martedì 9 febbraio 2016

Slobodan Milosevic: la storia lo assolverà, di Giovanni Apostolou

Un Commentatore del Tg2 affermò nel 1995, durante l'attacco croato contro le Krajne a maggioranza serba, che i serbi stavano diventando forse i "palestinesi d'Europa".
Di sicuro con quell'azione militare si chiarivano improvvisamente alcuni aspetti del conflitto inter-jugoslavo.
Alcuni mesi dopo sarebbe uscito il libro di Giacomo Scotti ("OPERAZIONE TEMPESTA"), con il quale finalmente la sinistra italiana e gli appartenenti al vasto mondo della "solidarieta'", fortemente impegnati negli ultimi anni sulle vicende jugoslave, erano posti lucidamente di fronte al problema (mai affrontato prima) dei serbi come fattore di disturbo rispetto al "Nuovo Ordine Balcanico" sancito nelle Cancellerie occidentali.
Questo processo di chiarificazione aveva però inizio con almeno quattro anni di ritardo sull'indispensabile, e neanche per intero, dopo un bombardamento disinformativo prolungato ed una guerra psicologica violentissima, che avevano trasformato la "questione serba" in un inavvicinabile tabù.
Si attendeva allora l'uscita del nuovo libro di Filippo Gaja sull'argomento.
Ma Gaja, eccezionale autore de "IL SECOLO CORTO" (Edizioni Maquis, Torino, 1995), scomparve prematuramente e chi doveva concludere la sua opera stentò a trovare la forza ed i mezzi materiali.
Un altro personaggio importante che ha avuto il coraggio di parlare della "questione serba" è stato Peter Handke.
Handke è stato zittito in malo modo nel suo paese, la Germania, con minacce per niente velate di farlo passare nel limbo degli scrittori "in disgrazia".
In Italia solo in pochi hanno letto gli scritti di Handke sul problema jugoslavo.
Pochissimi altri sono stati i contributi alla chiarezza nella pubblicistica occidentale di questi anni: è uscito qualche libro in francese grazie alle contraddizioni apertesi nella Diplomazia di Parigi dinanzi al sostegno ufficialmente prestato alle volontà politiche di Bonn e degli USA.
Analogamente, in Italia, la rivista nazionale di geopolitica (LIMES) ha pubblicato materiali che nessun altro ha avuto l'ardire di pubblicare, questo però solo alla ricerca di una linea diplomatica più attenta per "l'interesse nazionale" (imperialista-straccione).
In effetti, una reale riflessione sulla "questione serba" e sulle cause del conflitto jugoslavo, del quale non esiste ancora alcuna analisi cronologica seria, non è mai veramente iniziata, nonostante i fatti del 1995 e nonostante tutto ciò che è trapelato in seguito.
Viceversa: ogni voce un pò diversa dal "pensiero unico" sui fatti jugoslavi viene regolarmente imbavagliata.
"Last but not least" va citato ad esempio l'embargo contro il libro "NATO IN THE BALKANS" dell'International Action Center, che non è stato pubblicizzato nemmeno dai tradizionali collaboratori italiani del gruppo antimilitarista americano: il "Comitato Golfo" e la rivista "GUERRE & PACE".
E' evidente che sulle questioni jugoslave non esiste e non può esistere dibattito: è consentita solamente la riproposizione perenne di una montagna di luoghi comuni, verità dimezzate o vere e proprie bugie (magari soltanto un pò variabili a seconda della evoluzione del conflitto sul campo).
Una volta individuati e fissati gli spauracchi della "Grande Serbia" e di "Milosevic" è diventato impresa improba spostare l'attenzione su altri aspetti non meno significativi.
Eppure, in politica internazionale, le posizioni a sinistra tradizionalmente si possono differenziare molto: si pensi alla "questione araba", alla comprensione di molti anche nei confronti dei settori islamisti che combattono contro il sionismo, oppure alla giustissima campagna in difesa dell'Iraq aggredito, ma contemporaneamente aggressore in Kuwait e contro i curdi.
Si è detto "palestinesi d'Europa", ma a livello culturale-sociologico l'immagine dei serbi andrebbe paragonata piuttosto a quella degli ebrei sotto la propaganda nazista.
Dall'antisemitismo all'antiserbismo, si potrebbe dire ripercorrendo la colossale campagna disinformativa, davvero "goebbelsiana", di questi ultimi anni, oppure, sfogliando un qualunque nostro giornale, osservando quale unanimismo "serbofobo" grazie a queste si sia instaurato.
Insomma, "ebrei" o "palestinesi"?
Tento di mettere alcuni puntini sulle "i" in questo POST, perchè si cominci a fare chiarezza:
- Si è parlato tanto di guerra "etnica", per dire che cosa?
Io dico: la Jugoslavia Federativa e Socialista era fondata sulla fratellanza e l'unità fra le varie nazioni (i popoli costituenti) e nazionalità (le nostre "minoranze"), ottenuta nella lotta comune contro il nazifascismo.
Chi ha parlato di "Bosnia multietnica" o di "pace tra le etnie" avrebbe dovuto chiarire se la Jugoslavia unita era un valore di per sé, oppure no.
Non ne hanno mai parlato.
Ancora oggi, il monopolio sulla scrittura della storia della Jugoslavia socialista come degli altri paesi dell'Est è detenuto da storici e biografi anticomunisti e spesso slavofobi.
In Italia la situazione è aggravata dall'esistenza di un "fronte unico"
anti-jugoslavo che comprendeva destre e sinistre durante la Guerra Fredda.
"Jugoslavia" è un termine da annientare dal vocabolario, o da usare preceduto da uno o due prefissi "ad hoc" ...
- Per gli jugoslavisti la Jugoslavia unita era e rimane un valore, mentre le secessioni, le divisioni tra etnie vere o presunte (più spesso presunte), i nazionalismi sono tutti disvalori.
La "Comunità Internazionale" ha lavorato alacremente per squartare la Jugoslavia in 5 (cinque !) pezzi (finora).
Questa "Comunità Internazionale" non ha niente da dire nè da fare per la Jugoslavia: se ne dovrebbero andare e basta.
- Jugoslavisti sono dunque coloro i quali, esaltando la Fratellanza e l'Unità ("Bratstvo i Jedinstvo") tra i popoli balcanici così come queste si sono realizzate storicamente nel secondo dopoguerra (se qualcuno saprà fare di meglio in futuro, ben venga), individuano nella lotta contro l'imperialismo straniero un terreno inevitabile, essenziale di mobilitazione.
Il mio jugoslavismo in tempo di guerra è fatto allora delle cose seguenti:
1) Riconoscimento della unità come valore in sé, contro ogni secessione.
2) Riconoscimento del ruolo infame degli attori esterni, con il loro appoggio ai settori clerico-nazisti sopravvissuti in ciascuna Repubblica ex Federata.
3) Disvelamento della operazione di disinformazione strategica che ha accompagnato questa guerra fratricida, operazione attuata con i metodi della Guerra Fredda, ed ancora in corso, mirata a:
A) Cancellare ogni sentimento di fratellanza ed unità.
B) Inventare differenze "interetniche" inconsistenti, a partire da quelle linguistiche.
C) Cancellare la storia e la memoria della Jugoslavia partigiana e socialista.
D) Dimenticare, nascondere, annientare gli jugoslavi: figli di matrimoni misti, jugoslavi per convinzione.
E) Giustificare alcuni nazionalismi come "legittima difesa" da una "bestiale aggressione".
F) Viceversa criminalizzare, tra i nazionalismi, soltanto quello serbo.
Perchè solo il nazionalismo serbo è stato demonizzato e combattuto?
Perché gli altri sono stati sostenuti a livello diplomatico, militare, politico, economico, propagandistico?
Il problema della "Grande Serbia" è stato usato troppo spesso come copertura al fine di appoggiare la frantumazione del paese, come alibi per non difendere la Jugoslavia unitaria, come cortina fumogena utile a rendere illegibili ed inspiegabili gli eventi.
I serbi sono, tra le popolazioni jugoslave, quella che meno di tutte aveva interesse allo squartamento del proprio paese.
Si noti, tanto per fare qualche esempio, che i serbi rappresentavano e rappresentano la popolazione maggioritaria della Jugoslavia "tutta", e che mentre tantissimi serbi abitavano Croazia e Bosnia, oltre alla Serbia propriamente detta, i croati erano quasi tutti concentrati in un'unica Repubblica Federata.
In effetti, storicamente il nazionalismo serbo dovrebbe proprio esaltare l'aspetto unitario, al limite pan-slavo, e la resistenza contro la colonizzazione straniera, laddove gli altri nazionalismi balcanici tendono generalmente a favorire le tendenze disgregatrici ed il soggiogamento ad opera degli imperialismi.
Non a caso la Serbia è stata definita "il Piemonte della Jugoslavia": la Casata Reale jugoslava (i Karadjordjevic) era serba così come i Savoia erano piemontesi.
Ovviamente il nazionalismo serbo di per sè non rappresenta un fattore progressivo, così come la monarchia sabauda non significa immediatamente Garibaldi: nessuno potrà mai dimenticare l'appoggio sabaudo a Mussolini ed Hitler o l'arruolamento di bande cetniche nei nazisti dopo il 1943.
Questo comunque ha poco a che fare con la situazione geopolitica attuale.
Bisogna poi distinguere i serbi in quanto tali, ed in particolare le popolazioni vittime, come le altre, della guerra fratricida e di chi ne è stato il regista, dagli odierni nazionalisti serbi, che chiamo serbisti.
I moderni serbisti, come tutti i nazionalisti sciovinisti, hanno spesso svolto il ruolo dei "servi stupidi" dell'imperialismo.
Tra costoro si trovano anche vere e proprie marionette mosse da burattinai esterni, come ne esistono nelle controparti croata, musulmana, eccetera, che siano esse consapevoli o meno.
I serbisti hanno recitato, e talvolta praticato, il ruolo dei cattivi di turno, giocando in effetti un gioco deciso altrove.
Hanno commesso crimini.
Hanno portato la loro stessa gente all'isolamento.
Hanno reagito all'aggressione imperialista esclusivamente con il proprio nazionalismo, con il ripescaggio di motivi religiosi bigotti, di miti, bandierine e francobolli ...
Hanno spesso reagito scagliandosi contro i fratelli jugoslavi, ma non vedono le responsabilità occidentali ed, in fondo, non capiscono cosa sia l'imperialismo, così come nessun reazionario può capirlo.
Infatti vanno spesso a pietire ed implorare a Washington e a New York, dove cercano di presentarsi come "più affidabili" dei musulmani o dei croati o degli albanesi ...
Si pensi a Biljana Plavsic, ex braccio destro di Karadzic, ortodossa bigotta se non razzista, "arruolata" dagli americani dopo Dayton.
Si pensi ai Pope del Kosovo, preoccupati soprattutto di difendere i loro luoghi di culto, che tengono contatti preferenziali con la Comunità Serba degli USA e con i relativi leader nazionalisti-liberisti (esempio di ciò è Milan Panic; si noti che questi ambienti, Pope compresi, svolgono una enorme attività propagandistica in Internet (cfr. http://www.decani.yunet.com ehttp://www.suc.org) ).
Si pensi alla "opposizione" belgradese del cetnico francofilo Draskovic, dell'anticomunista Djindjic, legato a filo doppio alla Germania, della "americana" Pesic.
Oppure si pensi ai contatti dei serbisti della Krajna con i fascisti italiani in funzione anticroata, contatti avvenuti con la mediazione di alcuni personaggi della Comunità Serba di Trieste, storicamente anticomunisti e discendenti dei cetnici profughi dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Ovviamente, parlando dei serbisti attuali non bisogna dimenticare:
- Quelli "antioccidentali" di Seselj, autentica caricatura di se stesso, parlamentare sciovinista "alla Zhirinovski".

- Quelli alla Karadzic, della cui protezione pare si stiano ora occupando i servizi segreti francesi.
- Quelli alla Raznjatovic "Arkan", ricercato dalla INTERPOL per reati comuni ben prima dello scoppio della guerra, che ha abbandonato a loro stesse le sue squadracce (utili a realizzare il "lavoro sporco" in alcune fasi del conflitto in Croazia e Bosnia) e si dedica adesso più che altro a fare il piccolo Imprenditore.
Tutti questi signori sono portatori di una idea pre-moderna ed anti-storica di Serbia isolazionista, ortodossa e basta, anti-jugoslava.
Tuttavia il problema che qui pongo è anche un'altro: ammesso e non concesso che fossero "lecite" le secessioni delle varie Repubbliche ex Federate, destinate a trasformarsi in statarelli più o meno "puri", "religiosamente" se non "etnicamente", sui quali gravano tare storiche pesantissime e magari guidati da personaggi come Izetbegovic e Tudjman, che cosa c'era, viceversa, di non lecito nelle DICHIARAZIONI DI INDIPENDENZA dei serbi di Croazia e Bosnia?
Tutti i serbisti di cui sopra contestano Milosevic e la sua area politica (che potrei definire "serbo-jugoslava" in contrapposizione a quella "serbo-cetnica" o "serbista") costituita essenzialmente dal Partito Socialista (SPS) e dalla Sinistra Unita (JUL).
Chiunque sia stato almeno una volta in Serbia sa che i serbisti ce l'hanno a morte con Milosevic, imputato di essere un venduto, un dittatore comunista, un ateo (quest'ultima accusa gli viene rivolta dai Pope).
I radicali di Seselj e Poplasen, che pure parteciparono ad un governo di Unità Nazionale in Serbia (mentre Cossiga era fianco a fianco con i "comunisti" nel governo italiano), considerano la moglie di Milosevic, che guidò la JUL, addirittura "bolscevica" (questo lo sa chiunque abbia seguito le Campagne Elettorali in Serbia e Repubblica Serba di Bosnia).
La stessa identica accusa è usata dai diplomatici americani, accecati dall'anticomunismo ed un pò daltonici, e da tanti organi di stampa (filo) occidentali.
La Jugoslavia detta "di Milosevic", definita con disprezzo "mini-Jugoslavia" o "rimanenza della Jugoslavia" dalle nostre parti, ha certo conservato il nome Jugoslavija, mentre i serbisti vorrebbero si chiamasse Srbija e basta.
I diritti di cittadinanza nella Jugoslavia di Milosevic, nonostante le pressioni dei serbisti, non derivavano dalla appartenenza nazionale, come avviene invece ad esempio in Croazia (si pensi alla "DOMOVNICA" o all'ARTICOLO 1 della COSTITUZIONE CROATA, promulgata nel 1990).
Durante Milosevic, a Belgrado si poteva visitare il Memoriale a Josip Broz "Tito", revisionista (croato), a cui pure era stata tolta la Guardia d'Onore ed era stato chiuso il Museo.
Le targhe delle automobili avevano continuato a portare per anni la stella rossa.
Le squadre di calcio di Belgrado si chiamarono Stella Rossa e Partizan (la Dinamo Zagabria si chiama adesso "Croazia Zagabria").
Ai tempi di Milosevic, in Jugoslavia nessun "Monumento della Guerra Popolare di Liberazione" era stato fatto oggetto di atti vandalici, distruzioni o demolizioni come ad esempio è avvenuto in Croazia (si pensi al Campo di Sterminio di Jasenovac).
Per tutti questi motivi, nonché per certe scelte economiche (mantenimento di un sistema misto di proprietà statale-privata- mista-sociale autogestita) e di schieramento internazionale (ostinata indipendenza dalle alleanze euroatlantiche), la "cricca" di Milosevic veniva definita "la banda rossa" dai dimostranti di Zajedno (1996-1997), ed è costantemente sotto attacco da parte occidentale: basta leggere i nostri giornali.
Dalle nostre parti, sulla biografia e sulla figura di Slobodan Milosevic girano svariate leggende, tutte basate sul "sentito dire".
In particolare, questi è accusato di essere ultranazionalista, anzi: nazi-comunista.
Che cosa si imputa a Milosevic?
- Di aver tolto l'Autonomia agli albanesi del Kosovo:
1) L'autonomia (bilinguismo ed Autoamministrazione Locale) ai tempi di Milosevic c'era.
Ciò che è stato abolito nel 1989 era l' "Autonomia Speciale", che faceva della Regione una "Repubblica nella Repubblica".
2) L' "Autonomia Speciale" non l'ha tolta "Milosevic" bensì le autorità della Repubblica di Serbia con l'approvazione a maggioranza della Presidenza Collegiale della SFRJ, quindi con l'appoggio dei settori jugoslavisti anche delle altre Repubbliche, preoccupati per l'escalation del movimento secessionista.
- Di avere sostenuto le ragioni dei serbisti in Croazia.
Che colpa sarebbe?
Di aver ritenuto lecita la "autodeterminazione" dei serbi delle Krajne da Zagabria?
Altri dicono che Milosevic ha venduto i serbi della Croazia.
La situazione odierna è sotto agli occhi di tutti.
- Di avere appoggiato i serbisti in Bosnia-Erzegovina.
Certamente Milosevic era contrario alla secessione della Bosnia-Erzegovina ed al nascente regime islamista.
I contatti ufficiali con la Repubblica Serba di Bosnia (RS) furono tuttavia interrotti assai presto, anche per ragioni di opportunità (si provi a fare un parallelo con la situazione della Erzegovina croato-bosniaca).
Fu stabilito invece un rapporto continuo di carattere militare (MLADIC) e politico con alcuni settori dello spettro politico serbo-bosniaco.
Il Partito Socialista della RS (del quale nessuno mai parla, benché il suo leader Radisic abbia oggi sostituito Krajsnjik alla Presidenza Collegiale della "Bosnia di Dayton" dopo le recenti Elezioni) è la ramificazione bosniaca del partito di Milosevic.
Durante le Campagne Elettorali, questo partito ha sempre rivendicato una continuità con la guerra partigiana in polemica contro i revisionisti che considerano i "cetnici" unici difensori dei serbi dai massacri nazisti.
La stessa contrapposizione cetnici-partigiani è d'altronde un grosso motivo di polemica storico-politica nella stessa Serbia dove, a parte i radicali, sono soprattutto i filooccidentali "alla Karadzic" e gli organi di stampa finanziati in Occidente (tantissimi) a rivalutare in senso revisionista ed anticomunista il movimento cetnico.
Ritornando in Bosnia: oggi il Partito Socialista della RS è persino nella Coalizione Moderata, contro i successori di Karadzic, per la applicazione degli ACCORDI DI Dayton, contro la deriva sciovinista ed a favore della pacificazione tra le cosiddette "etnie".
- Di avere fatto fronte unico con i radicali di Seselj.
Questo è stato vero solo in momenti particolarmente delicati, come allo scoppio del conflitto e nel momento della destabilizzazione del Kosovo da parte dei terroristi e dei loro sponsor, quando SPS e JUL sono finiti in minoranza dopo le Elezioni.
Seselj (come Draskovic) è stato persino in galera sotto Milosevic ma in altre situazioni (come nel 1993) : in pratica, è stata attuata una politica di "unità nazionale" quando è stato necessario: senza fare paralleli, pure opportuni, con le strane alleanze nel Parlamento Italiano, potrei citare Enrico Mattei:
"Io i fascisti li uso come il Taxi: lo prendo se mi serve, poi pago e scendo".
- Di avere mandato in rovina la propria gente.
Chiunque sia stato nella Jugoslavia di Milosevic soggetta all'embargo sa che il governo social-democratico aveva garantito ai lavoratori salari minimi a fabbriche chiuse, sanità e scuola pubbliche e gratuite, una vita quasi normale mentre il mondo attorno, a cominciare dalla Bosnia, crollava.
Al governo jugoslavo di Centro-Sinistra va attribuito anche il merito di aver garantito una dialettica politica assolutamente pluralistica nel paese, cosa già non scontata di per sé nelle attuali realtà dell'Europa Orientale, persino utopistica in certe Repubbliche confinanti con la stessa Federazione Serbo-Montenegrina.
In particolare, è semplicemente idiota l'attacco che venne sferrato contro le istituzioni della Serbia di Milosevic per avere promulgato una LEGGE SULL'INFORMAZIONE che, peraltro, qui in Occidente non è dato conoscere, visto che nessuno si prende la briga di raccontare a noi quali siano i suoi veri contenuti.
A quanto mi risulta dalle poche informazioni che trapelano, essa contiene viceversa alcuni elementi assolutamente giusti e condivisibili, come la reciprocità della informazione diretta all'estero (se Radio Free Europe poteva trasmettere in Serbia allora anche la TV serba doveva poter trasmettere all'estero via satellite: viceversa fu oscurata all'inizio del conflitto), la perseguibilità di chi pubblica notizie false, e regole anti-Trust (italiani: no comment please).
Ma a parte ogni considerazione di merito, è chiaramente ridicola una campagna rivolta contro misure che sono state prese in un clima di guerra, laddove la campagna stessa era portata avanti da chi, americani in primo luogo, quella atmosfera di guerra ha voluto creare !
D'altronde le derive autoritarie e la fascistizzazione di tanti paesi (non era il caso della Serbia) sono anche una diretta conseguenza della condizione di embargo politico-economico al quale questi sono sottoposti.
"Milosevic" viene usato come capro espiatorio di tutti i guai dei Balcani, come parafulmine degli odi e delle contestazioni.
A "lui" viene imputato tutto, ed anche il contrario.
Se era diplomatico "era furbo", se era coerente "era testardo", se faceva concessioni "era subdolo".
Era una "volpe", un "genio maligno", un "criminale di guerra", era troppo "attaccato al potere".
Se firmò gli ACCORDI a Dayton o con Holbrooke "c'era sempre qualcosa che puzzava".
Se mancavano gli argomenti, era accusato di essere ... Milosevic, oppure di essere serbo.
Se era anti-occidentale "era un Rais dei Balcani" oppure un "panslavista".
Se era un filo-occidentale era "la longa manus degli americani", un "uomo del FMI e della Banca Mondiale".
Bisogna infatti aggiungere un'altra accusa a quelle sopra elencate:
Milosevic era un agente della CIA.
Ho sentito anche questa !
Tale accusa è se non altro più verosimile delle precedenti.
Innanzitutto noto che essa fa a pugni con quella di essere "stalinista" o "rosso", quindi non gli si possono rivolgere entrambe contemporaneamente.
Inoltre, chi segue i mass-media jugoslavi vicini al governo, sa che la polemica anti-occidentale, e soprattutto anti-tedesca ed anti-americana, in questi era una costante.
Si tratterebbe allora di un "gioco delle parti", in cui Milosevic recitò consapevolmente la parte del "cattivo" (comunista, panserbo, fascista, liberista: per ognuno una cosa diversa) ...
Oppure Milosevic poteva essere un agente della CIA "di fatto", anche se inconsapevolmente e magari contro la sua volontà.
Ed a tutti gli effetti questa è una verità, visto il ruolo di bau-bau che egli ha assunto nel teatrino mass-mediatico, nonché per tutte le mediazioni che ha sottoscritto, che hanno sempre rappresentato grosse concessioni alla volontà del Pentagono: da ultima, la presenza di centinaia di Osservatori ed Aerei Spia in Kosovo, dove per conto della NATO dovevano "controllare" l'evoluzione di un conflitto che da questa stessa è stato fomentato.
Con quest'ultima, di essere un agente occidentale, cominciano dunque le accuse serie e realistiche !
In realtà Slobodan Milosevic era, a mio avviso, un leader socialdemocratico "craxiano", non comunista ma sufficientemente affezionato alla indipendenza del suo paese nel contesto internazionale, che stava guidando la Jugoslavia Federale in una dura fase di transizione e navigò in acque tempestose oscillando paurosamente.
Milosevic forse non avrebbe voluto la dissoluzione della RFS di Jugoslavia, ma ha cercato di passare attraverso gli eventi nella maniera più vantaggiosa possibile per la sua parte politica e chi questa rappresentò a livello sociale: vale a dire le burocrazie ma anche gli operai e i contadini (laddove la nuova borghesia "bianca", soprattutto belgradese, è assai meglio rappresentata dai filo-occidentali di Zajedno).
Milosevic non era un vero jugoslavista: in una certa fase era riuscito a farsi accreditare al più come leader "di tutti i serbi".
Tuttavia i fatti dimostrano che il suo nazionalismo era, o sarebbe potuto essere, in ogni caso meno dannoso del nazionalismo di altri leader serbi contemporanei, per non parlare degli altri leader balcanici o di altri paesi.
Quando un bel giorno avremo/avranno sgombrato il campo dalle accuse idiote e ridicole, allora potremo cominciare ad elencare quelle pertinenti.
Il ceto politico che Milosevic rappresentò può essere infatti politicamente contestato quantomeno per i fatti che seguono:
- Decisionismo autoreferenziale o "autocrazia" (fino ad arrivare alla rottura con ambienti importanti come quello accademico): un vizio ben noto della fase discendente del socialismo di Stato in epoca revisionista.
- Uso strumentale della "questione serba", ovverosia del malcontento dei serbi in Kosovo, Krajna, eccetera, come "instrumentum regni".
- "Sdoganamento" del rinascente ceto medio reazionario ed anticomunista.
- Liquidazione della Jugoslavia Federativa e Socialista: restrizione, spacciata per "realismo", in uno spazio quasi esclusivamente serbo e pesante carenza di internazionalismo.
- Inizio del processo di privatizzazione: concessioni alla borghesia interna, "bianca" e "rossa", ed esterna (si vedano gli affari con i capitali italiani e greci, ritenuti "amici", anche in settori strategici come l'Energia e le Comunicazioni).
- Mediazione con l'Occidente e con la NATO sulle questioni balcaniche, a partire dagli ACCORDI-capestro di Dayton, con conseguente prosecuzione del processo di allargamento ad Est della NATO (pure non direttamente richiesto o appoggiato).
Ovviamente per dirla tutta, e non è questo il POST, dovrei mettere a confronto le mosse di un Milosevic con quelle di un Tudjman, di un Kucan, di un Izetbegovic, di un qualsiasi politico dell'Europa Orientale di oggi, soprattutto sugli ultimi due punti.
E (perchè no?) dovrei paragonare certe politiche economiche con quelle volute dalla nostra (ex) sinistra, storicamente incapace di iniziare un qualsivoglia processo rivoluzionario vero ma sempre disponibile a gettare fango sulle esperienze altrui.
Dovremmo anche interrogarci (con il senno di poi) sugli scenari che si sarebbero potuti aprire se Milosevic avesse fatto altre scelte, ovverosia sulla sua libertà di manovra.
Che cosa sarebbe ad esempio successo se la Jugoslavia di Milosevic fosse militarmente intervenuta in Croazia o Bosnia?
E se il suo governo avesse duramente impedito ogni accesso al capitale straniero?
O se avesse concesso l'indipendenza al Kosovo, con tutte le risorse energetiche e minerarie che questo possiede (oltre a tutti i motivi storici e simbolici)?
D'altronde un bel giorno dovremo porci anche qualche interrogativo sulla libertà di manovra dei serbi come tali, in questi anni, soprattutto visto che diventa a poco a poco nota a tutti la reale natura delle politiche di un Tudjman o di un Izetbegovic, ovverosia degli Stati da questi voluti.
Evidentemente l'opposizione dei serbi alla disgregazione in atto andava da una parte combattuta con tutti i mezzi, contemporaneamente però ha fatto comodo avere una parte in conflitto alla quale attribuire l'intenzione di un egemonismo prepotente e criminale, proprio come spauracchio per impedire che della Jugoslavia "tutta" si potesse ritornare a parlare.
Usare i termini "Milosevic" o "filo-serbi" come coltelli affilati per impedire ogni riflessione è secondo me comunque inaccettabile.
E' o non è giunta l'ora di finirla con l'attuale asfissiante conformismo sulle questioni dell'Europa Orientale, e sulla "questione serba" in particolare?Sarebbe lecito o no conoscere per quello che è il programma politico della JUL, oppure leggere ogni tanto una dichiarazione di un esponente dell'SPS, quantomeno a titolo informativo?
E' consentito conoscere la realtà dei fatti al di là degli slogan di comodo, o dobbiamo continuare a sentire sempre e soltanto un'unica campana?
Questo soprattutto sulla scorta del fatto (che posso dimostrare e documentare) che non si è voluto, negli scorsi anni, costruire alcun rapporto con la vera sinistra jugoslava (antifascista ed antimperialista): non lo si voleva fare con chi da sinistra si opponeva a Milosevic, ma non lo si vuole fare nemmeno con i socialisti croati.
Qual'è insomma lo scopo di questa censura infinita, becera ed inspiegabile, tale che nessun discorso sulla Jugoslavia possa avere cittadinanza nelle sedi "per bene" se non è introdotto da almeno una frasetta "ad hoc" sulle colpe di Milosevic come "teorico della Grande Serbia"?
Qualcuno ha provato a tracciare un parallelo tra l'aggressione occidentale contro l'Iraq e l'aggressione occidentale contro la Jugoslavia, di prima e di adesso, o tra le figure di Saddam e di Milosevic?
Mi sembra di notare qualche incongruenza a sinistra.
La realtà è che la Guerra Fredda, con i suoi meccanismi di manipolazione delle coscienze, non è terminata: viviamo nell'epoca della "produzione di angoscia a mezza stampa".
Per di più, noi italiani siamo dentro al conflitto balcanico, per la storia che pesa, per il fatto che la nostra terra è la base di lancio da cui partono le aggressioni, aeree e non solo, contro quei popoli vicini.
In quanto interni al problema, noi subiamo gli stessi meccanismi militari di chi è lì sotto le bombe: semplicemente, far funzionare le Meningi su certe questioni di interesse strategico immediato è fortemente inopportuno.
Si sarebbe ad esempio corso il rischio, nel caso di una sollevazione popolare tipo Vietnam contro le truppe di occupazione occidentali in Bosnia, di schierarsi dalla parte giusta.
Si sarebbe ad esempio corso il rischio di creare una reale opposizione all'uso del nostro territorio per certe Operazioni di Guerra che sono state spacciate per "Operazioni di Pace", sempre indirizzate contro le "bestie" serbe (per usare la raffinata definizione dell'intellettuale Adriano Sofri, su "L'UNITA' '" del 28 Agosto 1995).
Ciononostante, questo nodo della "questione serba" deve assolutamente essere sciolto.
Non è possibile che ogni qualvolta si tenti di parlare della disinformazione sui Balcani venga messo il bavaglio con accuse pretestuose.
E' sconcertante che la verità storica sulle guerre inter-jugoslave di questi anni sia ancora impronunciabile a meno di accuse di fascismo.
E' una questione di giustizia, di intelligenza, di civiltà, di pace.
E' anche una questione di prospettive per la sinistra (non solo italiana) che appare oggi completamente subalterna ai processi in atto.
Non si tratta insomma di problemi da poco.

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