mercoledì 12 settembre 2012

Intervista ad un rappresentante in Europa del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez


D.   Al Cile, paese capitalista, quale ruolo è stato assegnato all’interno del continente latino americano dall’imperialismo USA?
R.    Tutti gli anni ’60 sono stati caratterizzati da avvenimenti politici molto importanti, uno di questi è stata la rivoluzione cubana. La rivoluzione cubana  risveglia  la ricerca della  sintesi e del desiderio di tutti i rivoluzionari  di cambiamento rivoluzionario in tutto il continente latino-americano.
Di fronte a questa rivoluzione cubana  l’imperialismo Nordameri­cano attua una sua strategia e quella principale,  applicata in Colombia e in tutta l’America Latina  e di impedire lo svolgimento e lo sviluppo della rivoluzione e soprattutto di seguire l’esempio cubano.
L’imperialismo crea una serie di laboratori sperimentali di tipo politico, economico, militare e la costruzione di un tipo di stato che permetta di osservare il destino del popolo americano e tra questo il fenomeno degli anni ’70 dell’instaurazione delle dittature che sorgono come distruzione della via politica e l’espressione dello stato borghese latinoamericano. In questo contesto il ruolo che gli  Stati Uniti  assegnarono al Cile, fu la collaborazione tra la borghesia nazionale e quella nord­americana,  per la creazione di una controrivoluzione sostenuta, dal punto di vista della sicurezza nazionale, dalla lotta del nemico interno alla borghesia nazionale,  dal punto di vista economico,  sostenuta dalla scuola dei Chicago Boys ossia dell’economia di mercato che negli anni ’90 è stata la scuola del neoliberismo.
Il ruolo di sperimentazione assegnato al Cile, in definitiva  servì per  controllare tutti i paesi del Cono Sud, dimostrato a distanza di 25 anni dai risultati avutisi  in termini politico, economico, militare. E oggigiorno il Cile, attraverso quell’esperienza è diventato un laboratorio economico, politico, sociale dove il modello economico vigente si basa sulla scelta fatta nel ’73 dagli Stati Uniti; che favorisce l’accumulo della ricchezza a favore dei Nordamericani. Mentre sotto il governo dell’Unità Popolare di Salvator Allende si tese a nazionalizzare la ricchezza più importante del paese, si tese ad  estendere il diritto alla  sindaca­lizzazione e alla partecipazione di tutti i lavoratori;  la  democrazia parteci­pativa e la decisione dell’utilizzo della produzione. L’estensione della democrazia  popolare attraverso  i comandi comunali, i cordoni industriali, i Municipi ossia il popolo tutto partecipò direttamente.
Questo non significò che il Governo popolare fu rivoluzionario, ma lo fu solo  dal punto di vista del suo programma, anche se a questo programma  mancò  l’esperienza della costruzione della forza materiale  per contenere la reazione del nemico.
Il governo civile attuale è la sintesi della proiezione politica della dittatura militare. Proiezione che si mantiene attraverso il mantenimento delle istituzioni lasciate da Pinochet parte integrante della costituzione del 1980. Tutto ciò significa il modello vigente atto a reprimere tutte le espressioni rivoluzionarie e le organizzazioni del popolo, che sono tutte le leggi sindacali che tentano di togliere uno strumento storico conquistato da tanti anni di lotta dai lavoratori a livello internazionale, ossia il diritto di sciopero. In Cile i lavoratori che scioperano più di 60 giorni, per legge, vengono licenziati in tronco e sostituiti da altra mano d’opera perdendo ogni tipo di diritto.
E’ un laboratorio che permette politicamente, nel contesto della crisi, di sviluppare la lotta di classe e di rieducare la classe politica al potere, che è oggi rappresentato dal Partito Socialista, ma che in realtà,  rappresenta solo gli interessi della classe dominante reazionaria,  diventando in realtà il gendarme del sistema al potere e repressore della classe proletaria.
La coalizione al Governo attuale è rappresentata anche da una parte della sinistra storica come componenti del MIR, del Partito Comunista e settori del MAPU. La prima  facendo parte integrante della coalizione, la seconda facendo parte dell’opposizione all’interno del Governo ed in ultima istanza significa legittimare il sistema repressivo pinochettiano.
In questo contesto vi è un esperimento politico dove si evidenzia il CHE FARE del Partito Operaio che mettono in luce una nuova tendenza e una ricomposizione della sinistra rivoluzionaria.
Questi sono secondo noi fattori che hanno determinato questo ruolo assegnato al Cile ossia la base dell’esperimento degli interessi del capitale straniero che, con tutti i meccanismi possibili, ha significato in ultima istanza la repressione degli interessi del popolo, dittatura militare, governo civile, legge repressive, legge di sicurezza, leggi terroriste.

D.   Perché il Cile non è parte integrante del Nafta?
R.    Sicuramente il Governo Nordamericano aveva tutto l’interesse di incorporare il Cile all’interno del Nafta ma per contraddizioni interne alla stessa borghesia nazionale e della sua direzione di governo non si sono trovati gli accordi necessari.
Il primo Governo civile di Alwin prima e di Frei poi avevano cercato di creare tutte le condizioni necessarie per fare entrare il Cile nel Nafta, ma dentro la direzione della borghesia vi sono interessi divergenti poiché da un lato significa l’apertura totale del mercato nazionale, dove la piccola borghesia non avrebbe nessun ruolo ma verrebbe assorbita dai  grandi capitali della borghesia legata alle transnazionali e dall’altro l’interesse della stessa borghesia ad entrare nel MERCOSUR (viste le grandi inversioni economiche che il Cile fa nei paesi come il Perù, la Bolivia, rappresentando una grossa fetta di mercato da spartirsi) che significherebbe la ripartizione dei mercati dell’intero continente latinoamericano.
Ciò rappresenta una contraddizione anche per l’imperialismo nord­americano nonostante la dipendenza economica  di questi paesi.
In definitiva l’interesse dell’im­perialismo è di incorporare il Cile al Nafta, vista la ricchezza delle materie prime del paese,  le basse tariffe doganali, la mano d’opera disciplinata e non sindacalizzata, ma specializzata a basso costo e tutti i servizi a poco prezzo a loro disposizione, poiché è quest’ultimo che regola l’economia globale del continente a favore esclusivo degli americani.
       
D.   Il Cile del dopo dittatura ha mai avuto una sua strategia indipendente?
R.    Il Cile è un paese subordinato alla strategia generale prefissata per tutti i continenti latinoamericani  elaborata dal centro del potere che risiede in Nordamerica.
A partire da questa subordi­nazione, il Cile  non ha interesse a mantenere una sua strategia che possa andare contro l’interesse dell’im­pe­rialismo, al contrario chi  decide le norme per lo sviluppo  politico, economico e militare, non è né la borghesia cilena, né il governo né i militari cileni.; nel campo politico le norme vengono elaborate dall’esterno, in Nordamerica; in quello economico tutte le strategie vengono dettate dalle istituzioni più importanti come il FMI, la Banca Mondiale e tutti gli altri organismi che regolano sia l’economia nazionale che quella del continente e nel campo militare il Cile non sfugge ovviamente a quella ispirazione politica tipica delle forze armate e della lotta contro il nemico interno, subordinata alla dottrina della sicurezza nazionale che viene elaborata in Nordamerica. Per cui il Cile come Stato e come Governo non ha una propria strategia indipendente in qualunque suo ambito anzi, al contrario, gli conviene, spesso e volentieri, rimanere dipendente se vuole mantenere, con tutta la demagogia del caso, lo Stato e il potere.

D. Chi ha abbattuto in realtà la dittatura in Cile?
R.  Io penso che in ultima istanza ci siano vari fattori da analizzare: la dittatura militare fu imposta dal nordamericani e fu tolta dai nordamericani, all’interno di questi due passaggi  vi fu un grande movimento sociale, politico e di resistenza contro il sistema che non contribuì di per sé alla caduta della dittatura ma, a sviluppare movimenti rivoluzionari  e un’opposizione radicale al sistema. Questi furono gli elementi per cui i nordamericani decisero che era giunto il momento di eliminare la dittatura. Quindi dentro la strategia di dominazione del continente, l’imperialismo nordamericano valutò un errore il mantenimento della dittatura in quanto non aveva più quel ruolo politico, tattico, strategico che permettesse il mantenimento del sistema economico. All’interno di tutto ciò si creano le condizioni dei grandi accordi strutturali del sistema che permetteranno la transizione verso la falsa democrazia. In ultima istanza, quindi sono i nordamericani che permettono l’uscita e la negoziano.
Con dolore, noi cileni, dobbiamo riconoscere questa realtà ma riconoscere anche che il popolo cileno con le sue organizzazioni e tra queste la nostra, a partire dal 1983 ha saputo canalizzare tutte le espressioni di resistenza politico-militare dentro un fronte che ha permesso a sua volta, dopo dieci anni di dittatura, di fare una delle operazioni più audaci dal punto di vista militare e a renderci conto che in questa lotta diretta contro la dittatura avevamo accumulato un grande quantità di forza nel campo politico, militare e  sociale così come anche a livello dell’appoggio internazionale.
Mentre la classe politica e il comando dell’esercito nordamericano negoziano, il 2 e il 3 di luglio 1986, si produce la più grande e importante manifestazione nazionale, dove si uniscono  al fronte tutte le forze politiche compreso la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista e il Partito Comunista, tutta la società cilena fino alla Chiesa che chiede un cammino di lotta  e quindi la negoziazione tra le parti si accelera di fronte a questa grande unità del popolo cileno. E’ in questo contesto che noi diciamo che il popolo cileno ha  subito la seconda sconfitta politico-militare : la prima fu con il colpo di stato militare del 1973, ma queste sconfitte, la prima e la seconda, sono sconfitte politico-militari per le nostre incapacità.
 Se per esempio, nel periodo dell’Unità Popolare, fu importante tutta l’accumulazione di forze, la lotta ideologica, all’interno dell’unità, venne posta in secondo luogo e la lotta ideologica era legata alla strategia della costruzione di un nuovo stato. E questo significava la costruzione di una nuova società quella del comunismo inferiore come la definì C. Marx,  ossia la società socialista, necessitava assolutamente un elemento di ricostruzione di forze di difesa. In questo periodo dall’80 all’83 non tutti i partiti di sinistra furono concordi con la strategia di lotta per una trasformazione radicale della nostra società. Alcuni come il partito socialista, il partito comunista e ovviamente la democrazia cristiana, si accontentarono di mandar via Pinochet dallo Stato e rinviarlo al comando dell’esercito militare. Questo significava cambiare tutto per non cambiare niente. In tutto questo quadro è chiaro quindi che sono i nordamericani, non perché sono buoni ma per i loro interessi, a mandar via Pinochet.
Se vogliamo fare oggi un parallelismo con coloro che analizzano la con­certazione delle primarie del 30 maggio dove si impone un candidato socialista, Ricardo Lago, che dicono che sarà possibile ricreare l’unità  popolare degli anni ’70, noi diciamo che sono menzogne, visto che questo partito oggi può rappresentare solo gli interessi dei nordamericani non certo del popolo cileno.

D. Chi sono oggi le forze politiche capaci di una trasformazione e con quali strategie?
R.  Noi pensiamo che la forza politica, quella che lotta per  la trasformazione dovrà  sorgere da questo lungo periodo politico oscurantista. Nel nostro paese non possiamo parlare di una sola forza politica ma bisognerà parlare della forte ricomposizione della sinistra rivoluzionaria che si è creata nel nostro paese negli ultimi decenni; quella parte di sinistra rivoluzionaria che è sopravvissuta alla sconfitta del pensiero comunista internazionale e ed sopravvissuta anche all’entrismo della sinistra nazionale e alle negoziazioni con la dittatura e ha sopravvissuto alla repressione della dittatura.
Questa sinistra oggi è rappresentata dalle organizzazioni che tutt’oggi lottano e, nonostante le differenze tra loro,  sono la componente del MIR dell’Esercito Guerriero del Popolo, noi del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez, sorti come braccio armato del Partito Comunista Cileno e dopo, per discrepanze ideologiche nel Partito, ci siamo separati  per proseguire in una lotta indipendente dopo ’87.
Oggi a distanza di 12 anni di lotta indipendente in mezzo a tutta la trasformazione  dal Governo militare a quello civile, con tutte le contraddizioni  che da ciò derivavano  e con il compito della costruzione del Partito e di introdurre all’interno del Fronte tutti gli elementi necessari per costruirlo.  Un Partito Rivoluzionario che rappresenti la classe operaia e lotti per gli interessi della classe. Quindi in questo cammino di ricomposizione di forze rivoluzione nel nostro paese, oggigiorno nessuna organizzazione da sola potrà essere l’organizzazione che potrà condurre alla trasformazione della società verso il socialismo.
La nostra strategia, come Fronte Patriottico Manuel Rodriguez, per ricomporre una proposta politica di cambiamento rivoluzionario nel nostro Paese è stata dagli anni ’90, quella di ricostruire i nostri  legami interni al tessuto sociale nei settori degli studenti, operai, contadini. In questa misura, oggi è prematuro parlare di quale sarà la forza che andrà a dirigere la lotta per la trasformazione, anche se noi aspiriamo ad esserlo, ma un conto è aspirarlo e un conto è ricostruire l’organizzazione all’interno della lotta di classe nel nostro Paese e con la prospettiva di cambiamento. Noi pensiamo di essere sulla buona strada, siamo dentro ogni conflitto che attraversa il nostro Paese, con proposte concrete, nel quotidiano proseguiamo la lotta per un cambiamento democratico, lottiamo contro l’impunità, lottiamo per avere un sindacato autonomo, con elezioni dirette; promuoviamo dibattiti ampi fra i lavoratori, con scontri diretti contro il sistema con i gruppi di contropotere di base.

D. Quali sono i settori coscienti e potenzialmente rivoluzionari oggi in Cile?
R. Anzitutto il settore storicamente e potenzialmente rivoluzionario nel nostro Paese continua ad essere quello operaio, vista la composizione del Cile che è un paese industrializzato con una massa importante di operai, quelli che più direttamente subiscono le conseguenze della ristrutturazione del sistema. Crediamo sia importante la lotta delle rivendicazioni proprie e politiche contro il sistema da parte dei settori più coscienti.
Abbiamo un settore, quello degli studenti, che nella società hanno rappresentato un settore altamente esplosivo e dove sono sorte molte lotte popolari, ma siamo consapevoli che questo è un settore di transizione e, anche se inseriti in organizzazioni di sinistra, molti di essi, se non hanno una coscienza chiara e sostenuta da un’ideologia rivoluzionaria, al momento dell’inserimento professionale nel mondo del lavoro, si pongono al servizio della borghesia, per la propria appartenenza di classe.
Un altro settore importante è quello urbano e rurale, una grande popolazione fluttuante di lavoratori informali o lavoratori precari e sono poi coloro che in gran parte si incorporano nelle lotte per la trasformazione. Ma noi continuiamo a sostenere che l’elemento più cosciente nel nostro Paese, per la lotta per il cambiamento è la classe operaia in quanto lavoratori direttamente legati allo sfruttamento. Abbiamo anche una quantità di intellettuali nel nostro Paese, che sono legati storicamente alle lotte per il cambiamento, ma per la loro condizione sviluppano una contraddizione insita, ma questa credo sia una contraddizione presente a livello della sinistra mondiale.
Per questo pensiamo che la classe, quella operaia, rimanga l’unica che deve però sapersi coordinare a livello popolare, di quartiere ecc…

D. Che cos’è il Rodriguismo?
R. E’ l’espressione popolare di ciò che è il pensiero del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez. Il Rodriguismo conseguente è la disposizione di lotta del nostro popolo e dei nostri giovani.
In definitiva si poggia sulla storia della nascita della lotta, sull’ideologia marxista-leninista del nostro Fronte Patriottico. Anche se noi affermiamo che il Rodriguismo non è un patrimonio dei militanti del Fronte ma aspiriamo che sia un patrimonio del popolo cileno, dei lavoratori, degli studenti, dei contadini, perché nella sua essenza il Rodriguismo significa Ribellione Permanente, audacia permanente, abnegazione conseguente di lotta verso il popolo. Volendo spiegare il termine Rodriguismo,  diciamo che Manuel Rodriguez fu un guerrigliero durante le colonizzazione e la ricostruzione della Repubblica. Fu un lottatore indefesso contro il sistema, in favore del Popolo. Noi pensiamo quindi che il Rodri­guismo deve essere un’alternativa popolare ed un mezzo per trasformare la società cilena in una cultura nuova, una forma nuova di fare politica, una forma nuova di relazione tra gli uomini.

D. Il Rodrigusmo è una forza radicata all’interno del proletariato?
R. Il Rodriguismo come idea ha un grande rispetto del popolo cileno. Ogni volta che noi abbiamo compiuto un’azione, è sempre stata applaudita e celebrata. Quando io parlo di popolo cileno mi riferisco alla classe lavoratrice, agli operai, ai contadini, ma anche a settori di intellettuali che si sono incorporati nella lotta rivoluzionaria.
Il Fronte è strettamente legato al nostro Paese per le lotte per il cambiamento. Siamo un elemento di riferimento per le lotte. Anche se una parte della nostra organizzazione è clandestina, noi abbiamo l’appoggio popolare.

D. Che cosa significa per voi chiamarsi Fronte Patriottico?
R. Il Patriottismo a cui noi ci riferiamo non ha niente a che vedere con il significato dato dagli europei all’epoca che era anti-internazionalista, cioè reazionario. Quando noi parliamo di Manuel Rodriguez parliamo di un uomo internazionalista. Il patriottismo per noi non è contraddittorio con l’internazionalismo proletario ma, al contrario, si colloca all’interno della caratteristica della lotta di classe nel nostro popolo. E’ il concetto di Patria grande di cui parlò Simon Bolivar, in questo senso noi lo vediamo dentro questa grande lotta, con valori propri, che vede la liberazione di tutto il continente. ?

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