“Non è un gran segreto la ragione per cui le
agenzie ebraiche continuino a strombazzare il loro sostegno alle
screditate politiche di questa amministrazione fallimentare. Considerano
la difesa di Israele il loro scopo principale, al di sopra di ogni
altro argomento in programma. Questa fissazione li lega ancora più
strettamente ad una Casa Bianca che ha fatto della lotta al terrorismo
islamico l’argomento centrale della sua campagna. Gli esiti di questa
campagna sul mondo sono stati catastrofici. Ma questo non preoccupa le
agenzie ebraiche.” 8 dicembre 2006, Dichiarazione di J.J. Goldberg,
direttore di Forward (il principale settimanale ebraico negli Stati Uniti)
Introduzione:
Molti
scrittori ebrei, compresi quelli che in qualche modo sono critici verso
Israele, hanno sollevato argomentate domande riguardo alla nostra
critica della Struttura di Potere Sionista negli Stati Uniti e riguardo a
ciò che essi erroneamente chiamano la nostra severa critica a senso
unico allo Stato di Israele. Alcuni di questi accusatori ritengono di
intravedervi segnali di ‘latente antisemitismo’, altri, di appartenenza
‘progressista’ negano che la Struttura del Potere Sionista (SPS) abbia
un qualche ruolo influente e affermano che la politica estera degli
Stati Uniti è un prodotto della ‘geopolitica degli interessi
petroliferi’. Dopo la recente pubblicazione di diversi saggi, a grande
tiratura, che hanno fortemente criticato il potere della ‘lobby’
sionista, molti pubblicisti liberali pro-israeliani hanno generosamente
concesso che questo è un argomento che dovrebbe essere dibattuto (e non
stigmatizzato e rigettato automaticamente) e forse addirittura dovrebbe
essere ‘preso in considerazione’.
I negatori della SPS: argomenti fasulli per affermazioni truffaldine
La
principale affermazione dei negatori della SPS ha diversi aspetti:
alcuni dichiarano che la SPS è solo un’altra delle tante ‘lobby’, come
la Camera del Commercio, il Sierra Club o la Società per la Protezione
dei Pesciolini Rossi. Altri affermano che concentrandosi principalmente
su Israele e quindi di conseguenza sulla ‘lobby’, i critici del sionismo
finiscono per ignorare gli abusi altrettanto violenti di governanti,
regimi e Stati altrove nel mondo. Questa ‘attenzione esclusiva’ su
Israele, sostengono i negatori dell’SPS, rivela un antisemitismo latente
o esplicito. Propongono che i sostenitori dei diritti umani condannino
tutti gli abusi contro i diritti umani ovunque (allo stesso tempo e con
la stessa enfasi?). Altri affermano che Israele è una democrazia – per
lo meno fuori dei territori occupati – e quindi non può essere
condannato allo stesso modo degli altri paesi che violano i diritti
umani; gli si dovrebbe invece ‘riconoscere’ le sue virtù civiche allo
stesso tempo in cui lo si condanna per le manchevolezze sui diritti
umani. Infine, altri ancora continuano a sostenere che, a causa
dell’olocausto e di una ‘storia di 2000 anni di persecuzione’ la critica
alle lobby pro israeliane, fondate e dirette da ebrei, dovrebbe essere
molto accorta, dovrebbe sempre attenersi a specifici abusi e dovrebbe
prima di tutto investigare ogni accusa e non solo quelle di una parte –
soprattutto dovrebbe analizzare attentamente le accuse provenienti da
parte araba/palestinese/delle Nazioni Unite/Europee/delle organizzazioni
dei Diritti Umani – e riconoscere che l’opinione pubblica israeliana,
la stampa e perfino la Corte o settori di essa possono anch’esse
talvolta esprimere critiche delle politiche del regime.
Queste
obiezioni al modo in cui è trattato il conflitto
Israele-Palestinese-Arabo e alle attività delle lobby sioniste come
elementi centrali del problema della pace e della guerra servono solo a
diluire, sminuire o indebolire la critica e l’attività politica
organizzata contro la SPS e i suoi dirigenti in Israele.
La risposta
dei critici di Israele e della SPS a questi attacchi è stata debole
nella migliore delle ipotesi, codarda nella peggiore. Alcuni critici
hanno risposto che la loro critica è diretta solo contro una specifica
scelta politica o un determinato dirigente, o contro le politiche
israeliane nei territori occupati, che essi riconoscono in Israele una
democrazia, la quale deve avere confini sicuri e che, nell’interesse
dello stesso ‘popolo’ israeliano, dovrebbe ridurre le sue barriere di
sicurezza. Altri affermano che le loro critiche vogliono solo ottenere
una migliore difesa degli interessi israeliani, oppure influenzare la
lobby sionista o aprire un dibattito. Sostengono che il punto di vista
della ‘maggioranza’ degli ebrei americani non è rappresentato dalle 52
organizzazioni che costituiscono la Conferenza dei Presidenti delle
Principali Organizzazioni Ebraiche d’America, o le migliaia di PAC
(Political Action Committees), federazioni locali, associazioni
professionali e pubblicazioni settimanali che parlano con la sola voce
del sostegno incondizionato ad ogni scelta e decisione politica dello
Stato sionista.
Ci sono numerose critiche di questo genere, le quali
fondamentalmente evitano di affrontare i problemi principali
rappresentati dallo Stato israeliano e dalla SPS, che noi ora dobbiamo
combattere. La ragione per cui la critica e l’azione politica contro
Israele e la SPS è oggi di importanza centrale in qualsiasi dibattito
sia sulla politica estera americana, specialmente (ma non solo) nel
Medio Oriente, sia sulla politica interna statunitense è che questi due
aspetti svolgono un ruolo decisivo ed hanno un impatto storico mondiale
sul presente e sul futuro della pace e della giustizia sociale sulla
terra. Volgiamoci ora ad esaminare le ‘grandi questioni’ causate dal
potere di Israele negli Stati Uniti con cui gli americani devono
confrontarsi.
Ecco quali sono i grandi problemi causati dalla SPS e dal potere di Israele negli USA:
Guerra o pace
Sono
apparsi di recente numerosi libri che sostengono che il coinvolgimento
degli Stati Uniti nell’invasione dell’Iraq, la fornitura di armi a
Israele (bombe a grappolo, bombe anti-bunker da due tonnellate e
informazioni ottenute con la sorveglianza satellitare) prima di, durante
e dopo l’abortita invasione del Libano, il sostegno di Washington
all’embargo affamatore del popolo palestinese e infine le richieste del
Congresso e della Casa Bianca di sanzioni e di guerra contro l’Iran,
sono direttamente legate alla politica dello Stato di Israele e dei
politicanti sionisti nel ramo esecutivo e nel Congresso americano. Basta
guardare soltanto ai documenti, alle testimonianze e ai rapporti
dell’AIPAC e della Conferenza dei Presidenti delle Principali
Organizzazioni Ebraiche d’America per notare come i sionisti si vantano
dei successi ottenuti nel promuovere una determinata legislazione, nel
fornire (false) informazioni riservate, nel fare spionaggio (AIPAC) [1] e
nel consegnare informazioni segrete ai servizi segreti israeliani (cosa
che i sionisti di sinistra chiamano ‘libertà di espressione’).
Se è
vero, come dimostra l’enorme quantità di prove accumulate, che l’SPS ha
svolto un ruolo fondamentale nello scatenamento delle principali guerre
dei nostri giorni, conflagrazioni che possono provocare nuovi conflitti
armati, allora vuol dire che è ormai indispensabile indebolire la
capacità della lobby sionista/ebraica nel promuovere ulteriori guerre.
Considerando l’approccio di tipo militaristico-teocratico israeliano
alla sua politica di espansione territoriale e i suoi piani già
chiaramente annunciati di nuove guerre alla Siria o all’Iran, e
considerando il fatto che la SPS agisce come una cinghia di trasmissione
altamente disciplinata in favore dello Stato israeliano e non si porre
domande di sorta, i cittadini americani contrari a impegni militari
presenti e futuri in guerre mediorientali devono opporsi alla SPS e ai
suoi mentori israeliani. Inoltre, dati gli estesi legami esistenti tra
le nazioni islamiche, le ‘nuove guerre’ proposte dalla SPS/Israele
contro l’Iran si trasformeranno inevitabilmente in guerre globali. Per
questo la posta in gioco nella lotta contro la SPS è ben più ampia del
processo di pace tra Israele-Palestina, o perfino degli stessi conflitti
in Medio Oriente: riguarda il grande problema della Pace o della Guerra
Mondiale.
Democrazia o autoritarismo
Senza le sfuriate liberticide e le audizioni pubbliche dell’ex senatore Joseph McCarthy [2] ,
la lobby ebraica ha sistematicamente attaccato i pilastri fondamentali
della nostra fragile democrazia. Mentre il Congresso USA, i media, gli
accademici, i militari in pensione e altre figure pubbliche sono libere
di criticare il Presidente, qualsiasi critica ad Israele e molto meno di
una critica alla lobby ebraica vengono contrastate con rabbiosi
attacchi in tutti gli editoriali dei principali giornali da parte di un
esercito ‘esperti’ o propagandisti pro-israeliani, con richieste che chi
ha osato criticare sia subito licenziato, purgato o espulso dal posto
che occupa o che per lo meno al malcapitato venga negata qualsiasi
promozione o nuovo incarico. Di fronte a qualsiasi importante
personaggio che osa mettere in discussione il ruolo della lobby nel
plasmare la politica americana nell’interesse di Israele, l’intero
apparato sionista (dalle federazioni ebraiche locali, l’AIPAC, la
Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche
d’America, ecc.) entra in azione – insultando, diffamando e
stigmatizzando con l’accusa di ‘antisemitismo’. Negando ad altri la
libertà d’espressione e uccidendo sul nascere il dibattito pubblico col
ricorso a campagne di calunnie gravide di vere o pretese conseguenze, la
lobby ebraica ha negato agli americani una delle loro più importanti
libertà e uno dei fondamentali diritti costituzionali.
Le massicce
campagne di odio, perduranti e ben finanziate, dirette contro qualsiasi
candidato critico verso Israele elimina realmente la libertà
d’espressione tra le elites politiche. L’influenza dominante di
ricchissimi finanziatori ebraici a entrambi i partiti – ma soprattutto
ai Democratici – è riuscita ad ottenere l’eliminazione effettiva di
qualsiasi candidato che potrebbe ostacolare anche solo una parte del
programma pro-israeliano della lobby. La conquista del controllo della
campagna di finanziamento del partito democratico da parte di due zeloti
ultra-sionisti, il senatore Charles Schumer e il congressista
israelo-americano Rahm Emanuel, ha fatto in modo che tutti i candidati
alle elezioni hanno dovuto sottomettersi totalmente al sostegno
incondizionato della lobby per Israele. Il risultato è che non ci sono
indagini nel Congresso, men che mai c’è dibattito, sul ruolo chiave di
quegli importanti sionisti che nel Pentagono hanno operato nella
fabbricazione dei famosi rapporti sulle ‘armi di distruzione di massa’
irachene, nell’elaborazione e nell’esecuzione della politica della
guerra e della disastrosa invasione dell’Iraq. Gli ideologi della lobby,
facendosi passare per ‘esperti’ del Medio Oriente, prevalgono negli
editoriali e nelle prime pagine dei maggiori giornali (Wall Street Journal, New York Times, Los Angeles Times, Washington Post).
Presentandosi come ‘esperti’ del Medio Oriente, propagandano in realtà
la linea israeliana sulle principali reti televisive (CBS, NBC, ABC,
Fox, and CNN) e sui canali radio ad esse affiliati. I sionisti hanno
svolto un ruolo preminente nel sostenere e mettere in pratica una
legislazione altamente repressiva come il Patriot Act e il Military
Commission Act, così come pure nel modificare la legislazione
anti-corruzione esistente perché la lobby potesse finanziare viaggi
‘educativi’ in Israele per membri del Congresso. Il capo della Homeland
Security (Sicurezza Interna), con 150.000 funzionari alle sue dipendenze
e un bilancio multimiliardario non è altro che il fanatico sionista
Michael Chertoff, pubblico accusatore capo delle istituzioni di carità
islamiche, delle organizzazioni di soccorso ai palestinesi ed altri
gruppi etnici mediorientali o musulmani negli Stati Uniti, che
potrebbero, potenzialmente, sfidare il programma della lobby
pro-israeliana.
La più grande minaccia alla democrazia nel senso più
pieno del termine – cioè il diritto di dibattere, eleggere e legiferare
senza costrizioni di sorta – consiste proprio negli sforzi organizzati
della lobby sionista tesi a reprimere il dibattito pubblico, controllare
la selezione dei candidati e i temi della campagna elettorale, attuare
una legislazione repressiva diretta e utilizzare le agenzie di sicurezza
dello Stato contro gruppi elettorali che si oppongono al programma
pro-israeliano. Nessun’altra lobby o gruppo di azione politica diverso
dalla Struttura organizzata del Potere Sionista (SPS) e i suoi portavoce
indiretti alla testa di posizioni chiave nel Congresso possiede una
simile influenza diretta e consistente sul processo politico – cioè sui
media, sul dibattito e le votazioni in Congresso, sulla selezione e il
finanziamento dei candidati, nonché sull’ultima parola in merito alla
distribuzione degli aiuti all’estero del Congresso e ai programmi
mediorientali. Il primo passo verso il rovesciamento del processo di
erosione delle nostre libertà democratiche consiste nel riconoscere ed
esporre pubblicamente le nefande attività organizzative e finanziarie
della SPS e quindi procedere verso la neutralizzazione dei suoi sforzi.
La loro politica estera o la nostra?
L’elaborazione
della politica estera americana in Medio Oriente nonché il decidere chi
ne deve trarre beneficio sono intimamente collegati alla perdita delle
nostre libertà democratiche e rappresentano la diretta conseguenza
dell’influenza della lobby ebraica sul processo politico. L’intero
sforzo politico della lobby (le sue spese, il richiamo etnico, la
censura, i viaggi in Israele per politici americani) è diretto ad
ottenere il controllo la politica estera americana e, per mezzo del
potere americano, influenzare la politica degli alleati degli Stati
Uniti, dei suoi stati clienti e addirittura avversari, in Europa, Asia, e
Medio Oriente. La riduzione sistematica delle nostre libertà
democratiche ad opera della lobby è strettamente legata alla nostra
incapacità di influire sulla politica estera della nostra nazione. La
nostra posizione maggioritaria contro la guerra in Iraq, il ripudio del
principale esecutore della guerra (la Casa Bianca) e l’orrore che
abbiamo provato di fronte all’invasione del Libano e alla distruzione di
Gaza sono stati neutralizzati dall’influenza sionista sui dirigenti
politici del Congresso e della Casa Bianca. I Democratici, che hanno
recentemente conquistato il Congresso, ripudiano il loro elettorato e
seguono i consigli e gli ordini della dirigenza pro-sionista (Nancy
Pelosi, Harry Reid, Rahm Emmanuel, Stephan Israel ed altri) sostenendo
l’escalation delle truppe e un aumento delle spese militari per
la guerra in Iraq. Bush ora segue la politica bellicista contro l’Iran
che gli propongono gli zelanti fanatici sionisti dell’American
Entreprise Institute, ripudiando le proposte diplomatiche della
commissione bi-partisan diretta da James Baker. In seguito ai
bombardamenti di Israele del Libano del Sud, con un milione di bombe a
grappolo anti-persona, e in contrasto diretto con l’opinione elettorale
americana, il Congresso ha quadruplicato la quantità di armi americane
ammassate in Israele (che si presuppone debbano essere usate dai due
eserciti). E mentre centinaia di milioni di donne e bambini denutriti
soffrono e muoiono in Africa, in America Latina e Asia, la lobby fa in
modo che più della metà degli aiuti americani all’estero vadano
direttamente nelle mani degli ebrei israeliani, che hanno un reddito
pro-capite di oltre 22.000 dollari.
Nessun altro gruppo politico
organizzato o società di pubbliche relazioni che agisca negli interessi
degli esiliati cubani o venezuelani, di uno Stato arabo o africano,
dello Stato Cinese o di uno degli Stati dell’Unione Europea si avvicina
minimamente all’influenza con cui la lobby sionista riesce a plasmare la
politica statunitense per servire gli interessi di Israele.
Pur se
la lobby rappresenta meno del 2% dell’elettorato americano, la sua
influenza sulla politica estera supera quella della grande maggioranza
che non possiede una forza paragonabile né dal punto di vista
organizzativo, né finanziario per riuscire ad imporre il suo punto di
vista.
Mai nella storia della repubblica o dell’impero americano, una
minuscola ma potente minoranza è stata in grado di esercitare una
simile influenza facendo in modo che la forza economica, militare e
diplomatica della nazione fosse usata al servizio di un governo
straniero. Né i francofili durante la Rivoluzione Americana, né gli
Anglofili durante la Guerra Civile, né il Bund Tedesco nel periodo di
preparazione della Seconda Guerra Mondiale, né la lobby (anticinese) di
Taiwan hanno mai posseduto il potere organizzativo e la durevole
influenza politica che la SPS possiede sulla politica estera e interna
degli Stati Uniti al servizio della Stato di Israele.
La lotta contro la sostanza della lobby
La
questione del potere della lobby sulle scelte americane concernenti la
pace o la guerra, l’autoritarismo o la democrazia e riguardo a chi
definisce gli interessi che la politica estera statunitense deve servire
superano ovviamente di molto l’ambito della politica mediorientale, del
furto di terre che lo Stato coloniale di Israele persegue in Palestina e
addirittura la selvaggia occupazione dell’Iraq. La lotta fino in fondo
contro l’influenza sionista sul paese più potente al mondo dal punto di
vista militare, con il numero più alto di Stati clienti, basi militari,
armi micidiali e una voce decisiva nelle istituzioni internazionali
(IMF/Banca Mondiale/Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite)
significa che la lobby ha i mezzi per raggiungere ogni angolo della
terra. Questo potere di intervento si estende su un gran numero di
questioni, dalla difesa delle fortune di quei gangster e assassini che
sono gli oligarchi russo-ebraici, agli schiaffi per gli alleati europei
degli Stati Uniti se non si vogliono rendere complici della pulizia
etnica israeliana della Palestina.
La SPS rappresenta una minaccia
fondamentale alla nostra esistenza in quanto Stato sovrano e alla nostra
capacità di influenzare coloro che eleggiamo e quale programma e
interessi devono essere perseguiti dai nostri rappresentanti. Ancora
peggio, servendo gli interessi israeliani, noi stiamo diventando
complici di uno Stato la cui Corte Suprema legalizza gli assassini
politici dentro e fuori il paese, la tortura, le violazioni sistematiche
della legge internazionale; ci facciamo complici di un regime che
ripudia le Risoluzioni dell’ONU, invade e bombarda unilateralmente i
suoi vicini e pratica l’espansionismo militare coloniale. In una parola
Israele sollecita e alimenta le tendenze più barbare e le pratiche più
brutali della politica americana contemporanea. In questo senso, la
lobby, attraverso i media, attraverso l’influenza nel Congresso e i suoi
Think Tank sta creando un altro suo simile. Come fa Israele, gli Stati
Uniti hanno creato nel Pentagono i propri squadroni della morte; come
Israele, gli Stati Uniti invadono e colonizzano l’Iraq; come Israele,
gli Stati Uniti violano e rigettano qualsiasi limite costituzionale o
legale e torturano sistematicamente prigionieri senza processo e sulla
base di sole accuse.
A causa di queste considerazioni fondamentali,
non possiamo essere compiacenti con i nostri colleghi ebraici di
‘sinistra’ e nostri compatrioti e quindi non possiamo astenerci dal
combattere la lobby sionista con forza e urgenza. Troppe nostre libertà
sono in palio; troppo poco tempo rimane prima che i sionisti riescano a
provocare una grande escalation militare; troppo piccola parte della
nostra sovranità rimane di fronte agli sforzi concertati della lobby e
dei suoi ‘esperti-ideologi’ mediorientali di spingerci a spintoni in una
nuova e più devastante guerra con l’Iran in favore del dominio di
Israele in Medio Oriente.
Nessun altro paese, sia esso rispettoso o
non rispettoso dei diritti umani, con o senza un sistema elettorale,
esercita un’influenza sulla nostra politica interna ed estera come lo
Stato di Israele. Nessuna altra lobby ha il tipo di potere finanziario e
la struttura organizzativa che possiede la lobby ebraica per riuscire
ad erodere le nostre libertà politiche o il nostro potere di decidere
sulla guerra. Basterebbero queste sole ragioni per cui è ragionevole che
noi americani dobbiamo porre la lotta contro Israele e la sua lobby al
primo posto delle nostre priorità politiche. Questo non perché Israele
occupa il primo posto nella classifica dei violatori dei diritti umani
nel mondo – altri Stati hanno credenziali democratiche anche peggiori –
ma invece proprio a causa del fatto che esso spinge i suoi sostenitori
negli Stati Uniti a degradare i nostri principi democratici, derubandoci
così della nostra libertà di espressione e della sovranità di decidere i
nostri propri interessi. La lobby mette le risorse militari e
budgetarie dell’Impero al servizio del Grande Israele – e questo è causa
delle peggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.
Soluzioni
democratiche, giuste e pacifiche alle grandi questioni che si impongono
agli americani, agli europei, ai musulmani, agli ebrei e agli altri
popoli richiedono la sconfitta e lo smantellamento della Struttura di
Potere Sionista in America diretta da Israele. Null’altro che questo ci
permetterà di aprire un dibattito sulle alternative alla repressione
nella politica interna e all’imperialismo in politica estera.
NOTE:
[1] Recentemente
due dirigenti dell’AIPAC, Steve Rosen e Keith Weissman, sono stati
indagati e sono sotto processo per aver corrotto un funzionario
americano del Ministero degli Esteri, un tale Lawrence Anthony Franklin,
analista del Dipartimento della Difesa, al fine di ottenere
informazioni riservate sull’Iran per passarle ad agenti israeliani in
America. Franklin si è dichiarato colpevole e sta scontando una condanna
in prigione.
[2] Iniziatore
del cosiddetto periodo del ‘Maccartismo’ durante il quale, negli anni
Cinquanta si procedette ad una vera e propria caccia alle streghe contro
comunisti, socialisti e democratici, nell’amministrazione, i media e la
società.
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