venerdì 24 agosto 2012

Perchè gli ebrei americani non amano più Israele, di Norman Finkelstein


Forse si può arrivare alla pace nel conflitto israelo-palestinese, e forse gli Ebrei Americani possono determinarla.  Impossibile? Non secondo lo studioso che parla sempre in maniera esplicita, Norman Finklestein, che nel suo libro più recente sostiene che gli eccessi di Israele sono inconciliabili con i valori liberali degli Ebrei. Espone le sue riflessioni a Hazel Healy.
Sia suo padre che sua madre sono sopravvissuti all’Olocausto. Che influenza ha avuto questo fatto sulle sue opinioni  rispetto a Israele?
I miei genitori erano grandi sostenitori dell’Unione Sovietica perché credevano – e a ragione – che è stata l’Armata Rossa a sconfiggere  i nazisti. Guardavano il mondo attraverso il prisma dell’Olocausto nazista. Quando Israele si è allineata con gli Stati Uniti all’inizio della Guerra Fredda, i miei genitori hanno cominciato a detestare Israele. Questo però non figurava  nella mia educazione.
Lei è stato citato per aver detto che la guerra del Libano del 1982 ha messo fine alla sua indifferenza ai guai del Medio Oriente. Che cosa c’era in particolare in quell’avvenimento che l’ha obbligato ad avere una reazione?
Nel corso dell’attacco di Israele al Libano nel 1982, sono state uccisi 15-20.000 Libanesi e Palestinesi, in grandissima parte civili. La guerra ha raggiunto il punto culminante con il massacro di Sabra-Shatila, ma quello è stato soltanto un piccolo segnale sullo schermo. Una volta che mi sono coinvolto, ho cominciato a leggere moltissimo sull’argomento e ho scritto la mia tesi di dottorato sul Sionismo. Sfortunatamente, non si è mai  arrivati a una risoluzione del  conflitto, e quindi   non  ho potuto mai potuto districarmi da esso con la coscienza pulita.
Il principale significato del suo libro è che per gli Ebrei Americani l’era della ‘bella Israele’ è passata . Quali sono i principali  motivi  di questa estraniazione?
Gli Ebrei americani soni liberali. Essi hanno sostenuto costantemente il Partito Democratico dall’epoca del New Deal di  Franklin D. Roosvelt. Dato che ora si hanno molte più informazioni sul conflitto israelo-palestinese, è diventato impossibile
che gli Ebrei americani possano conciliare le loro convinzioni liberali con la condotta di Israele.
Lei sostiene che l’appoggio degli Stati Uniti a Israele è in declino precipitoso, ma racconta anche come tutti i politici e i mezzi di informazione  statunitensi si sono opposti con veemenza alla richiesta del Presidente palestinese Mahmoud Abbas nel 2011 che la Palestina venga riconosciuta come stato.  Che prova ha che il malcontento degli Ebrei Americani riguardo a Israele sia realmente in declino? 
I sondaggi dimostrano in maniera schiacciante che l’appoggio a Israele da parte degli Ebrei americani è in declino. Recentemente ci sono anche state delle “defezioni” di alto profilo, comprese quelle del direttore del New Yorker, (David Remnick), dell’ex direttore di New Republic, (Peter Beinart) e, alla fine di aprile, di un  Premio Nobel per l’economia (Paul Krugman).
Le pubbliche opinioni non sono sempre registrate nell’arena politica. Si possono citare 100 esempi di politiche che in generale gli Americani sostengono – per esempio quella della sanità – che non sono mai nominati nei dibattiti pubblici.
Ci può spiegare la sua critica alla influente Lobby israeliana? Gli autori John Mearsheimer e Stephen Walt *ne hanno esagerato il potere? 
 Il dibattito sulla lobby israeliana tende a oscillare tra due poli: alcuni dicono che essa determina la politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente a favore di Israele e contro gli interessi nazionali americani, mentre altri dicono che le elite statunitensi determinano la politica estera americana e che Israele serve gli interessi degli Stati Uniti. Secondo me, la lobby israeliana determina veramente la politica statunitense nel conflitto tra Israele e Palestina, perché questo è un problema secondario per le elite degli Stati uniti (una preoccupazione fastidiosa piuttosto che una preoccupazione di primaria importanza), mentre quando si tratta dei problemi fondamentali di quella zona (Iraq, Iran), sono gli Stati Uniti che prendono le decisioni.
Che influenza avrà sulla ‘lobby’ dei sostenitori  irriducibili lo spostamento di valutazione  degli  Ebrei americani liberali riguardo a Israele? 
Perderanno un po’ della loro influenza politica, ma ne conserveranno anche un po’ perché un sacco di ricchi Ebrei di destra contribuiscono ancora alla ‘causa’. Dipende anche dal fatto che  gli Ebrei americani insoddisfatti staranno zitti o criticheranno pubblicamente la politica di Israele. Questo a sua volta dipenderà dal fatto se  sul tavolo c’è una soluzione al conflitto che gli Ebrei americani possono accogliere o se l’unica alternativa che si offre loro è la completa estinzione o liquidazione di Israele. E’ necessario essere in grado di presentare agli Ebrei americani una risoluzione ragionevole basata su principi legali incontrovertibili.
Lei loda i rapporti dei gruppi a favore dei diritti umani che aiutano a distinguere i fatti dalla “invenzione sionista”. Nello stesso tempo, però, critica l’osservatorio per i Diritti Umani per il loro rapporto sul Libano. Che errori ha fatto? 
L’osservatorio per i Diritti Umani non fa “errori”. Fa calcoli politici. Fa ampio affidamento sui donatori ebrei liberali, e quindi occasionalmente quando   subisce pesanti attacchi dalla lobby di Israele. Sebbene Israele abbia sparato quattro milioni di   munizioni a grappolo nel Libano meridionale quando la guerra era già finita, nell’agosto del 2006, l’Osservatorio non ha potuto trovare prove che Israele avesse commesso crimini di guerra. E’stata una cosa  vergognosa e vigliacca.
Lei  adduce argomenti inconfutabili  a favore della documentazione accademica che  ha rivelato i buchi nella documentazione israeliana predominante. Ma come pensa che questa dura realtà arrivi a tutto il pubblico o agli Ebrei americani  che abbiamo minore tendenza a essere  studiosi? 
Gli Ebrei americani accedono ai circuiti della cultura liberale; frequentano le  migliori scuole superiori e le migliori  università negli Stati Uniti. Forse non conoscono  ogni dettaglio del conflitto israelo-palestinese, ma lo conoscono abbastanza per sapere che non è una bella situazione.
Se lei potesse scegliere soltanto una falsità lampante che riguarda la storia di Israele e che vorrebbe che  il mondo conoscesse, quale sarebbe?
I suoi lettori trarrebbero grande beneficio  dalla lettura di: Defending the Holy Land [Difendere la terra santa] di Zeev Maoz. Dopo un rassegna esaustiva della documentazione degli studiosi ,conclude che, con la “possibile eccezione” della guerra del 1948, Israele non ha mai combattuto una guerra di auto-difesa.
Nei suoi scritti lei non risparmia colpi. Libri che trasmettono la versione dei  fatti sono definiti: “pura truffa”, “assurdità”, “scadenti”, e “propaganda rancida”. Lei ne dice quattro anche alle  due parti, quella filo-israeliana e quella contro Israele criticando il Movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni  e anche vecchi nemici come il professore di Harvard Alan Dershowitz. Non si stanca mai di conflitti e di scontri? 
Sì, mo stanco davvero, ma non intendo essere l’utile idiota di nessuno. Die Gedanken sind frei. [ I pensieri sono liberi] – questo è il mio credo.
Come pensa che le rivolte chesi sono propagate nel mondo arabo nel 20111 influiranno sulle relazioni tra Stati Uniti e Israele? 
E’troppo presto per dirlo, sebbene sia chiaro che Israele non può dipendere più dall’obbedienza compatta dei suoi (finora) principali alleati nel mondo arabo-musulmano: la Turchia e l’Egitto.
Lei sostiene che il fatto che gli Ebrei americani stiano prendendo le distanze da Israele, alla fine beneficerà sia gli Israeliani che i Palestinesi. Ci può spiegare come? 
Israele è diventato uno stato pazzo, intossicato dal suo potere e dalla convinzione di essere sempre più giusto degli altri,  che può agire  e di fatto agisce  impunemente per  il veto degli Stati Uniti. Ha un disperato bisogno di smaltire la sbornia. L’altro giorno Paul Krugman ha scritto che Israele è diretto verso il “suicidio nazionale”. Penso che abbia ragione.
Quali passi pensa che si debbano fare per risolvere il conflitto israelo-palestinese?  Per esempio, lei  appoggia  la soluzione dei due stati? 
Personalmente, preferirei che non ci fosse alcuno stato, in Medio Oriente e anche altrove. Questa mia preferenza, però, non ha alcun rapporto con la politica. Io appoggio il massimo che si può ottenere adesso, cioè la soluzione sostenuta dall’intera comunità internazionale: due stati sul confine del 1967 e una “giusta risoluzione” del problema dei profughi basata sul diritto di ritorno e di risarcimento.
*Sono gli autori del libro: The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy [La Lobby di Israele e la politica estera degli Stati Uniti, agosto 2007]
Knowing Too Much [Sapere troppo], di Norman Finkelstein è stato pubblicato da Or Books nel giugno 2012.
  http://www.zcommunications.org/why-american-jews-are-falling-out-of-love-with-israel-by-norman-finkelstein
Originale : New Internationalist
Traduzione di Maria Chiara Starace


Tratto da: Perché gli Ebrei Americani non amano più Israele | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/07/08/perche-gli-ebrei-americani-non-amano-piu-israele/#ixzz24Rqqzx3a
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 

Nessun commento:

Posta un commento