mercoledì 14 ottobre 2015

Execution of a woman in Saudi Arabia 2015


Da un articolo di Maurizio Blondet:

Sempre meglio della pena cominata a Laila Bent Abdel Mouttalib Bassim, cittadina birmana che però faceva la serva in Arabia Saudita. Secondo la giustizia di re Abdallah, è colpevole di aver violato sessualmente la sua nipote di 7 anni e di averla uccisa. Un’accusa certamente provata dai meravigliosi tribunali islamici. La donna è stata decapitata sulle strisce pedonali di La Mecca. Lei ha gridato fino all’ultimo: “Sono innocente, è un’ingiustizia!”. Ma sì, ad ascoltare le donne di servizio, loro sono sempre innocenti. Ma sono donne. E di servizio. Una botta e via.
Le chiacchiere che wahabiti e wahabite si scambiano sui social preoccupano l’eccelsa Casa Regnante, la quale ha emanato un decreto per punire chi “diffonde voci sul governo” nei social media. Secondo la gravità dei pettegolezzi, le pene comprendono le usuali frustate, il carcere, il divieto di viaggiare all’estero e gli arresti domiciliari. Per i casi più gravi, la pena di morte.
http://www.maurizioblondet.it/elogio-di-wahab-primo-nella-difesa-dei-nostri-valori/

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