sabato 21 gennaio 2012

La guerra contro Cuba: nuovi presupposti e la medesima premessa, di Josè Pertierra

di José Pertierra

Avvocato cubano. Rappresenta il governo del Venezuela nel processo di estradizione del terrorista Luis Posada Carriles a Washington.

(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)


I presidenti a Washington vanno e vengono, però l’obiettivo finale delle relazioni di politica estera degli Stati Uniti è il medesimo: far deragliare i governi che osano difendere la loro sovranità nazionale e distruggere qualsiasi rivoluzione che si avventura verso un mondo diverso da quello che è stato programmato per essi.

Le armi dell’offensiva che gli Stati Uniti hanno scatenato contro Cuba si sono evolute attraverso gli ultimi 50 anni, però la guerra rimane la stessa.

I cubanologi di Washington e di Miami vogliono costruire come strumento della sovversione nell’Isola un presunto movimento politico sociale: coltivato, irrigato e sfruttato dagli Stati Uniti. Però, un genuino movimento politico nazionale non si fabbrica in una capitale nemica. I partiti e i movimenti non si esportano come mercanzia, perché un partito politico non si compra e non si vende come se fosse una scatola di “spam” (N.d.tr.: carne suina in scatola).

Da quando George W. Bush ha assunto la presidenza degli Stati Uniti nel 2001, il bilancio per creare a Cuba un’opposizione sociale alleata con gli interessi di Miami e della Casa Bianca ha raggiunto valori stratosferici: da 3,5 milioni di dollari del 2000 ai 45 milioni di dollari durante la presidenza Bush nel 2008.

Nel 2003 Bush creava una Commissione per “l’assistenza ad una Cuba democratica”. Questa commissione emanava un documento di più di 400 pagine in cui si proponeva di “identificare i mezzi adeguati per porre fine rapidamente al regime cubano e per organizzare la transizione”.

La politica del presidente Barack Obama si conforma al modello di questa Commissione e al bilancio creato su indicazione della Commissione stessa: “Adottare provvedimenti volti alla formazione, allo sviluppo e al rafforzamento di una opposizione democratica e della società civile a Cuba.”

Dal momento che il conflitto contro Cuba costituisce una vera e propria industria a Miami, i massimi beneficiari di questo progetto sono stati coloro che hanno amministrato questi fondi dalla Florida.

Nel 2006, un controllo di bilancio da parte del Government Accountability Office (GAO) (N.d.tr.: la Corte dei Conti Governativa) portava a concludere che erano stati sperperati milioni di dollari dai gruppi di Miami. Ad esempio, era stato utilizzato denaro per comprare cioccolatini Godiva, scatole di polpa di granchio e videogiochi per ragazzi Nintendo.

Nel 2008, il direttore di uno di questi gruppi ammetteva di essersi appropriato di quasi 600.000 dollari, prima di smetterla per assumere poi un incarico politico presso la Casa Bianca del presidente Bush.

Indignato per lo sperpero di ricchezza milionario, il senatore Kerry (D-Massachusetts), presidente della Commissione per le Relazioni con l’Estero del Senato degli Stati Uniti, l’anno scorso esigeva una revisione del progetto, che attualmente ha stanziato un bilancio annuale di 20 milioni di dollari.

Di conseguenza, il Dipartimento di Stato ha congelato temporaneamente l’opulento esborso fino alla conclusione dell’inchiesta.

In questo mese, il Dipartimento di Stato ha concluso la sua indagine e ha annunciato progetti per autorizzare la distribuzione di 20 milioni di dollari per un fondo di dotazione anti-cubano, argomentando che il programma era stato ristrutturato in modo che i quattrini sarebbero dovuti pervenire segretamente a certi Cubani nell’isola e non a certi altri a Miami.

Tuttavia, il senatore Kerry si è ritenuto non del tutto convinto e ha bloccato ancora il progetto per potere esaminarlo accuratamente. Il congelamento dei fondi imposto da Kerry presenta una natura pragmatica, non filosofica, non di principio. In altri termini, non è la sovversione che lo preoccupa. Lui desidera solamente valutare l’efficacia del progetto sovversivo.

L’arresto a Cuba di un “contrattista” statunitense, di nome Alan P. Gross, in missione per conto di Washington, pone in piena luce come il Dipartimento di Stato mette in gioco pericoloso agenti che sono stati assunti per realizzare il lavoro clandestino a Cuba.

La magistratura cubana sta prendendo in esame le accuse che deve presentare contro il contrattista. Per difendersi dall’azione sovversiva scatenata da Washington con l’impiego di milioni di dollari, Cuba ha emanato una legge che propina una condanna superiore ai venti anni di carcere a chi collabora con il programma USAID (N.d.tr.: United States Agency for International Development –Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, con lo scopo di fornire…“aiuti umanitari” ai Paesi bisognosi), creato nel 1996 dalla legge Helms Burton (N.d.tr.: legge approvata dal Governo USA ed entrata in vigore nel medesimo anno quale ulteriore inasprimento del blocco e di ingerenza nei confronti di Cuba). Il crimine è uno dei più pesanti.

Forse è per questo che il Dipartimento di Stato e l’USAID si rifiutano di rendere noti i destinatari a Cuba del denaro di Washington, e quindi distribuiscono i fondi clandestinamente ed illegalmente.

Il programma contro Cuba, posto sotto controllo, prevede:

$750.000 per promuovere a Cuba i diritti umani e la democrazia.

$250.000 per aiutare i familiari dei presunti prigionieri politici [per esempio, le cosiddette damas de blanco (signore in bianco) e le damas de apoyo (signore a sostegno delle signore in bianco)]

$500.000 a favore di coloro che si battono per liberare i presunti prigionieri politici.

$900.000 a favore di Freedom House, la Casa della Libertà, una organizzazione diretta da 10 anni da Frank Calzón (N.d.tr.: ex membro dell'organizzazione terrorista Abdala). Il denaro servirebbe per rafforzare i leader della supposta opposizione: artisti, musicisti e blogger. Con una cinica attenzione enfatica verso gli afrocubani.

$400.000 a favore dell’Institute for Sustainable Communities, per cercare di “identificare i possibili nuovi dirigenti della società cubana” e sostenerli nelle loro campagne pubblicitarie e politiche. Ossia, quasi mezzo milione di dollari per fare in modo che Washington individui i nuovi leader ai quali distribuire l’argent, il denaro.

$200.000 per rafforzare presumibilmente le reti di appoggio che Washington ha creato a Cuba. A costoro bisogna provvedere con equipaggiamento ed addestramento.

$2.600.000 a favore di Development Associates Inc., con il proposito di allargare la rete cubana che Washington ha costruito per promuovere da Miami il messaggio propagandistico contro Cuba.

$2.000.000 per sostenere all’interno di Cuba gruppi favorevoli a Washington, costituiti specialmente da alcune donne e afrocubani, con l’obiettivo di promuovere l’iniziativa economica individuale (vale a dire, il capitalismo).

$2.500.000 in favore di Creative Associates, una organizzazione in attività clandestina per ampliare la rete sociale a sostegno di un cambiamento politico nell’isola, favorendo e sfruttando soprattutto lo sviluppo della “iniziativa economica individuale delle donne e degli afrocubani”

$2.900.000 per promuovere, sempre sotto la tutela del Dipartimento di Stato, la libera espressione nell’isola: in modo particolare fra certi artisti, musicisti, scrittori, giornalisti e blogger

$500.000 in favore di individui collegati a gruppi religiosi o spiritualisti, che possano difendere il loro diritto di libertà di religione.

$500.000 per la promozione di una determinata politica del lavoro nell’isola e sollevare “pressioni internazionali contro il governo di Cuba perché riformi le sue norme che regolano il lavoro”.

$350.000 per esercitare influenza su certi gruppi della società civile cubana, “in modo particolare sulle donne che spesso sono sfruttate sessualmente”.

$500.000 in favore di organizzazioni non governative ONG e di altre organizzazioni con collegamenti stretti con Washington.

$1.150.000 per l’addestramento di alcune organizzazioni di Cuba, che vedono la presenza di giornalisti e blogger, sull’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione.

$2.500.000 per amministrare i programmi di questo bilancio.

Tutto questo avviene sotto lo stretto controllo di Washington, che negli ultimi decenni ha evidenziato i suoi sforzi per destabilizzare, invadere e reprimere tutti i continenti del pianeta:

il colpo di stato in Cile contro Salvador Allende, il golpe militare in Guatemala che ha avuto come risultato più di 200.000 fra morti e desaparecidos durante quattro decenni di repressione, il tentativo di colpo di stato contro il presidente Hugo Chávez nel 2002, il sostegno agli squadroni della morte nel Centro America, Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile.

l’invasione dell’Iraq nel 2003.

la tortura e la detenzione a tempo indeterminato per i prigionieri di Guantánamo, le “rendizioni” di prigionieri ad altri Paesi perché siano interrogati sotto tortura.

lo sfruttamento e deportazione di masse di lavoratori privi di documenti.

Girón (N.d.tr.: la Baia dei Porci, tentativo di invasione di Cuba effettuato il 17 aprile 1961 da 1.511 esuli cubani emigrati negli Stati Uniti finanziati e appoggiati dalla CIA, che si chiamava Brigata 2506 e oppositori del governo cubano), l’Operazione Mangusta (N.d.tr.: conosciuta anche come The Cuban Project, era un'operazione, voluta dall'amministrazione Kennedy, disegnata dalla CIA, durata tra il 1961 ed il 1975 che prevedeva l'uso della forza militare, di sabotaggi e di assassini contro i principali dirigenti cubani, portò alla realizzazione in 14 mesi di 5.780 azioni terroristiche e 716 sabotaggi ad infrastrutture economiche cubane), la JM Wave (N.d.tr.: stazione della CIA, l’enclave terrorista più potente che sia mai esistito sul suolo statunitense) e la campagna di terrore contro Cuba portata avanti negli ultimi 50 anni mediante l’utilizzazione di assassini come Luis Posada Carriles e Orlando Bosch. Una guerra terroristica e immorale contro Cuba che si è sviluppata come un virus mondialmente fino ad incontrare la sua moderna manifestazione nell’abbattimento delle Torri gemelle a New York, l’11 settembre del 2001.

Cuba è un paese bloccato da embargo, assediato ed aggredito dagli Stati Uniti. Ed è così, perché Washington non sopporta che l’isola sia governata fuori dell’ambito del controllo statunitense. Questa è stata la sua condizione per oltre mezzo secolo.

I presunti prigionieri politici sono stati condannati, dopo essere stati processati, per essere al servizio di un Paese nemico che considera come suo obiettivo la distruzione della Rivoluzione cubana. Proprio come il contrattista Alan P. Gross, operano a Cuba sotto la direzione e il controllo di Washington. La maniera migliore per perorare la loro liberazione è che gli Stati Uniti rinuncino alla guerra contro Cuba, tolgano l’embargo, stabiliscano relazioni, concedano l’estradizione di Posada Carriles e liberino i Cinque, prigionieri negli Stati Uniti da ormai quasi 12 anni.

[N.d.tr.: I “Cinque giovani cubani”, vittime del disturbo ossessivo-compulsivo che affliggeva George W. Bush, negli anni Novanta, furono inviati di nascosto negli Stati Uniti per infiltrarsi nei gruppi terroristici anticastristi. Ora sono reclusi in carceri nordamericane. Funzionari del governo dell’Avana ammettevano di aver mandato quegli agenti dell’intelligence cubana perché l’FBI non si impegnava a tener sotto controllo le attività eversive contro Cuba. Ma, invece di prendere in considerazione le informazioni raccolte da questi agenti sui progetti terroristici nei confronti dell’Isola, il pubblico ministero del Dipartimento di giustizia di Miami, l’8 giugno 2001 li processava e condannava per spionaggio.]

Forse il presidente Obama potrebbe essere troppo impegnato a risolvere i problemi economici, le guerre in Iraq e in Afghanistan e la riforma della sanità per prestare molta attenzione a Cuba.

Forse ha demandato ai burocrati del Dipartimento di Stato e del Consiglio di Sicurezza Nazionale la risoluzione di questi problemucci, ed è per questo che stiamo dove stiamo.

Tutto deriva da una premessa sbagliata e ricca di equivoci. Più di 100 anni di aggressioni statunitensi contro Cuba si sono basati sull’idea errata che Cuba sia una proprietà di Washington. Ancora viene assunta come valida la arrogante considerazione dell’allora Segretario di Stato John Quincy Adams nel 1823:

“Esistono leggi politiche, simili alla legge di gravitazione naturale. Come una mela strappata dalla tempesta al suo albero, la sua origine, non può fare a meno di cadere per terra, Cuba, per forza di cose, separata dalla sua innaturale connessione con la Spagna, e incapace di sostenersi per se sola, ha l’unica possibilità di gravitare verso l’Unione americana, la quale, per la medesima legge di natura, non può che accoglierla nel suo seno.”

Da questo errato presupposto sgorga il concetto che gli Stati Uniti hanno il potere di fabbricare dissidenti, “blogger e twitterer”, sempre controllati da Washington e da Miami: come se tutto questo derivasse da una legge di natura. Che questa elucubrazione straniera possa ottenere una qualche forma di legittimazione a Cuba rimane un mito a cui credono soltanto coloro che non conoscono l’Isola e che non vivono qui.

Con tutti i milioni di dollari annualmente investiti in questo affare, Washington non ha creato una opposizione e tanto meno un partito politico. Ha solamente messo in piedi a Cuba una industria di persone felici di ricevere gruzzoli importanti di denaro per dissentire, aprire blog e fare comunicazione attraverso Twitter.

A Cuba, esiste una grande diversità di opinioni, tutte legittime, relative al futuro del Paese. Chiunque ha fatto la fila al negozio degli alimentari o partecipa alle discussioni organizzate nell’Isola, questo lo sa. Queste discussioni avvengono tanto nei luoghi di lavoro come nelle riunioni del Partito.

Però su un punto c’è l’unanimità: Cuba appartiene ai Cubani e non agli USAmericani!

Per questo principio filosofico derivato direttamente da José Martì (N.d.tr.: leader del movimento per l’indipendenza cubana; a Cuba è considerato il più grande eroe nazionale, forse anche più di Che Guevara) i Cubani sono disposti a serrare i ranghi e a morire.

Se Washington arrivasse a capire questo, dovrebbe eliminare l’embargo e tutto quello che ne corrisponde e deriva. Sfortunatamente, questo è un concetto che appare essere contro natura ad un Washington imperiale che considera Cuba come il suo giardinetto politico dietro casa.

L’altro giorno, presso la Casa delle Americhe, Silvio Rodríguez ha sottolineato come “Cuba non è un paese normale, per quello che ha preteso di essere e tanto più per il trattamento che le è stato riservato per ciò che ha preteso di essere.” Indipendente!

Articolo originale pubblicato il 2 aprile 2010

Fonte: http://www.cubadebate.cu/opinion/2010/04/02/guerra-eeuu-contra-cuba-nuevos-presupuestos-misma-premisa/
URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=10255&lg=es

http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_internazionale/2010_04_jose-pertierra_la-guerra-contro-cuba-nuovi-presupposti-e-la-medesima-premessa.htm

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