mercoledì 23 novembre 2011

Bela Kun e Bordiga: una nuova luce sui loro ultimi anni di vita, di Giovanni Apostolou

Pubblico questa interessante nota del compagno Giovanni Apostolou riguardante le ultime ricerche storiche sulle figure di Bela Kun e
Bordiga. Il redattore del blog


1. Un compagno mi ha chiesto se alla luce della nuova documentazione si sa di più sulla tragica morte (ancora poco chiara) di Bela Kun in URSS negli anni '30 nel corso delle grandi purghe “staliniane” (quelli che nella storiografia dominante vengono chiamati (in maniera totalmente riduttiva) "gli anni del grande terrore" ) e sull’atteggiamento di Bordiga al livello organizzativo di fronte alla resistenza contro il nazi-fascismo in Italia.
Sulla morte di Bela Kun su Wilkipedia c’è scritto:
“(…) Béla Kun fu accusato di trotskismo (1) e venne ucciso alla fine degli anni trenta, durante le purghe staliniane contro la vecchia guardia comunista.
Le fonti differiscono sulla data precisa e su come sia morto Kun.
È stato accertato che Kun fu torturato dalla NKVD, ma le fonti divergono su ciò che gli accadde dopo.
Alcuni arrivarono a stabilire che Kun fu giustiziato segretamente nel 1937.
Altre fonti riportano che Kun fu mandato in un GULAG e ucciso lì nel 1938 o nel 1939.
Nel 1989 il governo sovietico annunciò che Kun era stato giustiziato nel gulag il 29 agosto 1938. Secondo l'edizione del 2002 dell'Enciclopedia Britannica, Kun fu giustiziato il 30 novembre 1939.
(…) “ (2).
Secondo lo storico Fejito “(…) Bela Kun venne arrestato all’uscita dalla riunione (3).
Fu giustiziato nei sotterranei della Lubyanka in data sconosciuta”(4).
Secondo le variegate testimonianze che ora abbiamo a disposizione, Bela Kun insieme a Heinz Neuman (giustiziato nel 1937), Osip Piatnitskii (condannato a morte, venne fucilato nella notte tra il 29 e il 30 Luglio 1937) e altri, si erano opposti alla linea adottata dal Komintern nel 1935 centrata sul “fronte unito contro il fascismo”:  volevano tenere una posizione opposta in relazione a questa strategia.
Ci sono un bel pò di informazioni su di loro,e un pò di prove contro Bela Kun nelle memorie del figlio di Osip Piatnitskii, Vladimir Piatnitskii, scritte nel 1990.
Ciò si ricava dalla memorialistica che ora si ha disposizione.
Solo i figli dei repressi durante le grandi purghe possono vedere i file investigativi dei propri padri: ma neppure tutti.
Vladimir Piatnitskii ha avuto modo di vedere alcuni file, e ha pubblicato una parte molto piccola di questi file: ma c’è una buona dose di prove contro Bela Kun, Osip Piatnitskii, Heinz Neuman, Knorin e altri.
Il caso drammatico di Bela Kun è menzionato più volte dallo studioso del Komintern di nome William
Chase (5).
Chase ha tradotti molti documenti che poi li ha pubblicati in inglese.
Nel libro monografico  Enemies within the gates? The Comintern and the stalinist repression 1934-1939Chase dedica un’intero capito sul caso di Bela Kun (6).
Finchè il governo russo continua a mantenere top secret  (ai ricercatori storici) la maggior parte dei documenti sul caso di Bela Kun,  si può dire che le prove ora a disposizione su Bela Kun dimostrino più la sua colpevolezza che la sua innocenza.

2. Per quanto riguarda Bordiga ( una volta riconosciuta la statura intellettuale (al di là che si condividano o meno le sue riflessioni) del personaggio (ed il fatto che la sua figura sia stata sottovalutata o addirittura rimossa (7) )  e il suo  eminente ruolo nella fondazione del PCd’I nel 1921), in relazione alla resistenza  Bordiga non svolge la benchè minima attività politica (8).
Sorvegliato strettamente fino al 1934, poi seguito nei suoi spostamenti per lavoro a Formia e a Roma, egli non dà mai adito al minimo rilievo.
La sua posizione resta avversa ad ogni lavoro clandestino e il suo atteggiamento accentua l’immagine di uno che ha abbandonato il campo (9).
Chi lo andrà a trovare durante la guerra gli sentirà dire che alla futura rivoluzione proletaria gioverà la vittoria della Germania (10).
Scrisse Mussolini:
“Ma Amadeo Bordiga, il cui nome viene così spesso citato, si può sapere che cosa effettivamente pensa e fa?” (11) : Mussolini scrisse ciò sapendo benissimo che da anni il primo segretario del PCd’I, liberato dal confino di Ponza nel 1929, si era semplicemente messo “a fabbricare case”, come ebbe a dire di lui con stizza, anni dopo, Luigi Longo (12).
L’ex segretario del PCd’I fu strettamente controllato da confidenti che si erano accattivati la fiducia di sua moglie.
Secondo il n. “40” (il tandem Troiani-Cassinelli) Bordiga si sarebbe avvicinato al regime, sino a dichiararsi, nell’Aprile 1936, “convinto collaborazionista”.
Dal fascicolo intestato alla Divisione Polizia Politica all’ex leader comunista si desume il lavoro compiuto attorno a lui dai fiduciari n. “145” (non identificato), “267” (Ugo Girone), “591” (Angelo Alliotta) e
“630” (Luigi Villani).
Un incontro casuale, a Milano, nel Novembre 1937, tra due vecchi compagni di militanza, uno dei
quali (Antonio Natangelo) era stato a colloquio con Bordiga, fruttò un rapporto finito sulla scrivania di Bocchini; in un passaggio della relazione il delatore osservava:
“Mi ha affermato che Bordiga è sempre comunista benché antistaliniano e che egli ( il Natangelo) condivide pienamente il punto di vista di Bordiga”.
A fianco di questa frase un’annotazione tracciata a lapis blu evidenzia la valutazione del capo della polizia:
“Se è comunista come Bordiga possiamo stare tranquilli” (13).
 La direzione del PCd’I ebbe probabilmente sentore delle trame in cui Bordiga finì invischiato, almeno a valutare dal tono degli attacchi rivoltigli dalle colonne della rivista teorica del partito, sin dall’inizio degli anni Trenta, con allusioni pesanti sulla sua condotta privata:
“Ebbene, dov’è, oggi, Bordiga?
Dove sta egli lottando per la rivoluzione?
(…)
Vi immaginate voi un operaio del vostro partito che si possa comportare come Bordiga, rifiutando di prendere visione delle comunicazioni che gli si mandano, rifiutandosi persino di prendere i
collegamenti (quei collegamenti che a un buon numero di deportati hanno consentito di essere ora al lavoro nel Centro del partito e della frazione e persino del suo apparato e anche di scapparedall’isola), dimostrando di infischiarsi e del partito e della frazione e persino del suo buon nome di rivoluzionario.
(…)
La esaltazione che i bordighiani fanno di Bordiga in questo momento è una cosa che non può essere tollerata senza reagire.
E, per quanto contino i legami col passato, non vi è operaio rivoluzionario il quale possa pensare diversamente”(14).
Per valutare “asprezze non necessarie e di forzature nel giudizio di allora” (15) Secchia aggiungeva che “per giudicare occorre tenere conto della situazione, dell’atmosfera, dei motivi di allora (…) si scriveva mentre i nostri migliori compagni sparavano e cadevano.
Ogni giorno arrivavano a noi le notizie di perdite dolorose, di compagni e amici nostri torturati, impiccati  e fucilati.
Pretendere che in tale situazione la nostra polemica fosse tenera, garbata, al latte e miele, significa dimenticare che anche i combattenti sono uomini in carne ed ossa”(16) : questo mentre i quadri comunisti di base e intermedi del PCd’I rifiutavano di firmare la grazia e marcivano in carceri.
Erano tempi “ferrei” avrebbe detto Tibullo: mettersi in cattedra a dare i voti e le patenti di torti o ragioni, ora per allora, fa un pò sorridere.

NOTE:

1 – Questa versione è ripresa ne Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, Mondadori, 1998, parte II, cap. II, p. 281

2 –  Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/B%C3%A9la_Kun.

3 – Bela Kun era stato accusato di aver fondato (insieme a Pjatnickij, Knorin (Wilhelm Ugo) un’organizzazione anti-Comintern.
Il 24 Giugno 1937 al plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista (Bolscevico) dell’URSS Bela Kun fu accusato da Manuil’skij (probabilmente dietro istruzioni di Stalin), il quale presentò le critiche di Kun come rivolte direttamente a Stalin .
Kun protestò la propria buona fede e indicò di nuovo in Manuilskij e Moskvin i responsabili delle critiche rivolte al PC (bolscevico) dell’URSS che, a suo parere, era la causa dell’inefficienze del Comintern.
Nessuno dei presenti (Palmiro Togliatti, Otto Kussinen, Wilhelm Pieck, Klement Gottwald e Arvo Tuominen) prese le sue difese.
Alla fine della riunione Georgi Dimitrov fece adottare una risoluzione che rimandava l’esame della vicenda Kun a una commissione speciale: ma invece di essere esaminato da quest’ultima, Kun venne arrestato.

4 – F. Feijto, Comment Staline liquida Belà Kun, in “France Obeservator”, 9 Aprile 1959.
F. Fejito si basava sui ricordi di A. Tuominen pubblicati a Helsinski con il titolo Les cloches du Kremlin.

5 – Cfr. W. Chase, Enemies within the gates? The Comintern and the stalinist repression 1934-1939, Yale University Press, New Haven, 2001.

6 - Cfr. Ibidem, cap. IV.

7 - In questo senso, ripercorrere le fasi decisive della storia del movimento comunista del ‘900, dei suoi snodi strategici e di alcuni suoi elementi sottovalutati o addirittura rimossi (è il caso, tra gli altri, del ruolo di Amadeo Bordiga), appare importante anche ai fini di un rilancio dell’azione politica di tipo comunista
oggi (in tale direzione cerca di andare il volume di Aa.Vv., Amadeo Bordiga nella storia del comunismo(a cura di Luigi Cortesi), Esi, Napoli 1999, frutto della rielaborazio­ne di un precedente convegno tenutosi a Bologna nel 1996; dello stesso L. Cortesi è stato quasi contemporaneamente edito il volume su Le origini del PCI: studi e interventi sulla storia del comunismo in Italia, Angeli, Milano 1999; il libro comprende il testo rielaborato di Le origini del PCI (Laterza, Bari 1971) e altri saggi, tra cui l'inedito PCI e proletariato.
Infine, va segnalata la pubblicazione, ad opera della casa editrice Graphos di Genova, degli Scritti 1911-1926 di Amadeo Bordiga (a cura di L. Gerosa), di cui sono già usciti i primi due volumi).
Uno dei pochi “vantaggi” della fase attuale infatti, sia pure in un conte­sto generale avvilente, consiste proprio nel poter superare una serie di chiusure o di veri e propri anatemi che hanno caratterizzato la storia del movimento co­munista, impegnato in una guerra senza frontiere e senza tregua col capitalismo e dunque imbrigliato in una sorta di “militarizzazione” (o burocratizzazione) tal­volta anche del dibattito; dibattito che invece ha ora la necessità di svolgersi a tutto campo, arricchendosi del recupero e del rilancio di un patrimonio teorico e storico vasto ed eterogeneo, oltre che di un piano autocritico che non dev’essere né “autofu­sti­gatorio” né liquidatorio e subalterno all’ideologia dominante (in questo senso è da accogliersi il richiamo contenuto in D. Losurdo, Fuga dalla storia? Il mo­vimento comunista tra autocritica e autofobia, La Città del Sole, Napoli

8- In proposito degne di attenzione sono le riflessioni di Costanzo Preve in http://www.kelebekler.com/occ/bordiga03.htm

9 -  Nel fascicolo personale di Amadeo Bordiga (ACS, CPC, 811/1-2-3) vi è il segno continuo della sorveglianza a cui il primo leader del PCd’I viene sottoposto, in specie tra il 1930, dopo il periodo di confino di polizia, e il 1934.
Bordiga, quando è resa pubblica la notizia della sua espulsione dal PCd’I, scrive (13 Maggio 1930) al questore di Napoli per rassicurarlo che il provvedimento preso nei suoi confronti dai dirigenti del partito nell’emigrazione “non è dovuto ad alcun contatto o rapporto” che egli abbia continuato a intrattenere con essi.
“La notizia dell’espulsione” (egli aggiunge, NDA) “mi è giunta totalmente nuova e mi è rimasta estranea e indifferente come immutata lascia la mia attitudine e condotta”.
Dopo di allora nessun addebito viene mosso dalle autorità di polizia a Bordiga.
Di tanto in tanto qualche informatore dell’OVRA riferisce di conversazioni di Bordiga con amici da cui emerge il suo totale distacco non solo dal movimento comunista ma da qualsiasi impegno politico personale.

10 – Ignazio Silone nel 1970 aveva citato questo episodio:
“Durante la seconda guerra mondiale un mio amico (io mi trovavo allora in esilio a Zurigo), Bouris Souvarine, francese di origine russa, già dirigente dell’Internazionale Comunista, si recò a Napoli a trovare Bordiga e parlò con lui delle prospettive future del conflitto.
Bordiga sostenne che in vista degli sviluppi della rivoluzione proletaria la vittoria di Hitler e la disfatta dell’Inghilterra, roccaforte del capitalismo, sarebbero state la soluzione migliore.
Era un’affermazione aberrante, bisogna aggiungere, ma in linea con la tesi del tanto peggio tanto meglio, cara a Bordiga”(P. Lanzana, Un colloquio con Silone su Amadeo Bordiga, in “Il Mondo”, 9 Agosto 1

11 – E. Ludwig, Colloqui con Mussolini, 1° ed., Mondadori, Milano, 1932, p. 51.

12 – Per la tranquilla attività ingegner esca di Bordiga dopo il 1929 cfr. F. Livorsi, Amadeo Bordiga, Editori Riuniti, Roma, 1976, pp. 353-360.
Ma si veda anche G. Amendola, Intervista  sull’antifascismo, a cura di Piero Melograni, Laterza, Bari, 115

13 - Relazione confidenziale del n. “630”, 9 Novembre 1937, in ACS, Pp. ff. pp., b. 1226, f. Natangelo Antonio.
Natangelo (nato a Barra nel 1894), meccanico, delegato al V congresso dell’IC, assegnato al confino il 9 Dicembre 1926, rilasciato e nuovamente confinato il 6 Giugno 1927 per attività sindacale comunista (cfr. N. De Ianni, Operai e industriali a Napoli tra grande guerra e crisi mondiale: 1925-1929, Librairie Droz, Genèv e, 1984, ad indicem)

14 - La decomposizione del bordighismo, in “Stato Operaio”, IV., n. 7, Luglio 1930, pp. 450 sgg). 

15 – P. Secchia, Il Partito Comunista Italiano e la guerra di liberazione 1943-1945, Feltrinelli, Milano, 1975, p. 171.

16 – Ibidem.
Nell’articolo intitolato “Il “sinistrismo” maschera della Ghestapo” (pubblicato in “La Nostra Lotta”, Dicembre 1943, n. 6) Secchia scriveva una delle pagine più discutibili della sua carriera politica:
Stella Rossa (nella posizioni di Stella Rossa “il richiamo alla politica sovietica di Stalin è costante (…) la critica del PCI è svolta costantemente in nome di Stalin” (cosi A. Peregalli, L’altra resistenza, Graphos, Genova, 1991, p. 261) ) veniva accomunata nella critica ai “bordighiani” di “Prometeo”, accusata di “proclamare che non bisogna lottare contro i tedeschi” e, dulcis in fundo, di essere “il volto della Ghestapo che si rivela”.
L’accusa ridicola di essere al servizio dei nazisti, veniva smentita dagli articoli del giornale e dal carattere inflessibilmente antifascista e antinazista che ebbe questo movimento torinese.
Anche l’accostamento a “Prometeo” era arbitrario, in quanto le posizioni espresse da Stella Rossadivergevano da quelle “bordighiane” sia sulla questione dell’URSS che a proposito della lotta in corso contro i nazifascisti.
Stella Rossa  sottolineava le proprie differenti posizioni, rispetto a quelle espresse dai redattori di “Prometeo”, criticandone l’atteggiamento rispetto all’URSS (cfr. Operai in armi, in “Stella Rossa, s. n. Novembre 1943) e definendoli “intellettuali che non sono gomito a gomito con le esigenze della diuturna realtà del movimento e della massa”(in Doveroso appello ai compagni delle tre correnti, riportato in R. Luraghi, Il movimento operaio torinese durante la resistenza, Einaudi, Torino, 1958, p. 292).

Giovanni Apostolou

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