giovedì 5 febbraio 2015

El Sisi e Netanyahu: il gatto e la volpe, di S. Zecchinelli

La Palestina è diventata da ormai settant’anni una sorta di termometro con il quale è possibile misurare lo stato di salute di concetti come libertà, giustizia, equità, tolleran
za, ma anche una specie di cartina al tornasole dove monitorare il quadro politico dell’intera area mediorientale, lo scontro in atto fra movimenti di indipendenza e di liberazione nazionale da una parte e le potenze regionali neocolonialiste dall’altra.
I fatti recenti non fanno certo eccezione. Proprio pochi giorni fa, come sappiamo, il Movimento di Resistenza Libanese, Hezbollah, ha risposto all’attacco dell’esercito israeliano sul Golan, territorio che appartiene di diritto alla Siria. Israele vuole indebolire l’Asse Sciita (Hezbollah-Iran) più la sunnita Hamas e in tal senso ha di fatto stipulato una non dichiarata (ovviamente…) e inedita (ma neanche tanto…) alleanza con una corrente di Al Qaeda; per la precisione con i macellai del Fronte Al Nusra (particolarmente attivo in Siria).
La risposta degli Hezbollah all’ennesimo raid israeliano non si è fatta attendere e il bilancio del blitz ad opera di alcuni guerriglieri, avvenuto nella zona delle fattorie di Shebaa, settore orientale della Linea Blu di demarcazione fra Libano ed Israele ( Fonte: Radio Irib), è di quattro morti e cinque feriti tra i soldati israeliani. Un’azione militare legittima con la quale la Resistenza libanese conferma di non volersi piegare ai diktat di Israele.
Dal canto suo Hamas non poteva che apprezzare tale gesto e per bocca di uno dei suoi massimi dirigenti, Mahmud Al Zahar, ha dichiarato che la Resistenza palestinese è pronta a coordinare delle azioni con i combattenti libanesi. Radio Irib aggiunge “In un discorso televisivo di ieri, durante le commemorazioni per le vittime dell’attacco a Quneitra, il leader del movimento della resistenza islamico libanese ha denunciato la Lega Araba per il suo mancato appoggio ai palestinesi durante i periodi di guerra, dicendo che Israele trae piu’ benefici dalla Lega piuttosto che i palestinesi. Nasrallah (leader di Hezbollah) ha dichiarato che la Lega “non e’ assente”, ma che “non esiste affatto”.
E’ importante ricordare che Zahar fa parte di quella componente di Hamas che non ha mai voltato le spalle alla Siria baathista e all’Iran. Molte cose stanno cambiando all’interno del così detto Asse della Resistenza (che è fondamentalmente un Asse Sciita ) e la notizia diffusasi in Iran di un ritorno in campo del nazionalista radicale Ahmadinejad, non ha certo fatto piacere all’establishment israeliano.
I movimenti di resistenza e di indipendenza nazionali – Hamas, Hezbollah (con il sostegno della Siria e dell’ Iran) si stanno riorganizzando per respingere quella che appare come una inevitabile offensiva militare da parte di Israele. ll Likud, partito di estrema destra e sostanzialmente razzista che governa Israele si è già attrezzato in tal senso e sta prendendo delle contromisure. E’ in questo quadro che ha preso corpo l’alleanza fra il capo del governo israeliano Netanyhau: e quello egiziano, El Sisi.
Il governo egiziano si sta comportando come un vero e proprio carceriere del Mossad. Le cifre attuali sui detenuti politici sono impressionanti. Cito James Petras: “Secondo il Centro egiziano per i diritti sociali ed economici, nel secondo semestre del 2013, sono state arrestate 21.317 persone che manifestavano in favore della democrazia. A partire da aprile 2014, oltre 16.000 prigionieri politici sono incarcerati e la maggior parte è stata torturata.’ ( fonte: infopal )
Dopo aver instaurato un regime dittatoriale El Sisi ha ulteriormente aggravato l’isolamento della Striscia di Gaza. Alla fine di ottobre del 2014 ben 1500 famiglie sono state evacuate presso il valico di Rafah e le loro case distrutte. Scorro qualche fonte per mettere in risalto l’asse El Sisi – Netanyhau.
(1)  L’anno scorso la stazione televisiva israeliana ha rivelato che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dato istruzioni per effettuare operazioni nel cuore del Sinai.
(2)  Nel frattempo, il giornale israeliano Israel Hayom, vicino a Netanyahu, ha affermato, il 12 giugno del 2014, che l’esercito egiziano dipende dalle informazioni di intelligence fornite da Israele nelle sue operazioni contro i jihadisti nel Sinai.
(3)  Il generale Amos Yadlin, ex capo della Divisione militare d’Intelligence israeliana, ha affermato che la confluenza di interessi tra Israele ed i governi “sunniti moderati” rappresenta un’opportunità senza precedenti per Israele di rafforzare la cooperazione in modo da migliorare l’ambiente strategico di Israele e aiutarlo a far fronte alle sfide significative che deve affrontare.
(4)  In un articolo pubblicato dal quotidiano Makor Rishon  luned scorso, Yadlin ha sottolineato che Israele ha tratto grande beneficio dalla cooperazione con Egitto, Giordania e alcuni paesi del Golfo, e che invita il governo di Netanyahu ad approfittare di questa opportunità.
http://www.infopal.it/la-cooperazione-israelo-egiziana-sorpassa-le-aspettative/
E’ strano (o forse no…) che nessuno abbia spiegato come molti ‘jihadisti’ del Fronte Al Nusra siano stati trasferiti dal Sinai al Golan siriano – proprio per combattere contro la Siria baathista – di comune accordo fra El Sisi e Netanyhau. Del resto gli irresponsabili sostenitori della dittatura egiziana dovrebbero dirci come El Sisi possa essere definito niente meno che il “nuovo Nasser”  (sembra incredibile ma c’è anche chi sostiene simili sciocchezze), nel mentre usufruisce di ampi finanziamenti da parte dell’Arabia Saudita, paese in prima fila nella lotta contro lo sciismo progressista e i movimenti di liberazione nazionale antimperialisti.
Gli eserciti – tranne qualche rara eccezione – tendono ad essere integrati in un unico complesso militare ed industriale occidentale a guida statunitense. L’esercito egiziano è fra questi e da circa trent’anni anni è una sorta di grande partito azienda armato. El Sisi, né più e né meno di Videla o Pinochet, si è formato in tale contesto politico e culturale.
Hezbollah ed Hamas sono da tempo alleati contro il comune nemico, cioè Israele e i suoi alleati. El Sisi ha messo fuori legge le Brigate Al Qassam, l’ala militare di Hamas, che nella estate scorsa hanno resistito all’ aggressione da parte dell’IDF (Israeli Defence Force). Inutile girarci intorno; è evidente che El Sisi agisce su mandato di Netanyhahu. E’ il Likud a manovrare il nuovo Pinochet d’Egitto.
Il quadro si fa quindi sempre più chiaro. Da un lato abbiamo l’asse El Sisi – Netanyahu (con l’Araba Saudita a fare da testimone…), dall’altra Hezbollah e Hamas. Qualunque sia la strategia che i governi egiziano ed israeliano metteranno in campo, è ovvio che troveranno una ferma opposizione da parte di questi due movimenti, determinati a difendere a tutti costi l’autonomia e l’indipendenza dei loro rispettivi popoli.
E’ importante aggiungere alcune note per capire la vera natura del regime fantoccio al potere in Egitto.
El Sisi agisce per conto degli USA. Dopo aver citato James Petras, voglio riportare anche     l’opinione di Michel Chossudovsky:
“Il ruolo delle forze armate (egiziane) non è quello di proteggere un movimento popolare. Piuttosto il contrario: l’obiettivo è di manipolare l’insurrezione e il dissenso in nome di Washington”.
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2707
Questa considerazione deve essere sottolineata perché molti sprovveduti sostengono che l’esercito abbia agito in nome del popolo. Se così fosse, perché allora El Sisi massacra, oltre agli attivisti islamici, anche tanti militanti di sinistra, socialisti e comunisti?. Totale silenzio da parte di tutti sulla sanguinosa repressione in corso in Egitto, ancor più da parte della politicamente correttissima  sinistra occidentale.
Il 25 gennaio 2015 Shaima el-Sabbagh, dirigente socialista rivoluzionaria, è stata uccisa da proiettili di gomma sparati a distanza ravvicinati. E’ questo – è importante ricordarlo – il trattamento che El Sisi offre a chiunque persegua ideali di libertà e giustizia sociale e si opponga alla sua dittatura.
Qual è la ragione di tanto odio da parte di El Sisi ne confronti della sinistra? Riprendiamo l’articolo di Chossudovsky:
“Il Ministro Generale della Difesa Abdul Fatah Al-Sisi, che ha innescato il Coup d’Etat contro il Presidente Morsi, è laureato allo US War College di Carlisle, Pennsylvania”
La provenienza sociale e politica e la formazione tecnica e militare dei vari attori in scena, determinano le loro scelte politiche. E’ ovvio che un militare di carriera che si è formato nelle scuole Usa non potrà che orientare le proprie azioni in una determinata direzione politica. Ecco spiegato l’antisocialismo di El Sisi.
Non a caso, continua lo studioso:
“Il generale Al Sisi è stato in costante contatto telefonico con il Segretario americano della Difesa Chuck Hagel sin dai primi momenti della protesta. La stampa conferma sia stato consultato più volte nei giorni precedenti il colpo di stato. È estremamente improbabile che il Generale Al Sisi abbia agito senza il benestare del Pentagono”.
Vorrei a questo punto porre una domanda ad alcuni ingenui geopoliticisti: credete davvero che i legami sociali e politici siano così facili da rompere ? El Sisi non ha mai avuto a cuore l’indipendenza dell’Egitto e tutte le sue azioni sono state ordinate e preordinate da Washington e Tel Aviv.  I dietrologi sostengono che la famiglia del generale egiziano abbia da sempre avuto rapporti col Mossad. Aggiungo soltanto che se così fosse, tale “cordone ombelicale politico” non è mai stato tanto manifesto quanto ora.
E’ in questo modo che un uomo di estrema destra come Netanyhau trova il suo migliore alleato in un altro uomo di estrema destra. Del resto i simili si accompagnano con i loro simili ed è per questo che i due militari ora in borghese (Netanyahu ed El Sisi) si capiscono benissimo e vanno d’amore e d’accordo.
Non avranno però vita facile…

 http://www.linterferenza.info/esteri/el-sisi-e-netanyahu-il-gatto-e-la-volpe/

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