venerdì 9 marzo 2012

TINA nel paese di Fiscal Compact, di Miguel Martinez

Rossland ci regala un post sul concetto di T.I.N.A., There Is No Alternative, una nozione fondamentale che lei riprende e rielabora da Sergio Di Cori Modigliani.

Rossland riassume così il concetto:

“Non ci sono alternative” è la frase mantra di cui si serve l’oligarchia planetaria per imporre un’unica soluzione a tutti i problemi.

Si parla di Tav, e “Non ci sono alternative”.
Si parla di Sanità, e “Non ci sono alternative”.
Si parla di scuola, e “Non ci sono aternative”.
Si parla di lavoro, e ” Non ci sono alternative”.
Si parla di “guerre preventive”, e “Non ci sono alternative”.

“Non ci sono alternative” è la chiusura ad ogni possibile diversa ipotesi rispetto a quella messa in campo dai tecnici, gli esperti al potere.

La politica si accoda e collabora, già suddita.

Lo scopo di un mantra, di una frase ripetuta ossessivamente, come spiega bene Di Cori Modigliani, è cancellare dalla mente dell’interlocutore tutte le altre possibilità, tranne una: quella a cui non ci sono alternative.

Qualsiasi sia la domanda, qualsiasi sia l’argomento, qualsiasi sia il problema in discussione, ogni discorso si chiude, senza argomentarlo, dicendo:” Non ci sono alternative”.

Alla fine, le alternative spariscono davvero dall’immaginazione.”

Rossland trae ispirazione da un post di Sergio Di Cori Modigliani; ma in realtà i due post sono molto diversi, e vanno letti fino in fondo entrambi. Sergio Di Cori Modigliani presenta anche una riflessione sulla simbologia, cruciale nella costruzione di identità e mobilitazione. E’ in corso, dice una “battaglia surreale”, perché

“in campo compaiono soltanto i simboli (a seconda dei casi) dello schieramento antagonista: da chi inneggia alla libertà a chi vuole eliminare Goldman Sachs, da chi difende la Grecia come simbolo a chi vuole chiudere le banche, e così via dicendo.

Angela Merkel, Mario Monti, Mario Draghi, ecc., non hanno simboli (se non quelli fittizi –vere e proprie maschere di comodo- necessarie per ragioni burocratiche: la CDU, la carica di primo ministro, la BCE, ecc. ecc) e il loro vantaggio consiste proprio nel non essere identificati in nessuna consorteria, in nessuna affiliazione, in nessuna organizzazione specifica che li possa accorpare.”

In fondo, il dominio è proprio questo. Essere la premessa di tutti i pensieri, scelte e simboli. Lo sfondo di ogni realtà, che non può conoscere alternative. L’Innominabile.

Un esempio, che rubo sempre a Sergio Di Cori Modigliani.

L’altro giorno hanno abolito l’Italia: non la nazionale di calcio, solo lo Stato Nazione.

L’Italia infatti è stata sostituita da qualcosa con il nome assai meno simbolico di Fiscal Compact (così imparate l’inglese).

Personalmente, sulla pars destruens della faccenda, non ci verso molte lacrime: uno Stato Nazione con un inno cretino, costruito dal conte Camillo Benso di Cavour attraverso una serie di raggiri e intrighi; uno Stato Nazione che dal massacro dei terroni nell’Ottocento, passando per l’Etiopia e arrivando all’Afghanistan oggi ha condotto unicamente guerre di aggressione, non è una perdita tragica.

Però la fine di una nazione dovrebbe essere comunque un momento significativo, almeno per i diretti interessati.

Ora, invece di mandare i carri armati Fiscalcompactiani, hanno pure permesso ai parlamentari italiani di votare sulla faccenda.

Siccome Non C’è Alternativa, non c’era però niente da dibattere.

In aula, infatti, c’erano sei (6) deputati presenti alla discussione.

Al momento del voto, i pastori hanno mandato i loro cani al bar e al ristorante, dove mezzo migliaio di parlamentari se ne stava a ridere, brucare l’erba e fare affari.

La folla è entrata e ha votato: 489 favorevoli all’abolizione dell’Italia, 3 contro, 19 astenuti.

Ah, una curiosità due dei tre che hanno votato per mantenere l’Italia erano della Lega Nord (e uno dell’Italia dei Valori).

http://kelebeklerblog.com/2012/03/09/tina-nel-paese-di-fiscal-compact/

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