mercoledì 20 giugno 2012

L'antifascismo militante è una ossessione?, di Stefano D'Andrea


1. Ho avuto una discussione sul gruppo facebook dell’ARS con l’amico Dario Romeo. Queste note riprendono il dialogo e lo sviluppano.
 Il dissenso tra me e Dario, o meglio il profilo di dissenso che intendo sviluppare, consiste in ciò: io asserisco che oggi i fascisti non sono miei avversari, in ragione del fatto che sono pochi e tenuto conto dei miei obiettivi politici: essi, infatti non mi avversano; non si frappongono al raggiungimento dei miei obiettivi politici (chiarisco al lettore che stiamo utilizzando la parola fascismo in senso stretto; ci riferiamo ai fascisti fascisti). Dario sostiene che il fascismo è un nemico materiale, ossia un nemico che esiste, anche se è secondario, in ragione del limitato numero di fascisti.
La differenza sembra notevole, perché se il nemico è astratto non bisogna combatterlo. Infatti si starebbe combattendo contro i mulini a vento. Si sprecherebbero energie a vuoto: pensieri; tempo; azioni. Se il nemico è concreto, ossia esiste ed ostacola i nostri obiettivi, sia pure in minor misura rispetto a molti altri nemici, allora l'errore sta nel dare al nemico secondario troppa importanza; nel combattere il nemico secondario come se fosse il nemico primario; o addirittura nell’avere del tutto inopportunamente un pensiero fisso: una fissazione; un’ossessione. Un ossessione non molto diversa da quella di chi lotta contro i mulini a vento.
Si noti che non è una questione di maggiore o minore lontananza di posizioni. Chi, a torto o ragione, pensa che il fascismo (in senso stretto) oggi sia un avversario solo teorico, non politico (la dottrina è nemica; mentre i fascisti non sono avversari, perché non ci ostacolano nel perseguire i nostri obiettivi) non per questa ragione è meno lontano dalle posizioni fasciste  rispetto a chi crede che oggi i fascisti siano nemici politici, anche se secondari, in ragione del fattore numerico.
2. Ora, io credo che non soltanto Dario – non ne faccio una questione personale – ma moltissimi militanti di sinistra quando considerano il fascismo come un “nemico concreto” perdano completamente il senso della misura.
Infatti, abbiamo in Italia un partito, con alcune centinaia di migliaia di iscritti e con milioni di simpatizzanti e di votanti che ha voluto (più del PDL o almeno più compattamente del PDL) una guerra di aggressione contro la Libia. Esso ha concorso a cagionare, moralmente e materialmente, decine di migliaia di morti (chi dice sessantamila; chi dice centosessantamila); ha concorso materialmente e moralmente a distruggere uno stato che assicurava i servizi essenziali a tutti i cittadini; uno stato che accoglieva due milioni di stranieri, ai quali dava lavoro, pace e sicurezza; uno stato dal quale, salvo pochissimi dissidenti politici, nessuno emigrava: in Italia gli immigrati libici si contavano sulla punta delle dita. Oggi il territorio libico è senza stato; la maggior parte della gente è caduta in povertà. Gli stranieri sono stati costretti a fuggire; e i libici di pelle nera sono perseguitati, rinchiusi in lager, torturati e uccisi; stessa sorte spetta ai sospetti combattenti pro-Gheddafi. Una pulizia politica, senza pietà, perdono e rispetto per i combattenti nemici si affianca a una pulizia etnica.
Questo partito maledetto – è divenuto il partito del male –  è il PD. E per PD intendo la sequenza storica pds-ds-pd. Il medesimo partito che ha privatizzato le principali imprese nazionali. Il medesimo partito che ha espresso il peggior sindaco di Roma di tutti i tempi (quando un giorno l’EUR di Veltroni verrà paragonata all’Eur di Mussolini, purtroppo Veltroni farà la figura del nano; e “Porte di Roma” grida vendetta). Il medesimo partito che ha svenduto gli immobili pubblici. Il medesimo partito che ha concorso a commissionare agli Stati Uniti la guerra alla Serbia; il medesimo partito che ha desiderato (si, proprio desiderato) Mario Monti; il partito più filo Unione europea che esista; il più grande partito di maggioranza quando il Parlamento italiano approvò il pacchetto Treu. Il partito che più di ogni altro è responsabile dell’impoverimento dei cedi bassi e medi. Il partito che ha governato malissimo per dieci anni (alcuni dirigenti del pd erano al governo anche al tempo dei governi tecnici dei primi anni novanta: si pensi ad Amato). Dunque un partito classista, guerrafondaio, genocida, razzista o comunque disponibile ad allearsi con i razzisti, cinico al punto da allearsi con i fanatici islamisti libici e arabi in generale. Antipatriottico; senza senso dello stato; antistatalista; liberista; dissolvitore di ogni tradizione.
Se questo è il PD, ne deriva per il nostro tema una conseguenza molto rilevante. Quando un antifa militante si scontra con imbecilli che vorrebbero una guerra di riconquista dell’Istria e della Dalmazia e poi va a sedersi al bar con un piddino, magari con suo cugino piddino, il quale ha sostenuto la guerra contro la Libia o al più ha balbettato, vergognandosi, un ”né con… né con….” (ma si è ben guardato dall’abbandonare il partito), allora possiamo essere certi (e mi auguro che sul punto converrà anche Dario) che quell’antifa è uno degli uomini più stupidi della terra.
Non ha senso della misura, perché se decide di tirare un pugno a un imbecille che vorrebbe una fantomatica guerra di riconquista dell’Istria e della Dalmazia, dovrebbe almeno torturare il piddino che ha sostenuto la vera, crudele, tragica guerra di aggressione contro la Libia. Insomma oggi un antifa che non è cento volte più antipiddino che antifa è un idiota: una persona che sarà politicamente insignificante, perché vive in un mondo assurdo, privo di proporzioni, di senso della misura, di principio di realtà, di concretezza. Vive un tempo che non è il suo. Probabilmente è servo o schiavo e non ha in sé le forze per liberarsi. Quando una persona si comporta in modo così assurdo, incoerente, irragionevole, sproporzionato, credendo di seguire una qualche logica, significa che in lei c’è qualche cosa che non va; qualcosa che non funziona. E’ un cittadino che politicamente non serve a nulla. Se è intelligente è malato: un malato che ha un’ossessione. Preciso soltanto che non sto parlando dei ragazzini, che nella lotta tra fazioni opposte vivono comunque un’esperienza potenzialmente formativa. Sto parlando di adulti: di uomini. E per me dai 25 anni in su si è uomini, non ragazzi.
3. Dario non rientra nella categoria di antifa che ho descritto e sa benissimo che oggi un antifa dovrebbe essere, per coerenza, almeno cento volte più antipiddino che antifa.
Bisogna però che ne tragga una conseguenza. Seppure fosse vero che i fascisti oggi sono avversari politici, egli dovrebbe disprezzare, temere, insultare, offendere, prendere a pugni, voler processare a piazzale loreto, combattere, distruggere cento volte di più i dirigenti piddini che i dirigenti fascisti e dovrebbe dedicare a questi ultimi un centesimo dei pensieri rivolti ai dirigenti piddini.
Così le posizioni che sembravano diverse si sono molto avvicinate. O i fascisti sono un nemico astratto (è soltanto la dottrina fascista a dover essere ripudiata) o sono un concreto nemico politico al quale però si deve dedicare soltanto un centesimo dei pensieri, delle accuse, degli attacchi da rivolgere al nemico principale.
Ma se il problema politico è distruggere il PD (il PDL va implodendo da solo); e se è un problema politico che potrebbe vederci impegnati per cinque-sette anni (se il PD implode) o per venti, in che senso per raggiungere questo obiettivo politico i fascisti sono avversari? Quale ostacolo oppongono? Oppongono ostacoli? Ne oppongono più del CCD o di SEL? O di FLI o del PDL?
Noi dobbiamo concorrere a distruggere in primo luogo il PD: i gruppetti fascisti non soltanto oggi sono insignificanti, perché deboli teoricamente e praticamente, ma nemmeno frappongono un minimo ostacolo al raggiungimento del nostro fine primario (tra quelli strumentali: l'obiettivo finale è la costruzione di un'ampia zona di consenso politico sovranista). Dunque essi non sono un avversario politico. Magari lo saranno tra dieci anni o prima (e speriamo di no). Ma oggi non sono un avversario. Su questo punto, dunque, Dario sbaglia ed è in numerosa compagnia. E sia chiaro che dire che non sono un avversario non significa né affermare comunanze di vario tipo; né volerli nella nostra formazione; significa non essere antifascisti militanti; e giustificare al più l’antipiddino militante – ma io non giustifico nemmeno quest’ultima figura, perché ho un’altra idea della dialettica politica: come Togliatti in assemblea costituente chiariva che la costituzione era antifascista perché era nata dalla lotta di tutto il popolo italiano contro il fascismo, e non nel senso che era contro i fascisti i quali, invece, dovevano essere reinseriti nella vita civile e politica, allo stesso modo credo che il problema sia il PD e la classe dirigente di questo partito, fermo restando che bisogna cercare di persuadere i simpatizzanti piddini ad abbandonare questo partito anche ricorrendo, in senso metaforico, a calci in mezzo le gambe volti a svegliarli e a far ad essi prendere coscienza di cosa sia divenuto quel partito.
4. Oggi l’antifascista militante è fuori fase anche se eventualmente tra alcuni anni sarà utilissimo e anzi indispensabile (ma speriamo di no). Oggi le classiche formule “topi di fogna” “carogne” “razzisti di merda” “schifosi imperialisti”, se qualcuno ama esprimersi in questo modo (io no), vanno rivolte ai piddini (i fascisti oggi sono fenomeni pittoreschi, come noi del resto). Oggi se qualcuno desidera una piazzale Loreto (io non ho questo desiderio), deve desiderarla per i dirigenti piddini, non per i dirigenti fascisti, che sono avversari soltanto nella mente degli ossessionati.
Ci tengo a precisare che queste non sono idee dell’ARS. Sono mie idee, che nell’ARS hanno pari dignità così come la tesi opposta o idee intermedie. Tutte queste tesi sono pienamente sostenibili dai membri dell’ARS ai sensi dell’atto costitutivo, che non ci vincola a considerare i fascisti come politicamente avversari – altro è la dottrina nazionalista-imperialista esaltatrice della volontà di potenza e della superiorità o del preteso destino di supremazia del popolo italiano, che è chiaramente incompatibile con una precisa clausola dell’atto costitutivo. Niente ci impone di trovare una linea sul punto. Anzi niente ce lo consente. Il dissenso riguarda l’analisi, non le proposte e si tratta di un profilo di analisi estraneo all’atto costitutivo e al Documento di analisi e proposte. Non si può obbligare taluno a sostenere che oggi i gruppuscoli fascisti sono di ostacolo all’obiettivo politico delladistruzione dei partiti attuali, al fine della creazione di una vasta area sovranista, quando quella persona non riesce nemmeno ad immaginare in che modo e in che senso i gruppuscoli fascisti possano frapporre ostacoli allo svolgimento dell’azione politica volta a perseguire l’obiettivo politico. Non si può negare a un iscritto all’ARS di pensare che oggi un antifa  che non sia cento volte più antipiddino che antifa sia uno stolto o un ossessionato. Lo scopo sociale dell’associazione è perfettamente conseguibile avendo idee diverse sul profilo oggetto di queste note. Che poi non sono idee ma analisi concrete della situazione concreta.
In ogni caso è certo che quando, in concreto, uno o altro gruppuscolo fascista si frapporrà in qualche modo allo svolgimento dell’azione politica dell’ARS, quel gruppo sarà considerato avversario e andrà combattuto. Ma il discorso vale per qualsiasi gruppuscolo, fosse anche anarchico o comunista. Chiunque ci sfida avrà la nostra risposta. Noi oggi non abbiamo avversari, né tra i gruppuscoli fascisti, né tra i gruppuscoli clericali, né tra i gruppuscoli anarchici; né tra i gruppuscoli comunisti. E non vogliamo averne. Le guerre tra poveri non ci interessano. L’essere costretti ad una lotta tra gruppuscoli è di per sé una grave debolezza: quasi certamente un cancro mortale; sicché andarsela a cercare, sfidando altri gruppuscoli, è da suicidi. Se ci attaccano, rispondiamo con il doppio della violenza; se ci criticano li distruggiamo criticamente; se ci offendono li insultiamo razionalmente fino a far emergere le più grandi miserie. Poi proseguiamo per la nostra strada.

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