venerdì 3 ottobre 2014

Perché è così importante condannare Israele e la lobby sionista, di James Petras

“Non è un gran segreto la ragione per cui le agenzie ebraiche continuino a strombazzare il loro sostegno alle screditate politiche di questa amministrazione fallimentare. Considerano la difesa di Israele il loro scopo principale, al di sopra di ogni altro argomento in programma. Questa fissazione li lega ancora più strettamente ad una Casa Bianca che ha fatto della lotta al terrorismo islamico l’argomento centrale della sua campagna. Gli esiti di questa campagna sul mondo sono stati catastrofici. Ma questo non preoccupa le agenzie ebraiche.” 8 dicembre 2006, Dichiarazione di J.J. Goldberg, direttore di Forward (il principale settimanale ebraico negli Stati Uniti)



Introduzione:

Molti scrittori ebrei, compresi quelli che in qualche modo sono critici verso Israele, hanno sollevato argomentate domande riguardo alla nostra critica della Struttura di Potere Sionista negli Stati Uniti e riguardo a ciò che essi erroneamente chiamano la nostra severa critica a senso unico allo Stato di Israele. Alcuni di questi accusatori ritengono di intravedervi segnali di ‘latente antisemitismo’, altri, di appartenenza ‘progressista’ negano che la Struttura del Potere Sionista (SPS) abbia un qualche ruolo influente e affermano che la politica estera degli Stati Uniti è un prodotto della ‘geopolitica degli interessi petroliferi’. Dopo la recente pubblicazione di diversi saggi, a grande tiratura, che hanno fortemente criticato il potere della ‘lobby’ sionista, molti pubblicisti liberali pro-israeliani hanno generosamente concesso che questo è un argomento che dovrebbe essere dibattuto (e non stigmatizzato e rigettato automaticamente) e forse addirittura dovrebbe essere ‘preso in considerazione’.

I negatori della SPS: argomenti fasulli per affermazioni truffaldine


La principale affermazione dei negatori della SPS ha diversi aspetti: alcuni dichiarano che la SPS è solo un’altra delle tante ‘lobby’, come la Camera del Commercio, il Sierra Club o la Società per la Protezione dei Pesciolini Rossi. Altri affermano che concentrandosi principalmente su Israele e quindi di conseguenza sulla ‘lobby’, i critici del sionismo finiscono per ignorare gli abusi altrettanto violenti di governanti, regimi e Stati altrove nel mondo. Questa ‘attenzione esclusiva’ su Israele, sostengono i negatori dell’SPS, rivela un antisemitismo latente o esplicito. Propongono che i sostenitori dei diritti umani condannino tutti gli abusi contro i diritti umani ovunque (allo stesso tempo e con la stessa enfasi?). Altri affermano che Israele è una democrazia – per lo meno fuori dei territori occupati – e quindi non può essere condannato allo stesso modo degli altri paesi che violano i diritti umani; gli si dovrebbe invece ‘riconoscere’ le sue virtù civiche allo stesso tempo in cui lo si condanna per le manchevolezze sui diritti umani. Infine, altri ancora continuano a sostenere che, a causa dell’olocausto e di una ‘storia di 2000 anni di persecuzione’ la critica alle lobby pro israeliane, fondate e dirette da ebrei, dovrebbe essere molto accorta, dovrebbe sempre attenersi a specifici abusi e dovrebbe prima di tutto investigare ogni accusa e non solo quelle di una parte – soprattutto dovrebbe analizzare attentamente le accuse provenienti da parte araba/palestinese/delle Nazioni Unite/Europee/delle organizzazioni dei Diritti Umani – e riconoscere che l’opinione pubblica israeliana, la stampa e perfino la Corte o settori di essa possono anch’esse talvolta esprimere critiche delle politiche del regime.
Queste obiezioni al modo in cui è trattato il conflitto Israele-Palestinese-Arabo e alle attività delle lobby sioniste come elementi centrali del problema della pace e della guerra servono solo a diluire, sminuire o indebolire la critica e l’attività politica organizzata contro la SPS e i suoi dirigenti in Israele.
La risposta dei critici di Israele e della SPS a questi attacchi è stata debole nella migliore delle ipotesi, codarda nella peggiore. Alcuni critici hanno risposto che la loro critica è diretta solo contro una specifica scelta politica o un determinato dirigente, o contro le politiche israeliane nei territori occupati, che essi riconoscono in Israele una democrazia, la quale deve avere confini sicuri e che, nell’interesse dello stesso ‘popolo’ israeliano, dovrebbe ridurre le sue barriere di sicurezza. Altri affermano che le loro critiche vogliono solo ottenere una migliore difesa degli interessi israeliani, oppure influenzare la lobby sionista o aprire un dibattito. Sostengono che il punto di vista della ‘maggioranza’ degli ebrei americani non è rappresentato dalle 52 organizzazioni che costituiscono la Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America, o le migliaia di PAC (Political Action Committees), federazioni locali, associazioni professionali e pubblicazioni settimanali che parlano con la sola voce del sostegno incondizionato ad ogni scelta e decisione politica dello Stato sionista.
Ci sono numerose critiche di questo genere, le quali fondamentalmente evitano di affrontare i problemi principali rappresentati dallo Stato israeliano e dalla SPS, che noi ora dobbiamo combattere. La ragione per cui la critica e l’azione politica contro Israele e la SPS è oggi di importanza centrale in qualsiasi dibattito sia sulla politica estera americana, specialmente (ma non solo) nel Medio Oriente, sia sulla politica interna statunitense è che questi due aspetti svolgono un ruolo decisivo ed hanno un impatto storico mondiale sul presente e sul futuro della pace e della giustizia sociale sulla terra. Volgiamoci ora ad esaminare le ‘grandi questioni’ causate dal potere di Israele negli Stati Uniti con cui gli americani devono confrontarsi.
Ecco quali sono i grandi problemi causati dalla SPS e dal potere di Israele negli USA:

Guerra o pace


Sono apparsi di recente numerosi libri che sostengono che il coinvolgimento degli Stati Uniti nell’invasione dell’Iraq, la fornitura di armi a Israele (bombe a grappolo, bombe anti-bunker da due tonnellate e informazioni ottenute con la sorveglianza satellitare) prima di, durante e dopo l’abortita invasione del Libano,  il sostegno di Washington all’embargo affamatore del popolo palestinese e infine le richieste del Congresso e della Casa Bianca di sanzioni e di guerra contro l’Iran, sono direttamente legate alla politica dello Stato di Israele e dei politicanti sionisti nel ramo esecutivo e nel Congresso americano. Basta guardare soltanto ai documenti, alle testimonianze e ai rapporti dell’AIPAC e della Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America per notare come i sionisti si vantano dei successi ottenuti nel promuovere una determinata legislazione, nel fornire (false) informazioni riservate, nel fare spionaggio (AIPAC) [1] e nel consegnare informazioni segrete ai servizi segreti israeliani (cosa che i sionisti di sinistra chiamano ‘libertà di espressione’).
Se è vero, come dimostra l’enorme quantità di prove accumulate, che l’SPS ha svolto un ruolo fondamentale nello scatenamento delle principali guerre dei nostri giorni, conflagrazioni che possono provocare nuovi conflitti armati, allora vuol dire che è ormai indispensabile indebolire la capacità della lobby sionista/ebraica nel promuovere ulteriori guerre. Considerando l’approccio di tipo militaristico-teocratico israeliano alla sua politica di espansione territoriale e i suoi piani già chiaramente annunciati di nuove guerre alla Siria o all’Iran, e considerando il fatto che la SPS agisce come una cinghia di trasmissione altamente disciplinata in favore dello Stato israeliano e non si porre domande di sorta, i cittadini americani contrari a impegni militari presenti e futuri in guerre mediorientali devono opporsi alla SPS e ai suoi mentori israeliani. Inoltre, dati gli estesi legami esistenti tra le nazioni islamiche, le ‘nuove guerre’ proposte dalla SPS/Israele contro l’Iran si trasformeranno inevitabilmente in guerre globali. Per questo la posta in gioco nella lotta contro la SPS è ben più ampia del processo di pace tra Israele-Palestina, o perfino degli stessi conflitti in Medio Oriente: riguarda il grande problema della Pace o della Guerra Mondiale.

Democrazia o autoritarismo

Senza le sfuriate liberticide e le audizioni pubbliche dell’ex senatore Joseph McCarthy [2] , la lobby ebraica ha sistematicamente attaccato i pilastri fondamentali della nostra fragile democrazia. Mentre il Congresso USA, i media, gli accademici, i militari in pensione e altre figure pubbliche sono libere di criticare il Presidente, qualsiasi critica ad Israele e molto meno di una critica alla lobby ebraica vengono contrastate con rabbiosi attacchi in tutti gli editoriali dei principali giornali da parte di un esercito ‘esperti’ o propagandisti pro-israeliani, con richieste che chi ha osato criticare sia subito licenziato, purgato o espulso dal posto che occupa o che per lo meno al malcapitato venga negata qualsiasi promozione o nuovo incarico. Di fronte a qualsiasi importante personaggio che osa mettere in discussione il ruolo della lobby nel plasmare la politica americana nell’interesse di Israele, l’intero apparato sionista (dalle federazioni ebraiche locali, l’AIPAC, la Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebraiche d’America, ecc.) entra in azione – insultando, diffamando e stigmatizzando con l’accusa di ‘antisemitismo’. Negando ad altri la libertà d’espressione e uccidendo sul nascere il dibattito pubblico col ricorso a campagne di calunnie gravide di vere o pretese conseguenze, la lobby ebraica ha negato agli americani una delle loro più importanti libertà e uno dei fondamentali diritti costituzionali.
Le massicce campagne di odio, perduranti e ben finanziate, dirette contro qualsiasi candidato critico verso Israele elimina realmente la libertà d’espressione tra le elites  politiche. L’influenza dominante di ricchissimi finanziatori ebraici a entrambi i partiti – ma soprattutto ai Democratici – è riuscita ad ottenere l’eliminazione effettiva di qualsiasi candidato che potrebbe ostacolare anche solo una parte del programma pro-israeliano della lobby. La conquista del controllo della campagna di finanziamento del partito democratico da parte di due zeloti ultra-sionisti, il senatore Charles Schumer e il congressista israelo-americano Rahm Emanuel, ha fatto in modo che tutti i candidati alle elezioni hanno dovuto sottomettersi totalmente al sostegno incondizionato della lobby per Israele. Il risultato è che non ci sono indagini nel Congresso, men che mai c’è dibattito, sul ruolo chiave di quegli importanti sionisti che nel Pentagono hanno operato nella fabbricazione dei famosi rapporti sulle ‘armi di distruzione di massa’ irachene, nell’elaborazione e nell’esecuzione della politica della guerra e della disastrosa invasione dell’Iraq. Gli ideologi della lobby, facendosi passare per ‘esperti’ del Medio Oriente, prevalgono negli editoriali e nelle prime pagine dei maggiori giornali (Wall Street Journal, New York Times, Los Angeles Times, Washington Post). Presentandosi come ‘esperti’ del Medio Oriente, propagandano in realtà la linea israeliana sulle principali reti televisive (CBS, NBC, ABC, Fox, and CNN) e sui canali radio ad esse affiliati. I sionisti hanno svolto un ruolo preminente nel sostenere e mettere in pratica una legislazione altamente repressiva come il Patriot Act e il Military Commission Act, così come pure nel modificare la legislazione anti-corruzione esistente perché la lobby potesse finanziare viaggi ‘educativi’ in Israele per membri del Congresso. Il capo della Homeland Security (Sicurezza Interna), con 150.000 funzionari alle sue dipendenze e un bilancio multimiliardario non è altro che il fanatico sionista Michael Chertoff, pubblico accusatore capo delle istituzioni di carità islamiche, delle organizzazioni di soccorso ai palestinesi ed altri gruppi etnici mediorientali o musulmani negli Stati Uniti, che potrebbero, potenzialmente, sfidare il programma della lobby pro-israeliana.
La più grande minaccia alla democrazia nel senso più pieno del termine – cioè il diritto di dibattere, eleggere e legiferare senza costrizioni di sorta – consiste proprio negli sforzi organizzati della lobby sionista tesi a reprimere il dibattito pubblico, controllare la selezione dei candidati e i temi della campagna elettorale, attuare una legislazione repressiva diretta e utilizzare le agenzie di sicurezza dello Stato contro gruppi elettorali che si oppongono al programma pro-israeliano. Nessun’altra lobby o gruppo di azione politica diverso dalla Struttura organizzata del Potere Sionista (SPS) e i suoi portavoce indiretti alla testa di posizioni chiave nel Congresso possiede una simile influenza diretta e consistente sul processo politico – cioè sui media, sul dibattito e le votazioni in Congresso, sulla selezione e il finanziamento dei candidati, nonché sull’ultima parola in merito alla distribuzione degli aiuti all’estero del Congresso e ai programmi mediorientali. Il primo passo verso il rovesciamento del processo di erosione delle nostre libertà democratiche consiste nel riconoscere ed esporre pubblicamente le nefande attività organizzative e finanziarie della SPS e quindi procedere verso la neutralizzazione dei suoi sforzi.

La loro politica estera o la nostra?

L’elaborazione della politica estera americana in Medio Oriente nonché il decidere chi ne deve trarre beneficio sono intimamente collegati alla perdita delle nostre libertà democratiche e rappresentano la diretta conseguenza dell’influenza della lobby ebraica sul processo politico. L’intero sforzo politico della lobby (le sue spese, il richiamo etnico, la censura, i viaggi in Israele per politici americani) è diretto ad ottenere il controllo la politica estera americana e, per mezzo del potere americano, influenzare la politica degli alleati degli Stati Uniti, dei suoi stati clienti e addirittura avversari, in Europa, Asia, e Medio Oriente. La riduzione sistematica delle nostre libertà democratiche ad opera della lobby è strettamente legata alla nostra incapacità di influire sulla politica estera della nostra nazione. La nostra posizione maggioritaria contro la guerra in Iraq, il ripudio del principale esecutore della guerra (la Casa Bianca) e l’orrore che abbiamo provato di fronte all’invasione del Libano e alla distruzione di Gaza sono stati neutralizzati dall’influenza sionista sui dirigenti politici del Congresso e della Casa Bianca. I Democratici, che hanno recentemente conquistato il Congresso, ripudiano il loro elettorato e seguono i consigli e gli ordini della dirigenza pro-sionista (Nancy Pelosi, Harry Reid, Rahm Emmanuel, Stephan Israel ed altri) sostenendo l’escalation delle truppe e un aumento delle spese militari per la guerra in Iraq. Bush ora segue la politica bellicista contro l’Iran che gli propongono gli zelanti fanatici sionisti dell’American Entreprise Institute, ripudiando le proposte diplomatiche della commissione bi-partisan diretta da James Baker. In seguito ai bombardamenti di Israele del Libano del Sud, con un milione di bombe a grappolo anti-persona, e in contrasto diretto con l’opinione elettorale americana, il Congresso ha quadruplicato la quantità di armi americane ammassate in Israele (che si presuppone debbano essere usate dai due eserciti). E mentre centinaia di milioni di donne e bambini denutriti soffrono e muoiono in Africa, in America Latina e Asia, la lobby fa in modo che più della metà degli aiuti americani all’estero vadano direttamente nelle mani degli ebrei israeliani, che hanno un reddito pro-capite di oltre 22.000 dollari.
Nessun altro gruppo politico organizzato o società di pubbliche relazioni che agisca negli interessi degli esiliati cubani o venezuelani, di uno Stato arabo o africano, dello Stato Cinese o di uno degli Stati dell’Unione Europea si avvicina minimamente all’influenza con cui la lobby sionista riesce a plasmare la politica statunitense per servire gli interessi di Israele.
Pur se la lobby rappresenta meno del 2% dell’elettorato americano, la sua influenza sulla politica estera supera quella della grande maggioranza che non possiede una forza paragonabile né dal punto di vista organizzativo, né finanziario per riuscire ad imporre il suo punto di vista.
Mai nella storia della repubblica o dell’impero americano, una minuscola ma potente minoranza è stata in grado di esercitare una simile influenza facendo in modo che la forza economica, militare e diplomatica della nazione fosse usata al servizio di un governo straniero. Né i francofili durante la Rivoluzione Americana, né gli Anglofili durante la Guerra Civile, né il Bund Tedesco nel periodo di preparazione della Seconda Guerra Mondiale, né la lobby (anticinese) di Taiwan hanno mai posseduto il potere organizzativo e la durevole influenza politica che la SPS possiede sulla politica estera e interna degli Stati Uniti al servizio della Stato di Israele.

La lotta contro la sostanza della lobby

La questione del potere della lobby sulle scelte americane concernenti la pace o la guerra, l’autoritarismo o la democrazia e riguardo a chi definisce gli interessi che la politica estera statunitense deve servire superano ovviamente di molto l’ambito della politica mediorientale, del furto di terre che lo Stato coloniale di Israele persegue in Palestina e addirittura la selvaggia occupazione dell’Iraq. La lotta fino in fondo contro l’influenza sionista sul paese più potente al mondo dal punto di vista militare, con il numero più alto di Stati clienti, basi militari, armi micidiali e una voce decisiva nelle istituzioni internazionali (IMF/Banca Mondiale/Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) significa che la lobby ha i mezzi per raggiungere ogni angolo della terra. Questo potere di intervento si estende su un gran numero di questioni, dalla difesa delle fortune di quei gangster e assassini che sono gli oligarchi russo-ebraici, agli schiaffi per gli alleati europei degli Stati Uniti se non si vogliono rendere complici della pulizia etnica israeliana della Palestina.
La SPS rappresenta una minaccia fondamentale alla nostra esistenza in quanto Stato sovrano e alla nostra capacità di influenzare coloro che eleggiamo e quale programma e interessi devono essere perseguiti dai nostri rappresentanti. Ancora peggio, servendo gli interessi israeliani, noi stiamo diventando complici di uno Stato la cui Corte Suprema legalizza gli assassini politici dentro e fuori il paese, la tortura, le violazioni sistematiche della legge internazionale; ci facciamo complici di un regime che ripudia le Risoluzioni dell’ONU, invade e bombarda unilateralmente i suoi vicini e pratica l’espansionismo militare coloniale. In una parola Israele sollecita e alimenta le tendenze più barbare e le pratiche più brutali della politica americana contemporanea. In questo senso, la lobby, attraverso i media, attraverso l’influenza nel Congresso e i suoi Think Tank sta creando un altro suo simile. Come fa Israele, gli Stati Uniti hanno creato nel Pentagono i propri squadroni della morte; come Israele, gli Stati Uniti invadono e colonizzano l’Iraq; come Israele, gli Stati Uniti violano e rigettano qualsiasi limite costituzionale o legale e torturano sistematicamente prigionieri senza processo e sulla base di sole accuse.
A causa di queste considerazioni fondamentali, non possiamo essere compiacenti con i nostri colleghi ebraici di ‘sinistra’ e nostri compatrioti e quindi non possiamo astenerci dal combattere la lobby sionista con forza e urgenza. Troppe nostre libertà sono in palio; troppo poco tempo rimane prima che i sionisti riescano a provocare una grande escalation militare; troppo piccola parte della nostra sovranità rimane di fronte agli sforzi concertati della lobby e dei suoi ‘esperti-ideologi’ mediorientali di spingerci a spintoni in una nuova e più devastante guerra con l’Iran in favore del dominio di Israele in Medio Oriente.
Nessun altro paese, sia esso rispettoso o non rispettoso dei diritti umani, con o senza un sistema elettorale, esercita un’influenza sulla nostra politica interna ed estera come lo Stato di Israele. Nessuna altra lobby ha il tipo di potere finanziario e la struttura organizzativa che possiede la lobby ebraica per riuscire ad erodere le nostre libertà politiche o il nostro potere di decidere sulla guerra. Basterebbero queste sole ragioni per cui è ragionevole che noi americani dobbiamo porre la lotta contro Israele e la sua lobby al primo posto delle nostre priorità politiche. Questo non perché Israele occupa il primo posto nella classifica dei violatori dei diritti umani nel mondo – altri Stati hanno credenziali democratiche anche peggiori – ma invece proprio a causa del fatto che esso spinge i suoi sostenitori negli Stati Uniti a degradare i nostri principi democratici, derubandoci così della nostra libertà di espressione e della sovranità di decidere i nostri propri interessi. La lobby mette le risorse militari e budgetarie dell’Impero al servizio del Grande Israele – e questo è causa delle peggiori violazioni dei diritti umani nel mondo.
Soluzioni democratiche, giuste e pacifiche alle grandi questioni che si impongono agli americani, agli europei, ai musulmani, agli ebrei e agli altri popoli richiedono la sconfitta e lo smantellamento della Struttura di Potere Sionista in America diretta da Israele. Null’altro che questo ci permetterà di aprire un dibattito sulle alternative alla repressione nella politica interna e all’imperialismo in politica estera.


NOTE:
[1]
Recentemente due dirigenti dell’AIPAC, Steve Rosen e Keith Weissman, sono stati indagati e sono sotto processo per aver corrotto un funzionario americano del Ministero degli Esteri, un tale Lawrence Anthony Franklin, analista del Dipartimento della Difesa, al fine di ottenere informazioni riservate sull’Iran per passarle ad agenti israeliani in America. Franklin si è dichiarato colpevole e sta scontando una condanna in prigione.
[2]
Iniziatore del cosiddetto periodo del ‘Maccartismo’ durante il quale, negli anni Cinquanta si procedette ad una vera e propria caccia alle streghe contro comunisti, socialisti e democratici, nell’amministrazione, i media e la società.

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