1. Un mio recente
articolo intitolato Marxismo rivoluzionario o Nazionalismo di
sinistra? Antimperialismi a confronto,
pubblicato su Comunismo e Comunità ha suscitato il ‘’ Disgusto,
più che ribrezzo’’ di Sebastiano Isaia, scrittore appartenente Sinistra
Comunista europea (Bordiga, Pannekoek, Mattick, Korsch, ecc…).
Isaia si rivolge a me in questi termini: ‘’ Cose dell’altro mondo, direte. E invece sono cose di questo triste, tristissimo
mondo, capitalista e imperialista. Infatti, i Socialsovranisti chiamano
«marxismo rivoluzionario» un fritto misto di
stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo e altri analoghi ismi (tutti
sottoprodotti dello stalinismo: la casa madre) che hanno nell’odio nei
confronti degli Stati Uniti, di Israele e del cosiddetto «neoliberismo» il loro
comun denominatore ideologico. Il concetto che, soprattutto nel XXI secolo,
nell’epoca in cui il rapporto sociale capitalistico domina ovunque e la
borghesia non ha alcuna funzione progressiva da svolgere, nemmeno in forma
residuale, tutti gli imperialismi (di “destra” e di “sinistra”,
“neoliberisti” o “statalisti”, ovvero “islamisti”), tutte le nazioni e tutti gli Stati
sono ugualmente colpevoli al cospetto delle classi dominate del pianeta; questo
concetto elementare e fondamentale per un pensiero che vuole essere
davvero critico e radicale non sarà mai compreso dai Socialsovranisti, i quali
appoggiano certe fazioni del Capitalismo internazionale e dell’Imperialismo
anche per accarezzare l’illusione di essere al centro del mondo, di essere
anche loro protagonisti di una guerra totale tutta interna al dominio sociale
capitalistico. Come ridicole mosche cocchiere essi si mettono, «senza se e senza
ma», all’ombra dei potenti e dei violenti per nascondere la loro indigenza e
impotenza teorica e politica’’.
L’articolo con cui Isaia critica le mie posizioni pone una
serie di problematiche (funzione delle nazionalità, ruolo della Geo-politica,
antimperialismo) che meriterebbero appositi saggi. In questa sede, per
rispondere alle critiche che Isaia mi fa, ne soffermerò solo sul ruolo dei
movimenti di liberazione nazionale e il contenuto di classe del patriottismo.
In coda all’articolo dirò qualcosa sulla natura sociale dell’Urss che Isaia
definisce imperialista.
2.
Secondo Isaia ‘’ Il concetto che, soprattutto nel XXI secolo,
nell’epoca in cui il rapporto sociale capitalistico domina ovunque e la
borghesia non ha alcuna funzione progressiva da svolgere, nemmeno in forma
residuale, tutti gli
imperialismi (di “destra” e di “sinistra”, “neoliberisti” o “statalisti”,
ovvero “islamisti”), tutte le nazioni e tutti gli Stati
sono ugualmente colpevoli al cospetto delle classi dominate del pianeta; questo
concetto elementare e fondamentale per un pensiero che vuole essere
davvero critico e radicale non sarà mai compreso dai Socialsovranisti, i quali
appoggiano certe fazioni del Capitalismo internazionale e dell’Imperialismo
anche per accarezzare l’illusione di essere al centro del mondo, di essere
anche loro protagonisti di una guerra totale tutta interna al dominio sociale
capitalistico’’.
Questa affermazione ritengo che sia profondamente
anti-leninista ed ora spiegherò brevemente il motivo.
Il ruolo
della borghesia e della classe operaia devono essere rapportate all’imperialismo
dei paesi occidentali, quello che Samir Amin ha definito l’imperialismo collettivo
(Stati Uniti, Unione Europea, e Giappone). Di conseguenza – come spiegano
teorici terzomondisti della levatura di Frantz Fanon ed Hosea Jaffe – succede che
(1) la borghesia dei paesi coloniali
opera per conto dell’imperialismo occidentale (essendo debolissima non riesce a
costituirsi come borghesia imperialistica autonoma) ed utilizza contro le
classi lavoratrici dittature burocratiche e militari; (2) la classe operaia dei paesi occidentali tende a diventare
nazionalistica ed appoggia le proprie borghesie nazionali (e questo Marx lo
spiega già quando appoggiò l’Irlanda contro l’imperialismo inglese).
L’atteggiamento
del proletariato occidentale durante le guerre imperialistiche in Libia, Irak,
Serbia, per non parlare della propaganda neo-coloniale durante le due guerre mondiali,
confermano questa tendenza dei proletariati occidentali e della sinistra
eurocentrica.
Partendo da
questi presupposti il nemico principale è la borghesia dei paesi imperialistici
(prima ancora di quella dei paesi coloniali), mentre, al contrario, la sinistra
eurocentrica si rifugia dietro l’ideologia ‘’ultra-imperialistica’’ del ‘’né né’’
ed ha rifiutato di schierarsi a favore del legittimo governo di Gheddafi – solo
per citare un esempio recente – quando questo è stato aggredito dalla NATO con
l’ausilio di mercenari locali.
Eppure gli
esempi lucidi fra i migliori marxisti rivoluzionari non mancano: Trotsky
sostenne, nel 1935, il monarca etiope Haile Selassie contro l’imperialismo
fascista; i marxisti rivoluzionari si schierarono con Faruk di Egitto, nel
1948, contro Israele; Ernesto Guevara sostenne Jacobo Arbenz contro il golpe
pilotato dall’imperialismo Usa.
Ovviamente Isaia dirà che ‘’ i
Socialsovranisti chiamano «marxismo rivoluzionario» un fritto misto di
stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo e altri analoghi ismi (tutti
sottoprodotti dello stalinismo: la casa madre) che hanno nell’odio nei
confronti degli Stati Uniti, di Israele e del cosiddetto «neoliberismo» il loro
comun denominatore ideologico’’.
Un signore che conosceva
Marx un po’ meglio di lui, Leone Trotsky, risponderà (citando un altro esempio
famoso): ‘’ 'Il
Brasile regna oggi un regime semifascista che qualunque rivoluzionario può solo
odiare. Supponiamo, però che domani l’Inghilterra entri in conflitto militare
con il Brasile. Da che parte si schiererà la classe operaia in questo
conflitto? In tal caso, io personalmente, starei con il Brasile “fascista”
contro la “democratica” Gran Bretagna. Perché? Perché non si tratterebbe di un
conflitto tra democrazia e fascismo. Se l’Inghilterra vincesse si installerebbe
un altro fascista a Rio de Janeiro che incatenerebbe doppiamente il Brasile. Se
al contrario trionfasse il Brasile, la coscienza nazionale e democratica di
questo paese e condurre al rovesciamento della dittatura di Vargas. Allo stesso
tempo, la sconfitta dell’Inghilterra assesterebbe un colpo all’imperialismo
britannico e darebbe impulso al movimento rivoluzionario del proletariato
inglese. Bisogna
proprio aver la testa vuota per ridurre gli antagonismi e i conflitti militari
mondiali alla lotta tra fascismo e democrazia. Bisogna imparare a saper
distinguere sotto tutte le loro maschere gli sfruttatori, gli schiavisti e i
ladroni!''. (Leon Trotsky, Intervista a Matteo Fossa, 1938)
Gli insulti di S.I. non
devono farci desistere a fare riferimento alla migliore tradizione marxista
rivoluzionaria. Isaia parla di odio verso gli Stati Uniti ed Israele; caro
compagno Isaia, sono decine di migliaia di persone, che in questo momento
prendono d’assalto le ambasciate Usa come reazione ai crimini dell’imperialismo
yankee a dirci CONTRO chi devono rivolgersi le attenzioni (e l’ODIO DI CLASSE)
dei marxisti rivoluzionari, ma questi movimenti di massa, evidentemente, per la
Sinistra Comunista (bordighista) sono solo ‘’social-sciovinisti’’.
Secondo il mio critico: ‘’
tutti gli imperialismi (di “destra” e di
“sinistra”, “neoliberisti” o “statalisti”, ovvero “islamisti”), tutte le nazioni e tutti gli Stati sono ugualmente colpevoli al
cospetto delle classi dominate del pianeta’’.
Ecco il modo penetrante attraverso cui James Petras descrive l’imperialismo
israeliano: ‘’ Israele è
sicuramente una potenza colonialista, in possesso del quarto o quinto arsenale
nucleare più fornito, ed è il secondo più rilevante esportatore di armi nel
mondo.
Comunque, il suo tipo di popolazione, la sua
espansione territoriale e la sua economia sono sparute rispetto alle potenze
imperiali e alle potenze imperiali di recente emergenti.
Malgrado queste limitazioni, Israele esercita un potere supremo
nell’influenzare la direzione della politica di guerra degli Stati Uniti in
Medio Oriente attraverso un potente apparato politico Sionista, che permea lo
Stato, i mezzi di informazione di massa, i settori delle elites economiche e la
società civile. Attraverso l’influenza politica diretta di Israele nella
produzione della politica estera degli USA, come pure attraverso la sua
collaborazione militare esterna con i regimi dittatoriali vassalli dell’impero,
Israele può essere considerata parte della configurazione delle potenze
imperiali, malgrado i suoi limiti demografici, la quasi universalistica
condizione di paria della sua diplomazia, e la sua economia sostenuta
dall’esterno’’.
So che ad Isaia piace scherzare (e si improvvisa
viaggiatore dalle parti di Tel Aviv per poi prendere, magari, un diretto per
Washington), ma alla popolazione di Gaza od ai resistenti irakeni del suo
cosmopolitismo da accattone interessa ben poco.
Wright
Mills si prendeva gioco degli intellettuali americani che non volevano
sostenere la rivoluzione cubana dicendo “Potete
scegliere, potete far parte della soluzione o far parte del problema”; bene
Isaia ha scelto da che parte stare, e il suo articolo è pienamente funzionale
alle ragioni dei capitalismi occidentali.
Il mio
critico afferma che l’antimperialismo non può avere un contenuto patriottico.
Isaia mi accusa di ‘’ stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo e altri analoghi ismi (tutti sottoprodotti dello stalinismo: la
casa madre)’’ ma questa sua accusa si può smontare
facilmente.
James Connolly, uno dei principali marxisti dei primi anni
del ‘900, così definisce il patriottismo in rapporto alla resistenza irlandese:
‘’ Il vero patriottismo cerca il benessere di ciascuno nella felicità di
tutti, ed è incoerente con il desiderio egoistico di ricchezza terrena che non
può essere acquisita dalla spoliazione di compagni mortali meno favoriti. E' la
missione della classe operaia di dare a questo patriottismo superiore, più
nobile, un significato. Questo può essere fatto solo dalla nostra classe
operaia, come l'unica universale, classe che tutto abbraccia, come l'organizzazione
di un distinto partito politico, riconoscendo nel lavoro la pietra angolare del nostro edificio economico e
l'anima della nostra azione politica’’.
E poco più sotto: ‘’ Abbiamo deliberato
l'indipendenza nazionale, come il fondamento indispensabile di emancipazione
industriale, ma siamo altrettanto decisi a farla finita con la leadership di
una classe sociale il cui statuto è derivata dalla oppressione. La nostra politica è il risultato di una
lunga riflessione sulla storia e le circostanze particolari del nostro paese’’.
La parte finale del discorso di Connolly è complementare alla
distinzione che Lenin fece negli stessi anni fra ‘’ il
nazionalismo della nazione dominante dal nazionalismo della nazione oppressa,
il nazionalismo della grande nazione da quello della piccola’’.
Stalinisti
prima di Stalin ? Davvero molto divertente il marxismo atemporale di certa
gente !
Questi
signori neo-bordighisti, con le loro giacche e cravatte (pensiamo ai santoni di
Lotta Comunista), farebbero proprio un bel favore agli imperialismi occidentali
se domani, con in mano le loro riviste dottrinarie, andassero dai resistenti
palestinesi ed irakeni a dirgli ‘’ tutte le nazioni e tutti gli Stati sono ugualmente colpevoli al
cospetto delle classi dominate del pianeta’’.
Cambiamo
registro: quale proletariato – caro Isaia – dovrebbe appoggiare il popolo
palestinese o quello peruviano (solo per fare due esempi diversi)? Ce lo dice
Ernesto Guevara quale è il proletariato a cui fa riferimento Isaia. Guevara inchioda
in questo modo il proletariato yankee: ‘’Insisto
che non si può esigere che la classe operaia del Nord vada al di là delle
proprie narici. Sarebbe inutile cercar di spiegare da lontano, con la stampa
completamente in mano al grande capitale, che il processo di decomposizione
interna al capitalismo sarebbe solo frenato per qualche tempo in più, ma non
fermato dalle misure di tipo totalitario che si dovessero assumere, tendenti a
mantenere l’America Latina in uno stato di colonia. La reazione della classe
operaia, logica fino ad un certo punto, sarebbe di appoggiare gli Stati Uniti,
seguendoli dietro l’emblema di qualunque slogan, come potrebbe essere in questo
caso l’anticomunismo. D’altro canto, non si deve dimenticare che la funzione
dei sindacati operai negli Stati Uniti è più di servire da cuscinetto tra le
due forze in lotta e, surrettiziamente, smussare la potenza rivoluzionaria
delle masse’’.
Mi
tirerò dietro altre accuse ma vorrei ricordare Mao Zedong che una volta
ironizzò dicendo che gli Usa saranno l’ultimo paese del mondo a diventare
comunista. Ora Isaia, però, riparte con l’accusa di stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo.
3. Ancora due questioni importanti.
(1) Io ho
dato e do pieno appoggio ai movimenti di liberazione nazionale (che sono
movimenti che nascono su basi nazionali ed è giusto che sia così!) ma non ho
mai rinunciato ad analizzare con metodo i regini pan-arabi. Prima di tutto ho
distinto le borghesie private da quelle di Stato, collegando la statolatria
(categoria che Gramsci prende in considerazione nei Quaderni) al carattere
tribale della società libica. Dati alla mano la Libia manteneva uno Stato
sociale forte, da criticare per il suo carattere di classe, se ci fossero stato
partiti marxisti io mi sarei schierato, senza dubbio, dalla loro parte (in Libia,
il Pc libico, era praticamente scomparso) ma da difendere davanti le
aggressioni imperialistiche. Una cosa è la difesa di qualsiasi classe operaia
dalla sua borghesia nazionale, un’altra la difesa di un piccolo Stato (la Lega
trotskista di Spartaco, ad esempio, ha difeso la Libia in quanto Stato
semi-coloniale) aggredito dalla NATO. Ci tengo a precisare che quando parlo di
difesa, intendo anche la difesa dalle balle mediatiche che, in alcuni articoli,
mi sono preso la briga di decostruire.
Una ultima cosa non meno importante: è bene sempre distinguere gli Stati che fanno politiche antimperialistiche o si conciliano con l’imperialismo sulla base delle congiunture storiche, dai movimenti di liberazione nazionale che, scontrandosi direttamente con l’imperialismo, si radicalizzano fino ad assumere posizioni di classe. Quindi la ‘’guerra di popolo’’ diventa ‘’guerra di classe’’.
(2) Sulla questione iraniana,
Isaia, dimentica di citare questa parte del mio articolo: ‘’ La lotta di classe non si pone, semplicemente, su un piano
nazionale come scontro fra borghesia (o meglio dominanti) e proletariato, ma si
estende sul piano internazionale e deve essere colta nello scontro fra
l’imperialismo collettivo ( Usa – Europa – Giappone ) e gli Stati nazionali
(coloniali, Stati nazionali indipendenti e Stati rivoluzionari). Cose più che
concrete dato che gli operai serbi e irakeni si sono schierati con Milosevic e
Saddam contro la NATO, ed hanno dato vita a movimenti popolari antimperialisti
da prendere come esempi di lotta’’.
Non mi stupisce, dato che il mio interlocutore ha intenzione
di unirsi al circo mediatico televisivo e applaudire gli americani liberatori.
Vero Isaia ? Come se la Siria non fosse vitale per la sinistra palestinese (che
Isaia, ovviamente, non appoggia) o come se in Libia non ci fosse una resistenza
popolare (che Isaia ovviamente non appoggia) contro gli occupanti yankee ed i
suoi servi locali.
4. Sull’Urss, Sebastiano Isaia scrive: ‘’ Ecco
ricicciare il famigerato 1989! Si capisce quindi che la «sinistra mondiale» a
cui allude il Socialsovranista preso di mira si sostanzia negli ex partiti un
tempo fedeli all’Imperialismo cosiddetto Sovietico, e difatti egli lamenta «il
fatto che dopo il crollo del socialismo reale, tutti i partiti comunisti si
sono dissolti insieme al “monolite” sovietico», e non su vede ancora prendere
corpo una nuova soggettività anticapitalistica’’.
Siccome il mio interlocutore mi accusa di ‘’ stalinismo-maoismo-chevarismo-chávezismo e altri analoghi ismi (tutti sottoprodotti dello stalinismo: la
casa madre)’’, mi permetto di citare Leone
Trotsky: ‘’E’ più probabile, tuttavia, che nei
territori destinati a far parte dell’Urss il governo di Mosca espropri i grandi
proprietari terrieri e nazionalizzi i mezzi di produzione’’.
Questo per Isaia è imperialismo ma per Trotsky:
‘’La proprietà privata, per divenire sociale,
deve ineluttabilmente passare attraverso la statalizzazione, come il bruco, per
diventare farfalla, deve essere crisalide’’.
Dopo aver liquidato Ernesto Guevara e Le Duan,
voglio vedere se Isaia liquiderà anche Trotsky. Per il resto, davanti certi
testi del tutto privi di agganci con la realtà, mi viene in mente una
dichiarazione fatta (se non erro nel 1941) da una spia dell’Ovra il quale disse
che ‘’se i comunisti sono tutti come Bordiga allora (i fascisti si intende)
possono stare a posto’’. Bene, riadattando queste parole ‘’se i comunisti sono
tutti come Isaia gli imperialisti occidentali ed i sionisti potrebbero stare a
posto’’, ma evidentemente Marx (e tanto meno Lenin) non hanno mai preso la via
di Washington.
Questo, alla faccia dello stalinismo, anche
Trotsky lo sapeva molto bene.
Testi consultati:
1)
Hosea Jaffe, La liberazione dei mondi, Ed. Jaka Book
2)
James Petras, Analisi sull’Impero: Gerarchie, architetture,
clientele, pubblicato su Global Research
3)
Leon Trotsky, In difesa del marxismo, Ed. Giovane Talpa
4)
Leon Trotsky, La rivoluzione tradita, A.C. Editoriale Coop.
5)
L’articolo di Sebastiano Isaia potete trovarlo nel suo blog
personale http://sebastianoisaia.wordpress.com/2012/10/12/sovrana-indigenza-contro-il-nazionalismo-e-limperialismo-dal-basso/
Stefano Zecchinelli
Che lei non veda come l'imperialismo sia diventato (non da oggi) universale ed unitario è un suo legittimo limite. Che lei veda il mondo ancora diviso in imperialismi e colonialismi è un suo legittimo e partigiano limite. Che lei invece accusi i cosiddetti bordighisti di malattie che non hanno e non hanno mai avuto ( quali quelle di partigianeria per una forma d'imperialismo) non è più un limite ma semplice idiozia paragonabile al famoso cretinismo parlamentare. Con osservanza.
RispondiEliminaBeh, se l'imperialismo è diventato "unitario" questo non rafforza ma indebolisce la teoria della sinistra comunista del "sono tutti imperialisti, tutti borghesi, quindi il nazionalismo è da condannare". E' proprio la concentrazione del capitale a creare centri e periferie e quindi a produrre l'anti-imperialismo e l'anti-colonialismo (tra l'altro con varie intensità ed a cerchi concentrici - colonie, semicolonie, colonie interne, ecc. ecc.): lotte contraddittorie ma comunque emancipatorie e meritevoli di tutto il supporto politico possibile.
EliminaDiego
Prima di risponderle sui contenuti, vorrei sapere il suo nome e cognome. Grazie !
RispondiEliminaConsideri i contenuti che comunque sono indipendenti dal contenitore. Lei ha lanciato un sasso che chiunque si senta di raccogliere e di rilanciare ha diritto. Tenga nella sua considerazione che quanto sopra non riguarda la persona ma i concetti che vanno ben oltre le gambe che le trasportano.
RispondiEliminaIo non sono obbligato a replicare a chi vuole restare nell'anonimato. Quindi la discussione finisce qui !
RispondiEliminaBene. Da chi giudica i contenuti attraverso strumenti quali giacche e cravatte non ci si poteva aspettare di più. Un unico consiglio per quanto possa valere: impedisca l'accesso alla discussione a chi non si presenta nome cognome e codice fiscale.
EliminaBene. Da chi giudica i contenuti attraverso strumenti quali giacche e cravatte non ci si poteva aspettare di più. Un unico consiglio per quanto possa valere: impedisca l'accesso alla discussione a chi non si presenta nome cognome e codice fiscale. Chi scrive infatti ha eseguito il metodo d'accesso da lei stabilito e che non obbliga ad identificarsi.
EliminaCredo che identificarsi non debba essere un obbligo imposto ma autoimposto, per lealtà e correttezza. In questo mare magnum di internet è facile criticare rimanendo nell'ombra senza prendersi le responsabilità che una critica consapevole e rigorosa impone. Non v'è dubbio che il concetto sia fondamentale ma lo è ancor di più il coraggio senza il quale nessuna idea veramente rivoluzionaria può tramutarsi in realtà. Lasciamo i Nick-name ai cosiddetti bimbi minchia...! Entrando nel merito del dibattito, sono abbastanza d'accordo con Stefano, e aggiungo che coloro che sventolano un purismo marxista (che non esiste! sarebbe una contraddizione in termini...) sono solitamente quelli che preferiscono rimanere in un mondo fantastico, con Marx ridotto a "motore immobile" (fuori da una dialettica materialista sia teorica che pratica), feticcio inutile alla storia e buono per gli analisti "segaioli da seggiola", slegati da ogni realtà fattiva. Io sono comunista e come tale non rinnego la mia storia, anche quella sopra le righe, rivendico Che Guevara, Chavez, Mao che a differenza di "intellettuali marxisti benpensanti" una rivoluzione l'hanno fatta o cercano di farla...
EliminaFaccio anche notare che io, quando ho replicato all'articolo di Isaia, mi sono preso la briga di postarlo nella sua bacheca di facebook se, per caso, lui avesse voluto controreplicare.
RispondiEliminaCi sono alcuni principi che sono alla base delle relazioni umane, al di là di quello che una persona possa pensare sui processi sociali, o dei suoi indirizzi culturali.
P.S. Conosco molto bene Lotta Comunista (ho anche fatto attivismo per un po' di tempo in quella organizzazione), ho letto vari libri di Arrigo Cervetto (L'imperialismo unitario; La contesa mondiale; Il partito-scienza), ho letto (e leggo) Amadeo Bordiga, comprese le sue polemiche con i teorici della burocrazia (Castodiaris, Debord, Rizzi, ecc...) sulla struttura economico-sociale dell'Urss, e con Damen (polemica fra Alfa ed Onorio che ha partorito la setta di Battaglia Comunista).
Quindi è bene spruzzare meno veleno, soprattutto se gli insulti vengono da conigli che fuori dalla rete non esistono.