sabato 19 novembre 2011

Il peronismo delle origini: teoria, politica e lotta di classe, di Stefano Zecchinelli

Dati i recenti dibattiti sulla evoluzione storica delle destre, ripropongo un mio vecchio articolo-saggio sul peronismo, che, di certo, può essere interessante, e può stimolare il dibattito fra compagni. Manca sempre la seconda parte sui sindacati, che cercherò di scrivere prossimamente.

1. Gli ultimi avvenimenti riguardanti la politica argentina, hanno dato dei forti scossoni non solo al movimento operaio Latino-Americano ma a tutte le formazioni rivoluzionarie aderenti alla Quarta Internazionale.
Mariano Ferreyra, militante del Partito Obrero, è stato ucciso da una squadraccia del sindacalismo di destra peronista, mentre manifestava a difesa di centro operai licenziati, nella manutenzione ferroviaria della stazione di Avellaneda.
I comunisti devono conoscere bene l’avversario di classe per poterlo affrontare come si deve, per questo cercherò di stendere due contributi critici sul peronismo.
Questo primo contributo vuole inquadrare il peronismo come fenomeno storico-politico e teorico-politico mentre il secondo scritto cercherà di inquadrare il sindacalismo peronista, ovviamente nel primo articolo non mancheranno riferimenti ai sindacati di Peron.

2. Il peronismo è parte integrante della storia del capitalismo argentino e quindi deve essere rapportato alle esigenze congiunturali (e storiche) di quella borghesia.
Voglio introdurre la mia analisi, partendo da Trotsky e dalla sua definizione di bonapartismo sui generis, in questo modo fisserò le coordinate della mia esposizione.
Nel 1938 Trotsky riferendosi alle nazionalizzazioni del petrolio, compiute da Cardenas in Messico, iniziò ad introdurre questo concetto:

’Nei paesi industrialmente arretrati il capitale straniero ha una sua funzione decisiva. Di qui la relativa debolezza della borghesia nazionale rispetto al proletariato nazionale. Ciò determina un potere statale di tipo particolare. Il governo si barcamena tra il capitale straniero e il capitale indigeno,tra la debole borghesia nazionale e il proletariato relativamente forte. Ciò conferisce al governo un carattere bonapartista di tipo sui generis, di tipo particolare. Si colloca per così dire al di sopra delle classi. In realtà può governare o divenendo strumento del capitale straniero e tenendo incatenato il proletariato con una dittatura poliziesca o manovrando con il proletariato e giungendo persino a fargli delle concessioni, assicurandosi in tal modo la possibilità di una certa libertà di azione nei confronti dei capitalisti stranieri. La politica attuale (di Cardenas) rientra nella seconda categoria: le sue maggiori conquiste sono l’espropriazione delle ferrovie e delle industrie petrolifere’’.1

La politica di Cardenas (come quella di Peron e ora direi di Chavez) si colloca sul piano del capitalismo di stato, solo che in un paese arretrato, la borghesia non può resistere all’imperialismo senza l’aiuto del proletariato.
Detto questo vediamo di capire in che momento storico Peron andò al potere.

3. Il governo di Ramon Castillo fu rovesciato da un colpo di stato, guidato dal Gou (Grupo de oficiales unidos) nel giugno 1943.
Il 9 ottobre 1945 fu costretto alle dimissione da parte degli oppositori all'interno dello stesso esercito ma le forti mobilitazioni popolari chiesero il suo ritorno; forte di questo appoggio, Peron il 24 febbraio 1946 vinse le elezioni politiche con il 56% dei consensi.
Il periodo che va dai primi anni ’30 fino alla fine della guerra mondiale apre per i paesi coloniali, una fase di profonde trasformazioni della struttura economica, in rapporto alle esigenze congiunturali del capitalismo globale.
Le politiche dei governi, in un quel versante geo-politico devono essere lette in questa duplice prospettiva:

1) Resistenza all’imperialismo americano e al suo tentativo di colonizzare quei territori.

2) Modernizzazione dei capitalismi dipendenti, attraverso la strutturazione dell’industria nazionale.

Nel 1943 in Argentina si scontrarono due grandi frazioni interne alla borghesia: la borghesia industriale filo-americana e i vecchi proprietari terrieri che sarebbero stati danneggiati dal processo di colonizzazione yankee.
Il golpe fu fatto per difendere gli interessi dei proprietari terrieri che iniziarono a far crescere l’industria agro-alimentare.
Il governo Peron quindi assumerà un ruolo progressista nella difesa della sovranità nazionale del paese e reazionario per le politiche interne.
Secondo Nahuel Moreno, teorico di formazione trotskista, questo ‘’regime’’ è paragonabile alla Cina sotto Cian-Kai Shek, dice Moreno:

’Il regime di Cian-Kai Shek, dal punto di vista militare aveva una posizione simile nei confronti dei Giapponesi: difendeva il paese così come esso era, feudale e semicoloniale, dalla colonizzazione giapponese’’.2

Il colpo di stato difese, come nella Cina degli ’30, il paese nella sua vecchia struttura economica, fermando l’imperialismo.
Il potere in questi casi si va centralizzando, anche perché non siamo di fronte a capitalismi maturi, nonostante non si abbia quell’irrigidimento della sovrastruttura politica, tipica del fascismo.
A questo punto è bene che anticipi qualcosa sui sindacati.

4. Il peronismo differisce da tutte le altre forme di bonapartismo proprio per l’importante funzione che le organizzazioni operaie hanno assunto.
Il rovesciamento del governo civile portò ad una frattura all’interno delle burocrazie sindacali: una parte della Cgt era apolitica e appoggiava Castillo mentre l’altra parte, insieme al Partito comunista era vicino agli Usa.
Peron liquidò la Cgt pro-yankee e appoggiò la burocrazia sindacale apolitica, nello stesso modo iniziò a statizzare il movimento operaio.
I fattori che favorirono questo processo furono due:

1) L’aumento del reddito nazionale che permise al peronismo di fare grandi concessione alla classe operaia.

2) L’imborghesimento del proletariato urbano, complice la politica riformistica del Partito comunista e la nascita di un nuovo proletariato nelle campagne.

Non ci sono mai stati tanti borghesi in Argentina come durante la prima parte del governo Peron.
Il movimento sindacale fu agevolmente sottoposto al controllo statale, gli operai camminavano felici a braccetto con un carabiniere: lo Stato.
Vediamo cosa dice a riguardo la Dottrina Peronista.

5. Questo argomento necessita sicuramente tempi e spazi di grande portata e quindi metterò a fuoco i punti che ritengo più importanti.
Nel 1950, il Generale scrisse il Manifesto del Partito giustizialista che fissava questi venti punti:

‘’ 1 - La vera democrazia è quella in cui il governo compie la volontà del popolo e difende un solo interesse: quello del popolo.

2 - Il peronismo è essenzialmente popolare. Ogni fazione politica è antipopolare e pertanto non è peronista.

3 - Il peronista lavora per il movimento. Colui che in nome del partito serve una fazione o un caudillo è peronista soltanto di nome.

4 - Per il peronismo c’è soltanto una classe di uomini: quella degli uomini che lavorano.

5 - Nella nuova Argentina il lavoro è un diritto che dà dignità all’uomo, ed è un dovere perché è giusto che produca almeno quanto consuma.

6 - Per un peronista non vi può essere niente di meglio di un altro peronista.

7 - Nessun peronista deve sentirsi di più di quello che è, né meno di quello che può essere. Quando un peronista comincia a sentirsi superiore a quello che è, sta già trasformandosi in un oligarca.

8 - Nell’azione politica, la scala dei valori di ciascun peronista è la seguente: prima la patria, poi il movimento ed infine gli uomini.

9 - Per noi la politica non è un fine ma soltanto un mezzo per il bene della patria che è costituito dalla prosperità dei suoi figli e dalla sua grandezza nazionale.

10 - Le due braccia del peronismo sono la giustizia sociale e l’assistenza sociale. Con esse diamo al popolo un abbraccio di giustizia e di amore.

11 - Il peronismo aspira all’unità nazionale e non alla lotta. Desidera eroi ma non martiri.

12 - Nella nuova Argentina gli unici privilegiati sono i bambini.

13 - Un governo senza dottrina è come un corpo senz’anima. Perciò il peronismo ha una sua propria dottrina politica, economica e sociale: il giustizialismo.

14 - Il giustizialismo è una nuova concezione della vita, semplice, pratica, popolare, profondamente cristiana e profondamente umanista.

15 - Il giustizialismo, come dottrina politica, realizza l’equilibrio dell’individuo con quello della comunità.

16 - Il giustizialismo, come dottrina economica realizza l’economia sociale, mettendo il capitale al servizio dell’economia e quest’ultima al servizio del benessere sociale.

17 - Il giustizialismo, come dottrina sociale, realizza la giustizia sociale che dà a ciascuno il suo diritto in funzione sociale.

18 - Vogliamo un’Argentina socialmente giusta, economicamente libera e politicamente sovrana.

19 - Costruiamo un governo centralizzato, uno Stato organizzato e un popolo libero.

20 - In questo paese ciò che abbiamo di meglio è il popolo.’’3

Riporto per intero i punti programmatici del testo, proprio del dare al lettore un’idea chiara di che cosa voglio criticare e delle cose che vorrei venissero capite.
I tre concetti chiave sono, secondo la mia interpretazione, il popolo,la patria e il lavoro.
In questi momenti storici le borghesie nazionali hanno la necessità di non far pesare alle classi medie la rottura fra il passato e il presente, facilitandone l’assimilazione con un programma demagogico.
Non si capirà mai il richiamo al popolo se prima non si chiarisce qualcosa su queste classi (mezze classi) sempre indecise e titubanti.
Cediamo la parola ad Andres Nin, uno dei più attenti studiosi del fascismo europeo e profondo conoscitore dell’analisi di Marx sul bonapartismo:

‘’Tale collocazione economica della piccola borghesia ne predetermina la fisionomia politica. Priva di indipendenza sul terreno economico, meno ancora ne ha su quello politico. Posta tra le due classi fondamentali della società, si illude spesso di avere una propria politica distinta sia dal proletariato, sia dalla borghesia, una politica tendente all’instaurazione di un regime al di sopra delle contraddizioni di classe. Di qui l’ideologia vaga e confusa di questa classe sociale’’.4

Bravo Nin, è proprio così! Parlare di popolo significa parlare di interessi generalizzati, di mediazioni sociali, di politica inter-classista.
Riprendendo l’analisi di Trotsky sul bonapartismo sui generis, dobbiamo dire che questa mediazione riesce molto bene ad un governo che si trova al di sopra del conflitto di classe e quindi, proprio perché ne è al di sopra, riesce ad attenuarlo.
La politica interna è di compromesso sociale, mentre per ciò che riguarda la politica estera il governo diventa il miglior rappresentate dei settori strategici dell’industria nazionale.
Non poteva essere altrimenti, la democrazia doveva essere del popolo e non degli operai, con a capo ovviamente il governo, legittimo e sovrano.
La verticalizzazione del potere politico avviene per una ragione semplicissima: le classi medie, composte da singoli agenti economici (es. i contadini), non posso rappresentarsi (facendo ricorso ad organizzazioni come i sindacati) e quindi devono farsi rappresentare.
Il modo di produzione delle mezze classi, isola i suoi agenti e li mette in concorrenza, ognuno si fa portatore di una verità sociale; nasce da qui il rapporto diretto fra le classi medie e l’ordine borghese.
E ancora Nin:

‘’Una delle leve più robuste di cui si serve è quella del sentimento nazionale, che in realtà altro non è se non un’espressione di quella concezione tipica della piccola borghesia circa la possibilità di un’armonia fra tutte le classi, la costituzione di uno Stato che rappresenti gli interessi generali’’.

Da qui l’anti-comunismo del peronismo (e delle ideologie simili); i marxisti sono per una rivoluzione internazionale e soprattutto fortemente classisti.
Se ogni piccolo commerciante si fa portatore di una verità, questa verità deve essere rivolta alla difesa di qualcosa, in questo caso la nazione.
Gli stessi operai vengono chiamati in causa e il loro lavoro viene finalizzato agli interessi nazionali, alla crescita della propria patria e all’obbedienza ad essa. 
Peron a riguardo dirà:

‘’Forze Padronali (9 settembre 1944)

Non dimentichiamo nemmeno le forze padronali perché esse rappresentano la grandezza della Patria e non vogliamo nemmeno che i padroni si possano sentire minacciati da pericoli inesistenti.

Bene Comune (15 ottobre 1944)

Non appoggiamo il lavoratore contro il capitale sano, né i monopoli contro la classe lavoratrice, ma proponiamo delle soluzioni che giovino ugualmente ai lavoratori, al commercio e all’industria, poiché ci interessa solo il bene delle Patria.

Continua:

’Produrre (4 ottobre 1944)

Per ottenere la vittoria dobbiamo restare uniti e con lo sguardo rivolto verso lo splendido avvenire economico della Patria; dobbiamo restare fedeli all’indicazione del momento: produrre, produrre, produrre’’.

Quindi da una parte si proclama la fine del conflitto capitale/lavoro e dall’altra la nascita di un capitalismo buono, per cui ogni cittadino onesto deve rimboccarsi le maniche.
La patria coincide con le forze padronali e l’ordine con il governo costituito, ecco che si pongono le basi ideologiche per la statizzazione.
Il peronismo è un ibrido ideologico (anche il fascismo lo era) che si sposa molto bene con il desiderio di pragmatismo dei piccolo produttori, i quali sono soliti disprezzare gli idealismi; questa ideologia non può che rendersi compatibile con il liberismo e contrastante con il socialismo. 
I lavoratori devono produrre,i piccoli commercianti fare affari e intanto il capitalismo argentino cresceva puntando tutto su quei settori dell’industria per così dire tradizionali.
Il programma di Peron non manca di fare richiami alla razza:

’Razza (12 ottobre 1947)

Per noi la razza non è un concetto biologico. Per noi è qualcosa di puramente spirituale. Rappresenta una sintesi di fattori imprevedibili che ci fa essere ciò che siamo e ci spinge ad essere quello che dovremmo essere, per la nostra origine e il nostro destino. E’ essa che ci impedisce di cadere nella direzione di altre comunità la cui essenza è diversa dalla nostra, ma che noi cerchiamo di capire e rispettiamo con carità cristiana. Per noi la razza rappresenta il nostro sigillo personale, indefinibile e inconfondibile’’.

Imprenditori e lavoratori si trovavano uniti sotto i destini storici della nazione, una ideologia simile nelle zucche degli operai poteva avere effetti devastanti e così fu.
La statizzazione delle organizzazione sindacali serviva proprio a questo; i sindacati facevano il gioco del gran capitale (stando attenti a soddisfare le richieste che partivano dalla base) e intanto riempivano gli operai di ideologia dominante.
Peron lasciò ai sindacati una libertà ‘’relativa’’ (molti dirigenti comunisti furono arrestati), mentre il fascismo li mette sotto il controllo dello Stato, questo fattore è di particolare importanza ma verrà preso in esame nel mio secondo contributo.

6. Il governo di Peron assunse fin da subito un atteggiamento ostile al Partito comunista.
La sua dirigenza era composta principalmente da uomini di destra e la costituzione durante l’ultimo governo del generale della Tripla A (Alleanza anti-comunista argentina) ne è una prova.
La vittoria del 4 giugno 1943 fu ispirata dal Gou (Grupo de oficiales unidos) di ispirazione nazista.
Peron del resto, molto astutamente, ruppe i rapporti con l’Asse nel 1944 quando ormai era chiara una loro sconfitta.
Benito Marianetti, dirigente del Partito comunista argentino, fa delle osservazioni di carattere geo-politico.
Riportare le osservazioni di un dirigente filo-sovietico è interessante per capire come il peronismo alle origini fosse avverso al Partito comunista argentino e all'Unione Sovietica, con chiare conseguenze nei rapporti di politica estera.
Secondo Marianetti, Peron da una parte cerca di circondare il Brasile militarmente e poi di estendere la sua influenza in tutta l’America Latina; un capitalismo giovane che cercava di estendere la sua egemonia, anche se è difficile parlare di imperialismo.
Le stesse leggi nazionali sono molto simili a quelle del nazional-socialismo; viene proclamato lo Stato d’assedio e la classa operaia si va auto-militarizzando (complice la forte diffusione della Dottrina Giustizialista).
Tutto questo è ben lontano dall’essere un’involuzione ‘’dittatoriale’’, ma è la semplice maschera che si è messa la borghesia argentina per centralizzare il processo produttivo. Su questo possiamo dire di Peron quello che Bordiga disse di Mussolini e Hitler:

"Quando il primo esempio del tipo di governo totalitario borghese si ebbe in Italia col fascismo, la fondamentale falsa impostazione strategica di dare al proletariato la consegna della lotta per la libertà e le garanzie costituzionali nel seno di una coalizione antifascista manifestò il fuorviarsi totale del movimento comunista internazionale dalla giusta strategia rivoluzionaria. Il confondere Mussolini e Hitler, riformatori del regime capitalistico nel senso più moderno, con Kornilov o con le forze della restaurazione e della Santa Alleanza del 1815, fu il più grande e rovinoso errore di valutazione e segnò l'abbandono totale del metodo rivoluzionario".

Ovviamente questo poteva andare bene fino a quando i settori dell’industria strategica argentina avrebbero retto nel mercato internazionale, ma vediamo meglio che cosa provocò la caduta di Peron le 1955.

7. Il 1954 fu un anno di svolta per il peronismo a causa della nuova situazione economica.
Bisognava strutturare gli apparati economici del paese, in condizione di bassi prezzi nel mercato estero dei prodotti agro-alimentari.
Tutto questo costrinse il padronato a sferrare un’offensiva contro quella stessa classe operaia che l’aveva appoggiato nella lotta all’imperialismo yankee.
Gli operai cercano quindi una soluzione indipendente ma lo stretto rapporto fra il sindacale e il politico ne limito fortemente l’azione.
Il peronismo da una parte e l’atomizzazione dall’altra determinarono nel 1952 la sconfitta degli operai sul rinnovo dei contratti collettivi.
Secondo Nahuel Moreno le conseguenze dell’atomizzazione erano due:

1) La classe operaia reagisce in modo diverso all’offensiva capitalistica, a seconda delle fabbriche e delle officine, parlerei quindi di lotte di categoria.

2) Gli attivisti sindacali sono incapaci di formare un’organizzazione autonoma.

Questi avvenimenti storici portarono a un colpo di stato contro Peron, condotto con l’appoggio degli Stati Uniti il 19 settembre 1955; Peron si recò in esilio in Paraguay e poi a Madrid.
L’instabilità politica dell’Argentina negli anni’60, fece sì che il popolo si appellò nuovamente a lui nelle elezioni del 1973, ma questa parte di storia non rientra nella mia analisi e comunque esula dallo studio del peronismo delle origini.

7. Possiamo rinvenire l’origine del movimento di Peron, nel compromesso fra la classe lavoratrice e due istituzioni significative: l’esercito e la chiesa.
Un’analisi dell’Argentina degli anni’40 deve tener conto delle condizioni che resero possibile questo blocco di forze e il ruolo della classe operaia al suo interno.
Nei paesi capitalistici lo sviluppo della classe operaia fu caratterizzata da forti mutamenti del corpo sociale e da potenti offensive delle borghesia.
In Argentina, invece, la prosperità del paese rese possibile un aumento reale del livello di vita degli operai e l’introduzione di tutta una serie di diritti democratici, senza che questi passassero attraverso lo scontro di classe.
Quando questa venne meno, nel 1952, per i motivi che ho chiarito sopra, c’era la possibilità per i lavoratori di acquistare coscienza, ma questi rimasero ancora vincolati all’ideologia dominante, oltre che per la politica disastrosa del Partito comunista argentino che in seguito divenne addirittura tragica.
Secondo Celia Durruty, bisogna chiarire il rapporto fra masse mobilitate e elites disponibili.
Il movimento sociale quindi si mette in rapporto con  le masse che si mobilitano e i dominanti disposti ad indirizzare questo movimento.
In questo modo abbiamo un superamento dell’ordine tradizionale e i vecchi strumenti volti a mantenere quell’ordine (Chiesa, Scuola, Radio) devono guidare un processo di modernizzazione, come fece Peron diffondendo la cultura dominante soprattutto nelle organizzazioni sindacali.
Per finire, questa brava sociologa marxista, pone tre problemi importanti:

1) Non è detto che la presenza di certe istituzioni determini un vero processo di modernizzazione del capitalismo.

2) Le trasformazioni del modo di vita delle classi più deboli, può assumere importanza anche senza la presenza di organizzazioni politiche.

3) Un’azione sociale, può acquistare rilevanza anche partendo dall’esterno e poi arrivando alla politica.

L’ultimo punto ci pone davanti un quesito; il peronismo avrebbe ottenuto una così vasta adesione se fosse partito dalla società civile e non dalle istituzioni dello stato.
Allora sulla base di ciò dovremmo invertire la formula delle elites e parlare di elites mobilitanti e masse disponibili, fornendo un’altra ipotesi di lettura del cambiamento sociale.
Risposta molto difficile da dare, vista la stretta corrispondenza che lega elites e masse in un rapporto di inter-dipendenza che rende difficile dare un giudizio definitivo, almeno per questo tipo di complessi fenomeni sociali.

9. In questo primo intervento, ho messo in risalto le radici storiche del peronismo e ho cercato di chiarire, facendo un’introduzione teorico-politica la sua importanza per il capitalismo argentino.
L’Argentina, nel periodo che va dal 1943 al 1954, ha attraversato una fase di modernizzazione, la quale ha assunto connotati populistici, grazie all’agitazione demagogica a cui ricorse il gran capitale.
La funzione del movimento di Peron (almeno nella prima fase di presa e mantenimento del potere) era quella di integrare le masse in una fase qualitativamente nuova per il capitalismo nazionale; esperimento, sulla base degli avvenimenti a seguire, che si è rivelato a dir poco disastroso.

Note:

1) Lev Trotsky ‘’Industria nazionalizzata e gestione operaia’’

2) Nahuel Moreno ‘’1954 anno chiave del peronismo’’

3) Juan Domingo Peron ‘’Le venti verità del Giustizialismo Peronista’’

4) Andres Nin ‘’Reazione e rivoluzione in Spagna’’

5) Si veda anche ‘’Il peronismo’’ di Roberto Massari

Stefano Zecchinelli 

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