domenica 6 luglio 2014

Un “bantustan” medio-orientale targato USA (con l’appoggio di Abu Mazen), di S. Zecchinelli

1. L’Accordo fra l’ ANP e Hamas è stato analizzato in un precedente articolo pubblicato su questo giornale come un tentativo da parte di alcune fazioni della classe dirigente israeliana, particolarmente legata al duo Obama – Kerry, di trasformare Hamas – un tempo movimento di Resistenza islamico – in uno “scagnozzo” di Israele. Tuttavia l’argomento, per la sua ampiezza e complessità, necessita di alcune precisazioni, anche alla luce dei recenti avvenimenti.
E’ importante come prima cosa chiarire un punto: non tutta Hamas deve essere considerata come corrotta o subordinata alle logiche geopolitiche e imperialiste che vedono protagonisti gli USA, Israele, il Qatar e gli stati arabi cosiddetti “moderati”.
Le Brigate Al Qassam – ala militare di Hamas – hanno ribadito più volte che il denaro arabo non è riuscito a liberare un solo centimetro della Palestina e che è necessario continuare sulla strada della Resistenza, insieme all’Iran e agli Hezbollah libanesi.
Queste organizzazioni combattenti restano un problema per Abu Mazen che qualche giorno fa ha ceduto ( come riporta il giornale israeliano Haaretz ) alle pressioni di Israele che chiede lo smantellamento delle Brigate Al Qassam. Un vero e proprio colpo alla Resistenza palestinese, data l’importanza di questa organizzazione ed il prestigio che sul campo di battaglia ha guadagnato agli occhi delle masse arabe e mussulmane.
E’ bene citare un fatto di recentissima cronaca ( 11/06/2014 ) riportato dalla rivista online infopal: l’ ANP reprime una manifestazione di Hamas in sostegno dei prigionieri politici palestinesi ( a cui Israele non riconosce nessun diritto ) a Ramallah. Il fatto è molto grave e infatti su infopal leggiamo:
“Hamas ha dichiarato di aver organizzato una protesta a supporto dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame e che le forze dell’Anp, che cercavano di impedire la manifestazione, hanno assalito, tra gli altri, anche il leader di Hamas, Hassan Yousef”.
In questa situazione, già di per se estremamente complessa, si è aperta un’altra problematica che rischia di alimentare ancor più la tensione all’interno della società civile palestinese, che riguarda la controversia fra ANP e Hamas relativa al pagamento dei salari dei dipendenti del servizio pubblico.
Citiamo ancora da Infopal: “Gli impiegati del precedente governo considerano responsabilità di Ramallah il pagamento dei loro stipendi, un punto controverso, ancora da risolvere per il nuovo governo. Tuttavia, un portavoce di Fatah ha affermato che dovrebbe essere Hamas a retribuire gli impiegati del governo costituito di recente”.
Saranno davvero pagati questi salari oppure proprio all’interno dei servizi pubblici inizieranno una serie di licenziamenti di massa ? Il prossimo governo tecnico palestinese, oltre ad essere collaborazionista con Israele, sarà anche neoliberista ed anti-popolare? Si tratta di questioni molto importanti che potrebbero condizionare pesantemente il quadro generale.
Il Piano Kerry prevede la creazione di uno Stato colonizzato palestinese dipendente dall’imperialismo israeliano. E’ quindi evidente come una “rivoluzione amministrativa”, proprio nel settore del pubblico impiego”, non può che essere un preludio alla formazione di un governo con una forte impronta liberista e di destra, sia in politica estera ( collaborazione con gli Usa e Israele ), quanto in politica interna ( neo-liberismo ). Sembra proprio che il “Premio Nobel per la guerra”, cioè il Presidente americano Obama, stia di fatto lavorando per far precipitare la situazione.
Che fare? In questa fase non si può che ribadire la solidarietà e l’ appoggio alle Brigate Al Qassam.
Le Brigate Al Qassam sono una parte importante della Resistenza palestinese che è legittima e ha il diritto di combattere per liberare la propria terra da un’occupazione neocolonialista che dura da decenni. E’ importante altresì denunciare il gioco politico che Abu Mazen sta portando avanti in sostanziale sintonia con ilo governo israeliano ( insieme a quei settori di Hamas legati al Qatar e alla Fratellanza Musulmana ). Se il popolo palestinese vuole continuare, legittimamente, a lottare per la propria libertà ed autodeterminazione contro ogni forma di imperialismo, non può prescindere dalla sua unità politica e militare.
2. Le forze sostanzialmente collaborazioniste di Israele (al di là degli sproloqui belligeranti del partito semi-fascista israeliano Likud), hanno ovviamente approfittato di questa situazione per attaccare i marxisti del Fronte popolare di liberazione palestinese che ha denunciato la collusione fra il governo presieduto da Abu Mazen con lo stato sionista in materia di repressione dei movimenti popolari. Su Palestina Rossa leggiamo:
“Il coordinamento sulla sicurezza è un vergognoso peccato: non solo non ha portato nulla alla conquista dei diritti del popolo palestinese, ma rappresenta una componente strategica nella tragica divisione in seno al popolo palestinese. Aiuta l’esercito di occupazione ed i servizi di intelligence sionisti nella loro strategia di reprimere e sconfiggere la resistenza. Unità nazionale reale significa unire le forze per la fine del coordinamento sulla sicurezza, rifiutare i negoziati, sostenere la resistenza e la fermezza del popolo palestinese”.
Per Abu Mazen, invece, questo coordinamento “è sacro” (parole testuali di Abu Mazen pronunciate durante una manifestazione a Ramallah).
Cosa se ne deduce?
La politica statunitense ha come obiettivo quello di creare degli stati vassalli e collaborazionisti, non solo da un punto di vista economico ( apertura ai capitali privati), ma anche e soprattutto in materia di repressione interna ed esterna.
Per capire questo, spostiamo l’attenzione sull’Egitto anche perchè le due questioni (israelo-palestinese ed egiziana) sono strettamente collegate.
L’asse Abu Mazen – Israele – Kerry può essere ricollegata, in qualche modo, alla elezione, con una astensione altissima, di El Sisi nel suo paese ? Il quesito è senz’altro pertinente.
James Petras ci comunica che in Egitto: “A partire da aprile 2014, oltre 16.000 prigionieri politici sono incarcerati e la maggior parte è stata torturata. I processi farsa dei tribunali fantoccio hanno comminato condanne a morte per centinaia di persone e lunghe pene detentive per la maggior parte di esse. Il regime di Obama si è rifiutato di chiamare “colpo di stato” il rovesciamento militare del governo – democraticamente eletto – di Morsi, al fine di continuare a fornire aiuti militari alla giunta”; (James Petras, Obama: ‘’Trasformare il Medio Oriente’’. Il gulag americano, infopal).
Domanda: l’occidente, apparentemente, non ha ben visto El Sisi, però Israele, che si è affrettato a proclamarlo eroe, guarda di buon occhio alla sua elezione nonostante il parere, come ripeto, solo apparentemente negativo nei suoi confronti da parte dell’opinione pubblica e dei media occidentali. Perchè?
E’ assai probabile che si stia procedendo alla costruzione di un nuovo coordinamento repressivo in Medio Oriente di cui Abu Mazen, che si è offerto di collaborare attivamente con gli Stati Uniti, è una delle pedine. Nulla di nuovo, se vogliamo, da un certo punto di vista, però, se si vuol fare un puntuale lavoro di controinformazione, è importante analizzare quello che accade passo dopo passo .
Tutti questi elementi lasciano intendere che le reali intenzioni degli USA e di Israele siano quelle di trasformare il Medio Oriente in una sorta di gigantesco “lager”.

Stefano Zecchinelli 

 http://www.linterferenza.info/esteri/un-bantustan-medio-orientale-targato-usa-con-lappoggio-di-abu-mazen/

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