giovedì 5 gennaio 2012

Ron Paul e la differenza americana, di Miguel Martinez



Proviamo a semplificare un paese assai complesso.
Ci sono due poli che da sempre tirano di qua o di là gli americani, ma non sono esattamente “destra” e “sinistra”, termini che i media americani riservano a piccoli gruppi estremisti.
I due poli sono il Governo e la Libertà.[1]
Gli USA sono una federazione di Stati che affidano alcuni compiti a qualcosa che chiamano “governo federale”.
Il Governo non è quindi lo “Stato” in senso europeo. E’ un’entità che si occupa di guerra – la guerra interna e planetaria, dal muro contro i messicani ai bombardamenti aerei in Afghanistan, dalle ONG che condizionano le politiche dei paesi africani al lavoro delle spie in Tailandia – e di vari aspetti della pubblica istruzione, la salute e le emergenze sociali.
Il Governo rende sicuro e utilizzabile il mondo per le imprese americane, stabilizzando, corrompendo, destabilizzando; salva le banche dalle crisi che loro stesse hanno provocato; orienta l’intera economia verso il complesso militare industriale; allo stesso tempo, è un’ancora di salvezza per le vittime di un sistema spietato, e quindi il polo del Governo attira attorno a sé i sindacati e le minoranze etniche.
Il Governo – a differenza appunto dello Stato europeo – non è un ideale: nasce come incidente di percorso di dubbia legalità, si alimenta di emergenze, e deve combattere continuamente contro l’altro polo, quello della Libertà.
La Libertà è il fondamento stesso della cultura americana. Nella forma archetipica, l’Uomo Libero nemico dei tiranni, che stipulando liberi contratti con libere imprese, si muove liberamente dove vuole e crede liberamente al Dio che preferisce. E che porta come segno tangibile della propria libertà un fucile.
Dietro questo, due sistemi filosofici impliciti e paralleli, di cui abbiamo già discusso qui.
Il primo è quello TULIP; il secondo è l’idealismo magico: seguendo l’uno o l’altro, arriviamo alla conclusione che, se non sei in grado di comprarti un fucile, o sei dannato in partenza, oppure non ti sei sforzato abbastanza e quindi è colpa tua.
Fuori dal contratto liberamente scelto, ogni obbligo è un’imposizione tirannica, cui l’uomo libero ha il dovere morale di opporsi.
Potenzialmente, quindi, la Libertà si oppone alla tassazione, al reclutamento militare, agli aiuti statali alle aziende, a forme universali di assistenza medica, ai controlli polizieschi di ogni sorta, ai pignoramenti, alle restrizioni ecologiche… La gamma è ampia.
Democratici e Repubblicani oscillano, nei fatti, tra i due poli; ma i Democratici rivendicano di più quello del Governo, e i Repubblicani quello della Libertà.
In questo momento di crisi, i democratici vogliono tenere in piedi tutto il sistema imperiale, pagare le perdite delle banche con soldi pubblici e – pare – persino salvare l’Euro, senza toccare il più costoso sistema carcerario del pianeta, ma nemmeno eccedere nei tagli sociali.
I repubblicani di ceto alto, i country club Republicans, vogliono qualcosa di molto simile, ma sono disposti a tagliar pesantemente le spese sociali.
repubblicani di ceto basso vogliono evitare di pagare le tasse, che si immaginano finire tutte nelle mani di oziose madri single lesbiche e nere. Per quanto riguarda il mondo, sanno – grazie ai telepredicatori – appena due o tre cose: che ci sono più delinquenti/omosessuali in giro che mai; che i musulmani sono pericolosi; e che Israele gode della predilezione personale di Dio e va sostenuto militarmente, pena la dannazione eterna.
E quindi riversano tutta la loro ira sulle minoranze etniche o sui “matrimoni gay”, senza criticare le enormi spese militari o carcerarie. Una posizione surreale che obbliga i principali esponenti a ridicole pose simboliche.
libertarian, rappresentati da Ron Paul, portano invece una novità difficile da capire in Italia.
Ron Paul sostiene cose piuttosto prevedibili, almeno per gli Stati Uniti: educazione e salute devono essere interamente tolte dalle mani del Governo (quando ancora faceva l’ostetrico, Ron Paul preferiva lavorare gratis piuttosto che ricevere buoni statali), massima libertà di portare armi, maggior controllo sull’immigrazione clandestina.
Però, proprio da queste premesse, arriva ad alcune conclusioni che, se messe in pratica, avrebbero un impatto enorme sul mondo.
Il Governo campa di guerre, contro i musulmani, per la democrazia, contro la droga?
Bene, dichiaramo la pace su tutti i fronti, dice Ron Paul. Gli Stati Uniti smettano di essere un impero, ritirino le truppe in giro per il mondo, trattino alla pari le altre nazioni, la facciano finita con il proibizionismo sulle droghe, tolgano l’embargo a Cuba e insegnino a Israele a cavarsela da solo.
Se il mercato deve essere libero, il Governo deve cessare di alimentare o di farsi condizionare dalle aziende delle armi o da quelle energetiche, e non deve salvare i banchieri in difficoltà.
E si smantelli il grande sistema securitario che ha portato a Guantánamo e a forme senza precedenti di violazione della libertà individuale: da qui il voto contro il PATRIOT Act, il sostegno a Wikileaks e al diritto di denunciare i crimini governativi.
La visione di Ron Paul, con grande spavento dei repubblicani di alto ceto, comporterebbe la sistematica demolizione del complesso industriale-militare-energetico e dell’intera impostazione bellicista e paranoica della società statunitense.
Ron Paul è un pacchetto, e un pacchetto coerente: il rigetto del Welfare State è inscindibile dal rigetto del Warfare State.
Ma in un paese in cui si bada all’essenziale e in cui è ignota l’arte di spaccare il capello in quattro, Ron Paul, il più anziano dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti, è quello che ha subito avuto il massimo sostegno dei giovani. Ed è interessante notare, anche dei giovani che in questi mesi hanno partecipato al grande movimento delle occupazioni contro le banche; mentre molti elettori democratici si sono registrati come repubblicani per poterlo votare.
A differenza dei liberal, Ron Paul parla al cuore stesso dell’identità statunitense, e quindi ha il sostegno di quella vasta fascia di americani che non si sentono pacifisti, ma piuttosto talmente patriottici da non voler far morire i propri figli in guerre lontane.
Ovviamente, Ron Paul non ce la farà, per mancanza di tutti gli indispensabili agganci. E così il 68% di americani che lo scorso novembre si dichiaravano, un po’ in ritardo, contrari alla guerra in Iraq, e il 63% contrari alla guerra in Afghanistan, resteranno privi di ogni rappresentanza alle prossime elezioni presidenziali.[2]
Michael Scheuer, che negli anni precedenti all’11 settembre diresse la caccia a Osama Bin Laden per conto della CIA prima di diventare un pragmatico antimperialista, riassume tutte le motivazioni per cui l’America profonda, in condizioni di competizione più equilibrate, voterebbe per Ron Paul.
Ron Paul, si chiede Scheuer, non ha forse ragione
“a proposito della prossima bancarotta statunitense; l’imminente possibilità di una seconda e più profonda recessione; la follia di un governo federale che si batte per la democrazia laica in tutto il mondo islamico, in tal modo rafforzando gli islamisti; il Tesoro che pompa miliardi di dollari sprecati in quel morto vivente che è la zona dell’Euro; la corruzione del Congresso e del processo elettorale statunitense da parte di lobby straniere e contribuenti alle campagne con risorse immense; la crescente disponibilità da parte di entrambi i partiti a limitare i diritti garantiti dal primo e dal secondo emendamento alla Costituzione; l’incapacità dei militari americani di vincere  le guerre distruggendo i nemici dell’America; le decisioni di tribunali che impediscono ai governi degli Stati di difendere i propri cittadini anche quando il governo federale ha rinunciato a tale ruolo; un’élite dominante bipartisan che ha coinvolto gli americani in numerose guerre in cui non era in ballo alcun interesse americano; un Congresso che da quarant’anni non riesce a portare il paese verso l’autosufficienza energetica perché è di proprietà delle ditte petrolifere e di governi esteri, e ha una fifa blu dei fanatici ambientalisti, ecc. ecc. ecc.?”
Note:
[1] I pacifisti nostrani, che con le migliori intenzioni, dicono di “non criticare l’America, ma solo il governo americano”, non sanno ciò che dicono. La questione non è né il “governo” né il “popolo”, ma il sistema americano.
[2] Per non parlare dei messicani, che si troverebbero finalmente in pace se terminasse il proibizionismo negli Stati Uniti.

1 commento:

  1. L’ economista più censurato - Certe notizie sono assurde da sentire, visto che i padroni del mondo sono sempre gli stessi, le famiglie della cupola usuraia mondialista, e che possono stampare denaro dalle loro privatissime banche centrali a valanghe, e salvare ogni loro impresa, come vogliono!
    così come i personaggi che la televisione di regime ti sbatte avanti ogni giorno sicuramente non fanno gli interessi del popolo ma quelli del regime, dei poteri forti che li finanziano e li pompano...
    sono solo dei falsi, dei commedianti.
    C’è invece un economista che tutti i mass media e i partiti politici di regime (di destra e di sinistra tanto sono servi dello stesso padrone...) censurano: Filippo Matteucci , quello che propone di non ripagare il debito pubblico all’elite bancaria mondiale strozzina,
    quello che vuole trasformare l’intera Italia nel paradiso fiscale e residenziale di tutto il mondo ( vedi http://TeaPartyFederazioneLiberista.ilcannocchiale.it/2015/02/02/la_cura_privatista_proposta_da.html ). Una soluzione che ci porterebbe ricchezza e lavoro NATURALMENTE , senza sacrifici, utilizzando ciò che già abbiamo...
    Mi domando perché i poteri forti , le logge al servizio dei banchieri strozzini lo censurano...e la risposta è facile!
    E le famiglie di banchieri strozzini, i veri padroni del mondo, si nascondono dietro tanti PRESTANOME...

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