giovedì 2 luglio 2015

Le regole della propaganda di guerra, di Michel Collon

In quale modo i media occidentali hanno “documentato” le varie guerre che seguirono la prima guerra del Golfo? Possiamo individuare un denominatore comune? Ci sono delle regole basilari della “guerra di propaganda”? La risposta è sì.

1. Nascondere gli interessi. I nostri governi si battono per i diritti umani, la pace o qualche altro nobile ideale. Non presentare mai la guerra come un conflitto tra opposti interessi sociali ed economici.
2.
Demonizzare. Per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica, ogni guerra va preparata attraverso una menzogna mediatica spettacolare. Poi bisogna continuare a demonizzare l’avversario soprattutto reiterando immagini di atrocità.
3.
Tacitare la Storia! Nascondere la storia e la geografia della regione rende incomprensibili i conflitti locali, scatenati ed alimentati dalle grandi potenze stesse.
4.
Organizzare l’amnesia. Evitare di rammentare precedenti gravi manipolazione dei media, che renderebbero il pubblico troppo sospettoso.

Regola n. 1: Nascondere gli interessi

La regola fondamentale della propaganda di guerra è quella di nascondere il fatto che queste guerre si combattono per motivi economici precisi, quelli delle multinazionali. Che si tratti di controllare le materie prime strategiche o le vie del petrolio e dei gas naturali, che si tratti di aprire nuovi mercati o spezzare Stati troppo indipendenti, che si tratti di distruggere qualsiasi paese che pratichi una via alternativa al sistema, le guerre in ultima analisi sono sempre di natura economica. Mai umanitarie. Ma tutte le volte all’opinione pubblica si dice esattamente l’opposto.
La prima guerra contro l’Iraq era stata presentata come una guerra per far rispettare il diritto internazionale. Mentre i veri obiettivi degli Stati Uniti espressi in vari documenti – peraltro neanche segreti – sono stati:
1. Abbattere un governo che invitava i paesi arabi a unirsi per resistere a Israele e agli Stati Uniti.
2. Mantenere il controllo sul Medio Oriente.
3. Installare delle basi militari in un’Arabia Saudita riluttante. E’ molto istruttivo e risibile rileggere oggi le altisonanti dichiarazioni rese dalla stampa sui nobili motivi europei della prima Guerra del Golfo.

Anche le varie guerre contro la Jugoslavia sono state presentate come guerre umanitarie. Mentre, secondo i documenti, che tutti potevano consultare, le potenze occidentali avevano deciso di uccidere un’economia troppo indipendente, attenta ai diritti sociali dei lavoratori e contraria alle multinazionali. I veri scopi erano di controllare le rotte strategiche dei Balcani (il Danubio e il progetto del gasdotto), installare basi militari (sottomettendo il forte esercito jugoslavo) e colonizzare economicamente questo paese. Attualmente molte fonti di informazione locale confermano una vergognosa colonizzazione da parte delle multinazionali (tra cui la US Steel), il saccheggio del paese, la miseria crescente sofferta dalla popolazione. Ma tutto ciò resta accuratamente nascosto all’opinione pubblica internazionale. Esattamente come le sofferenze patite dalle popolazioni nei vari paesi ricolonizzati.
L’invasione dell’Afghanistan è stata presentata come una lotta contro il terrorismo, poi come una lotta per l’emancipazione e la democrazia. Ancora una volta documenti statunitensi reperibili facilmente rivelano quali fossero in realtà gli obiettivi:
1. Costruzione di un oleodotto strategico per controllare l’approvvigionamento di tutto il sud dell’Asia, il continente cruciale per la guerra economica del XXI secolo.
2. Stabilire basi militari americane in Asia centrale.
3. Indebolire i potenziali “rivali” in questo continente – Russia, Iran e soprattutto la Cina – e impedire una loro alleanza.

Potremmo analizzare allo stesso modo le vere ragioni economiche e strategiche, accuratamente taciute, delle guerre in corso di preparazione, quelle in Colombia, Congo, Cuba, Corea … In breve, è un’interdizione fondamentale per i media mostrare che ogni guerra serve sempre interessi specifici delle multinazionali, che ogni guerra è la conseguenza di un sistema economico che richiede letteralmente alle multinazionali il dominio e la spogliazione del pianeta per impedire che altri rivali lo facciano.

Regola n. 2: Demonizzare

Ogni grande guerra prende avvio da una menzogna mediatica gigantesca che serve a influenzare l’opinione pubblica in modo che si orienti dietro i suoi governanti.
– Nel 1965, gli Stati Uniti hanno scatenato la guerra in Vietnam inventando di sana pianta un attacco vietnamita nei confronti di due navi statunitensi (episodio “della baia del Tonchino”).
– Contro Granada, nell’83, inventarono una minaccia terroristica (già allora!) contro gli Stati Uniti.
– Il primo attacco contro l’Iraq nel 1991 venne “giustificato” da un presunto eccidio di neonati strappati dalle incubatrici nel reparto maternità di un ospedale a Kuwait City. Menzogna mediatica fabbricata dalla società di pubbliche relazioni Hill & Knowlton degli Stati Uniti.
– Allo stesso modo, l’intervento della NATO in Bosnia (1995) sarà “giustificato” dalle frottole sui “campi di sterminio” e i bombardamenti di civili a Sarajevo, attribuite ai serbi. Le successive indagini (tenute segrete) mostrarono come gli autori fossero in realtà gli alleati della NATO.
– All’inizio del 1999, l’attacco contro la Jugoslavia sarà “giustificato” da un’altra messa in scena: un presunto “massacro di civili” a Racak (Kosovo). In realtà si trattava della battaglia tra due eserciti, provocati dai separatisti dell’UCK. Quelli che i funzionari statunitensi chiamavano “terroristi” all’inizio del 1998, diventarono “combattenti per la libertà” pochi mesi dopo.
– La guerra contro l’Afghanistan? Venne addirittura giustificata con gli attacchi dell’11 settembre. Su quel fatto ogni indagine seria e indipendente verrà soffocata, mentre i falchi dell’amministrazione Bush si precipitarono a far approvare piani di aggressione, preparati da lungo tempo contro l’Afghanistan, l’Iraq e altri paesi.
Ogni guerra inizia così: le immagini terribili che provano la mostruosità dell’avversario e la necessità di intervento per “giusta causa”. Perché una menzogna mediatica funzioni bene, bisogna che vengano soddisfatte alcune condizioni: 1) Le immagini devono essere spaventose. False, se necessario. 2) L’informazione deve essere martellante per diversi giorni e successivamente richiamata di frequente. 3) Monopolizzare i media, escludendo la versione del campo altrui. 4) Omettere le critiche, almeno fino a quando sarà troppo tardi. 5) Descrivere come “complici” o “revisionisti” tutti quelli che dubitano delle menzogne dei media.

Regola n. 3: Tacitare la Storia!

In tutte le principali guerre degli ultimi anni, i media occidentali hanno nascosto la situazione storica e geografica essenziale per comprendere il contesto delle regioni strategiche coinvolte.
Nel 1990, hanno presentato l’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq (che non si vuole qui giustificare o analizzare) come una “invasione straniera”. Si “dimentica” di dire che il Kuwait era sempre stata una provincia dell’Iraq, separata solo nel 1916 dai colonialisti britannici con il manifesto obiettivo di indebolire l’Iraq e mantenere il controllo della regione, che nessun paese arabo ha mai riconosciuto la sua “indipendenza” e, infine, che il Kuwait è solo un fantoccio che consente agli Stati Uniti di confiscare i proventi del petrolio.
Nel 1991, nel caso della Jugoslavia, ci hanno presentato come nobili “vittime” democratiche, due leader estremisti, razzisti e provocatori, che la Germania aveva armato prima della guerra: il croato Franjo Tudjman e il bosniaco Alia Izetbegovic. Mentre veniva nascosto il loro legame con il passato più tetro della Jugoslavia: il genocidio serbo, ebraico e rom degli anni 1941-1945. Presentarono anche la popolazione serba in Bosnia come invaditrice, quando viveva in quell’area da secoli.
Nel 1993, ci veniva presentato l’intervento occidentale in Somalia come “umanitario” nascondendo con cura che multinazionali statunitensi avevano acquistato il sottosuolo ricco di petrolio di quel paese. E che Washington intendeva controllare questa regione strategica del “Corno d’Africa” e le rotte dell’Oceano Indiano.
Nel 1994, ci hanno parlato del genocidio ruandese, tacitando la storia del colonialismo belga e francese. E’ stato il colonialismo a fomentare deliberatamente il razzismo tra Hutu e Tutsi per dividere la popolazione.
Nel 1999, il Kosovo viene rappresentato come una terra invasa dai serbi. Ci parlano di una popolazione “albanese al 90% e serba per il restante 10%”. Ignorando il forte calo del numero dei serbi a causa del genocidio commesso nella provincia durante la seconda guerra mondiale e successivamente durante l’amministrazione albanese della provincia (anni 1980). Si sorvola anche sull’esistenza di molte minoranze kosovare (rom, ebrei, turchi, musulmani, gorani, ecc. …). Minoranze di cui gli “amici” dell’UCK avevano pianificato la pulizia etnica, attuata oggi sotto gli occhi e con la benedizione della NATO.
Nel 2001, ci si scagliava contro i talebani, regime certamente difficile da difendere. Ma chi li aveva portati al potere? Chi li aveva protetti dalle critiche delle organizzazioni per i diritti umani per costruire con loro un gasdotto transcontinentale estremamente redditizio? E soprattutto, andando alla radice, chi aveva usato il terrorismo di Bin Laden per rovesciare l’unico governo progressista che aveva emancipato i contadini e le donne? Chi aveva ristabilito il peggior terrorismo fanatico in Afghanistan? Chi, se non gli Stati Uniti? Di tutto ciò, il pubblico difficilmente sarà informato. O comunque troppo tardi.
La regola è semplice. Nascondere il passato può evitare che l’opinione pubblica si formi un’idea sulla storia dei problemi locali. E consente di demonizzare a piacimento uno dei protagonisti, guarda caso, quello che tiene testa alle mire neocoloniali delle grandi potenze.

Regola n. 4. Organizzare l’amnesia

Quando grandi potenze occidentali si preparano o intraprendono una guerra, non sarebbe il momento di richiamare alla memoria le più grandi menzogne mediatiche di quelle precedenti? Non sarebbe il momento di decifrare le informazioni fornite dagli stati maggiori interessati? Questo è mai successo in occasione delle varie guerre degli anni 1990? Mai. Ogni volta, la nuova guerra è una “guerra giusta”, ancor più candida delle precedenti, e non è il momento di seminare il dubbio.
I dibattiti vengono rimandati. O dimenticati. Un caso lampante: di recente, un superbugiardo è stato colto con le mani nel sacco, in flagranza di delitto di menzogna mediatica. Alastair Campbell, capo della “comunicazione” di Tony Blair, ha dovuto rassegnare le dimissioni quando la BBC ha rivelato che aveva travisato i dati sulle presunte armi di distruzione di massa. Forse che ciò ha provocato un dibattito sulle precedenti affermazioni di Campbell? Non sarebbe stato interessante spiegare che tutte le nostre informazioni sul Kosovo erano state inventate da Campbell stesso? Non era opportuna una rivalutazione delle informazioni sulla guerra contro la Jugoslavia? Non è successo niente di tutto questo.

http://www.resistenze.org/sito/te/cu/li/culibc28-008656.htm
www.resistenze.org – cultura e memoria resistenti – linguaggio e comunicazione – 28-03-11 – n. 357
da Michel Collon – www.michelcollon.info/Les-regles-de-la-propagande-de.html?lang=fr

Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Pubblicato anche su Liberazione, 7 aprile 2011

http://serenoregis.org/2011/04/07/le-regole-della-propaganda-di-guerra-michel-collon/

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