domenica 27 novembre 2011

La voce del padrone, di Michele Basso

Nell’Ottocento, c’era una netta contrapposizione tra gli agrari, che erano conservatori o reazionari, gli industriali, moderatamente progressisti, e la piccola borghesia democratica. Nell’età dell’imperialismo, il capitale finanziario ha fuso in un’unica grande rete di interessi tutta l’alta borghesia, e ha subordinato nei fatti lo stato e l’intera società, anche dove la forma esteriore resta quella democratica. Non è una novità, ce l’hanno ripetuto mille volte Lenin, Trotsky, Bordiga e tutti i marxisti autentici.
E’ il capitale finanziario che prende le decisioni fondamentali, i governi e i partiti al massimo si sforzano di farle digerire alla popolazione. “Ma tutte le scelte passano attraverso il parlamento”, gridano gli inguaribili costituzionalisti, che non vedono oltre la forma esteriore. Proprio con  un parlamento embedded come quello attuale! Le forme politiche hanno una certa inerzia storica: in Inghilterra c’è ancora una bardatura monarchica, ma nessuno dirà che i poteri dei regnanti sono rimasti gli stessi del ‘500 ( e neppure quelli dell’Ottocento). L’impero romano all’inizio lasciò sopravvivere le forme repubblicane, le automobili per un certo periodo conservarono la sagoma della carrozza...
Molti si sono scandalizzati per l’atto – più monarchico che repubblicano – con cui Napolitano ha nominato senatore Monti e lo ha messo a capo del nuovo governo. C’è persino chi  ha denunciato alla procura della repubblica tutte le più alte cariche dello stato per alto tradimento,attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato,  intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano, ecc.(1) Altri mettono in rilievo le telefonate con Obama.  Altri ancora accusano Berlusconi di vigliaccheria per non avere opposto resistenza, e Bossi grida che l’ex premier è stato ricattato. In realtà,  tutte queste proteste, aldilà delle intenzioni di chi le compie, servono a mascherare il fatto che le decisioni sono prese dal capitale finanziario, e che i partiti, ormai completamente subordinati,  sono stati trasformati in recinti in cui vengono convogliati gli elettori, per dare l’illusione che tutte le colpe siano del vecchio governo, e che il nuovo vi possa porre rimedio. L’elettore spesso dice: “vediamo come si comporta il nuovo governo, è presto per giudicare”, e questo sarebbe giusto se i governi fossero qualcosa di più di compagnie di guitti dirette da un regista ben più potente di loro. Questo non significa che non ci sia antagonismo tra destra, sinistra e centro. Non si tratta di un contrasto tra diverse classi, bensì di competizione tra servi dello stesso padrone, che si disputano la sua benevolenza. Sui temi fondamentali (bilancio, pensioni, spedizioni militari, atlantismo) sono tutti d’accordo. Si è visto che fine ha fatto la cosiddetta opposizione della Lega all’avventura libica, al massimo  avrà rimediato il voto di qualche ingenuo.
La crisi non ha come causa ultima la speculazione, che è invece l’effetto della sovrapproduzione e del tendenziale calo del saggio di profitto, che spinge i capitali eccedenti a tentare di valorizzarsi attraverso la borsa. Ma la crisi crea le condizioni per la guerra commerciale, finanziaria, e, in prospettiva, di quella vera e propria, tra stati. Le maggiori potenze cercano di far ricadere le conseguenze del disastro sugli stati più deboli, e il dollaro, per salvarsi, mette in crisi l’euro. Le banche tedesche e francesi corrono a disfarsi del debito italiano, ma i fondi d’investimento e fondi pensioni americani vendono i titoli dei paesi europei. C’è una forte probabilità di un effetto domino da cui non si salverà alcun paese.
Sappiamo fin troppo bene che il capitale finanziario, se i suoi agenti come Berlusconi e Monti non riescono a ottenere risultati, per far pagare alle classi subordinate i costi della crisi non esita a usare le maniere forti, ed è pronto a ricorrere al fascismo, anche se verosimilmente lo chiamerà in altro modo. Non si tratterebbe di modifiche formali, non consisterebbero solo nel licenziamento in tronco dei parlamentari, consiglieri regionali, ecc. ma comporterebbero – e questo ci importa realmente - la fine dell’agibilità politica e sindacale per i lavoratori, la soppressione del diritto di sciopero e delle organizzazioni sindacali, persino le più pecoresche. Non aspettiamoci che i parlamentari, asserviti al capitale finanziario, siano in grado di difenderci da questo pericolo. La piccola borghesia, se lasciata a se stessa, si perde in sogni: la decrescita felice, lo sviluppo sostenibile, il ritorno alla lira col recupero della sovranità nazionale (se si tornerà alla lira, la svalutazione sarà di almeno il 50%, ad essere ottimisti). In assenza di un forte movimento proletario, la piccola borghesia e gran parte dei salariati saranno giocattoli nelle mani del capitale.
Solo la lotta delle masse potrà sconsigliare l’alta finanza dal seguire la via fascista. Ma perché le lotte siano efficaci, occorre che rinasca il partito di classe, l’unico realmente antagonista al sistema capitalistico.
Michele Basso
27 novembre 2011
NOTE
1) Alto Tradimento - Denuncia alla Procura della Repubblica http://retedellereti.blogspot.com/  e in Come Donchisciotte 24 Novembre 2011

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