Condivido due articoli, scritti con un notevole scarto temporale e da due teorici marxisti molto diversi (Gramsci ed Onorato Damen), che a mio avviso, possono essere utili per capire gli avvenimenti attuali.
Volontà delle masse
e volontà dei capi opportunisti
di Antonio Gramsci
"L'Unità", 26 giugno 1925
L'"Avanti!", l'organo della "libertà per tutti", trova strano che "L'Unità" affermi non esservi una "volontà delle masse" in generale ed esistere nel complesso delle masse lavoratrici parecchie distinte volontà. E si meraviglia perché abbiamo scritto che porsi sul terreno di "ubbidire alla volontà delle masse in generale" è la quintessenza dell'opportunismo.
Poiché il Partito comunista vuole realizzare soltanto la volontà del proletariato rivoluzionario, volontà che coincide con gli interessi di tutte le classi oppresse e quindi della intiera popolazione lavoratrice, l'"Avanti!" scopre in questa "volontà" una mentalità molto affine a quella "fascista". E' evidente che gli scrittori massimalisti non sanno né cos'è fascismo né cos'è un Partito comunista. Essi che alla "verità rivelata da Mosca" preferiscono la "libertà critica", in sostanza preferiscono la "verità rivelata della borghesia", poiché è proprio dei liberali borghesi nascondere la loro dittatura sotto la maschera di essere i "servi del popolo", gli esecutori della "volontà delle masse popolari".
Quando noi diciamo che tutti gli opportunisti amano nascondersi dietro alla "volontà delle masse" e che per i comunisti esiste soltanto la volontà del proletariato rivoluzionario, che coincide con gli interessi di tutti gli strati della popolazione lavoratrice, non affermiamo un "dogma", ma scopriamo l'opportunismo dei capi massimalisti, i quali sotto la parvenza di secondare la "volontà delle masse" sostituiscono a questa la loro volontà anti-rivoluzionaria, cioè la volontà della borghesia.
Agli scrittori dell'"Avanti!", che tanto spesso amano porre la loro merce avariata sotto la bandiera del leninismo, vogliamo ricordare l'insegnamento di Lenin: "Si parla di spontaneità delle masse (l'"Avanti!" dice oggi volontà delle masse); ma lo sviluppo spontaneo del movimento operaio conduce - scrive Lenin - alla subordinazione di questo alla ideologia borghese, poiché il movimento operaio spontaneo è il trade-unionismo (lotta economica) e il trade-unionismo è l'asservimento ideologico degli operai alla borghesia.
Ecco perché il compito di noi comunisti è di combattere la spontaneità, di deviare il movimento operaio da quest'aspirazione spontanea che ha il trade-unionismo di rifugiarsi sotto le ali della borghesia, e di attirarlo al contrario sotto l'ala del marxismo-rivoluzionario, cioè del comunismo".
Lo stesso Kautsky, quando era ancora un marxista, negava una volontà socialista delle masse, scrivendo: "La coscienza socialista, la "volontà socialista" è un elemento importante dal di fuori nella lotta di classe del proletariato e non qualche cosa che sorge in esso spontaneamente. E Lenin illustra ancora meglio: "Si dice sovente che la classe operaia va spontaneamente al socialismo. Ciò è perfettamente giusto nel senso che, più profondamente e più esattamente che tutte le altre, la teoria socialista determina le cause dei mali del proletariato; ed è per questo che gli operai se l'assimilano tanto facilmente, se tuttavia essa non si piega davanti alla spontaneità" (volontà delle masse, come scrive l'"Avanti!"), quando avviene il contrario, quando cioè è la spontaneità, la volontà delle masse a sottomettersi il socialismo, è l'ideologia borghese che, non meno spontaneamente, si impone all'operaio.
In altri termini la volontà delle masse corrisponde all'istintivo; sottomettersi all'istintivo è sottomettersi alla ideologia borghese, poiché nella società contemporanea la prima ideologia è sempre ideologia borghese. E' quello che ha sempre fatto il Partito socialista in Italia: sottomettersi alla "volontà istintiva" delle masse, senza essere mai capace di portare queste masse sotto l'ala del marxismo rivoluzionario.
Il fallimento del Partito socialista in Italia come partito della rivoluzione proletaria è appunto in questa incomprensione della funzione dei partiti proletari. Il Partito socialista continua ancora oggi a "sottomettere il socialismo" all'ideologia borghese, asservendo le masse socialiste ai semifascisti dell'Aventino.
Ecco in che consiste la diversa "volontà" dei comunisti dalla volontà massimalista: il Partito comunista lotta per strappare le masse all'ideologia borghese e portarle sul terreno della lotta rivoluzionaria; il Partito socialista, sotto la specie di sottomettersi alla volontà delle masse, sottomette le masse alla borghesia.
Violenza stupida utile a chi?
Damen
Battaglia comunista n. 12 - 1969
Fonte: Primo Maggio
La violenza per la violenza, attentati e stragi da qualunque parte indirizzati ed eseguiti, individuali o di gruppo, non hanno mai giovato alla causa dei lavoratori, ma portano con loro disordine, paura collettiva e reazione; in una parola, creano ogni volta situazioni di profondo smarrimento nelle quali le iniziative più aberranti e controrivoluzionarie possono aver corso. La storia degli ultimi decenni ha dato la prova irrefutabile di quanto affermiamo, dall'incendio del Reichstag alla strage di Piazza Fontana. Quest'ultimo episodio, particolarmente oscuro, grave e incomprensibile, si inserisce nel momento più delicato e pieno di ombre, nel mezzo di una lunga ed estenuante agitazione operaia i cui miglioramenti, ottenuti o ancora da ottenere, sono già di fatto, in buona parte, risucchiati nel vortice in fase crescente del caro-vita. Quel che è accaduto non è caduto dal cielo, né si sarebbe prodotto per improvvisa follia omicida di qualche disgraziato, se non ci fosse stato il calcolo di forze occulte a tutela di interessi precostituiti che non osano mostrarsi alla luce del sole. Lo strumento cieco presuppone sempre un contesto di forze di provocazione, che va ricercato più in sede economico-politica che in sede giuridica, tra coloro cioè che possiedono per tradizione la tecnica di pescare nel torbido.
Dopo i fatti di Piazza Fontana la violenza è messa apertamente sotto accusa, ma guai a chiudere gli occhi di fronte al reale svolgimento delle vicende umane, il cui procedere innanzi non avviene per la legge della pacifica gradualità ma sotto l'urto do forze contrarie (guerre, rivoluzioni, ecc.) in un continuo superamento dialettico nel quale veramente consiste tanto il progredire come il regredire del complesso umano.
In ogni caso, per noi marxisti, il problema è soprattutto quello di capire tali avvenimenti, di inquadrarli in una situazione data, ricercarne le cause e intravederne gli effetti come fenomeno che trova nel sistema, da cui questi avvenimenti si originano, la sua ragione d'essere. Il fattore sentimento si esaurisce ogni volta nella esecrazione, nell'odio, o nella rassegnazione, indifferentemente, che la stampa e la politica dei partiti sanno utilizzare e farne piattaforme di lancio per obiettivi di parte.
Pur tuttavia il mondo che ci circonda e nel quale viviamo, è pieno di violenza aperta od occulta, ma sempre obiettivamente violenza; è tale nei rapporti tra uomo e uomo, tra Stato e Stato, tra classe e classe, tra economia ed economia, tra famiglia e famiglia, e persino tra i membri di una stessa famiglia. Forse la stessa Chiesa, nella sua universalità e nella sua predicazione di pace e di giustizia, non porta in sé il dissenso anche violento e le ragioni storiche delle stesse guerre di religione? E la violenza non ha il suo contrario nella teoria e nella pratica attiva della non violenza?
Di violenza trasudano i giornali, i rotocalchi, i teatri, i cinema, la televisione e gli stessi libri in cui i patiti, in fase ossessiva, dell'inconscio, del sesso e del facile possesso seminano ovunque e a piene mani degenerazioni, conflitti e morte. E allora? Ricordiamo, come risposta, la profonda considerazione che Trotzky poneva a compendio dell'ampio esame polemico della sua opera Terrorismo e Comunismo, lanciata come un ariete (e siamo, anche qui, alla violenza della critica delle parole) contro la critica social-sciovinista di Kautsky:
"Questa è l'idea fondamentale del libro: la storia non ha mai trovato fin qui altri mezzi di fare avanzare l'umanità che opponendo ogni volta alla violenza delle classi condannate, la violenza rivoluzionaria della classe progressista".
Ma si tratta qui di conflitti tra le classi, lungo il cammino in avanti della storia umana, che non ha nulla di comune con l'azione individuale, con le bande, con le bombe al plastico contro inermi; con azioni che rafforzano in ogni caso la conservazione facendo camminare all'indietro l'orologio della storia.
Se poi si tentasse di approfittare della situazione creata ad artificio per mettere sotto accusa il marxismo come dottrina, come esperienza storica e come movimento politico di una classe che riempie di sé, universalmente, l'arte, la cultura, l'economia e ogni altra elaborazione teorica basata sulla metodologia scientifica, e di vedere questa conquista del pensiero e le sue stesse implicazioni dal punto di vista di qualche articolo del codice penale, vorrà dire che il mondo dell'arte, della cultura e della scienza dovrà tornare a sedersi sui banchi di scuola per rifarsi una coscienza critica al lume delle Somme di Tommaso d'Aquino. Per quanto ci riguarda, noi rimarremmo marxisti e ci comporteremmo di fronte a "certa" democrazia come ci comportammo di fronte alla dittatura di Mussolini.
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