Esiste l’“internazionale nera” di Putin descritta da molti commentatori occidentali?
- Paolo Borgognone -
Considero quella relativa all’“Internazionale Nera” ed “euroscettica”, ipoteticamente radunatasi attorno a Vladimir Putin e alla Russia, la più ridicola, infondata storicamente e politicamente, nonché allo stesso tempo calunniosa delle manipolazioni mediatiche finalizzate a precisi scopi politici di salvaguardia dell’eticamente screditato e onestamente indifendibile modello di sfruttamento turbo-capitalistico occidentale.
Mi spiego meglio: il ceto politico, imprenditoriale e mediatico occidentale non può legittimare se stesso, con le sue corruttele e la sua vocazione all’apologia diretta dello sfruttamento neocoloniale, all’affarismo e al servilismo, se non attraverso la demonizzazione di ogni alternativa a quanto esso rappresenta. In altri termini, la retorica è questa: noi, liberali e postmodernisti occidentali, non saremo certo il sale della terra, ma siamo comunque sempre incomparabilmente meglio rispetto a ogni alternativa, soprattutto rispetto ai cosiddetti “fascisti euroscettici” (Front National, Lega Nord, FPӦ, FIDESZ, ecc.) “alleati di Putin”, per cui, caro volgo mediaticamente manipolato e volontariamente acquiescente e conquistato alle dinamiche consumistiche odierne, «non fare cazzate» e continua a tributare a noi, e soltanto a noi, il tuo consenso politico ed elettorale, perché se qualcosa dovesse effettivamente cambiare, perderesti il tuo consolidato, sebbene messo in un certo qual senso alla prova dall’ attuale “crisi economica” (in realtà uno scontro geopolitico e di classe su scala globale), stile di vita votato al “benessere materiale” e al consumo compulsivo di merci, immagini e relazioni interpersonali.
Ovviamente, i fantasmi politici dell’“Internazionale Nera” di Vladimir Putin sono mera coreografia pubblicitaria a uso e consumo di un “circo mediatico” intento unicamente a vendere gossip ai propri, in verità in via di progressiva diminuzione, lettori e ascoltatori. Si può impunemente parlare di “Internazionale Nera” di Putin a margine dell’ultimo talk show politicamente corretto di Rai 3 o dalle colonne di quotidiani aziendali a vocazione ultra-atlantista come La Stampa e La Repubblica, ma non certo in sede di dibattito scientifico e storiografico. Non esiste infatti alcuna “Internazionale Nera” filo-russa.
I partiti politici cosiddetti “euroscettici” che si sono schierati, durante tutto il corso del 2014, a favore delle ragioni geopolitiche e di politica interna di Mosca, in merito alla crisi ucraina e alle questioni relative alla gestione dei processi sociali in Russia nell’ ambito di un disegno politico governativo, assai popolare nel Paese, teso al recupero della sovranità nazionale mediante la promozione pubblica dei “valori conservatori” della tradizione storica dell’Unione Sovietica e della Russia ancestrale, possono essere definiti a vario titolo nazional-conservatori (FIDESZ), nazional-populisti (Lega Nord, FPӦ), nazional-patriottici (Front National) o anche radical-nazionalisti (come nel caso dello Jobbik ungherese) ma non certamente “fascisti”. Le velleità programmatiche di questi partiti, soprattutto in ambito economico, possono essere sottoposte a critiche anche radicali, ma è politicamente inutile e storicamente inesatto definire tali soggetti politici “fascisti”. Per esempio, relativamente soprattutto al caso leghista, consiglio di leggere le pagine dedicate al movimento “padano” da Marco Tarchi nel suo recente libro, Italia populista, mentre chi volesse approfondire la questione dell’identità politica del Front National potrebbe leggere l’ultimo libro di Nicola Genga, Il Front National da Jean Marie a Marine Le Pen. Queste pubblicazioni non utilizzano il gossip quale elemento pubblicitario atto a vendere sensazionalismo politico a buon mercato, ma analizzano la genesi e la portata storica delle soggettività partitiche cosiddette “populiste” in Europa per quello che effettivamente sono e rappresentano. Definire “fascisti” i movimenti e i partiti europei appartenenti al campo della destra “post-industriale”, per comodità schematizzabili sotto la formula del “nazional-populismo”, è fuorviante perché apre la strada al rischio della generalizzazione e della mistificazione. Se tutti sono egualmente e indistintamente fascisti (Marine Le Pen, Vladimir Putin, Aleksandr Dugin, Gabor Vona, Matteo Salvini, Oleh Tyahnybok e Viktor Orbán), allora più nessuno è fascista e tra chi, in Ucraina, appoggia Pravy Sektor e chi, da posizioni magari non immediatamente riconducibili allo stereotipato immaginario politico della cosiddetta “sinistra occidentale”, lo combatte, sostanzialmente non c’è differenza. Per cui, sarei molto prudente nell’ affibbiare a chicchessia etichette politiche in base a valutazioni ideologiche meramente articolate in base ai riferimenti concettuali eurocentrici fondati sulla sacralizzazione della dicotomia conservatori/progressisti e mi muoverei piuttosto nell’ effettuare una disamina degli eventi in corso (processo di storicizzazione del presente) articolando la mia riflessione sulla più convincente, almeno a mio parere, dicotomia atlantisti/eurasiatisti. Inoltre, vi sono elementi empirici che decostruiscono il teorema dell’“Internazionale Nera” di Putin. Tra questi, l’interesse politico recentemente dimostrato da importanti esponenti comunisti, come il ministro degli Esteri greco Nikos Kotzias, indipendente in quota Syriza, nei confronti della geopolitica eurasiatista elaborata da Aleksandr Dugin[1].
La teoria mediatica dell’“Internazionale Nera” di Vladimir Putin serve più che altro a camuffare, sotto la pesante coltre del gossip politico (infogossip) l’esistenza della reale, e tremendamente efficace, alleanza nazi-atlantista per la destabilizzazione dell’Ucraina e, in prospettiva, della Russia, ossia una vera e propria “Internazionale Liberal-Fascista” denunciata, in primis, dal presidente del KPRF (Partito comunista della Federazione russa) Ghennadij Zjuganov e da importanti e insigni consiglieri politici del Cremlino, come l’economista Sergej Glazev. Di questa alleanza fanno parte partiti socialdemocratici e liberalconservatori ucraini ed europei e movimenti dell’estrema destra atlantista ucraina ed europea. Nessuno, tra i media aziendali politicamente corretti, ha posto il problema relativo all’esistenza di taleconnection “arancio-bruna”, in quanto portarne alla luce la consistenza politica risulterebbe di grave imbarazzo per coloro i quali, da esponenti di primo piano delle soggettività politiche “europeiste” facenti riferimento al Ppe e al Pse, non esitano a dichiararsi, in realtà in maniera del tutto strumentale e retorica, “antifascisti”. Personalmente ritengo l’antifascismo una discriminante essenziale nella costruzione di qualsivoglia alleanza politica ma non nutro alcuna fascinazione per la vulgata “antifascista” liberaldemocratica, liberalsocialista e radical-democratica, à la Bobbio per intendersi, né per il postmodernismo degli “antifascisti” libertari di sinistra (à la Toni Negri), mentre aderisco indubbiamente alla versione eurasiatica di antifascismo, ossia considero il fascismo storico realmente esistito, estinto, anche e soprattutto per merito dell’Unione Sovietica, nel 1945, e il fascismo odierno una sorta di alleanza di interessi tra settori oligarchici e speculativi del ceto politico, della casta imprenditoriale e del “circo mediatico” neoliberali sans frontières e i movimenti nazionalisti radicali (spesso formati da giovani militanti “sradicati” di estrazione sottoproletaria) fautori della colonizzazione atlantica del continente eurasiatico. In tal senso, definisco indubbiamente neofascista il progetto neoconservatore statunitense di costruzione del Nuovo Ordine Mondiale a guida Usa, ma non considero affatto “fascista” chi a tale progetto funge da contraltare geopolitico, come Vladimir Putin, presidente della Federazione russa.
Quanto è probabile un confronto militare diretto fra Russia e Ucraina?
Il futuro è imprevedibile per definizione, dunque non posso rispondere a questa domanda. Personalmente, auspico che non vi sia alcun conflitto, né diretto né indiretto, tra Russia e Ucraina ma un’alleanza strategica tra le due nazioni, in nome della comune fratellanza slava, in funzione anti-occidentale e antiliberale. Naturalmente mi rendo conto dell’improbabilità della concretizzazione, a breve, di tale scenario, che ritengo però indispensabile al fine di costruire una solida alternativa continentale (eurasiatica) al dominio geopolitico euro-atlantico. Quella in corso in Ucraina non è infatti una confrontazione di matrice etnica. Russi e ucraini sono un unico popolo. Si tratta di una guerra civile scatenata e condotta per procura da pesanti ingerenze esterne, ingerenze euro-atlantiche, che, come ha osservato recentemente il professor Angelo d’Orsi, hanno assunto addirittura i connotati di una vera e propria «aggressione esterna»[2] da parte degli Usa e dei loro alleati oltranzisti europei (Polonia e Stati baltici in primis) nei confronti dell’Ucraina; un’aggressione cui la popolazione russofona e antifascista del Paese, in Crimea come nel Donbass e altrove, ha ritenuto doveroso ribellarsi. Gli antifascisti del Donbass sono russi e ucraini, per cui quella in corso è anche una guerra della giunta di Kiev (e dell’Alleanza atlantica) contro l’Ucraina stessa. Non vedo soluzioni alla crisi in corso differenti dall’innesco di un processo costituzionale di federalizzazione dell’Ucraina e di neutralizzazione militare del Paese. Se l’Ucraina dovesse infatti entrare nella Nato, la guerra in corso conoscerebbe una escalation.
[1] Cfr. A. G. Dugin, International Politics and the Eurasianist vision, in «The Fourth Political Theory», lezione di Geopolitica tenuta dal professor Aleksandr Dugin all’Università del Pireo, Dipartimento di Studi Europei e Internazionali, sotto il patrocinio del professor Nikos Kotzias, il 12 aprile 2013, visionabile in http://www.4pt.su/en/content/international-politics-and-eurasianist-vision
http://sakeritalia.it/interviste/eurasia-e-dintorni-linternazionale-nera-una-ridicola-manipolazione-mediatica/