venerdì 12 febbraio 2016

Boko Haram: il Califfo della CIA riparte dall’Africa ?, di Stefano Zecchinelli

Colpite dalla brutalità di Boko Haram ben 86 persone hanno perso la vita e altre centinaia sono rimaste ferite in Nigeria. L’attacco è avvenuto nella tarda serata di sabato 30 gennaio 2016: i jihadisti indossavano uniformi militari e sono arrivati a bordo di motociclette a 12 kilometri dalla città di Maiduguri. L’assalto è durato circa quattro ore: i terroristi hanno messo a ferro e fuoco l’intero villaggio, bruciando vivi donne, uomini e bambini.
Nelle stesse ore, per mano di Daesh, tre esplosioni vicino ad un mausoleo sciita hanno provocato oltre 70 morti. Purtroppo, fuori dal vecchio continente pare essere una costante: uomini e donne musulmani sono le prime vittime del terrorismo ‘islamista’, una macchina da guerra che serve interessi ben lontani dall’immaginario del cittadino medio occidentale.
Abbiamo assistito, a Roma, Parigi o Londra, a dichiarazioni di solidarietà nei confronti delle vittime che il ‘califfo africano’ da anni miete da quelle parti ? Purtroppo per Renzi, Hollande e Cameron il sangue degli europei è un pochino più rosso di quello degli abitanti di Maiduguri. I nostri governanti devono restare fedeli al mantra dello ‘scontro di civiltà’, un mantra privo di riscontri dato che, alla prova dei fatti, si tratta soltanto di mero “scontro fra ignoranze”.
Detto ciò è bene analizzare l’origine del fenomeno: da dove parte la jihad africana e soprattutto

Che cos’è Boko Haram ?

Il gruppo Boko Haram – letteralmente l’istruzione occidentale è proibita – viene fondato dal predicatore Mohammed Yusuf, il cui obiettivo iniziale è di instaurare la ‘sharia’ nel Borno. In quella regione i centri di indottrinamento islamista attecchiscono con estrema facilità, complice la povertà estrema, l’ignoranza e le difficilissime condizioni di vita in cui si trova gran parte della popolazione.
La rivista inglese The Economist ha riportato qualche dato interessante: “In nessuna parte del mondo ci sono così tanti bambini espulsi dal processo scolastico, in alcune zone l’alfabetizzazione femminile è inferiore al 5% e si stima che il 75% dei residenti del nordest viva sotto la soglia di povertà, circa il doppio rispetto alle zone meridionali del paese.”. La crescita dell’islamismo ha notevolmente aggravato la situazione: queste bande di terroristi hanno riempito le loro casse con saccheggi, razzie e rapimenti finalizzati al riscatto di cui ricordo il sequestro di ben 300 ragazze nella città di Chibok, sul versante nord-orientale del paese.
Secondo il giornalista David Seddon “Di recente il reclutamento è stato condotto con la forza ma in realtà non ne è richiesta molta visto che coloro che vi si uniscono spesso hanno ben poche alternative: in parti del nordest l’agricoltura è crollata e in molti posti i campi giacciono incolti ed i mercati sono deserti – anche in zone ancora sotto il controllo governativo. Si stima che il collasso economico e l’insicurezza hanno indotto più di mezzo milione di persone ad abbandonare le proprie case”1. Un elemento veritiero ed alquanto preoccupante che mi spinge a porgere una domanda: che rapporto c’è fra il neoliberismo economico e la crescita del fenomeno jihadista ?
Durante la sua prima fase Boko Haram si connota come un fenomeno locale disinteressato alla jihad globale, dimostra simpatia per Al Qaeda senza aderirvi. Nessun jihadista nigeriano è mai stato coinvolto in operazioni terroristiche internazionali. La ragione dell’iniziale carattere ‘nazionale’ di Boko Haram possiamo rinvenirla nel contrasto fra il nord musulmano ( circa il 45 % della popolazione complessiva del paese ) ed il sud cristiano ( possiamo parlare del 35 % della popolazione ) ed animista (solo il  20 % di praticanti ). Una volta persi i posti di comando i musulmani hanno coltivato il mito della ‘’guerra di civiltà’’, un conflitto nazionale e non pilotato verso l’estero, pompando l’estremismo ed il fanatismo. I rapporti, sempre più stretti, fra la Nigeria e l’Arabia Saudita, ovvero con la centrale del terrorismo internazionale, hanno maggiormente contribuito a spappolare l’apparato burocratico della già debole nazione africana. Possiamo ritenere questi rapporti diplomatici, politici e soprattutto di intelligence il vero movente e la causa stessa dell’ultimo massacro antisciita ( dicembre scorso ) ? L’estremismo islamista pone – come è noto – un nemico esterno ed un nemico interno: l’eresia, la lotta agli apostati.
La situazione è cambiata di recente: Boko Haram acquista una dimensione internazionale e col nuovo predicatore Abubakar Shekau riconosce l’autorità di Al Bagdadi. Il passaggio al ‘’globalismo islamista’’ è chiaro: “Allah ci impone di governare Gwoza secondo la legge islamica. Di fatto ci impone di governare tutto il mondo e non solo la Nigeria, e adesso noi abbiamo incominciato”. Ma non era Daesh a voler riunire tutti i jihadisti sotto le sue bandiere ? Domanda: quali rapporti e quali differenze intercorrono, allo stato attuale, fra Boko Haram e Daesh ?
Shekau è certamente affascinato dagli sproloqui di Al Bagdadi ma, a differenza del Califfo, il suo islamismo ha forti influenza animiste: il dottrinarismo islamista si mescola con le culture autoctone africane, il movimento si confronta col jihadismo globale conservando alcune ‘’interessanti’’ caratteristiche autoctone. Il cambio di strategia è chiarissimo.
I neo-terroristi agiscono diversamente ‘’Influenzato da IS, Shekau sembra sul punto di mutare strategia. Passa da una guerra di guerriglia fluida alla occupazione ufficiale delle zone che è in grado di controllare’’ 2. Urge la domanda: da dove arrivano i mezzi blindati e gli armamenti atti a mantenere la militarizzazione di un intero territorio ? Continuo: come mai l’esercito regolare nigeriano usa i guanti bianchi con Boko Haram ma schiaccia, senza pietà, le minoranze sciite ( legate all’Iran ) ? Casa Saud non ha avuto problemi – col plauso dei neocon Usa e dei falchi israeliani – a far sprofondare il Medio Oriente nel caos, prendendo di mira due bastioni del polo antimperialista: Iran e Siria. Chi oggi vuole mettere le mani sulle enormi risorse naturali della Nigeria ?
Alberto Negri ritiene che la jihad africana sia un progetto ambizioso ed imperiale, certamente qualcosa da combattere tramite coalizioni allargate: ‘’La jihad è senza frontiere perché sono letteralmente spariti i confini di interi Stati’’. Il giornalista de Il Sole 24 Ore continua così: ‘’È questa una jihad globale, come raccontano gli eventi di Parigi e le sue ramificazioni europee, effetto della scossa tellurica che scuote non da oggi il mondo musulmano dal Medio Oriente al Maghreb, dal Sahara all’Africa occidentale, dal Mar Rosso all’Afghanistan’’ 3.
Eppure a differenza di Negri mi viene difficile concepire una ‘’coalizione ampia’’: la Francia e gli Usa sono i diretti responsabili della distruzione degli Stati nazionali in quelle aree geografiche mentre la Russia, anch’essa capitalista, ha interessi geostrategici certamente contrastanti. In Somalia gli Shaabab sono l’indegno prodotto della sconfitta del movimento antimperialistico un po’ come i talebani, tanto coccolati dalla CIA, contro l’Unione Sovietica. Negri prende una posizione terzista auspicandosi una utopica collaborazione fra l’imperialismo statunitense e la Russia di Putin, ma questo spirito di conciliazione potrebbe valere anche nei confronti di Israele, potenza imperialista con la pessima fedina penale molto spesso collusa coi traffici jihadisti ?
Il nostro in conclusione scrive: ‘’In Europa, nonostante l’Occidente sia un suo bersaglio, può seminare terrore ma non avrà mai uno Stato. Il suo vero combattimento è dentro l’Islam: per questo anche gli Stati arabi e musulmani sunniti che hanno sostenuto e appoggiato il Califfato per annientare i rivali sciiti dovrebbero fare una riflessione seria. Conviene allearsi per combattere l’Isis piuttosto che essere travolti dalla destabilizzazione per decenni’’. Domanda per Negri: Israele sul Golan siriano ha stretti rapporti coi tagliagole di Jabat Al Nusra ( il ramo siriano di Al Qaeda ); anche Tel Aviv rientra in questa coalizione ? Dico questo perché non possiamo rifiutarci di risalire alla radice del problema arabo ed ora anche africano, riscontrabile nella creazione, da parte del colonialismo britannico, di due avamposti – uno ‘’bianco’’ ed uno ‘’teocratico’’ – occidentali: Israele e l’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita l’abbiamo messa al bando ( si spera ), ma cosa aspettiamo a fare lo stesso con Israele ? Boko Haram va inserito nella jihad globale, non è più soltanto un prodotto della retrograda società nigeriana, ed i capi di imputazione, si ampliano sempre di più.
Boko Haram, gli Shaabab, i talebani ed altre organizzazioni wahhabite si diffusero a macchia d’olio dopo la distruzione – pilotata dagli Stati Uniti – dell’Afghanistan filosovietico. Nel 2007, gli Usa eliminarono in Somalia il governo delle Corti Islamiche: il movimento di resistenza uscito fuori da quella ingerenza aveva chiari tratti antimperialistici ma venne tradito dal suo zoccolo duro wahhabita, vero cancro per i musulmani provenienti dai ceti sociali più umili. Quanto è facile per Casa Saud sostituire la lotta contro l’imperialismo occidentale con l’inesistente ‘’guerra agli infedeli’’ ? Una cosa è certa: il risultato è un bell’affare per molti.
Il sociologo James Petras, con spirito critico, giustamente annotava che ‘’Un po’ ovunque in Africa del Nord e a sud del Sahara, i regimi filo occidentali hanno provocato delle rivolte armate. Così in Libia, in Nigeria (Boko Haram), in Egitto (Stato Islamico, Fratelli Mussulmani e altri), in Ciad, in Niger, in Sud Sudan, in Somalia e altrove’’ 4,come potete leggere la guida delle mobilitazioni è in mano ad organizzazioni islamiste: un tempo invece chi si sarebbe messo alla testa di tali istanze sociali ? Il risultato finale è questo: Boko Haram massacra civili nel nord del paese, l’occidente tace o applaude. Una duplice vergogna.


http://www.linterferenza.info/esteri/boko-haram-il-califfo-della-cia-riparte-dallafrica/

Nessun commento:

Posta un commento