mercoledì 23 novembre 2011

La responsabilità degli intellettuali: Cuba, gli Usa e i diritti umani, di James Petras

Ancora una volta gli intellettuali sono stati al centro del dibattito; questa volta sulla questione dell'imperialismo statunitense e dei diritti umani a Cuba. "Quant'è importante il ruolo degli intellettuali?", mi sono chiesto mentre camminavo attraverso Puerto del Sol a Madrid in un assolato sabato pomeriggio (26 aprile 2003) e sentivo gli slogan contro Castro di poche centinaia di dimostranti echeggianti nella piazza vuota. Nonostante le dozzine di articoli e colonne di opinionisti di noti intellettuali nei maggiori quotidiani madrileni, le ore di propaganda radiotelevisiva e il sostegno dei più importanti burocrati sindacali e boss di partito, soltanto 700-800, per la maggior parte cubani esiliati, hanno attaccato Cuba. "È chiaro", pensavo, "gli intellettuali anti-cubani riescono a chiamare poca gente in piazza, almeno in Spagna". Ma l'impotenza politica degli scrittori anti-castristi non significa che in generale gli intellettuali non giochino un ruolo importante; né la mancanza di un seguito popolare vuol dire che sono senza risorse, specialmente se hanno l'appoggio della macchina propagandistica di guerra statunitense, che amplifica e diffonde le loro parole nel mondo. Al fine di venire a capo del dibattito che si è scatenato tra gli intellettuali sulla questione dei diritti umani a Cuba e l'imperialismo statunitense è importante fare un passo indietro ed esaminare il ruolo degli intellettuali, il contesto e le principali questioni che fanno da cornice al conlitto Usa-Cuba.
Il ruolo degli intellettuali

Il ruolo degli intellettuali è di chiarire le principali questioni e definire le principali minaccie alla pace, alla giustizia sociale, all'indipendenza nazionale e alla libertà in ogni periodo storico così come identificare e sostenere i maggiori difensori degli stessi principi. Gli intellettuali hanno la responsabilità di distinguere tra le misuredifensive prese dalle nazioni e dai popoli sotto attacco imperiale e i metodi offensivi delle potenze imperiali conquistatrici. È il colmo dell'ipocrisia impegnarsi nell'equivalenza morale tra la violenza e la repressione delle nazioni imperiali conquistatrici con quella delle nazioni del Terzo Mondo sotto l'attacco militare e terrorista.
Gli intellettuali responsabili esaminano criticamente il contesto politico e analizzano le relazioni tra il potere imperiale e i suoi agenti locali pagati che vengono descritti come "dissidenti"; essi non emettono decreti morali sulla base dei loro scarsi lumi e dei loro imperativi politici. Gli intellettuali impegnati che pretendono di parlare con autorità morale, specialmente coloro che pretendono di essere critici dell'imperialismo, hanno la responsabilità politica di demistificare il potere e la manipolazione statale e mediatica, particolarmente in relazione alla retorica imperiale della violazione dei diritti umani da parte degli stati del Terzo Mondo indipendenti.
Abbiamo visto negli ultimi tempi molti autoproclamati intellettuali occidentali "progressisti" sostenere o restare in silenzio rispetto alla distruzione della Jugoslavia da parte degli Usa, alla pulizia etnica di oltre 250.000 serbi, zingari e altri gruppi in Kosovo, dando a bere la propaganda statunitense dell'"intervento umanitario". Tutti gli intellettuali statunitensi (Chomsky, Zinn, Wallerstein, ecc.) appoggiarono la violenta rivolta in Afghanistan dei fondamentalisti finanziata dagli Usa contro il governo laico appoggiato dall'Unione Sovietica; con il pretesto che l'Unione Sovietica aveva "invaso" e che i fanatici fondamentalisti arrivavano nella nazione da tutto il mondo erano diventati i "dissidenti" che difendevano l'"autodeterminazione". All'epoca, una palese manovra propagandistica eseguita con successo dall'arrogante ex Consigliere per la sicurezza nazionale Zbignev Breszinski.
Come allora prestigiosi intellettuali esibiscono le loro passate credenziali quali "critici" della politica estera statunitense per conferire credibilità alla loro disinformata denuncia della presunta colpa morale di Cuba, paragonando gli arresti da parte di Cuba di agenti pagati dal Dipartimento di stato statunitense e l'esecuzione di tre terroristi dirottatori con i crimini di guerra genocidi dell'imperialismo statunitense. I professionisti degli equivalenti morali applicano un microscopio a Cuba e un telescopio agli Usa, il che conferisce loro una sicura accettabilità tra i settori liberali dell'impero.
Imperativi morali e realtà cubane: la moralità come disonestà

Gli intellettuali sono divisi riguardo al conflitto Usa-Cuba: Benedetti, Sastre, Petras, Sanchez-Vazquez e Pablo Gonzalez Casanova e molti altri difendono Cuba; gli intellettuali di destra inclusi Vargas Llosa, Savater e Carlos Fuentes si sono prevedibilmente prodotti nei loro usuali attacchi contro Cuba, mentre una piccola schiera di intellettuali per altri aspetti progressisti – Chomsky, Galeano, Saramago, Sontag, Zinn e Wallerstein – si sono uniti al coro di coloro che condannano Cuba, ostentando le loro passate posizioni critiche nello sforzo di distinguersi dagli oppositori cubani della destra/Dipartimento di stato.
È quest'ultimo gruppo "progressista" che ha causato il danno maggiore tra il nascente movimento anti-imperialista ed è a costoro che sono dirette queste osservazioni critiche. La moralità basata sulla propaganda è una miscela mortale, in particolare quando i giudizi morali provengono da prestigiosi intellettuali di sinistra e la propaganda proviene dall'amministrazione di estrema destra di Bush. Molti dei critici "progressisti" di Cuba riconoscono in generale che gli Usa sono stati degli ostili aggressori nei confronti di Cuba e "generosamente" riconoscono il diritto di Cuba all'autodeterminazione, poi si lanciano in una serie di accuse non provate e di travisamenti privi di qualsiasi particolare contesto che possa servire a chiarire le questioni e fornire delle basi ragionevoli per gli … "imperativi morali".
È meglio cominciare con il fatto fondamentale. I critici di sinistra, sulla base delle etichette del Dipartimento di stato statunitense, denunciano il governo cubano per la repressione di individui, dissidenti, inclusi giornalisti, proprietari di librierie private e membri di partiti politici impegnati in attività politiche non-violente, i quali tentavano di esercitare i loro diritti democratici. Ciò che i "progressisti" mancano di riconoscere o non sono disposti ad ammettere è che coloro che sono stati arrestati erano agenti pagati dal governo statunitense. Secondo l'Agency of International Development (AID, Agenzia per lo Sviluppo Internazionale), la principale agenzia federale statunitense che si occupa delle concessioni e dei prestiti per il perseguimento della politica estera statunitense, con l'USAID Cuba Program (come risulta dal Helms-Burton Act del 1996) ha destinato oltre 8,5 milioni di dollari agli oppositori cubani del regime di Castro sin dal 1997 per pubblicare, organizzare incontri, fare propaganda in favore del rovesciamento del governo cubano, coordinandosi con una diverse ONG statunitensi, università, fondazioni e altri gruppi di facciata. (Il profilo dell'USAID Cuba Program è sul sito web dell'AID).
L' U.S.AID program, diversamente dalla pratica usuale, non indirizza i pagamenti al governo cubano, ma direttamente ai suoi clienti cubani "dissidenti". I criteri per ottenere i fondi sono chiaramente formulati: per ricevere i pagamenti e i contributi bisogna aver dimostrato un chiaro impegno per il "cambiamento di regime" diretto dagli Usa verso il "libero mercato" e la "democrazia", senza dubbio simile alla dittatura coloniale statunitense in Iraq. La legge Helms-Burton, il U.S.AID Cuba Program e i loro agenti pagati, come il manifesto progressista statunitense, " condannano la mancanza di libertà a Cuba, l'arresto di dissidenti innocenti e chiedono un cambiamento di regime a Cuba".
Strane coincidenze che richiedono alcune analisi. I giornalisti cubani che hanno ricevuto 280.000 dollari dal Cuba Free Press – una facciata dell'AID – non sono dissidenti ma agenti pagati. I gruppi cubani per i "diritti umani" che hanno ricevuto 775,000 dalla "Freedom House", una facciata della CIA, non sono dissidenti, specialmente quando la loro missione è quella di promuovere una "transizione" (rovesciamento) del regime cubano. La lista di contributi e finanziamenti ai "dissidenti" (agenti) cubani da parte del governo statunitense per il perseguimento della politica statunitense è lunga e dettagliata e accessibile a tutti i critici morali progressisti.
Il fatto è che gli oppositori imprigionati erano agenti pagati dal governo statunitense, pagati per mettere in atto i fini dell'Helms-Burton Act sulla base dei criteri dell'U.S.AID e sotto la guida e la direzione dei vertici Usa. La Interest Section ad Havana. Tra il 2 settembre 2002 e il marzo 2003 James Cason, capo dalla statunitense Interest Section, ha tenuto dozzine di incontri con i suoi "dissidenti" cubani a casa e in ufficio, fornendo loro istruzioni e linee guida su cosa scrivere, come reclutare, mentre pubblicamente, nel modo meno diplomatico, predicava contro il governo cubano.
Gli agenti cubani di Washington sono stati riforniti dall'USAID di attrezzature elettroniche e altri strumenti per la comunicazione, di libri e soldi per finanziare "sindacati" filo-statunitensi attraverso l'"American Center for International Labor Solidarity" (una facciata statunitense). Questi non erano "dissidenti" ben intenzionati ignari di chi li pagava e del loro ruolo di agenti statunitensi, dal momento che il documento di USAID dichiara (nella sezione intitolata "Il contesto istituzionale statunitense"): "Il Programma Cubano è finanziato attraverso l'Economic Support Fund, il quale è finalizzato a sostenere gli interessi economici e politici esteri degli Stati Uniti fornendo assistenza finanziaria agli alleati (sic) e alle nazioni in transizione verso la democrazia".
Nessuna nazione al mondo tollera o classifica i propri cittadini che sono pagati e lavorano per gli interessi imperiali di una potenza straniera come "dissidenti". Questo è vero specialmente per gli Usa: al capitolo 18, paragrafo 951 del Codice statunitense, si legge: "chiunque operi all'interno degli Stati Uniti sotto la direzione o il controllo di un governo o di funzionari stranieri sarà soggetto al procedimento penale e alla condanna a dieci anni di prigione". A meno che, naturalmente, non siano registrati come agenti o lavorino per il governo israeliano. Gli intellettuali "progressisti" statunitensi abdicano alle loro responsabilità come analisti e critici e accettano così come viene presentata la descrizione di agenti pagati dagli Usa come dissidenti che lottano per la "libertà".
Alcuni difensori dei dissidenti pagati dagli Usa sostengono che questi hanno ricevuto "delle condanne scandalosamente lunghe". Ancora la miopia empirica si mescola al moralismo mendace. Cuba è ad un passo dalla guerra. Il governo Bush ha dichiarato che Cuba è nella lista degli obiettivi militari soggetti a guerra e distruzione di massa. E nel caso i nostri intellettuali moralisti non lo sappiano: ciò che Bush, Rumsfeld e i sionisti guerrafondai nell'amministrazione dicono, quello fanno. La totale mancanza di serietà degli imperativi morali di Chomsky, Zinn, Sontag, Wallerstein consiste nel fatto che essi mancano di riconoscere l'imminente e massiccia minaccia, annunciata in anticipo, di una guerra statunitense con armi di distruzione di massa.
Questo è particolarmente grave visto che molti dei detrattori di Cuba vivono negli Usa, leggono la stampa statunitense e sanno come prontamente le dichiarazioni militaristiche sono seguite dalle azioni genocide. Ma i nostri moralisti non si preoccupano per nulla del contesto, delle minacce immediate o prossime a Cuba, essi ignorano facilmente tutto ciò per dimostrare al Dipartimento di stato che essi si oppongono alla politica statunitense, ma si oppongono anche alle nazioni indipendenti, sistemi o leader che si oppongono agli Usa. In altre parole, signor Ashcroft quando prendi delle misure contro gli "apologeti" del "terrore" cubano, ricorda che noi siamo differenti, anche noi chiediamo un cambiamento di regime.
I critici di Cuba ignorano il fatto che gli Usa hanno una strategia a doppio binario, militare e politica, per mettere sotto controllo Cuba già operativa. Washington fornisce l'asilo per i terroristi che dirottano gli aerei, incoraggiando gli sforzi per destabilizzare l'economia cubana che si basa sul turismo; inoltre essa lavora in stretta collaborazione con la terrorista Cuban American Foundation impegnata nel tentativo di assassinare i leaders cubani. Nuove basi militari statunitensi sono state stabilite nella Repubblica Dominicana, Colombia, El Salvador ed inoltre c'è un campo di concentramento in espansione a Guantanamo, tutto per facilitare l'invasione. L'embargo statunitense sta per essere rafforzato con l'appoggio dei regimi di destra di Berlusconi e Aznar in Italia e Spagna. L'attività aggressiva e apertamente politica di James Cason dell'Interest Section in linea con i suoi seguaci tra gli agenti pagati/"dissidenti" è parte di una strategia interna diretta a minare la lealtà dei cubani al regime e alla rivoluzione.
L'interconnessione tra le due tattiche e la loro strategica convergenza è ignorata da i nostri prestigiosi critici intellettuali che preferiscono concedersi il lusso di emettere imperativi morali riguardo alla libertà dovunque e per chiunque, anche quando gli psicotici di Washington mettono il coltello alla gola a Cuba. No grazie, Chomsky, Sontag, Wallerstein, Cuba ha tutte le ragioni per dare un calcio nelle palle a chi la vuole attaccare e spedirlo a tagliare canna da zucchero per guadagnarsi onestamente da vivere. La pena di morte per i tre terroristi del traghetto è una misura dura, ma così è stata la minaccia alla vita dei quaranta passeggeri cubani che hanno rischiato la morte nelle mani dei dirottatori. Ancora i nostri moralisti dimenticano di discutere le azioni avventate di pirateria aerea e gli altri complotti che sono stati scoperti.
I moralisti non capiscono perché questi disperati terroristi hanno cercato di lasciare Cuba con mezzi illegali. L'amministrazione Bush ha praticamente eliminato i permessi per gli emigranti cubani che desiderano partire. I permessi si sono ridotti da 9000 per il primo mese del 2002 a 700 nel 2003. Questa è un'abile tattica per incoraggiare le azioni terroristiche a Cuba e poi denunciare la durezza delle condanne, evocando il coro delle lamentazioni dei progressisti statunitensi e dell'establishment intellettuale europeo. È la pura ignoranza che informa questi pronunciamenti morali contro Cuba o vi è dell'altro (ricatto morale?), per spingere la controparte cubana a rivolgersi contro il proprio regime o siamo di fronte all'obbrobio di prestigiosi intellettuali, che temono di diventare ulteriormente isolati e stigmatizzati come "apologeti di Castro".
Minacce esplicite da parte di Saramago di abbandonare i suoi amici cubani e di abbracciare la causa degli agenti pagati dagli Usa. Minacce di non visitare più Cuba e di boicottare le conferenze. È la codardia morale che spinge a raccogliere il manganello imperiale e tirarlo in testa a Cuba quando si trova di fronte alla minaccia delle distruzioni di massa rispetto alla libertà di agenti pagati, soggetti a procedimento giudiziario in qualsiasi nazione del mondo? Ciò che è fortemente disonesto è ignorare totalmente i vasti risultati della rivoluzione nel lavoro, educazione, salute, eguaglianza e l'eroica opposizione di principio di Cuba alle guerre imperiali – l'unica nazione a dichiararlo – e la sua capacità di resistere a quasi cinquant'anni di invasione. Ciò non conta nulla per gli intellettuali statunitensi,ciò è scandaloso!! Questa è una disgrazia, una ritirata in cerca di rispettabilità dopo aver "osato" di opporsi alla guerra statunitense insieme a 30 milioni di persone in tutto il mondo. Non è il momento di "bilanciare" le cose, condannando Cuba, chiedendo un cambiamento di regime, appoggiando la causa degli agenti/dissidenti cubani "orientati al mercato".
Ricordiamo che gli stessi intellettuali progressisti hanno appoggiato i "dissidenti" nell'Europa dell'Est e nell'Unione Sovietica finanziati da Soros e dal Dipartimento di stato statunitense. I "dissidenti" hanno consegnato la nazione alla mafia russa, l'aspettativa di vita è diminuita di cinque anni (oltre 10 milioni di russi sono morti prematuramente con lo smantellamento del sistema sanitario nazionale), mentre in Europa dell'Est i "dissidenti" hanno chiuso il cantiere navale di Danzica, si sono arruolati nella Nato e hanno fornito i mercenari per la conquista statunitense dell'Iraq. E mai tra questi attuali sostenitori dei "dissidenti" cubani c'è stata una riflessione critica degli esiti catastrofici prodotti dalle loro diatribe anticomuniste e dai loro manifesti in favore dei "dissidenti" che sono diventati i soldati dell'impero statunitense del Medio Oriente e dell'Europa Centrale. I nostri moralisti statunitensi mai, ripeto, mai hanno riflettuto criticamente del loro fallimento morale, passato o presente perché, come potete vedere, essi sono per la "libertà dovunque", anche quando le persone "sbagliate" prendono il potere, mentre milioni muoiono di malattie curabili e le catene della schiavitù si espandono.
La replica è sempre la stessa: "Questo non è quello che volevamo – noi siamo per una società indipendente, libera e giusta – è accaduto soltanto che chiedendo un cambiamento di regime, appoggiando i dissidenti, non abbiamo mai sospettato che l'Impero avrebbe 'preso tutto', sarebbe diventato l'unica superpotenza impegnata a colonizzare il mondo". Gli intellettuali morali devono accettare la responsabilità politica per le conseguenze e non nascondersi dietro gli astratti luoghi comuni morali, né per la loro passata complicità con la costruzione dell'impero né per i loro attuali scandalosi pronunciamenti contro Cuba. Essi non possono pretendere di non conoscere le ripercussioni di ciò che stanno dicendo e facendo. Non possono pretendere l'innocenza dopo tutto quello che hanno sentito e letto riguardo ai piani statunitensi contro Cuba.
La principale autrice e fautrice della dichiarazione contro Cuba negli Usa (firmata da Chomsky, Zinn e Wallerstein) è Joanne Landy, un'auto-dichiarata "socialista democratica", sostenitrice da sempre del violento rovesciamento del governo cubano. Essa è adesso un membro del Council on Foreign Relations (CFR, Consiglio per le relazioni estere), una delle maggiori istituzioni che forniscono consulenza al governo statunitense sulle politiche imperiali da oltre mezzo secolo. Landy ha appoggiato l'invasione statunitense dell'Afghanistan, della Jugoslavia e l'Uck, il gruppo terrorista albanese – chiedendo pubblicamente l'appoggio militare aperto – responsabile dell'assassinio di 2000 serbi e della pulizia etnica di centinaia di migliaia di serbi e altri in Kosovo. Non sorprende che la dichiarazione di questa camaleontica estremista di destra non contiene riferimenti alle realizzazioni sociali e all'opposizione all'imperialismo di Cuba. Per la memoria, bisognerebbe notare che Landy è stata un'oppositrice viscerale tra le altre della rivoluzioni cinese, vietnamita nella sua scalata ai posti di influenza nel CFR. Con il tutto il loro vantato intelletto critico, gli intellettuali "progressisti" trascurano la disgustosa politica dell'autrice che ha promosso la polemica contro Cuba.
Il ruolo degli intellettuali oggi

Molti critici di Cuba parlano di "principi" come se vi fosse un'unica serie di principi applicabile a tutte le situazioni, indipendentemente da chi è coinvolto e dalle conseguenze. Affermare "principi" come la "libertà" per coloro che sono implicati nel complotto per rovesciare il governo cubano in complicità con il Dipartimento di stato trasformerebbe Cuba in un altro Cile – dove Allende fu rovesciato da Pinochet – e porterebbe ad un annullamento delle conquiste popolari della rivoluzione. Ci sono principi che sono più basilari della libertà per gli agenti cubani, cioè, la sicurezza nazionale e la sovranità popolare.
C'è, in particolare tra la sinistra progressista statunitense, una certa attrazione per le vittime del Terzo Mondo, coloro che hanno patito la sconfitta, e un'avversione per i rivoluzionari che hanno avuto successo. Sembra che gli intellettuali progressisti statunitensi trovino sempre un alibi per evitare l'impegno per la rivoluzione. Per alcuni è sempre lo stesso ritornello "stalinismo", se lo stato gioca un ruolo di primo piano nell'economia; o per la mobilitazione di massa, che definiscono "dittatura plebiscitaria", o per le attività di sicurezza che prevengono con successo le azioni terroristiche che essi chiamano "polizia repressiva di stato". Vivendo nella nazione del mondo meno politicizzata con uno dei più corrotti e servili apparati sindacali dell'Occidente, con nessuna influenza politica al di fuori di poche città universitarie, gli intellettuali statunitensi non hanno nessuna conoscenza pratica o esperienza della minacce e violenze quotidiane che pendono sulla testa degli attivisti e dei governi nell'America Latina.
Le concezioni politiche, i criteri che tirano fuori per condannare una qualsiasi attività politica, esistono solo nella loro testa e nel loro congeniale e progressista ambiente universitario dove godono di tutti i privilegi della libertà capitalistica e nessuno dei rischi da cui i rivoluzionari del Terzo Mondo devono difendersi. Un po' di modestia, cari prestigiosi e critici intellettuali che predicate la libertà. Chiedetevi se vi farebbe piacere sedere in un caffé di uno dei maggiori hotel per turisti dell'Avana quando esplode una mortale bomba. Immaginate di vivere in una nazione che è in cima alla lista del più violento regime imperiale dal periodo della Germania nazista, e allora forse la vostra sensibilità morale potrebbe risvegliare il bisogno di attenuare la vostra condanna delle politiche di sicurezza cubane e contestualizzare le vostre norme morali. Voglio concludere con lo stabilire i miei "imperativi morali" per gli intellettuali critici.
Il primo dovere per gli intellettuali statunitensi ed europei è di opporsi ai dominatori imperiali del proprio paese impegnati a conquistare il mondo
Il secondo dovere è di chiarire le questioni morali che concernono la lotta tra il militarismo imperiale e la resistenza nazionale e popolare e respingere le posizioni ipocrite che paragonano il terrore di massa dell'uno con le giustificate, anche se a volte eccessive, misure di sicurezze dell'altra.
Stabilire dei modelli di integrità personale e politica tenendo conto dei fatti e delle problematiche prima di effettuare giudizi morali.
Resistere alla tentazione di diventare un "eroe morale dell'impero" rifiutandosi di appoggiare le lotte popolari vittoriose e i regimi rivoluzionari che non sono perfetti e mancano di tutte le libertà disponibili per gli impotenti intellettuali incapaci di minacciare il potere, per cui i lori incontri, discussioni e critiche vengono tollerati
Rifiutare di porsi come Giudici, Pubblici Ministeri e Giurie che condannano i progressisti che hanno il coraggio di difendere i rivoluzionari. L'esempio peggiore è lo scurrile attacco di Susan Sontag allo scrittore vincitore del Premio Nobel Gabriel Garcia Marquez, accusato di mancanza di integrità e di essere un sostenitore del terrore cubano (sic). Sontag ha fatto le sue sanguinose e diffamatorie accuse a Bogota, in Colombia. Le squadre della morte colombiane che lavorano con il regime e i militari hanno ucciso più sindacalisti e giornalisti che in qualsiasi altro posto del mondo, e lo fanno, per molto meno dell'essere un "apologeta" del regime di Castro. Questa è la stessa Sontag che è stata un'entusiasta sostenitrice dell'invasione e bombardamento imperiale statunitense della Jugoslavia, e una sostenitrice del regime fondamentalista bosniaco e che è stata una testimone silenziosa dell'uccisione e della pulizia etnica dei Serbi e degli altri gruppi in Kosovo. Proprio l'integrità morale! Il prezioso senso di superiorità morale che si trova tra gli intellettuali newyorkesi permette alla Sontag di additare Marquez agli squadroni della morte e sentire di fare una dichiarazione di grande spessore morale.
Gli intellettuali europei e statunitensi non dovrebbero confondere le proprie posizioni incoerenti e la proprià futilità politica con quella della propria controparte tra gli intellettuali latino-americani impegnati. C'è posto per il dialogo costruttivo e il dibattito, ma mai per gli assalti personali che avviliscono persone che devono far fronte a minacce quotidiane alla propria vita.
È facile per gli intellettuali critici essere "amici di Cuba" nei periodi buoni, durante le celebrazioni e le conferenze, quando le minacce sono minori. È più difficile essere un "amico di Cuba" quando un impero totalitario minaccia l'eroica isola e usa la mano pesante con i suoi difensori. È in periodi come questo, di guerra permanente, genocidio e aggressione militare che Cuba ha bisogno della solidarietà degli intellettuali critici, cosa che sta ricevendo da tutte le parti dell'Europa e in particolare dall'America Latina. Non è il momento che noi, negli Stati Uniti, con i nostri illustri e prestigiosi intellettuali progressisti, con tutta la nostra grande sensibilità morale riconosciamo che c'è una rivoluzione eroica, vitale che lotta per difendere se stessa contro il carro di Juggernaut statunitense e che mettiamo con umiltà da parte le nostre dichiarazioni, sosteniamo la rivoluzione e ci uniamo al milione di cubani che hanno celebrato il Primo Maggio con il proprio leader Fidel Castro?



http://www.italia-cuba.it/attualita/primavera_2003/primomag2.htm

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