anche questo aspetto – non politico ma umano – della sua persona accentuò il contrasto con Boumedienne.
Spesso, soprattutto quando fu incarcerato, amava fissare il vuoto per ore dopo di che si metteva a parlare ad alta voce ed a gesticolare. In fine si lasciava andare e sorrideva.
In questo momento in cui l’oblio regna sovrano e l’imperialismo pianifica in modo sistematico il massacro dei popoli coloniali, difendere la memoria, combattere la colonizzazione delle mente, è una priorità. Ernesto Guevara con queste parole di stima verso il capo della rivoluzione algerina finì uno dei discorsi più drammatici della sua vita di marxista rivoluzionario:

‘’Che il magnifico popolo algerino, provato come pochi dalle sofferenze per l’indipendenza, sotto la risoluta direzione del suo partito, con a capo il nostro amato compagno Ahmed Ben Bella, ci serva di ispirazione in questa lotta senza quartiere contro l’imperialismo mondiale’’.

Penso che sia questo il modo migliore per ricordarti, Ahmed!

Note:

1)     Roberto Massari, Ernesto Che Guevara uomo, compagno, amico, Ed. Massari
2)    Antonio Moscato, Che Guevara storia e leggenda, Ed. Giunti Demetra
3)    Ryszard Kapuscinski, La prima guerra del football, Universale Economica Feltrinelli
4) Segnalo questo interessante articolo di Filippo Bovo, pubblicato nel sito di Stato e Potenza: http://www.statopotenza.eu/3208/la-morte-di-ahmed-ben-bella

Stefano Zecchinelli

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