martedì 19 giugno 2012

Le sei caratteristiche fondamentali di un partito Comunista, di Alvaro Cunhal

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Il XX secolo sarà sempre ricordato per la Rivoluzione Russa del 1917, per il potere politico del proletariato e per la costruzione duratura, la prima volta nella storia, di una società senza sfruttatori né sfruttati.

Prima si erano registrate insubordinazioni, ribellioni e rivolte degli schiavi, dei servi della gleba, delle classi sfruttate e oppresse. Ma in nessun caso queste lotte avevano l’obiettivo (e neppure l’ammissione di questa possibilità) di costruire una nuova società liberatrice.

La falsificazione della storiografia ufficiale, le enormi e calunniose campagne anticomuniste e l’abiura del proprio passato da parte di alcuni, rende necessario ai comunisti ricordare quale fu il significato della Rivoluzione Russa del 1917 e la costruzione dell’Unione Sovietica. Dichiarare e sostenere l’affermazione che si tratta del principale avvenimento storico del XX secolo e uno dei più significativi della storia dell’umanità.

Ricordare anche che, poco prima della Rivoluzione Russa, nella Comune di Parigi del 1871, il proletariato prese il potere e, dando prova di un eroismo di massa, iniziò la costruzione di una nuova società.

Ricordare che a Parigi, capitale della Francia, la bandiera rossa della classe operaia ondeggiò dall’asta del municipio per 102 giorni. Ricordare l’assalto delle truppe reazionarie, con la mostruosa repressione, il massacro di 30.000 parigini, un totale di 100.000 assassinati, esecuzioni, condanne ai lavori forzati.

Ma sottolineare sempre che, pur vinta la Comune di Parigi, essa non fu solo l’inizio del nuovo corso della storia dell’umanità ma fu l’alba annunciatrice della Rivoluzione Russa del 1917, che iniziò di fatto il cammino di un nuovo sistema  sociale, senza precedenti nella storia. Molti dimenticano che, nel volgere di mezzo secolo, questo sistema guadagnò terreno come alternativa al sistema capitalista. Sono avvenimenti che resteranno per sempre come riferimenti e valori dell’umanità nella lotta per la propria liberazione.

L’edificazione del Nuovo Stato, tradotta nella consegna "Tutto il potere ai soviet degli operai, dei contadini e dei soldati", significò l’instaurazione del potere popolare e un elemento base dello Stato e di una democrazia "mille volte più democratica della più democratica delle democrazie borghesi".

Sul piano economico, a partire dal controllo operaio, la terra, le fabbriche, le miniere, i trasporti ferroviari, le banche, passarono di pertinenza allo Stato di tutto il popolo, determinando un folgorante sviluppo.

Come per le imprese di Stato, si realizzò una profonda trasformazione dell’agricoltura, con la collettivizzazione  agricola, nella quale i sovkos (unità dello stato) ed il  movimento kolkosiano di massa (cooperative) svolsero un ruolo determinante.

Sul piano sociale, furono assicurati diritti di sussistenza, assistenza medica e istruzione. Fu riconosciuta di fatto l’uguaglianza dei diritti delle donne. Le istituzioni culturali furono liberate dal dominio dei grandi signori.

L’Unione Sovietica raggiunse grandi avanzamenti e scoperte nella scienza e nelle nuove tecnologie rivoluzionarie, che le permisero di ottenere, insieme allo sviluppo economico e sociale, un potenziale militare che sostenne per vari decenni il confronto con la politica aggressiva del capitalismo. Il fatto che sia stato un sovietico il primo essere umano a librarsi dalla gravità terrestre e a volare nello spazio, illustra questo risultato spettacolare.

E’ anche necessario che non si dimentichi il contributo che l’Unione Sovietica ha dato allo sviluppo della lotta dei lavoratori e dei popoli di tutto il mondo, alle nuove rivoluzioni socialiste, alla conquista dei diritti fondamentali dei lavoratori nei paesi capitalisti, allo sviluppo del movimento di liberazione nazionale e - al prezzo di 20 milioni di vite umane, nell’azione degli eserciti, nei campi di concentramento, negli enormi massacri delle popolazioni indifese - alla sconfitta della Germania hitleriana nella II Guerra Mondiale, dando un apporto decisivo per salvare il mondo dalla barbarie fascista.

Senza dubbio non è sufficiente l’esposizione obiettiva e valutativa di queste realtà. E’ indispensabile procedere allo stesso tempo ad un’analisi critica e autocritica degli aspetti, dei fatti e dei fenomeni negativi registrati.

E’ una verità elementare che la distruzione dell’Unione Sovietica e degli altri paesi socialisti è stata il risultato di una serie di circostanze esterne ed interne, di diversa influenza. Hanno pesato con rilevanza fattori di ordine interno. Il fatto che, nella costruzione della nuova società, si sia verificato un allontanamento dagli ideali e dai principi del comunismo, il progressivo degrado della politica dello stato e del partito, e dunque la creazione di un modello che, con il tradimento di Gorbachov, condusse alla sconfitta e alla distruzione.

Il modello che si andò producendo, si tradusse in un potere fortemente centralizzato e burocratizzato, in una concezione amministrativa delle decisioni politiche, nell’intolleranza di fronte alla diversità di opinioni e davanti alle critiche al potere, nell’uso e abuso di metodi repressivi, nella cristallizzazione e dogmatizzazione della teoria.

Compromesso il potere politico della classe operaia e delle masse lavoratrici; compromessa la nuova democrazia; compromesso lo sviluppo economico, che nelle prime decadi del potere sovietico, grazie alla militanza del popolo, aveva raggiunto un ritmo vertiginoso. Compromesso il carattere dialettico e creativo della teoria rivoluzionaria, che necessariamente deve rispondere ai mutamenti delle realtà e alle esperienze della pratica.

Nelle ultime decadi del XX secolo, benché sia stato contrastato dal campo socialista e dall’avanzata del processo rivoluzionario mondiale, il capitalismo ha registrato uno sviluppo che lo ha portato ad ottenere la supremazia in termini mondiali.

Due fattori hanno determinato questa situazione:

- Da un lato la sparizione dell’URSS e degli altri paesi socialisti, l’indebolimento del movimento comunista internazionale e del movimento di liberazione nazionale, la regressione dei processi rivoluzionari.

- Dall’altro lato, lo sviluppo del capitalismo nelle sfere della produzione, della scienza, della ricerca scientifica, delle tecnologie rivoluzionarie e della forza militare.

Da tutto questo è risultata, alla fine del XX secolo, un’alterazione dei rapporti di forza che ha permesso all’imperialismo di lanciare una gigantesca offensiva, nel tentativo di ottenere il dominio assoluto in tutto il pianeta.

Per più di tre quarti del secolo XX, la tendenza evolutiva generale è stata l’avanzata del socialismo e della lotta di liberazione dei popoli. Nelle ultime decadi del secolo si è avuta un’inversione di questa tendenza. L’alterazione dei rapporti di forza ha reso possibile al capitalismo scatenare un’offensiva globale.


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L’offensiva imperialista attualmente in corso ha come obbiettivo, dichiarato e annunciato, l’imposizione in tutto il mondo del dominio assoluto del capitalismo come sistema unico, universale e finale.

E’ questo il significato fondamentale della teoria della globalizzazione. Si tratta del maggior pericolo e della più sinistra minaccia che l’umanità si sia trovata ad affrontare in tutta la sua storia.

E’ certo che alcuni aspetti ed elementi dello sviluppo obiettivo del capitalismo, tendente alla mondializzazione, si stavano già verificando. E’ il caso della internazionalizzazione dei processi produttivi, delle relazioni economiche e finanziarie, dell’informazione e della comunicazione sociale, della creazione di zone di integrazione economica.

E’ altrettanto certo che l’imperialismo, nella lotta per la divisione del mondo, usava già come strumenti interventi militari, aggressioni e guerre.

L’offensiva ‘globale’ dell’imperialismo è senza dubbio cosa differente

Essendo gli Stati Uniti una forza fondamentale egemonizzante, l’attuale offensiva si estende su tutti i fronti.

Sono strumenti di offensiva economica la creazione di enormi gruppi di imprese transnazionali, diversi organismi con crescenti poteri di imposizione legale di regole e politiche (FMI, WTO, Banca Mondiale), che si appropriano delle risorse strategiche dei paesi più poveri, piazze finanziarie, politiche economiche decise da organi sovranazionali a stati membri di unioni a carattere federativo, mezzi di strangolamento finanziario e blocchi economici che tentano di forzare la resa dei paesi che si oppongono a questa offensiva.

Le zone di integrazione economica diventano zone di integrazione politica, con organismi sovranazionali, amministrazioni sovranazionali, con la sottomissione, di fatto, delle più povere e meno sviluppate a quelle più ricche e potenti

Questo processo acuisce molte contraddizioni del capitalismo, come l’elemento della crescita delle aree sociali che vivono in un’estrema miseria negli stessi paesi capitalisti sviluppati, e di interi popoli, di milioni di abitanti, che muoiono di fame, nei paesi sottosviluppati.

Si acuisce simultaneamente la concorrenza e si genera la possibilità di grandi conflitti tra i giganteschi poli politico-economici e tra i paesi più ricchi e potenti. Intanto (questo è un tratto nuovo, diverso) tutti si integrano nell’offensiva globale.

Significativo dei grandi progetti e piani è l’Accordo Multilaterale di Investimento (AMI). Secondo questo progetto, i grandi potentati economici e finanziari potrebbero, con l’appoggio militare necessario, imporre, paese per paese, le forme di sfruttamento e possesso dei settori vitali dell’economia, la destinazione dei capitali investiti e creati e anche l’obbligo dei governi fantoccio, con l’utilizzo di mezzi repressivi efficienti, di reprimere eventuali lotte e rivolte dei lavoratori e dei rispettivi popoli.

L’AMI è come il progetto di una carta costituzionale dell’imperialismo nella sua offensiva globale economica e politica.

Si sa che la divulgazione di questo progetto, elaborato sotto l’egida di Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania, ha provocato indignazione e reazioni tanto vaste da essere ritirato dall’immediata considerazione. Ma è un fatto che sia conservato per essere nuovamente preso in considerazione.

Allo stesso modo, usata come strumento diretto di offensiva economica (strettamente legata all’azione politica e diplomatica), sta l’offensiva militare, che punta sulla schiacciante superiorità bellica degli USA e della Nato, come forza autonoma sovranazionale (ma di fatto dominata e comandata dagli USA).

L’offensiva militare si esprime con ultimatum, bombardamenti, interventi armati, sostegno e fomentazione delle forze di opposizione ai governi democratici, interventi per opporre governi tirannici e governi fantoccio, aggressioni e guerre contro i paesi che si oppongono coraggiosamente al dominio degli USA e degli altri paesi imperialisti, attentati di organizzazioni terroristiche e azioni militari di terrorismo di stato.

Cresce la mostruosa istituzionalizzazione di un tribunale politico internazionale diretto dall’imperialismo per giudicare e condannare al carcere a vita gli emergenti difensori dei propri popoli e paesi.

Non si arresta la gigantesca contaminazione dell’atmosfera, di fiumi ed oceani, da parte dei paesi più sviluppati; la distruzione e la rapina delle risorse naturali dei paesi arretrati, che portano come conseguenza alla distruzione dell’equilibrio ecologico di vaste regioni del globo.

Tutti questi aspetti dell’offensiva, che conquista un luogo senza conquistarlo, fanno parte del processo di integrazione mondiale delle forze dell’imperialismo nella sua offensiva globale.

L’imperialismo proclama come prospettiva la sua offensiva irresistibile e senza scampo e annuncia, a titolo definitivo, la stabilità e la stabilizzazione finale del sistema. Sul piano ideologico annuncia l’universalizzazione del pensiero, la fine delle ideologie e il pensiero unico.

Ma l’offensiva non è irrimediabile ne irreversibile. E con quelle nozioni diramate dalla propaganda, l’imperialismo alla fine riesce ad ingannare sé stesso. Ossia, con il suo obiettivo dichiarato, di folle ambizione, costruisce l’attuale utopia del capitalismo

Utopia perché il capitalismo, da un lato, per sua propria natura è roso da contraddizioni e problemi che non riesce a superare. E dall’altro, esistono forze che si oppongono, che resistono e che, rafforzandosi, possono impedire all’imperialismo di raggiungere il suo obiettivo.

Tali forze sono:

a) I paesi che, avendo i comunisti al potere, insistono nell’obiettivo di costruire una società socialista, per vie ora molto diverse.

b) Il movimento operaio, fondamentalmente il movimento sindacale.

c) I partiti comunisti e gli altri partiti rivoluzionari, che lottano con fiducia e coraggio.

d) La resistenza potenziale nei paesi capitalisti attualmente dominati e sfruttati dall’imperialismo, con perdita effettiva della loro indipendenza nazionale.

e) I nuovi movimenti di liberazione nazionale.

f) I movimenti in difesa dell’ambiente, contro il potere delle decisioni dei paesi più ricchi e direttamente contro la globalizzazione.

Queste sono le forze fondamentali per impedire il dominio dell’imperialismo in tutto il mondo. Ma non basta la loro coscienza. E’ indispensabile un’azione corrispondente. Ed è necessario rafforzarle e lottare perché coincidano e convivano.

Questo è l’unico cammino per bloccare, ostacolare, impedire l’avanzare dell’offensiva dell’imperialismo e per creare le condizioni che portano a sconfiggerla e a determinare una svolta nella situazione internazionale.

Bisogna ricordare che l’imperialismo non si limita ad attaccare frontalmente nei suoi vari fronti. Cerca attivamente di dividere le forze che gli resistono, di minarle dall’interno, di farle desistere dalla lotta, di portarle all’autodistruzione e al suicidio.

In alcuni casi lo ha ottenuto. Ma in molti altri si verifica un rafforzamento, una rivitalizzazione, una crescente influenza, più iniziativa. E’ importante diffondere, sottolineare, valorizzare gli esempi che confermano questa valutazione.


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L’obiettivo della costruzione di una società socialista in qualsiasi forma implica che un partito comunista abbia soluzioni e obiettivi, a corto e medio termine, che si propongano come alternativa alla situazione esistente.

L’analisi della situazione e la definizione di una politica devono partire dalle verità fondamentali del capitalismo, alle quali corrispondono concetti fondamentali della teoria rivoluzionaria del proletariato.

- La divisione della società in classi, una di sfruttatori, l’altra di sfruttati;
- La lotta di classe;
- La politica di classe dei governi.

Si tratta della realtà e dei concetti. La loro scoperta non si deve a Marx ed Engels, ma a economisti e filosofi precedenti. Ciò che è nuovo nel marxismo è l’analisi delle situazioni economiche e politiche concrete che sono alla base di questi concetti.

E’ certo che, in situazioni pre-rivoluzionarie e in altre nelle quali si sia creato un temporaneo equilibrio delle forze di classe, il potere politico, fortemente condizionato, può congiunturalmente non condurre una politica al servizio del capitale. Può comunque realizzare metodi progressisti di carattere anticapitalista. Sono, senza dubbio, situazioni eccezionali e di poca durata.

Non è il caso dei paesi capitalisti di democrazia borghese. Nei quali il potere politico distorce i quattro versanti della democrazia:

economico - con la proprietà dei settori fondamentali dell’economia nelle mani del grande capitale e la sottomissione del potere politico al potere economico.

sociale - con lo sfruttamento e la miseria dei lavoratori e delle masse popolari e la concentrazione della ricchezza in un numero limitato di gigantesche fortune.

culturale - con la propaganda dell’ideologia del grande capitale, con un sistema di istruzione discriminatorio per i figli della classe lavoratrice, con la propaganda di idee oscurantiste, con gli attentati alla creatività artistica, con il moltiplicarsi delle sette religiose.

politico - con l’abuso e l’assolutizzazione del potere e la liquidazione degli organi e meccanismi della fiscalizzazione democratica del suo esercizio, con l’alterazione incostituzionale della legalità e delle competenze degli organi di sovranità quando le leggi in vigore si rivelano insufficienti per l’esercizio assoluto del potere del grande capitale.

E tutto questo degrado si sviluppa con il pretesto della necessaria stabilità e dello stato di diritto.

Il degrado della democrazia politica, portando con se spettacolari e teatrali contese e imbrogli parlamentari, il carrierismo, l’impunità, la corruzione, provoca il discredito verso la politica e i politici.

Invece, la politica è un’attività necessaria dei comunisti e degli altri veri democratici, che sono differenti e migliori nella pratica politica e si distinguono dall’evocata classe politica screditata.

I potenti mezzi di comunicazione sociale (giornali, riviste, radio, televisione), proprietà dei grandi gruppi monopolistici, non costituiscono un nuovo potere indipendente, come alcuni pretendono, sono strumenti del grande capitale, in rapporto con i governi.

Essendo la lotta per la democrazia uno degli obiettivi centrali dell’azione di un partito comunista, è indispensabile definire quali siano gli elementi fondamentali di questa democrazia.

Da un governo sono da esigere la simultaneità e la complementarietà dei suoi versanti fondamentali. Non basta che un governo si affermi democratico. E’ necessario che lo sia di fatto.

Allo stesso tempo è necessario definire più concretamente, in ogni situazione concreta, la democrazia per la quale si lotta. In una situazione data, in un momento dato, per esempio, la lotta per la democrazia può dare grande rilevanza alla lotta per il rafforzamento degli elementi della democrazia diretta e partecipativa al pari della democrazia rappresentativa.

Le elezioni sono uno degli elementi base di un regime democratico ma possono esser considerate così, solo se rispettano l’eguaglianza e se sono impediti gli abusi del potere, le discriminazioni e le esclusioni. Se queste condizioni non sono conseguite, le elezioni diventano una frode, un grave attentato alla democrazia e uno strumento per la monopolizzazione del potere.

Una democrazia avanzata, per la quale lottano diversi partiti, è definita come un regime democratico che procede a realizzazioni progressiste di carattere non capitalista (come la nazionalizzazione di alcuni settori dell’economia e la liquidazione della proprietà latifondista).

In ogni modo, definiti gli obiettivi della lotta per la democrazia in un momento dato, i comunisti non possono stare, non desiderano stare e non staranno isolati.

La comprensione della lotta di classe - realtà onnipresente nella società come motore dell’evoluzione storica - non è contraria né esclude la necessità delle alleanze sociali e politiche della classe operaia, dei lavoratori e del loro partito per obiettivi concreti immediati, tenendo in conto che l’accordo e la correlazione delle forze politiche posa sulla relazione e correlazione delle classi e degli strati sociali. La definizione corretta delle possibili alleanze esige la somma in concreto delle alleanze sociali obiettivamente considerate e l’individuazione, quando è possibile, della rappresentatività di determinate classi e strati sociali da parte di determinati partiti, e della base sociale d’appoggio su cui questi contano.

Non esistono condizioni uguali. Si possono avere in paesi simili situazioni economiche, sociali e politiche simili; ma ci sono senza dubbio differenze che esigono risposte differenti. Non vi sono ricette universali, per cui copiare le soluzioni può portare ad orientamenti che non corrispondono alle esigenze della realtà concreta.

Le grandi scoperte scientifiche e le tecnologie rivoluzionarie stanno provocando cambiamenti profondi nella composizione della classe lavoratrice e nella stessa composizione sociale della collettività dei paesi sviluppati. Nei quali diventa particolarmente complessa la definizione delle alleanze sociali, basate sulle alleanze politiche. A questo rispetto, vi sono definizioni molto poco chiare.

In numerosi paesi della democrazia borghese, nel quadro della politica delle alleanze, i partiti democratici, e dunque i partiti comunisti, hanno definito come loro obiettivo, una politica nominalmente di sinistra.
Nei casi in cui, nell’orientamento di questi partiti, la parola ‘sinistra’ esclude l’appoggio e la compartecipazione ad una politica di destra, essa assume allora un significato chiaro e positivo.

Ma intanto nel dizionario politico contemporaneo, in molti paesi la parola ‘sinistra’ ha assunto un significato impreciso, pieno di incognite, contraddittorio, obiettivamente confuso. Nella definizione di partiti di sinistra, o settori di sinistra, sono inclusi frequentemente, oltre ai partiti dell’estrema sinistra, anticomunisti, partiti socialisti e partiti socialdemocratici che, nella loro azione politica, difendono e praticano una politica di destra.

Lo stesso vale per governi istituzionali di sinistra. Le esperienze mostrano che, in alcuni casi, la partecipazione comunista in governi di partiti socialisti o socialdemocratici, segnalati come di sinistra, hanno significato compartecipazione nella realizzazione di politiche di destra.

Dunque che si definisca come obiettivo una vera politica democratica, che si lotti per questo e che non si proclami una politica che includa la partecipazione (o la mira di ottenerla) in governi - come sono attualmente molti governi - che, nominalmente di sinistra, sono strumenti del grande capitale, delle transnazionali, dei paesi più ricchi e potenti, dell’attuale offensiva globale dell’imperialismo, che cerca di dominare in tutto il pianeta.

E’ anche il caso dei così detti patti di stabilità sottoscritti da partiti e organizzazioni sindacali riformisti, che sacrificano i diritti fondamentali dei lavoratori con l’intenzione di superare l’attuale crisi del capitalismo. Non è questo il cammino che la lotta dei lavoratori, dei popoli e delle nazioni attualmente esige.

Il cammino necessario che si richiede ai partiti comunisti e agli altri partiti rivoluzionari si definisce nelle condizioni concrete dei loro paesi. Con convinzione, con coraggio, e con la propria identità comunista.


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Nelle ultime decadi del XX secolo è mutato il quadro delle forze rivoluzionarie esistenti nel mondo.

Il movimento comunista internazionale e i partiti che lo compongono hanno sofferto profondi cambiamenti in seguito al crollo dell’URSS e degli altri paesi socialisti e della vittoria del capitalismo nella competizione con il socialismo.

Vi sono partiti che hanno rinnegato il loro passato di lotta, e la loro natura di classe, e l’obiettivo di una società socialista, e la loro teoria rivoluzionaria. In alcuni casi si sono trasformati in partiti integrati al sistema e finiranno per sparire.

Questa nuova situazione nel movimento comunista internazionale ha aperto nella società uno spazio vuoto nel quale prenderanno particolare rilevanza altri partiti rivoluzionari, che nelle condizioni concrete del loro paese, si identificheranno con i partiti comunisti in aspetti importanti e talvolta fondamentali dei loro obiettivi e delle loro azioni.

Perciò, quando oggi si parla del movimento comunista internazionale, non si può, come si faceva un tempo, collocare una frontiera tra i partiti comunisti e gli altri partiti rivoluzionari. Il movimento comunista ha assunto nel movimento una nuova composizione e nuovi limiti.

Ciò non significa che i partiti comunisti, con una loro propria identità, vengano a mancare nella società. Al contrario. Con le caratteristiche fondamentali della loro identità, i partiti comunisti sono necessari, indispensabili, insostituibili, tenendo conto che così come non esiste un modello di società socialista, non esiste un modello di partito comunista.

Intanto - dando differenziate risposte concrete a situazioni concrete - si possono segnalare sei caratteristiche fondamentali dell’identità di un partito comunista (abbia questo o un altro nome).

1. Essere un partito completamente indipendente dagli interessi, dall’ideologia, dalle pressioni e dalle minacce delle forze del capitale.

Si tratta dell’indipendenza del partito e della classe, elemento costitutivo dell’identità di un partito comunista. Si afferma nella propria azione, nei propri obiettivi, nella propria ideologia.

La rottura con queste caratteristiche essenziali in nessun caso è una manifestazione di indipendenza ma, al contrario, è in se stessa la rinuncia a quella.

2. Essere un partito della classe operaia, dei lavoratori in generale, degli sfruttati e degli oppressi.
Seguendo la struttura sociale della società in ogni paese, la composizione sociale dei membri del partito e della sua base di appoggio può essere molto diversificata. In qualche caso è necessario che il partito non sia chiuso in se, non sia rivolto al suo interno, ma si rivolga all’esterno, nella società, il che significa, non solo ma principalmente che sia strettamente legato alla classe operaia e alle masse lavoratrici.

Non tenendo conto di ciò, la perdita della natura di classe del partito ha portato alla caduta verticale della forza di alcuni, in certi casi, alla loro autodistruzione e sparizione

La sostituzione della natura di classe del partito con la concezione di un partito dei cittadini significa occultare che ci sono cittadini sfruttatori e cittadini sfruttati e portare il partito ad una posizione neutrale nella lotta di classe, che in pratica disarma il partito e le classi sfruttate e fa del partito uno strumento, un’appendice della politica delle classi sfruttatrici dominanti.

3. Essere un partito con una vita democratica interna e un’unica direzione centrale
La democrazia interna è particolarmente arricchita da lavoro collettivo, direzione collettiva, congressi, assemblee, dibattiti in tutto il partito sulle questioni fondamentali, sull’orientamento e sull’azione politica, decentramento delle responsabilità e elezione degli organi della direzione centrale e di tutte le organizzazioni.

L’applicazione di questi principi deve corrispondere alla situazione politica e storica nella quale il partito agisce.

Nelle condizioni di illegalità e repressione, la democrazia è limitata dall’imperativo della difesa. In una democrazia borghese, le virtù annotate  possono avere, ed è desiderabile che abbiano, un’applicazione molto vasta e profonda.

4. Essere un partito simultaneamente internazionalista e difensore degli interessi del rispettivo paese.
Al contrario di quanto in certe epoche fu sostenuto, non esiste nel movimento comunista una contraddizione tra questi due elementi dell’orientamento e dell’azione dei partiti comunisti.

Ogni partito è solidale con i partiti, i lavoratori e i partiti degli altri paesi. Ma è un difensore convinto degli interessi e dei diritti del proprio popolo e paese. L’espressione di partito patriottico e internazionalista è pienamente attuale in questa fine del XX secolo. Possono essere inclusi come valori internazionalisti, la lotta nel proprio paese e la relazione di solidarietà verso i lavoratori e i popoli degli altri paesi.

5. Essere un partito che stabilisce come suo obiettivo la costruzione di una società senza sfruttatori né sfruttati, una società socialista.
Questo obiettivo mantiene ancora piena attualità. Ma le esperienze positive e negative della costruzione del socialismo in una serie di paesi e i profondi mutamenti nella situazione mondiale, obbligano ad un’analisi critica del passato e ad una ridefinizione della società socialista come obiettivo dei partiti comunisti.

6. Essere un partito portatore di una teoria rivoluzionaria, il marxismo-leninismo, che è possibile spiegare al mondo e che indica la via per trasformarlo.
Smentendo tutte le calunniose campagne anticomuniste, il marxismo-leninismo è una teoria viva, antidogmatica, dialettica, creativa, che si arricchisce con la pratica e con le risposte che è chiamata a dare alle nuove situazioni e ai nuovi fenomeni. Si arricchisce e si dinamizza sviluppandosi creativamente con le lezioni della pratica.

Marx nel Capitale e Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista analizzarono e definirono le caratteristiche fondamentali del capitalismo. Lo sviluppo del capitalismo ha subito senza dubbio, nella seconda metà del XIX secolo, un’importante modificazione. La concorrenza ha portato alla concentrazione e la concentrazione al monopolio.

Si deve a Lenin, nella sua opera L’imperialismo, fase superiore del capitalismo, la definizione del capitalismo alla fine del XIX secolo. Grande valore hanno questi sviluppi della teoria. Ed eguale valore ha la ricerca e la sistematizzazione delle conoscenze teoriche.

In una sintesi di straordinario rigore e chiarezza, un celebre articolo di Lenin indica le tre fonti e le tre parti costitutive del marxismo.

Nella filosofia, il materialismo dialettico e la sua applicazione alla società.

Nell’economia politica, l’analisi e la spiegazione del capitalismo e dello sfruttamento, la cui pietra miliare è la teoria del plusvalore.

Nella teoria del socialismo, la definizione di una nuova società con l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Nel corso del XX secolo, accompagnando le trasformazioni sociali, nuove e numerose riflessioni teoriche hanno avuto luogo nel movimento comunista. Senza dubbio, riflessioni disperse, contraddittorie, che rendono difficile distinguere quelli che sono gli sviluppi teorici da quelli che sono attività revisioniste dei principi fondamentali.

Da qui il carattere imperativo di dibattiti senza idee preconcette ne verità assolute, cercando di non arrivare a conclusioni da considerarsi definitive, ma intese ad approfondire la riflessione comune.

E’ da sperare che l’incontro internazionale della Fondazione Rodney Arismendi del Settembre di quest’anno [2001, ndr.], dia un contributo positivo affinché sia raggiunto questo obiettivo.


Traduzione dallo spagnolo Bf

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