La sinistra europea ha accolto con grande e acritica euforia la resistenza kurda di Kobane – Ayn Al Arab – contro le orde di Daesh, commettendo l’errore di rifiutare il confronto con alcuni settori della sinistra rivoluzionaria turca. Anche questo atteggiamento ha contribuito a provocare una inaspettata turcofobia: Erdogan, un autocrate in larga parte delegittimato dal suo stesso popolo, viene visto come il naturale rappresentante di tutti i turchi. Ormai anche sulla rete è facile leggere frasi razziste come “la Turchia deve essere smembrata”, oppure “i turchi sono da sempre un popolo barbaro”. Affermazioni gravi che da sinistra ricalcano l’islamofobia della destra antiaraba ed iranofoba.
Ci terrei, prima di iniziare qualsiasi tipo di analisi, a ribadire che il popolo turco – ricomprendendo nella spesso ambigua categoria di “popolo” i ceti operai e contadini – è un grande popolo ricco di cultura che in molto occasioni ha dimostrato di essere molto combattivo nei confronti dell’ imperialismo occidentale. Vedere in Erdogan il rappresentante di ‘’tutti i turchi’’ è un po’ come vedere in Netanyahu, di fatto un altro autocrate, il rappresentante dell’ebraismo. Chi criminalizza i popoli – come la storia insegna – assolve sempre i veri colpevoli.
E’ evidente che non risponde a verità l’affermazione in base alla quale ‘’tutti i curdi combattono l’ISIS’’; si tratta di una semplificazione che rischia di diventare anche ridicola, se non si entra nel merito delle cose. Qualcuno, fra i lettori, è davvero convinto che Barzani – la cui famiglia è legata da decenni al Mossad – sia fuori dai loschi traffici di petrolio con cui sono andati alle stelle i conti bancari della famiglia Erdogan, dei principini sauditi e di settori rilevanti della borghesia imperialista israeliana? Come ha detto Kemal Okuyan, membro del Comitato Centrale del Partito comunista turco ( organizzazione molto vicina al KKE ) “Fintanto che Erdoğan è considerato l’unico rappresentante del popolo turco e una guerriera curda a Kobane è considerata l’unica rappresentante del popolo curdo, non si può conquistare la pace”. La sinistra non può porsi sullo stesso piano delle destre imperialiste, cioè quello del conflitto inter-etnico.
Proprio qualche mese fa, sempre Kemal Okuyan, scriveva “Il partito di Erdoğan ha cambiato tutta la percezione riguardo la Turchia: quando i signori imperialisti hanno smesso l’elogio al “Sultano” i Maestri come Ran e Nesin non potevano salvare più l’immagine della Turchia. Per il resto del mondo la Turchia era un paese “reazionario, arrogante ed oscuro”.’ 1 Eppure la rivoluzione democratica guidata da Kemal Mustafa ( poi denominatosi Ataturk, ovvero ‘padre dei turchi’ ) non solo ha liberato la nazione turca dalla retrograda tirannia ottomana, ma ha anche modernizzato il paese addirittura avvicinandolo alla Russia bolscevica.
Come mai, con un atteggiamento eurocentrico, la sinistra occidentale accoglie gli sproloqui degli storici di destra dediti a definire ‘Ataturk’ un ‘dittatore’ ? Al contrario, si deve sapere che lo stesso Lenin riteneva Mustafa Kemal uno ‘’statista progressista’’. Siamo alle solite: l’analisi di Lenin sul principio di autodeterminazione dei popoli (che nulla ha a che vedere con il separatismo etnico) è stata del tutto dimenticata o, cosa peggiore, travisata.
Ma che cos’è stato il kemalismo ? Lascio rispondere Mahir Cayan, figura rappresentativa della guerriglia rivoluzionaria ( guevarista ) durante i primissimi anni ’70:”Il kemalismo è stato la bandiera della liberazione nazionale dei nazionalisti progressisti in un paese occupato dall’imperialismo. L’essenza del kemalismo era, infatti, lo schierarsi contro l’imperialismo. È sbagliato dire che il kemalismo è stato una semplice “ideologia di Stato” perché originariamente il kemalismo era la riflessione antimperialistica della sinistra più radicale della piccola borghesia, sulla base del patriottismo’ ( Mahir Cayan, La rivoluzione ininterrotta ). La rivoluzione kemalista del 1923 ha sconfitto le trame imperialiste britanniche e statunitensi, restituendo alla nazione turca dignità e sovranità nazionale. Certo, una volta adempiuta la sua “missione storica” ( rivoluzione democratica e nazionale ), la borghesia turca si è consegnata al capitalismo occidentale e ciò – disse Cayan – “ha portato le regressioni sociali nella Repubblica”. Non metto certamente in dubbio il contraddittorio rapporto di Kemal con i comunisti e il pugno di ferro troppe volte utilizzato ( tutti aspetti che condanno fermamente), ma come negare la democratizzazione del paese – intendendo con ciò la realizzazione di uno stato laico e sociale – i cui beneficiari sono stati gli stessi curdi. Domanda: perché il PKK distrugge le statue di Ataturk come è stato fatto, più volte, durante il 2014? Non è un errore, una mancanza di rispetto verso una gran parte dei ceti popolari (piccolo borghesi ma anche proletari) turchi che non vogliono rimuovere il ricordo del padre della loro nazione?
Se Mustafa Kemal fu un “laicizzatore”, il PKK di oggi adotta una retorica inaspettatamente vetusta e fuori tempo: in un evento intitolato “Congresso per un Islam democratico”, Ocalan parlò quasi come un leader della Fratellanza Musulmana:“Ritengo che dobbiamo incorporare la nostra lotta democratica e popolare nei principi della religione islamica contro lo statalismo rappresentato dai due grandi centri politici dell’Islam attuale: il nazionalismo arabo e lo sciismo iraniano […] è importante vedere che il concetto moderno dell’Umma (unità religiosa nella terminologia islamica) è multiculturale’ 2. Purtroppo Ocalan (che pure ha avuto meriti indiscussi), da anni, ritiene “nemici da combattere” il nazionalismo baathista e lo sciismo antimperialista: sarà forse (anche) per questo motivo che il YPG – il ramo siriano del PKK – ha scelto di collaborare con i fondamentalisti dell’Esercito Libero Siriano contro il governo di Bashar Al Assad ? E’ di qualche giorno fa la notizia, che a Qamishli, le milizie curde hanno attaccato un gruppo di cristiani filo-baathisti uccidendo un soldato siriaco 3. Qualcuno si è reso conto che la “favola di Kobane”, con tutti i suoi attori, presenta degli aspetti contraddittori?
La sinistra turca si divide
Per ciò che riguarda le posizioni interne alla sinistra marxista turca, la disinformazione abbonda. Molti giornali online tendono a mettere sullo stesso piano i maoisti del TKP/MLe del MLKP ( enverista ), i quali combattono a Kobane, con i guevaristi del DHKP-C. Per cercare di fare luce in questa vicenda ho contattato Aytekin Kaan Kurtul, giovane studioso marxista vicino al KP ( Partito comunista ) e critico sia verso il PKK che il DHKP-C, che mi ha concesso un’intervista:
D: ll DHKP-C ha mai avuto scontri col PKK ? In Italia, molti a sinistra, hanno messo queste organizzazioni – DHKP-C, PKK , TKP/ML e MLKP – sullo stesso piano. Tu che ne pensi ?
R: Gli scontri fra il DHKP-C e il PKK ci sono stati nel 2014, prima delle elezioni presidenziali. I comunisti italiani sono gli unici, insieme ad Erdoğan, a mettere queste organizzazioni sullo stesso piano. Noi, comunisti turchi, non lo facciamo.
D: Il DHKP-C rivendica l’eredità di Cayan. Pensi che gli appartenga?
R: Non tanto, o meglio, in linea di massima sì, ma in alcune tematiche fondamentali no. Ad esempio il fatto che il DHKP-C insiste sulla cultura alevita invece di seguire una linea laica pura. Questo “rispetto” poi da vita ad altre intolleranze come ad esempio una certa omofobia: anzi, direi il DHKP-C ha dei tratti fortemente omofobi. Inoltre si limitano alla guerriglia urbana invece di espandersi alla campagna, come faceva Çayan ecc.
D: Tutti ricordano il capo guerrigliero Ibrahim Kaypakkaya a cui si rifà il TKP/MLorganizzazione di orientamento maoista, ma che rapporto aveva Kaypakkaya con altri rivoluzionari come Deniz Gezmis e Mahir Cayan ?
R: Gezmiş e Kaypakkaya si erano addirittura picchiati una volta, anche se non si trattava di una “lotta” tra due correnti. Infatti Gemiş diceva di Kaypakkaya e dei suoi seguaci: “non sono mai stati affidabili, manipolano ogni verita’’.
D: Cosa rappresentano per i comunisti turchi le figure di Mahir Cayan e Deniz Gezmis ?
R: Tutti li considerano dei martiri.
Mi preme ricordare che sia Deniz Gezmis quanto Mahir Cayan, erano per l’unità degli operai turchi e curdi all’interno di un processo rivoluzionario volto a combattere e superare il capitalismo in Turchia. Nessun marxista, da quelle parti, ha mai rivendicato il separatismo etnico oggi proposto dai ‘’nuovi’’ seguaci di Ocalan. Come mai su questo tema – e mi rivolgo alla sinistra antimperialista italiana – c’è tanta disinformazione? Quali reali interessi si celano dietro il mito di Kobane? E’ probabile che, molto presto, avremo delle risposte eloquenti e forse, per qualcuno, imbarazzanti.
http://www.linterferenza.info/esteri/3134/
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