mercoledì 2 novembre 2011

Bella di giorno, di Stefano Zecchinelli

‘’Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza. E chissà a quale scopo per il tuo corpo è necessaria proprio la tua migliore saggezza?’’ Federico Nietzsche

Collegandomi ad un mio precedente intervento, ‘’Il fascino discreto della borghesia’’ farò delle ulteriori riflessioni sulla politica italiana ed internazionale. Anche in questo caso voglio articolare il mio discorso focalizzando, almeno, tre problematiche portanti; quindi, molto velocemente, esporrò le mie posizioni sull’esaurimento della coppia dicotomica destra/sinistra, sulla funzione del populismo nel capitalismo finanziario anglo-americano e sulla questione nazionale. Procedo per ordine e in modo estremamente sintetico.

1. Berlusconi non cadrà ‘’per mano’’ delle opposizioni, da Di Pietro all’esangue anticomunista Marco Travaglio, ma uscirà di scena dopo un ricatto delle oligarchie finanziarie. Su questo penso che siamo tutti d’accordo. Nella attuale fase storica dello sviluppo capitalistico il ‘’politico’’ deve farsi totalmente da parte (quindi i governi nazionali non contano più nulla) e gli Stati finiscono in mano ad organi moralizzatori dell’economia (Fondo Monetario Internazionale, BCE, Banca Mondiale del Commercio, ecc…).  Interessante la definizione ‘’organi moralizzatori dell’economia’’, data da Peter Eigen, il fondatore di Transparency International. Eigen nel suo saggio ‘’Combattere la corruzione’’, lancia il suo attacco al capitalismo corporativo borghese; devono essere questi organi (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale del Commercio, ecc…) a combattere la corruzione ‘’nemica del buon governo’’, ma questo necessita la limitazione della sovranità degli Stati. Di certo il vecchio capitalismo corporativo (che si trova stampate sulla fronte le parole di Brecht in ‘’La resistibile ascesa di Arturo Ui’’) ha una forte componente mafiosa e clientelare (a partire da quello italiota che si è fondato sull’evasione fiscale e i bassi salari) però, il passaggio al modello anglo-americano, significa il dissanguamento completo.
Mi sembra ovvio che tolto di mezzo il ‘’politico’’, non ci sia più spazio per le vecchie ideologie novecentesche, riferendomi alla contrapposizione destra e sinistra (e il marxismo con la sinistra non c’entra nulla). Adesso mi interessa fare un importante riferimento storico. Nel 1954  W.H. Morris Jones, una testa d’uovo di Washington, scriveva un saggio ’In difesa dell’apatia’’ dove diceva che la democrazia per funzionare necessità della apatia delle masse. La stessa cosa verrà ripetuta dagli strateghi della Commissione Trilaterale, Huntington, Crozier, e Watanuki, che scriveranno che la richiesta di partecipazione delle masse mette in crisi la democrazia. Rilevo, prima di continuare (apro e chiudo parentesi), che la prefazione al documento della Trilateral, ‘’La crisi della democrazia’’ (1975), è stata scritta, per l’edizione italiana, da Gianni Agnelli. Questo la dice lunga su come gli Usa si siano serviti di, veri e propri, cavalli di Troia per sfondare le borghesie nazionali (in Italia si pensi alla fine fatta fare a Craxi) ed imporre il loro modello manageriale.
Ma poi, di quale democrazia parlano questi signori? Hajek, uno dei vati della nuova global class, chiedeva la limitazione dei diritti politici e civili, per smantellare, senza resistenze, il vecchio Stato sociale. Pinochet, secondo gli Usa, agiva in nome della democrazia e Elcin, sempre in nome della democrazia, impose una ‘’quasi’’ dittatura militare.
Faccio un passo indietro. Brzezinsky, principale teorico della Commissione Trilaterale, pubblicò nel 1956 ‘’Dittatura totalitaria e autocrazia’’ dove fece coincidere, sulla scia di Hannah Arendt (maestrina di scuola elementare, terribilmente sopravvalutata!) , il concetto di totalitarismo con il comunismo. Quindi democratico è quel sistema dove il mercato è libero, a prescindere dal fatto che minoranze etniche, come i pelle rossa, siano sterminati nelle riserve.
Volendo citare Brecht, questo discorso andrebbe rovesciando ‘’parlando dei rapporti di produzione’’. Allora nazismo ed imperialismo americano condividono la stessa struttura economica e, come se non bastasse, la stessa ‘’decadenza ideologica’’ (Lukàcs con la ‘’distruzione della ragione’’ è servito a molto). Ricordare il testo di Brzezinsky è importante, perché è il bollettino di guerra della global class contro il mondo libero (Cuba, Venezuela, Bolivia, resistenza irakena, ecc…).
Concludo questo mini-paragrafo sottolineando come assurdamente la sinistra ha abbracciato la categoria di totalitarismo. Ci sarebbe molto da aggiungere ma io limito a dire che in questo non vedo differenze fra Brzezinsky ed Edgar Morin, e fra Nichi Vendola e il narco-delinquente Pinera.

2. Molto brevemente argomento il secondo punto da me posto. Condivido in pieno la categoria di global class. Nel nuovo capitalismo finanziario anglo-americano abbiamo organi di vertice (da marxista dire sovrastrutture) come la Commissione Trilaterale e poi delle sue proiezioni locali; dei veri e propri commissariati di questa (global class). Insomma una nuova forma di hitlerismo pan-planetario. In questo regime, di volta in volta, si presentano delle tendenze populistiche nazionali (obamismo, berlusconismo, il socialismo di Zapatero) che devono essere inquadrate in un contesto internazionale. Penso che gli elementi caratterizzanti questa fase post-politica (non politica, perché le ideologie politiche non valgono più nulla) sono almeno tre: 1) grandi movimenti di massa; 2) il ruolo dei mass media ed ora bisognerebbe parlare anche dei social network; 3) la schifosissima corporazione universitaria.
Vediamoli distintamente:

1) La global class si serve di enormi movimenti interclassisti che vanno ad incanalare il malcontento, non solo dei ceti subalterni, ma anche di soggetti ‘’politici’’, come lo studentame (Bordiga, fondatore del Partito comunista d’Italia, definì il movimento sessantottino ‘’muffa interclassista’’), che non rappresentano nessuna istanza sociale definita.
Il ’68 ha prodotto il demenziale slogan ‘’lo studente è un futuro operaio’’ quando, al contrario, gli operai scioperando bloccano la circolazione di plusvalore, mentre gli studenti con le loro manifestazioni non intaccano minimamente il capitalismo. Andrè Gorz, in un discusso articolo scritto nel 1970 ‘’Bisogna distruggere l’università’’, diceva che è contraddittorio come la sinistra abbia rivendicato il diritto di far entrare tutti nella ‘’macchina della selezione’’, invece di denunciare il carattere classista di questa selezione. Denunciare i criteri classisti della selezione significava (e significa) mettere in dubbio la selezione stessa, e quindi la riproduzione dei rapporti sociali borghesi o post-borghesi (dai tecnici ai reietti). Il ’68 ha rappresentato, in ciò, lo scontro fra le istanze operaie e le istanze degli intellettuali; i diritti sociali contro i diritti civili e la liberalizzazione dei costumi. Penso che sia sotto gli occhi di tutti la vittoria dell’intellettualume che, facendosi portatore di una nuova cultura dominante, ha aperto all’ultra-liberismo anglo-americano.
Dico qualcosa anche sul movimento degli Indignati. Le sue istanze sono: università pubblica, meritocrazia (e quindi conseguente distruzione dei legami sociali), culto della Fiom, culto del Gay Pride. Ma le guerre? L’imperialismo? Il sostegno ai movimenti di liberazione nazionale? La Libia avvelenata viva? La difesa di Cuba, Venezuela, Ecuador, Bolivia, dall’imperialismo? Insomma, si tratta di una ennesima spettacolarizzazione del dissenso funzionale alla global class. Tutte cretinate che hanno spinto migliaia di ragazzini, nelle metropoli, ad appendersi in camera il ritratto del Sub Comandate Marcos, l’eroe che bivacca da venti anni in Chiapas, con il plauso delle oligarchie messicane.

2) I mass media non devono informare, devono, invece, educare. Il loro compito è quello di condurre dei veri e propri esperimenti comportamentali. Le guerre imperialistiche vengono, per dirla con Orwell, descritte come missioni di pace contro un dittatore sanguinario, come una parata del ‘’mondo libero’’ contro regimi dittatoriali fuori dal tempo. La cosa si complica ulteriormente con gli strumenti informatici che meriterebbero una analisi a parte, analisi che non posso fare in questa sede. In due parole, e volendo ironizzare, la geniale opera di Guy Debord ‘’La società dello spettacolo’’ si eleva all’ennesima potenza.

3) Alla egemonia informativa (di classe) segue l’egemonia culturale. Le ideologie diventano quasi sempre grandi apparati burocratici e, in questo, i docenti universitari sono dei preti che predicano il disgustoso verbo l’Impero yankee. Non è un caso che la CIA studia, dai primi anni ’50, la teoria della egemonia culturale di Antonio Gramsci. Questa cosa deve fare riflettere e molto.

Inchioderei su questi tre punti le caratteristiche del nuovo populismo globale, cosa ovviamente da sviluppare approfondire.

3. Per finire, come su ho detto, farò un cenno alla questione nazionale. James Connolly, sindacalista irlandese e grande patriota socialista, fu uno dei principali teorici del patriottismo di classe. In un articolo del 1895, intitolato ‘’Patriottismo e lavoro’’, affermava ciò:

‘’Il vero patriottismo cerca il benessere di ciascuno nella felicità di tutti, ed è incompatibile con il desiderio egoistico di ricchezza terrena che non può essere acquisito che dalla spoliazione di compagni mortali meno favoriti. E' la missione della classe operaia di dare a questo patriottismo superiore, più nobile, un significato. Questo può essere fatto solo dalla nostra classe operaia, come l'unica universale, classe che tutto abbraccia, come l'organizzazione di un distinto partito politico,riconoscendo nel lavoro la pietra angolare del nostro edificio economico e l'anima della nostra azione politica. Da qui la nascita del Partito socialista repubblicano irlandese’’.

Per Connolly il nazionalismo e la difesa della tradizione non avevano nessun senso se, non venivano volti, in lotta per il socialismo. La realizzazione del socialismo in un paese solo, diventava il presupposto per la realizzazione del socialismo in tutti gli altri paesi, quindi l’Irlanda –nel disegno di Connolly- non sarebbe stata ‘’una eccezione storica, ma una avanguardia nella lotta al colonialismo’’ (uso questa espressione usata anche da Ernesto Guevara in suo celebre scritto).
Questo processo rivoluzionario, che partiva su basi democratiche e poi ‘’trascendeva’’ in lotta per il socialismo, poteva essere compiuto solo dal proletariato (quando Connolly scriveva, il proletariato era considerato da tutti il solo ed unico soggetto rivoluzionario) quindi l’unico vero patriottismo era il patriottismo di classe.
Mi sembra una lezione attuale che andrebbe ripresa e contrapposta all’attuale hitlero-democrazia della global class. Classe, nazione, imperialismo, categorie che la ‘’sinistra colta’’ vorrebbe cestinare. Pace all’anima sua, Amen !


Stefano Zecchinelli





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