domenica 19 febbraio 2012

Come produrre un terrorista, di Miguel Martinez

Stati Uniti.

L’FBI contatta un certo Amine El-Khalifi, di origini marocchine. O meglio, qualcuno dell’FBI viene mandato dal signor El-Khalifi, spacciandosi per un dirigente di al-Qaeda.

Il presunto dirigente di al-Qaeda, cioè l’uomo dell’FBI, convince El-Khalifi a farsi saltare in aria dentro la sede del Congresso degli Stati Uniti.

Gli dà un giubbotto antiproiettile che dicono sarebbe imbottito di esplosivo, mentre è in realtà perfettamente innocuo.

Lo mandano verso l’obiettivo.

E lungo la strada lo arrestano.

Tutto questo, non secondo le deduzioni di qualche controinformatore. No, è quello che dice, assai orgoglioso, il comunicato ufficiale dell’FBI. Che riesce anche a dire che l’attentato avrebbe 1) dovuto fare trenta morti (i giornalisti vogliono sempre i numeri) ma 2) non c’è mai stato alcun pericolo.

Così i titolisti possono scegliere se premere sul pedale del Pericolo Sventato o su quello dell’Efficacia delle Istituzioni.

Non è l’unico presunto terrorista a essere stato costruito con questo sistema.

La tattica di contattare il potenziale estremista e convincerlo a fare un attentato, ci racconta Patrik Jonsson di The Christian Science Monitor,

“si è dimostrata molto efficace, e ha svolto un ruolo in quasi tutte le 36 cospirazioni terroristiche, nate sul suolo statunitense, che le autorità hanno risolto nel corso degli ultimi tre anni.”

La Fabbrica di Mastro Geppetto, a confronto, è roba artigianale.

http://kelebeklerblog.com/2012/02/19/come-produrre-un-terrorista-2/

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