martedì 28 febbraio 2012

Siria: una riflessione comparata, di Anna Lami

Alla vigilia del referendum sulla nuova Costituzione, votato ieri in Siria, abbiamo incontrato l'Ambasciatore in Italia, Hasan Khaddour. Ecco cosa ha raccontato ad Anna Lami, pochi giorni dopo essere stato duramente contestato a Roma il 10 febbraio, ad opera di alcuni attivisti siriani che ne chiedevano la destituzione.

Hasan Khaddour ci riceve nella sede dell'ambasciata siriana a Roma che si affaccia sul Campidoglio. È un uomo dai modi gentili, ha studiato in Europa. Non rilascia interviste ma ha gentilmente accettato di illustrarci il suo punto di vista sui recenti sconvolgimenti che stanno attraversando la Siria e soprattutto ci ha ricordato che millenni di tradizione legano il nostro paese alla sua terra.

Tenuto conto che buona parte delle informazioni che viaggiano sui canali main stream riguardo alla situazione siriana provengono o da canali satellitari come Al Jazeera e Al Arabya o da presunti osservatori indipendenti (con sede a Londra!), ci è sembrato opportuno ascoltare anche la voce del rappresentante della Repubblica Siriana in Italia. L’incontro ha reso possibile queste nostre riflessioni.

Sembra che sia stato Apollodoro di Damasco l’artefice del Foro di Traiano. Alcuni gli attribuiscono anche la progettazione del tempio di tutti gli dei, il Pantheon. La Repubblica Araba di Siria è da svariati secoli la materializzazione della fattibilità di una convivenza pacifica e fruttuosa proprio tra tutti gli dei. Molte moschee e chiese, ad esempio, sono costruite fianco a fianco. Cristiani e musulmani pregano nella moschea di Ommayadi, su cui un tempo sorse la cattedrale di Giovanni Battista. Nonostante nel corso del Novecento la comunità dei siriani cristiani si sia ridotta, continua tuttora ad essere una delle principali comunità del medio oriente. Oggi i cristiani in Siria, concentrati soprattutto a Damasco, stanno in buona parte con Assad, che ha continuato a farsi garante della libertà di espressione religiosa e della laicità dello Stato, caratteristica piuttosto rara nei paesi arabi. Non possiamo dire altrettanto dell’Arabia Saudita, dove il culto cristiano, per esempio, è proibito per legge, eppure la monarchia assoluta di Saud è in prima linea nel denunciare in sede Onu ogni violazione vera o presunta della libertà in Siria.

In quelle nazioni dove la visione religiosa è tra i primi motivi di tensione, è facile che le legittime richieste di libertà civile si trasformino o vengano soffocate da un’inasprimento dei fanatismi religiosi. Sembra essere diffuso il timore che un’eventuale caduta di Assad segnerebbe la parola fine attorno a secoli di complessiva moderazione religiosa e buonsenso civile. Abbiamo dinnanzi agli occhi cosa ha portato il processo di regime change in Libia, in Egitto, in Tunisia: prima di tutto, ad un rinnovato estremismo religioso da parte dei gruppi più settari come i salafiti, e ad un rafforzamento dei Fratelli musulmani, che oggi incitano alla rivolta per sovvertire la Repubblica Araba di Siria.

Dalle sedi diplomatiche occidentali si contesta all’attuale presidente siriano di conculcare le libertà individuali e i diritti umani. Questo nonostante la Siria sia lo stato che ha accolto il maggior numero di rifugiati del Medio Oriente. A partire dal 1948, dopo la creazione dello stato d’Israele, centinaia di migliaia di palestinesi hanno trovato asilo oltrepassando i confini siriani. Lo stesso accadde a seguito della guerra in Libano negli anni '80. Dal 2003 a seguito della guerra americana in Iraq, si stima che circa 1,5 milioni di profughi iracheni siano stati accolti in Siria. Dalla Somalia al Sudan, sempre la Siria è stata la meta di quanti fuggivano il terrore delle guerre. Ai rifugiati è generalmente permesso di lavorare, è garantita l’assistenza sanitaria, ai palestinesi anche l’istruzione universitaria gratuita e numerosi diritti civili come da Protocollo di Casablanca (1965).

In Qatar, invece, un altro degli Stati più attivi nel fomentare l’odio contro il regime siriano e nel porsi indebitamente a tutore dei diritti umani, i lavoratori migranti, per lo più provenienti dall’India, dal Bangladesh e dal Nepal non godono di alcuna tutela (nemmeno l’accesso all’assistenza sanitaria), tanto da indurre le principali Ong transnazionali a parlare di nuova schiavitù.

La comunità internazionale naturalmente non ha mai mostrato troppo interesse ad aiutare le istituzioni siriane nell’affrontare le difficoltà provocate dall’arrivo di milioni di rifugiati. Tantomeno oggi, si sta preoccupando di quali siano le conseguenze delle sempre più aspre sanzioni economiche imposte alla Siria. Basti pensare che i medicinali di primo soccorso hanno avuto un’escalation di prezzo che ha colpito soprattutto le fasce più deboli della popolazione.

Nonostante le gravi problematiche causate dalle sanzioni, nella Siria di Assad l’assistenza sanitaria continua ad essere gratuita per tutti i cittadini, così come l’istruzione di base, che negli scorsi giorni, con la promulgazione della Legge 7/2012, è stata resa obbligatoria per tutti i bambini dai 6 ai 15 anni.

È chiaro dunque che non è per alleviare le sofferenze della popolazione che le potenze occidentali e le petro-monarchie del Golfo fanno pressioni su Damasco. A maggior ragione da quando le manifestazioni di protesta pacifiche sono state ammesse, e considerando soprattutto la ri-scrittura della carta costituzionale, redatta da giureconsulti provenienti dalle fila governative in collaborazione con indipendenti ed esponenti dell’opposizione democratica. La bozza della nuova carta, che verrà sottoposta a referendum popolare il 26 febbraio, cambierà la struttura istituzionale nazionale e rendenderà possibile lo sviluppo di un sistema multipartitico e pluralista fondato sul consenso democratico. Le prime elezioni legislative libere si terranno dopo tre mesi dall’approvazione della nuova carta.

Probabilmente le potenze straniere ostili a Bashar al Assad temono un esito pacifico della crisi in Siria che vanificherebbe la possibilità di un cambio di regime cruento ed eterodiretto funzionale ai loro interessi imperialisti. Se avessimo ancora dubbi a proposito della reali intenzioni di chi intende strumentalizzare alcune legittime rivendicazioni del popolo siriano per fini tutt’altro che nobili, basterebbe considerare che tra le richieste fatte dal Segretario di stato statunitense, Mrs Hillary Clinton, al governo di Damasco, non figurano maggiori garanzie a tutela dei diritti umani bensì la completa rottura dei rapporti di amicizia e cooperazione tra Siria ed Iran.

http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella-comunicazione/7812-siria-una-riflessione-comparata.html

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