Dante Lepore/Ponsinmor, 28/06/2011
Invito a leggere:
- New York, 11/09/2001: in scena la tragedia e la farsa
- 11 settembre 2001: la terza verità
- Il mito dell’11 settembre di Roberto Quaglia: un libro importante e bello
- Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario
Invito a leggere:
- New York, 11/09/2001: in scena la tragedia e la farsa
- 11 settembre 2001: la terza verità
- Il mito dell’11 settembre di Roberto Quaglia: un libro importante e bello
- Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario
(Attilio Folliero)
Da oltre un
secolo e mezzo, solo la corrente teorica politica e culturale dei
marxisti combatte la battaglia per l’emancipazione di tutta la specie
umana dalla soggezione ad un modo di produzione generatore di caos, di
dissipazione dell’energia, che mette irrazionalmente a repentaglio la
sopravvivenza del mondo e della vita stessa sul nostro pianeta.
Nel far questo,
essi, i marxisti, usano mezzi razionali, anche se han capito che le
armi della ragione illuminista sono nulla, se non accompagnate dalla
ragione delle armi, della lotta sociale organizzata per la demolizione
dei pilastri economici, sociali e politici che sorreggono il sistema
capitalista. In fondo, la loro è una battaglia rivolta alle menti, una
battaglia per la coscienza organizzata e per la verità partecipata e
condivisa (solo la verità è rivoluzionaria).
Quella che in
Val di Susa si sta svolgendo in questi giorni ha questo connotato di
fondo, essendo condotta da governo nazionale e locale e dai mass media
asserviti a colpi di menzogne. I marxisti non sono certo più dotati
degli altri; semplicemente, esprimono il movimento reale, ossia la
verità storica, specie quando questa è ancora in fasce. Ma è la natura
stessa della verità, in ogni sua espressione pratica quotidiana, che è
paradossale, e perciò rivoluzionaria. Il suo cammino è altrettanto lento
e difficile, quanto inesorabile e sicuro.
Il
sistema capitalista per contro, giunto alla sua fase suprema di
spartizioni e ripartizioni dei paesi deboli del mondo ad opera di un
pugno di Paesi imperialisti, è entrato in una sorta di Maelstrom
economico, sociale e politico da cui non può uscire se non aggravando i
presupposti della sua crisi sistemica: soprattutto non può uscirne
facendo leva sulla chiarezza e sulla verità per ottenere il consenso
delle vaste masse schiavizzate in ogni angolo del mondo. È per questo
che le guerre sono diventate una condizione permanente, la prassi di
questo modo di produzione in decadenza irreversibile. Le guerre sono lo sbocco inevitabile delle crisi,
essendo anche un mezzo per rilanciare gli affari, per distruggere forze
produttive in eccesso, per rimettere su giusti binari livelli di
profitti e di accumulazione divenuti troppo esigui per sfamare i tanti
parassiti generati come saprofiti dalla sua voracità di ricchezza
sociale, che mettono a repentaglio la riproduzione stessa del capitale
complessivo.
Anche le guerre
si sono evolute in concomitanza con l’estensione delle relazioni
globali del capitalismo. La lotta sociale, quella che rientra nel
contenitore concettuale della «sicurezza», diventa sempre più una lotta
armata, cui concorre una miriade di forze parassitarie sicuritarie,
dagli agenti del fisco alle guardie giudiziarie addette ai sequestri e
agli sfratti ai guardiani a vario titolo delle banche, delle fabbriche e
degli edifici pubblici, alla polizia stradale, ferroviaria, marittima,
ai poliziotti di quartiere e via di seguito in un lungo elenco che va
fino ai buttafuori delle discoteche.
Quello delle armi è divenuto il mercato più redditizio per le potenze occidentali.
E naturalmente è allo stato attuale anche uno dei settori di maggiore
occupazione, pubblica e privata, dove la realtà del parassitismo più
depravato si coglie con mano, se si considera che una moltitudine di
esseri umani viene stipendiata per costringere altri esseri umani, anche
massacrandoli, a produrre per loro, a pagare forzatamente un affitto
impossibile, a indebitarsi o ammazzarsi di lavoro per pagare le
estorsioni continue per colmare i buchi delle banche e i debiti dello
Stato. Ma proprio perché queste guerre non mirano certo a procurare il
consenso delle popolazioni mediante l’esercizio della ragione e della
verità, bensì a piegarne la volontà con la forza (che tuttavia non può
sempre essere quella bruta della violenza militare armata) ecco che assume un ruolo sempre più determinante la conquista dei cuori e della psiche mediante i miti,
che sono da sempre la forza che muove le volontà collettive dei popoli.
Sarebbe ingenuo attribuire questo comportamento a scarsa capacità
razionale dei popoli, o a naturale limitatezza delle masse o a
propensione dell’opinione pubblica verso le leggende piuttosto che verso
la verità e dunque a bere tutto quel che le si propina.
Il fatto è che
la borghesia, che ha alle spalle una lunga storia di rivoluzioni contro
il mondo feudale e contro l’oscurantismo religioso, ha imparato a sue
spese che non è la verità e la coscienza intellettuale a muovere le
popolazioni, le grandi masse, bensì i miti, quelle vere e proprie leve
che si imprimono profondamente nella psiche collettiva per incarnare
speranze e muovere le volontà ad agire. Se i marxisti non
comprendono questo e pretendono che i popoli si muovano secondo i
dettami della ragione pura andranno incontro a frustrazioni e a pesanti
sconfitte.
I miti sono
tali che, una volta penetrati in profondità nelle coscienze,
costituiscono una forza difficilmente scardinabile. Quello dell’11
settembre 2001 (l’attentato alle Torri gemelle di New York) è a tutti
gli effetti un mito, realizzato con le più sofisticate e
tecnologicamente evolute e collaudate tecniche di comunicazione
mediatica, che ha imbastito menzogne e confusione con briciole di
verità, sensazionalismo e paura, esorcismo ed emotività, ripetute fino
alla nausea, anche quando i fatti le abbiano smentite. Che poi, nel
tempo, infatti, la costruzione si sia rivelata un colabrodo, non ha più
importanza: quel che conta è la prima impressione, quella che muove il
consenso e le volontà delle masse. In quella zona della psiche che gli psicologi chiamano «inconscio» non si distingue un’idea o un’immagine vera da una falsa.
Le «impressioni» e gli effetti sono ugualmente reali e per lo più sono
previsti da chi manipola e veicola le informazioni e i messaggi. E vale
la nota massima behaviorista del ministro nazista della propaganda J.
Goebbels: «Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità».
Che però è detto non originale, essendo già in Hegel la sua formulazione filosofica (1)
e soprattutto nel medico e fisico francese Gustave Le Bon, che ha fatto
scuola osservando le tecniche della manipolazione mediatica già nel
1895, quando i mezzi di comunicazione di massa non erano neppure
all’alba del loro sviluppo:
«L’affermazione
pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogni prova,
costituisce un mezzo sicuro per far penetrare un’idea nello spirito
delle folle. Quanto più l’affermazione è concisa, sprovvista di prove e
di dimostrazioni, tanto maggiore è la sua autorità. […] Tuttavia
(l’affermazione) acquista una reale influenza soltanto se viene ripetuta
di continuo, il più possibile, e sempre negli stessi termini. Napoleone
diceva che esiste una sola figura retorica seria, la ripetizione. Ciò
che si afferma finisce, grazie alla ripetizione, col penetrare nelle
menti al punto da essere accettato come verità dimostrata. […] La cosa
ripetuta finisce con l’incrostarsi nelle regioni profonde
dell’inconscio, in cui si elaborano i moventi delle nostre azioni. Così
si spiega la forza straordinaria della pubblicità.» (2)
Nell’intervento
armato «umanitario» della NATO in Libia si è assistito alla costruzione
di un mito mediante pezzi di verità (che invece è sempre inscindibile e
una!), luoghi comuni razzisti, un misto di ignoranza e disprezzo, e una
fiumana di menzogne, di disinformazione, forzature della realtà
affermate, visualizzate e ripetute nei grandi media e tanta emotività
suscitata con immagini false di famigerate (e falsarie) fosse comuni e
di «massacri» inventati di «civili» da parte di un tiranno, neanche poi
tanto tiranno se sostenuto dalla maggioranze del suo popolo: lo ammette
anche il vescovo cattolico di Tripoli, mons. Giovanni Martinelli che, un
po’ tardivamente a cose fatte, denuncia le morti di «civili» provocate
dai bombardamenti dei «volenterosi» (3).
Ma le verità
tardive, le incongruenze e le smentite provate dagli eventi, come si
diceva, lasciano il tempo che trovano, non mutano gli stati d’animo
collettivi e non li mutano neppure i rapporti internazionali, redatti da
commissioni internazionali che recentemente si sono recate sul posto
per attingere dati informativi obiettivi (4).
A che serve ora
discutere sulle forzature giuridiche della risoluzione ONU rispetto al
suo Statuto (risoluzione estorta al Consiglio di Sicurezza sulla base di
una «strage di vittime innocenti a Bengasi» costruita con la
celluloide) e concludere che la bubbola della no-fly zone era la
preparazione strategica all’ingerenza aggressiva di una superpotente
coalizione a tutti gli effetti imperialista e peggiore del vecchio
stampo coloniale contro un piccolo paese, anche se relativamente ricco,
del Nord Africa, fino alla vigilia coccolato e rimpinzato di armi dagli
stessi che ora vogliono disarmarlo e ucciderne il tiranno impazzito, e,
dimenticando i «civili», che anzi possono essere tranquillamente
liquidati col «fuoco amico», danno la caccia al tiranno per ucciderlo e
ne massacrano figlio e nipoti? Ormai i giochi sono fatti.
La guerra, per
cui si sono escogitate tante formule da azzeccagarbugli per creare la
leggenda che non si trattasse di guerra e per convincere persino i
recalcitranti leghisti lumbard ad accettarla, per procura verso Obama, e
finalmente… a bombardare (a dosi di tempo, con scadenza cronometrata!),
dopo che nelle coscienze si era veicolato
il principio che mai si sarebbe bombardato! Sì, perché, a dire di
Frattini, i nostri Tornado «colpiscono, non bombardano», e in modo
«mirato»; la guerra, che un presidente della repubblica, sempre tirato
in ballo nei momenti delicati, come Napolitano, aveva escluso, per poi
fare la figura del babbeo (5),
quella guerra ora è lì con tutto il suo codazzo di sporcizie, come la
creazione e parziale legittimazione di uno «Stato» fittizio degli
insorti (a loro volta presentati come ribelli, rivoltosi e giovani
shabab in grado di entusiasmare in Italia non pochi sedicenti
rivoluzionari non schizofrenici) (6)
e persino una «banca», per giustificare lo scongelamento dei fondi
libici dalle banche in cui erano depositati e la spartizione di 120
miliardi di $ congelati per le sanzioni.
Sulle «menzogne
di guerra» targate ONU e Nato, bugie di guerra nel senso di armi che
fanno vittime reali, esiste ormai una vasta letteratura nell’ultimo
decennio (7), ma chi va a
pensare oggi, anche tra tanta consumata ultrasinistra nostrana, che
persino organi autorevoli come il New York Times rivelava già nel
febbraio 2002 che il Pentagono stesso aveva elaborato un «piano di
disinformazione rivolto a Paesi amici e nemici», l’Office of Strategic
Influence?
Chi va a pensarlo, oggi, quando ci arriva la sequela di resoconti sull’uccisione (?) di Osama Bin Laden?
E subito dopo è la volta della altrettanto misteriosa cattura del cosiddetto boia di Srebrenica, Mladic?
Sembra che gli
americani abbiano vissuto analoga impressione dell’attentato alle torri
di 10 anni prima, espressamente richiamato dai media, anche se chi ha le
mani in pasta come l’FBI non ha mai attribuito al fantomatico capo
dell’altrettanto fantomatica Al Quaeda l’attentato di dieci anni fa. In
una serie di articoli precedenti sul grande gioco imperialista in Nord
Africa (vedi newsletter precedenti nel sito Ponsinmor)
ho segnalato per il lettore questo ruolo strategico della menzogna,
della confusione, della disinformazione nelle guerre che si preparano,
in quanto tale vero e proprio fronte globale delle guerre nel mondo
delle megalopoli contemporanee diventa determinante.
È inquietante
come un grande romanziere e giornalista come George Orwell, uscito
appena dalla II guerra mondiale, lo abbia così ben profetizzato e
descritto con magistrale ironia già alla fine degli anni Quaranta del
secolo scorso nel suo romanzo «utopia» 1984 , mentre oggi la menzogna
della neolingua e del bipensiero lasciano ingenui persino dei sedicenti
rivoluzionari, e inerti i loro cervelli.
Per
queste ragioni, ed altre che ci sforzeremo di analizzare e documentare,
riteniamo che le denunce, le messe in guardia, le diffidenze, gli
inviti a mantenere attiva la ragione e le facoltà critiche che andiamo
facendo, per quanto possano essere utili e talvolta indispensabili ai
singoli per non cadere nell’asservimento delle menti e dei cuori, non
bastano per il movimento di emancipazione dalla schiavitù del capitale e
rendono perentoria l’esigenza di dar vita ad un organismo
rivoluzionario altamente centralizzato che renda efficaci ed operanti le
verità contro le menzogne e i miti.
Solo un
partito rivoluzionario è in grado di affermare con autorevolezza le
verità e ripeterle con strumenti adeguati nelle menti dei lavoratori a
cui tocca di cambiare lo stato di cose presente.
*** Un
esempio di quanto limitata sia l’efficacia della denuncia dei miti e
delle menzogne come arma mediatica nella gestione delle guerre del
capitale è data dalla sfacciataggine con cui i media dominanti affermano
e ripetono quelle che una miriade di servitori della carta stampata e
delle televisioni in tutto il mondo da dieci anni hanno inchiodato nei
cervelli di milioni di esseri umani e continuano a propalare da 10 anni
come verità sull’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre del
2011. Sappiamo bene che la nostra voce è esile e impotente di fronte a
loro, ma siamo certi che anche da posizioni di svantaggio è necessario
condurre una battaglia per la verità. Di seguito diamo il via ad una
campagna che prosegue nel percorso quello che da anni è il movimento per
la verità sull’11 settembre, offrendo ai nostri Amici e lettori la
possibilità di diffondere questo testo ormai divenuto indispensabile per
chiunque voglia diradare le nebbie che su quell’evento si sono
sedimentate ***
I libri della Ponsinmor possono essere acquistati direttamente nel sito
I libri della Ponsinmor possono essere acquistati direttamente nel sito
Dante Lepore, 28.06.2011
_________________
Note
1
«Attraverso la ripetizione, ciò che inizialmente appariva solo come
accidentale e possibile, diventa qualcosa di reale e consolidato»
(G.W.F. HEGEL, Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte, in
Sämtliche Werke, Frommann, Stuttgart-Bad Cannstatt, 1971, Bd. 11, p.
403.
2
GUSTAVE LE BON, Psicologia delle folle, Milano 1982, pp. 111-112; il
libro significativamente fu letto e studiato da chi aveva a che fare con
i fenomeni politici e sociali di massa, da Mussolini a Lenin, oltre che
dalle polizie di tutti i paesi.
3
Il vescovo di Tripoli, mons. GIOVANNI MARTINELLI (AsiaNews.it, 25
marzo) aggiunge: «La guerra poteva essere evitata. Qualche giorno prima
che Sarkozy decidesse di bombardare, si erano aperti spiragli veri di
mediazione. Ma le bombe hanno compromesso tutto».
4
Una di queste è THE NON-GOVERNMENTAL FACT FINDING COMMISSION ON THE
CURRENT EVENTS IN LIBYA,il cui report è opera di PAOLO SENSINI, Quello
che ho visto in Libia, in «Comedonchisciotte», 24.04.2011, sul quale
abbiamo condotto un sondaggio con i nostri lettori i quali si sono
divisi a metà tra favorevoli e contrari, e tra i contrari qualche
rivoluzionario non «schizofrenico» se la cavava con una scrollata di
spalle affermando che Sensini era «un anarchico». Infine segnaliamo che
su iniziativa del «Centre international de recherche et d’études sur le
terrorisme et d’aide aux victimes du terrorisme (CIRET-AVT)» (http://www.ciret-avt.com/), del «Centre Français de Recherche sur le Renseignement (CF2R)» (http://www.cf2r.org/), e col sostegno del «Forum pour la paix en Méditerranée» (http://www.cf2r.org/),
una delegazione internazionale di esperti si è recata volta a volta a
Tripoli e in Tripolitania (dal 31 marzo al 6 aprile), poi a Bengasi e in
Cirenaica (dal 19 al 25 aprile), per valutare la situazione libica in
piena indipendenza e neutralità e incontrare i rappresentanti delle due
parti. La conclusione del rapporto dettagliato, di ben 44 pagine in 13
capitoli la sintetizziamo in questa citazione :« l’étude des faits
conduit à affirmer que la « révolution » libyenne n’est ni démocratique,
ni spontanée. Il s’agit d’un soulèvement armé de la partie orientale du
pays, dans un esprit de revanche et de dissidence, qui tente de
s’inscrire dans la dynamique du « printemps » arabe, dont il ne relève
cependant pas. Le mouvement libyen ne peut donc être comparé avec les
révoltes populaires tunisienne et égyptienne. Plus inquiétant, le CNT
s’affirme n’être qu’une coalition d’éléments disparates aux intérêts
divergents, dont l’unique point commun est leur opposition déterminée au
régime. Les véritables démocrates n’y sont qu’une minorité, et doivent
cohabiter avec des d’anciens proches du colonel Kadhafi, des partisans
d’un retour de la monarchie et des tenants de l’instauration d’un islam
radical». I dati del rapporto li consideriamo nel seguito dell’articolo.
Dello stesso tenore è un altro articolo di MOHKTAR SAHKRI, Libia. Il
disprezzo e la malafede, in http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=25281 del 15.06.2011, e tradotto da www.comedonchisciotte.org
del 27.06.2001. In genere, la denuncia di questi report è l’ingenuità
da parte dei volenterosi di fidarsi e persino riconoscere il Consiglio
Nazionale di Transizione, i cui capi sono ora denunciati dalla
diplomazia tedesca e dai russi come dei fuorilegge, membri di Al-Qaeda,
ex uomini di Gheddafi, islamici radicali e monarchici revanscisti, tutti
ancora più pericolosi del tiranno attuale.
5 Guardatelo
in tv mentre, con lo sguardo a terra, afferma che questa non è guerra
ma… un’azione militare! Magico potere delle parole, affermate
dall’Autorità e ripetute cento volte, anche se senza convinzione e con
lo sguardo della vergogna.
6 Si veda la polemica in http://www.ponsinmor.info/NewsLetter/NewsLetter29.pdf,
Apologia dei rivoluzionari schizofrenici dagli attacchi
socialimperialisti. A proposito di un articolo di DINO ERBA, “Il vento
del Nordafrica e i sospiri dell’Italia. Brevi note sull’ambiente
rivoluzionario italiano”, Milano, 6 aprile 2011.
7
Citiamo tra i tanti a caso uno dei tanti testi: JÜRGEN ELSÄSSER,
Menzogne di guerra. Le bugie della NATO e le loro vittime nel conflitto
per il Kosovo, trad. italiana «La città del sole», Napoli, 2002.
http://umbvrei.blogspot.it/2015/08/la-menzogna-e-unarma-mediatica.html
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