giovedì 23 aprile 2015

Il caso Vanunu: l’ultimo ricatto di Israele, di Stefano Zecchinelli

Il 15 aprile scorso lo storico Diego Siragusa – autore di un’ importante ricerca sul terrorismo impunito di Israele, edito da Zambon – ha ricevuto un’ email dallo scienziato israeliano Mordechai Vanunu (nome di battesimo cristiano John Crossman) che pubblichiamo integralmente, essendo stata riportata sul profilo facebook dello stesso Siragusa:

“Cari Amici,
Qui potete vedere l’ultimo ricatto di Israele. Estorsione: dopo 29 anni di carcere in Israele, ora vogliono farmi pagare $ 10.000. per una causa per diffamazione che ho perso contro il giornale Yediot Aharonot, o Ediot Aharonot. Il giudice israeliano ha deciso, hanno deciso di pubblicare menzogne, perché le hanno ottenute dal capo dei servizi di sicurezza di Israele, lo Shaback, nel 1999.
Una bugia: mentre ero in prigione, avrei inviato istruzioni ai palestinesi su come fare bombe. Tutto questo mentre ero in carcere in totale isolamento per 12 anni. Come vedete è una grande bugia. Così ora devo pagare per avere la libertà. Potete mostrare il vostro sostegno con qualsiasi contributo. Grazie per il vostro aiuto.
La libertà verrà molto presto.
Mordechai Vanunu”

Chi è Mordechai Vanunu ?
Vanunu  è lo scienziato israeliano che a metà degli anni ’80, in un’ intervista rilasciata al giornalista Peter Hounam del Sunday Times di Londra, rivelò ciò che peraltro era già noto a molti, e cioè che Israele era una potenza atomica. Vanunu dimostrò che nei sotterranei dell’impianto tessile di Dimona giacevano oltre 200 ordigni nucleari; le fotografie da lui scattate mostravano un impianto di arricchimento del plutonio  che affondava di ben sei piani nel sottosuolo ed i cui ingressi erano stati nascosti alla perfezione da un sistema di doppie pareti e finti ascensori ( Fonte: Luogo comune ).
Anche se in realtà si trattava di una sorta di “segreto di Pulcinella” il governo israeliano decise di fargliela pagare. Lo scienziato venne adescato a Roma dalla spia Cheryl Ben Tov , un’americana con passaporto israeliano che si spacciò per una turista di nome Cindy. La donna convinse con l’inganno Vanunu, che nel frattempo si era trasferito a Londra, a farsi raggiungere a Roma dove – questo il piano –  sarebbe stato rapito da uomini del Mossad, il servizio segreto israeliano. .
Lo studioso fu catturato nel luogo dell’incontro, una camera d’albergo, da quattro agenti israeliani che dopo averlo imbavagliato e nascosto in una specie di bara, lo trasferirono su una nave diretta a Tel Aviv.
Una cosa è certa: queste azioni criminose del Mossad sollevano questioni politiche, ridefinendo il diritto internazionale e la sovranità degli Stati. Israele agisce fuori da ogni regola democratica e di convivenza internazionale, i suoi sicari (perché di questo si tratta) violano le Costituzioni democratiche degli Stati sovrani nel momento in cui eseguono vere e proprie eliminazioni extra territoriali. Una prassi gravissima e pericolosa che trova precedenti nelle dittature sudamericane. Come dice James Petras “Gli individui in tal modo sono esposti alle intenzioni omicide di squadre di killer venute dall’estero che non vengono ritenuti responsabili da nessuna legge ne’ da nessuna autorità nazionale”.
Come è possibile che l’Italia non abbia chiesto spiegazioni a Israele per quella che fu una evidente violazione della sua sovranità nazionale?
Il coraggioso scienziato, subito dopo l’arresto, fu abbandonato anche dai suoi genitori. Il processo si concluse, come prevedibile, con una severissima condanna a ben 18 anni di carcere.
L’unica persona che mantenne i rapporti con Vanunu fu il giornalista a cui rilasciò la famosa intervista: Peter Hounam. Questi cercò di fare del suo meglio per liberare Vanunu, perorando la sua causa, ma i suoi sforzi, purtroppo, furono vani. Le autorità israeliane non tornarono sui loro passi.
Bisogna ricordare che anche lo stesso Hounam pagò a caro prezzo il suo impegno in favore di Vanunu: durante un soggiorno in Israele per un reportage televisivo, scomparve improvvisamente dall’albergo dove alloggiava. Solo dopo 24 ore si seppe che era stato arrestato per ragioni non ben precisate e che non gli era stato permesso di consultare un avvocato. Gli andò bene; fu espulso da Israele e rimpatriato in Inghilterra.
Vanunu, che trascorse i suoi primi 11 anni di detenzione in uno stato di completo isolamento, fu sottoposto a varie violenze psicologiche e anche a dei tentativi di lavaggio del cervello.
Dal 2004 vive in una specie di “limbo” in Israele (come è stata ironicamente definita la condizione di Vanunu); le autorità gli impediscono di trasferirsi in un altro paese e – come abbiamo visto – continua ad essere costantemente nel mirino della magistratura e dei servizi segreti israeliani. Nonostante la Norvegia gli abbia offerto la cittadinanza e l’Università di Glasgow lo abbia nominato addirittura rettore, le speranze che Israele si convinca a lasciarlo andar via, sono scarsissime.
Come mai Israele continua a perseguire (e a perseguitare) Vanunu proprio nel bel mezzo delle trattative Usa/Iran sul nucleare iraniano?
Il presidente USA, Obama, ha una strategia differente da quella di Netanyahu. Il suo obiettivo è indebolire la Repubblica Islamica combinando la penetrazione diplomatica (controlli sempre più invasivi da parte delle organizzazioni sovrannazionali) con la penetrazione di capitali esteri. Netanyahu invece vuole soltanto la guerra; un atteggiamento che ricorda quello dei dittatori fuori controllo. Se Obama opta per una strategia più “soft”, i neocon non discutono, mirano in alto, non si fermano davanti a niente per raggiungere i propri fini e, prendendo in prestito le parole del giornalista Alan Hart, “non c’è nulla che non farebbero ai propri nemici e nemmeno ai propri amici”.
Alan Hart intervistò Moshe Dayan, e il celebre generale israeliano gli spiegò, con una battuta, perché Israele si dotava dell’arma di distruzione di massa. “Era per avere la capacità di dire ai propri amici “Non spingeteci oltre il limite che siamo disposti ad accettare, o faremo uso di quell’arsenale”. Secondo Hart, Israele poteva essere ridimensionata dopo l’attentato alla nave statunitense Liberty. Proprio quell’evento – spiega il giornalista inglese – segnò il momento storico in cui le maggiori potenze di fatto si rassegnarono di fronte all’evidenza che lo Stato Sionista, assistito dalla potente lobby globale, fosse un mostro che sfuggiva al loro controllo.
E’ bene a questo punto ricordare  la famosa “Opzione Sansone” (come fu definita dal giornalista Seymour Hersh), cioè quella strategia che prevede l’utilizzo di armi nucleari da parte di Israele nel caso di attacchi militari che minaccino la sua esistenza. Vale a dire, scaraventare l’intera regione nell’olocausto nucleare nel caso che Israele fosse sconfitto militarmente. Il Likud, cioè il partito dei “falchi” di cui il più alto rappresentante è proprio l’attuale premier israeliano, non ha mai digerito la sconfitta subita in Libano nel 2006 da parte di Hezbollah e ha ripreso in considerazione tale “opzione”,
E’ evidente come Israele – fin dalla sua nascita, nel 1948 –  abbia sistematicamente lavorato per creare una situazione di grave instabilità e di guerra permanente in tutta l’area mediorientale.
Nota:
Le restrizioni a cui è attualmente sottoposto Vanunu da parte delle autorità israeliane, sono le seguenti:
  • non può avere contatti con cittadini di altri paesi che non siano Israele, senza autorizzazione del Ministero dell’Interno
  • non può avvicinarsi ad ambasciate e consolati
  • non può possedere un telefono cellulare
  • non può accedere a Internet
  • non può lasciare lo Stato di Israele (restrizione valida all’inizio solo per un anno, venne da allora prorogata e rinnovata annualmente)
Fonte: Wikipedia
Altri testi consultati:
http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=11
http://civiumlibertas.blogspot.it/2010/01/alan-hart-un-mostro-fuori-controllo.html
http://www.voltairenet.org/article164452.html

 http://www.linterferenza.info/esteri/il-caso-vanunu-lultimo-ricatto-di-israele/

Nessun commento:

Posta un commento