martedì 28 febbraio 2012

VACCHE SACRE AMERIKANE, di Fulvio Grimaldi

Nulla di quanto vediamo nei giornali può ormai essere creduto. La stessa verità diventa sospetta quando viene posta in quei veicoli inquinati. La vera dimensione di questo stato di disinformazione è nota soltanto a coloro che sono nella condizione di confrontare i fatti da essi conosciuti con le bugie del giorno.
(Thomas Jefferson)
La violenza dei palestinesi è stata l’unica via per il popolo palestinese poiché l’occupazione israeliana comprende soltanto il linguaggio della violenza.
(Mohamed ELBaradei, già capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica)

C’e gente cattiva, come Beppe Grillo, o gli intemperanti arcieri de “Il Fatto”, che, credendosi spiritosi e ricorrendo alla solita satira criminogena, umiliano il nostro prestigioso capo dello Stato e venerando maestro morale dandogli del “Morfeo” che, per gli sprovvisti di cultura mitologica, significa “morto di sonno”. Definizione assolutamente impropria, quando si guardi all’iperattivismo di questo frenetico presidente, impegnato su mille fronti, in casa e fuori. In casa, ha dovuto ricorrere alle cure di un osteopata per raddrizzare una mano destra anchilosata dall’eccesso di firme. Tutte apposte in difesa di legalità, costituzione, etica pubblica, pace, democrazia. Come dargli del “Morfeo?”. Fuori casa, come si potrebbe non essere rimasti ammirati di fronte allo scatenamento umanitario e patriottico di Giorgio Napolitano, non per nulla meritevole della qualifica di migliore dei Miglioristi, in difesa dei nostri connazionali medici sequestrati in Afghanistan. Gino Strada ancora non si è ripreso dalla stupefatta commozione con cui ha potuto seguire l’accanimento di richieste, pretese, addirittura minacce (“o Emergency, o morte”) con le quali il presidente ha tempestato il suo omologo, Karzai, fino a quando costui non ha dovuto cedere a pressioni divenute insostenibili. Come dargli del “Morfeo”! Lungi come sempre da ogni retorica, sobrio e compassato come il venerato modello inglese gli suggerisce da una vita, questo autentico padre della patria ha rinnovato con modeste e secche parole il suo frugale, “vivo e vibrante” elogio ai nostri missionari di pace impegnati in difesa del sacro suolo patrio nelle missioni umanitarie tese a sradicare la mala pianta del perverso patriottismo altrui, immancabilmente terrorista e minaccioso nei confronti della nostra democratica e civile convivenza.

Un brivido di compiacimento, con qualche lacrimuccia di nostalgia, ha attraversato poi i cuori degli anziani partigiani, sobriamente, ma molto dignitosamente occultati dietro le primissime e prime e seconde e terze file dei generali e feldmarescialli, epigoni del glorioso badoglismo, quando, al Quirinale il 25 aprile, il successore dell’assai più borioso Pertini ha esaltato per l’ennesima volta l’articolo 11 della Costituzione, cardine di pace e libertà (purchè americanamente interpretato, s’intende). “Lo spirito della Resistenza rivive – ha detto, straziando molti cuori – nelle missioni di pace che i nostri soldati conducono in terre lontane”. Anche altri partigiani italiani, non annichiliti dall’età, ma ben svegli e vigili nelle loro tombe, si sono sentiti idealmente e intimamente fusi da quelle alate parole, o quanto vere!, con alcune decine di migliaia di loro affini umanitariamente collocati dai nostri portatori di pace e libertà sotto quelle terre lontane. Libertà, appunto, dai gravosi vincoli terreni. Ratzinger non potrebbe essere più d’accordo. Infatti su tutto questo osserva un silenzio più religioso addirittura di quello con cui circonfonde le chiappe formativamente inchiappettate di giovinetti di terre lontane, ma anche vicine. Pochi giornali hanno saputo essere all’altezza di tanta nobiltà etica e ideologica del nostro presidente, quanto lo è stato il manifesto con paginoni d’apertura – “IL 25 APRILE DEL PRESIDENTE” - ed esaltanti editoriali di Valentino Parlato: “Giorgio Napolitano ha fatto agli italiani e particolarmente ai politici un discorso assolutamente giusto, doveroso e, soprattutto, tempestivo… sul valore fondativo della Resistenza antifascista… Napolitano ha messo in campo ideali storici e forti…Il discorso di Napolitano dovrebbe suscitare iniziative serie… Grazie a Giorgio Napolitano dunque”.

Si poteva forse dire meglio di uno che le leggi antifasciste del governo a lui caro le ha firmate proprio tutte? Del resto quel giornale, che militantemente non tralascia occasione per rafforzare l’eroica resistenza, anche nucleare, dell’ “Uomo del Cambio” contro il terrorismo di Al Qaida e le sue bombe sporche pronte a maciullarci tutti, del Parlato ha allevato intemerati nipotini. E sulle spalle di Napolitano, a volte di Luttwak, veri San Cristoforo traghettatori di portatori di verità e pace, che Giuliana Sgrena proclama al colto e all’inclita il suo eroico impegno a fianco delle missioni di pace che i nostri soldati conducono in terre lontane: “Il problema è dunque quello di salvare gli afghani dai taliban”. Lo capissero finalmente quei 25 milioni di afghani su 25 milioni e diecimila che insistono a volersi salvare dagli interventi di pace degli F16 Usa e dei Tornado italiani.

Poi c’è, tra i venerandi maestri che pullulano in questa nazione di eroi, santi e navigatori, uno che è contemporaneamente tutto questo. Eroe della lotta contro la mafia, santo subito prima di diventare martire (e si guardi le spalle da corifei), navigatore sotto bandiere corsare, di quelle però con cui, da Elisabetta Prima a Vittoria, gli inglesi, hanno soffiato a spagnoli e francesi gran parte del bottino coloniale planetario. Ha fatto coppia con Al Gore, Roberto Saviano. Quell’Al Gore che, sotto i miei occhi, si è conquistato i galloni di Gran Visir ambientalista di Clinton. Eravamo entrambi a Kyoto, 1998, per il vertice del clima. Io per il Tg3, lui per la superecologista lobby militar-industriale Usa. Sotto la spinta di presidenti di arcipelaghi in corso di annegamento, la comunità dei paesi era riuscita ad elaborare una pur timida e minimalista opzione di riduzione delle emissioni climamutanti: qualcosa come il 12% rispetto al 1990 entro il 2010, quando ne occorreva il decuplo per non finire arrostiti nel 2020. Giunse in chiusura l’ecologista Al Gore e sbaraccò tutto. Non se ne fa niente. Replay identico a Copenhagen, 12 anni e un grado e mezzo in più dopo, con il nuovo “uomo del cambio”. Tanto per dire la perennità del complesso militar-industriale. Che nel frattempo, tuttavia, aveva annusato un nuovo modo di estrarre plusvalore da uomo e natura: il business ecologico. Così, tra tante altre belle cose, eco-carburanti anche per caccia, bombardieri e tank (li forniscono i campi dell’agrobusiness che prima producevano nutrimento per viventi), ogm come se piovesse, commercio di acqua e aria pulite del terzo mondo da barattare con acque e arie sozze del Nord. Più pannelli solari e pale eoliche. Ecologista imperiale capo, Al Gore.

Il quale ecologista lo è fin quando non si tratta dei redivivi “paesi canaglia” di bushiana memoria. Lì no, lì vanno bene sanzioni genocide e guerre stragiste. Con tanto di irresistibile conforto del nostrano santo subito. Transitato nel mercatino di cause nobili sotto forma di impresa editoriale o cinematografica, “Che tempo che fa”, spandendo allo sdilinquito Fabio Fazio originalissime banalità sull’ ecologia anche dell’informazione, che deve essere assolutamente indipendente, altro che Berlusconi, Al è tornato tra noi dagli schermi della sua televisione “Current”. Questa volta per mettere in campo il campione assoluto nazionale dell’informazione vera e indipendente. Saviano, appunto.
Ruscellavano placide, ma fiere, ovvietà di deontologia giornalistica, intramezzate dall’ilare cinguettio di Maria Latella, adorante moderatrice, fino al momento in cui questo tran-tran non venne bruscamente lacerato da alcuni fonemi arcaici, fomentatori di polverosa memoria: "Russia, Iran, Corea del Nord"… i delinquenti che minacciano il mondo libero con scudi missilistici pronti al first strike. Risuscitavano, tra le labbra di Saviano e Gore, i “paesi canaglia” dell’idiota-macellaio buonanima. E se l’ex-vicepresidente s’era scordato, o aveva sorvolato distratto su Cuba e nientepopodimeno sul diavolaccio nero dell’imperialismo umanitario e democratico, il Venezuela, ecco prontissimo una volta di più a navigare sulla tolda di quello cannoniera, l’eroe antimafia Saviano. “Sapeste, cari fratelli in Usa e Israele, quante invocazioni mi arrivano dall’ altrettanto santa ed eroina blogger Yoani Sanchez, quante dai sudditi del tiranno Hugo Chavez!”

Saviano ci aveva già informato sul criminale narcotraffico delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), incautamente smentite dalla massima magistratura dello stesso paese, sulla sua appassionata venerazione per il pacifista Simon Peres e il suo proposito di andare a scampare dalle vendette camorriste nel paradiso israeliano della legalità e della democrazia. Al concerto delle sacrosante verità di solida scuola goebbelsiana cantato insieme ai vessilliferi della pacificazione mondiale, Cia, Mossad, Pentagono, Hillary Clinton, La Russa e, scendendo molto in basso, Bertinotti, mancava ancora il suo do di petto sulle nefandezze di Cuba e Venezuela. La Presidential Medal of Freedom, massima onorificenza Usa, gli è stata subita affissa al petto da un soddisfattissimo ex-vicepresidente (“bombe su Iraq e Serbia”) USA.

Prematuramente chiusa la trasmissione del duetto della bella morte agli incivili, il campione del nuovo canale televisivo di un’informazione investigativa da sbaragliare tutti gli Emilio Fede e tutti i Minzolini del mondo, ci siamo persi quanto il superdecorato in patria e nell’impero avrebbe forse voluto aggiungere a completamento della sua militanza per la verità. Che so, la più grande fossa comune del mondo scoperta in Colombia, che i paramilitari uribisti sono stati costretti a riempire con duemila corpi di contadini e sindacalisti sovversivi. O il recente provvedimento di bonifica etnica adottato dall’esercito israeliano per sgomberare i detriti della Palestina da abusivi autoctoni, probabili terroristi; la granata in fronte al dimostrante di Bilin contro il muro di protezione dell’unica democrazia del Medioriente, le mitragliate ai voraci contadini di Gaza che nei propri terreni insistono a voler seminare terroristiche melanzane da lanciare contro Sderot. Non avrebbe potuto trascurare la giusta esecuzione in detenzione, dal 1967, di 198 palestinesi riottosi, di cui 70 pervicacemente si erano rifiutati di accettare di buon grado le torture praticate in nome della salvezza dei sopravvissuti della Shoah. Con ogni probabilità, primatista della lotta ai casalesi narcotrafficanti, però sotto stretto controllo delle forze armate Usa, padrone del porto export-import di Napoli e di analoghi fortini salva-apparenze in tutta Italia, Saviano avrebbe voluto parlarci della fratellanza Uribe-Dea-‘Ndrangheta, mirata a riscattare i profitti da cocaina nelle opere umanitarie di George Soros e di USAID. Non avrebbe potuto trascurare un accenno di biasimo verso quel Pio La Torre che, in Sicilia, aveva bruciato un'inutile vita nella persecuzione della benefica intesa mafia-base di Comiso, servita a perpetuare una collaborazione democratica garantita da Lucky Luciano nel 1943 tra liberatori Usa e vittime delle razzie antimafia fasciste, in nome della perenne stabilità politico-economico-sociale del nostro paese (chiedete a dangelominosse@hotmail.it per chiarirvi meglio le idee).



Forse si sarebbe spinto fino a denunciare la nefasta opera di sradicamento di papaveri messa in atto dai terroristi taliban a scorno dell’utilizzo Usa dei proventi da tali papaveri per superare la crisi economica che mina il benessere delle democrazie, magari ricorrendo al transito kossoviano garantito dalla megabase umanitaria Bondsteel. Visto l’impegno alla morte suo e del compagno ecologista Gore per la libertà d’informazione, sono certo che avrebbe coronato la sua epifania in Current sottolineando l’opportunità della scomparsa nel nulla a Baghdad di Saad Al Aossi, direttore dell’eversivo settimanale Al Shahid, insieme a un centinaio di suoi collaboratori e vicini, successiva al’irruzione delle “forze dell’ordine” del primo ministro Al Maliki. Al pari di quei 200 giornalisti giustiziati in Iraq per aver diffuso notizie false e tendenziose sull’importazione in Iraq di pace e democrazia, il criticone Saad insisteva a minare la felice tripartizione di un paese le cui componenti confessionali ed etniche erano state costrette in convivenza antistorica e anti-globalizzazione dal mostro Saddam Hussein. Giustamente saranno andati tutti a tenere compagnia ai due milioni di iracheni eliminati perché insofferenti alla superiore civiltà occidentale e fissati con il libertinaggio di donne troppo emancipate e con gli stralussi antimercato di sanità e istruzione gratuite. Si è anche percepito un sospiro di sollievo di entrambi gli eroi della libera e indipendente informazione al pensiero che né in Iraq, né in Afghanistan circola più un solo giornalista che faccia dell’indipendenza fazioso strumento di propaganda ribelle.
Come vedete, il personale per il ricambio post-Berlusconi è bell’è pronto e in buone mani.
Saviano con il premio Nobel per meriti Cia Salman Rushdie
Nel fuorionda captato dopo la chiusura, a me personalmente non è sfuggito il generoso invito legalitario di Saviano al mio ex-giornale Liberazione: ragazzi non accontentatevi della cacciata di Fulvio Grimaldi e della quisquilia dei 100mila euro dovutivi a riparazione di tutte le nefandezze filo-cubane di questo sospetto camorrista-terrorista che avete ospitato. Zittitelo per sempre. Avete a disposizione Yoani Sanchez. Non c’è di meglio. Altro che giornalisti iracheni rompiscatole.


A futura memoria, chissà, di Saviano, Al Gore e vacche sacre USraeliane varie, riproduco il seguente comunicato.


A tutti gli antifascisti
Ai soci dell’ANPI
Agli iscritti all’ANPI giovani


Oggi a Roma il comizio convocato dall’ANPI a Porta San Paolo è stata l’occasione per assistere a una serie di gravissime provocazioni che come antifascisti e democratici non siamo disposti a tollerare e di cui chiediamo conto alla direzione dell’ANPI nazionale e romana.

Alla commemorazione del 25 aprile è stata invitata la neo-presidente della Regione Lazio Renata Polverini; un invito reso più grave dall’imminenza del 7 maggio, giorno in cui il blocco studentesco ha convocato la sua marcia su Roma insultando la storia di una città medaglia d’oro della Resistenza: un merito riaffermato nel corso degli anni dalle lotte antifasciste delle generazioni di giovani che si sono susseguite. Renata Polverini è parte di una coalizione politica reazionaria, promotrice di politiche classiste, razziste, clericali e omofobe.

Come se non bastasse, erano presenti e sono stati invitati sul palco esponenti dell’Associazione Romana Amici d’Israele, calata a Porta San Paolo con un delirante volantino inneggiante al sionismo e a Israele, e sventolando bandiere israeliane, tra cui faceva bella mostra di sè la bandiera dell’aviazione israeliana; l’aviazione israeliana l’anno scorso ha perpetrato – lo ricordiamo a chi se lo fosse dimenticato - il massacro di Gaza bruciando oltre 1400 vite in 20 giorni, e continua a bombardare quotidianamente la striscia di Gaza stretta in un assedio criminale. Cosa c’entrano questi sciacalli con la Resistenza ? La nostra Resistenza ha combattuto per dare a tutti la possibilità di emanciparsi e di vivere in uno stato laico e ospitale: il sionismo è un’ideologia neocoloniale che mira alla supremazia del popolo ebraico e alla sopraffazione del popolo palestinese, negandogli il diritto alla vita, alla terra e alla libertà; “il problema è la natura etnica del sionismo: il sionismo non ha gli stessi margini di pluralismo che offre il giudaismo, meno che mai per i palestinesi. Essi non potranno essere mai parte dello stato e dello spazio sionista e continueranno a lottare” (da “La pulizia etnica della Palestina” di Ilan Pappè, docente israeliano rifugiatosi in Inghilterra, all’università di Exeter).

Contro la politica di apartheid dello stato israeliano in tutto il mondo sta crescendo una campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni: “La stessa questione della uguaglianza è ciò che motiva il movimento per il disinvestimento di oggi, che ha come obiettivo la fine dell'occupazione israeliana da 43 anni e l'iniquo trattamento del popolo palestinese dal governo israeliano. Gli abusi che i palestinesi si trovano ad affrontare sono reali, e nessuna persona dovrebbe essere offesa da atti di principio, moralmente coerente e nonviolenta per opporvisi. Non è affatto sbagliato accusare Israele in particolare per i suoi abusi come non lo era accusare il regime dell'Apartheid in particolare per i suoi abusi”. (Desmond Tutu, arcivescovo emerito di Città del Capo).

L’ANPI ospita invece i sostenitori di Israele!

In mezzo a loro c’era non solo il neofascista Riccardo Pacifici ma anche la deputata del PDL nonché colona sionista israeliana Fiamma Nirenstein che si è dichiarata sorpresa dalla contestazione e così farnetica nel suo blog: “E' del tutto sconcertante assistere ad atteggiamenti di tale aggressività da parte di gente che ancora osa sventolare bandiere con falce e martello e soprattutto bandiere palestinesi nel giorno della Liberazione”.

Sono le nostre bandiere: non tollereremo mai più simili offese nè che una simile razzista abbia agibilità nei nostri cortei.


Chiediamo conto ai dirigenti dell’ANPI di queste scelte: è chiaro il vostro tentativo di voler riscrivere la storia e i valori dell’antifascismo, invitando personaggi come Renata Polverini, Fiamma Nirenstein e associazioni che sostengono uno stato guerrafondaio e razzista come lo stato di Israele. L’apologia di Israele non ha niente a che vedere con la lotta di liberazione, la politica di Israele contraddice apertamente l’articolo 11 della costituzione italiana (così spesso citato dall’ANPI): Israele ha sempre utilizzato la guerra e il terrore come strumento politico principale. E’ di questi giorni il decreto militare di espulsione emesso da Israele, che colpirà decine di migliaia di palestinesi residenti in Cisgiordania perché privi di documenti che Israele stessa si rifiuta di dargli.

Ci rivolgiamo ai giovani iscritti all’ANPI e a tutti gli iscritti all’ANPI perché si facciano promotori di una protesta presso i loro dirigenti, colpevoli di scelte che snaturano i valori di questa associazione!

Agli antifascisti: difendiamo i valori dell’antifascismo! Nessuno spazio per i sionisti e per i revisionisti! Ora e sempre resistenza a fianco dei popoli oppressi.

Comitato “Palestina nel cuore” – Roma, 25 aprile 2010

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2010/04/nulla-di-quanto-vediamo-nei-giornali.html

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