giovedì 17 dicembre 2015

Il Venezuela richiede solidarietà, non cannibalismo, di Timoleón Jiménez

Il risultato elettorale del 6 dicembre in Venezuela, sfavorevole al PSUV e alla rivoluzione bolivariana da ogni prospettiva, ha dato modo a chiunque di esprimere la propria opinione a proposito della situazione che si presenta nel paese fratello.
La prima cosa che occorre segnalare è che insieme alla vittoria temporanea della coalizione della destra, sostenuta furiosamente da Washington, Londra e Madrid,

e in modo appena un po' dissimulato dalla Colombia e dai paesi latinoamericani in cui governa la reazione continentale, sembra essersi prodotto anche un trionfo dell'ideologia neoliberista transnazionale.
D'improvviso è diventato di moda scagliarsi lancia in resta contro l'opera di Hugo Chávez Frías , addebitare la sconfitta a fallimenti economici, sociali e politici della rivoluzione, considerare degli incapaci, inetti e corrotti i dirigenti del processo rinnovatore venezuelano, oltre a pontificare con sufficienza sulla timida posizione adottata contro il capitale dal modello socialista del vicino paese.
Come se improvvisamente il capitalismo, la sua voracità predatoria, l'imperialismo e la sua posizione storicamente antidemocratica e destabilizzante fossero evaporati dal panorama mondiale e della vita dei popoli dell'America Latina e del Caribe.
Come se negli ultimi diciassette anni e nell'ora presente, l'azione rivoluzionaria, i suoi avanzamenti e sviluppi, non avessero incontrato altri ostacoli oltre alla negligenza e alla decomposizione delle avanguardie democratiche. Come se di colpo si pensasse che si sta chiudendo un ciclo durante il quale i rivoluzionari avevano trovato tutto facile senza approfittarne, e per tanto non restasse da fare altro che attribuirgli incapacità e incompetenza.

Occorre prendere delle contromisure e rettificare quest'idea da una prospettiva di classe.
Quel che si sta facendo e dicendo contro la rivoluzione bolivariana, dalle diverse componenti della sinistra, alienate o confuse repentinamente per l'ondata propagandista, mediatica e ideologica del grande capitale transnazionale, costituisce, né più, né meno, che il più irresponsabile atto di cannibalismo politico. Non è questo il momento, e non lo sarà mai, di dare fuoco alle polveri di un attacco demolitore contro la rivoluzione, seriamente minacciata dall'imperialismo e dall'oligarchia venezuelana. 
L'idea di accanirsi su chi è in difficoltà per distruggerlo definitivamente non ha nulla di rivoluzionario, e serve piuttosto agli interessi della destra internazionale.

Che i portavoce dell'ordine capitalista mondiale stiano festeggiando e sin da ora stiano preparandosi per l'assalto finale è comprensibile. Si tratta della medesima classe che ha sterminato i comunardi parigini nel 1871, e che da allora si è scagliata senza pietà contro ognuno dei movimenti democratici e progressisti organizzati dai lavoratori nei più diversi paesi.
Però che i portavoce del movimento democratico e popolare, rivoluzionario o progressista, volgano le spalle al popolo del Venezuela, utilizzando gli stessi argomenti della propaganda imperialista, questo sì che risulta sbagliato, incomprensibile e vergognoso.
I figli di Simón Bolívar, i figli di Chávez, il popolo che  ha portato la libertà a gran parte dell'America del Sud, richiede l'appoggio incondizionato di tutti i suoi fratelli latinoamericani e caraibici.

Non appena  Chávez ha vinto le elezioni del 1998 si è posto in movimento un gigantesco ingranaggio volto ad impedirgli di governare, per evitare ad ogni costo l'implementazione delle trasformazioni che annunciava.
E sono passate quasi due decadi con sabotaggi continui in tutte le forme. Corruzione, cooptazione, tradimenti, colpi di Stato, blocchi dell'industria petrolifera, attacchi alle infrastrutture, proteste interne finanziate dall'estero, azioni di destabilizzazione, guerra economica, guerra mediatica, guerra ideologica, manovre elettorali. Negare la realtà di questi attacchi o disconoscere i loro effetti corrosivi costituisce un atto di imperdonabile cecità.
E quel che è peggio, il cancellare di colpo l'opera di liberazione, le conquiste democratiche ottenute, l'uguaglianza etnica e di genere, le innumerevoli conquiste sociali, l'elevazione generale del livello di vita della popolazione più bisognosa, il milione di abitazioni costruite e consegnate, i risultati evidenti dello sviluppo nel campo della sanità e dell'istruzione, l'incalcolabile valore del lavoro culturale, ideologico e politico, la sovranità ottenuta, l'integrazione continentale, la solidarietà ed il rispetto internazionale ottenuti da tutti i nostri popoli, fra le tante altre azioni reali della rivoluzione bolivariana, per rimpiazzarlo con parole facili come inefficienza, corruzione e caos, gettate in abbondanza nei network e nelle reti internazionali al servizio dello sfruttamento e dell'oppressione mondiale, costituisce la dimostrazione più palpabile di quanto terreno si sia perduto nel campo della battaglia ideologica contro il capitale e le sue politiche totalitarie.

Nessuna opera umana è perfetta né è completamente esauriente. Anche la rivoluzione è un processo in costruzione, in cui si commettono errori, si producono deviazioni e non si raggiungono i risultati sperati. Quando l'intenzione della critica è sana e costruttiva, quando l'interesse è quello di perfezionare, e non di distruggere, sicuramente si possono correggere in tempo e in modo positivo gli errori. E' una cosa ben diversa se deliberatamente o scioccamente  si ingrandiscono queste ultime, scambiandole per la totalità del processo, si evidenziano i momenti peggiori solo per debilitare e abbattere il sogno di un popolo. L'atteggiamento appena descritto merita la più aperta condanna. E deve essere rettificato con urgenza.

Quel che risulta veramente innegabile è che è in corso un assalto brutale dell'imperialismo predatore in tutto il pianeta, accompagnato da una campagna di dominazione ideologica senza precedenti, e del più spaventoso spiegamento di forze militari e terroriste. 
Questa valanga, che minaccia l'umanità intera e che assassina e sottomette popoli inermi nel modo più selvaggio, deve essere bersaglio di tutti gli attacchi, le critiche e le denunce permanenti dei movimenti politici e sociali progressisti. Contro di essa devono mobilitarsi i popoli, come hanno fatto strenuamente ed eroicamente  i rivoluzionari venezuelani nelle ultime due decadi. 
Costoro, con la loro saggezza democratica, troveranno il modo di superare le loro attuali difficoltà, per le quali richiedono la nostra solidarietà e la nostra comprensione. 
Li accompagniamo, fino alla vittoria finale.

L'Avana, 13 dicembre 2015

Per il Segretariato Nazionale delle FARC-EP

Timoleón Jiménez 

http://www.nuovacolombia.net/Joomla/documenti-analisi/6390-il-venezuela-richiede-solidarieta-non-cannibalismo.html


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