martedì 25 ottobre 2011

Il fascino discreto della borghesia, di Stefano Zecchinelli


Verrà un giorno che ve ne pentirete

Beceri che strillate e muti che state zitti!
E se quel giorno non venisse, piangerei oggi per voi
e lo farei solo pensando ai vostri figli’’ (Bertolt Brecht)

In questo breve articolo voglio puntualizzare alcune questioni riguardanti sia la politica interna italiana e sia il rapporto fra la nuova ‘’global class’’ e gli Stati nazionali. Il mio intervento si divide in tre minuscoli paragrafi dove farò, per l’appunto, queste considerazioni.

1. Per prima cosa bisogna chiarire il ruolo di ciò che si chiama ‘’sinistra’’ (categoria a cui non attribuisco più nessun valore) davanti questo ‘’teatrino degli orrori’’. Se questa (con particolare attenzione alla attuale ‘’Federazione’’) avesse mantenuto un minimo di metodologia marxista per prima cosa avrebbe dovuto indagare sul blocco storico (uso questo termine gramsciano) che sostiene (o che ha sostenuto, ora vedremo!) Silvio Berlusconi (e la vecchia coalizione di centro-destra) e poi sul blocco storico che c'è dietro la coalizione di centro-sinistra (Prodi, Veltroni, Rutelli, ecc…) Ne esce fuori un quadro completo (o quasi) della politica italiana del dopoguerra: da una parte il capitale nazionale (ENI, ENEL, Finmeccanica, ecc...), e dall'altra il capitale internazionale (Agnelli, Pirelli, ecc...). In termini marxisti si sarebbe dovuto cogliere il conflitto fra una borghesia dirigista ed una borghesia liberista che faceva riferimento alle grandi multinazionali private. Lo hanno capito questo i capetti del ''Partito della Rifondazione Comunista'' (e simili)? Ma lasciamo stare, non hanno capito e non capiranno mai nulla, dato che la loro impostazione teorica (figlia del togliattismo ''fase suprema dell'anticomunismo'') è completamente sballata.

2. Due parole su Giorgio Napolitano mi sembrano d'obbligo. Negli anni '70 Napolitano, uno che ha consacrato la sua vita all'anticomunismo, inizia a dialogare con l'operaismo (Negri, Cacciari, Tronti). Questo lugubre personaggio, partendo dai convegni insieme a Mario Tronti, porta avanti un percorso di ''revisione teorica'' (si veda ad esempio ''Dal Pci al socialismo europeo'', pubblicato dall'editore Laterza), che ha il suo baricentro nel passaggio dal ''controllo dei mezzi di produzione'', da parte degli operai, alla semplice autogestione, per poi finire al confronto fra i programmi. Le ''avanguardie di classe'' (e basterebbe ricordare le lotte che vanno dal '68 al '75) si vedono decapitate -seguendo questa impostazione teorica- da un vuoto corporativismo. Non è un caso che questo signore fin dai primissimi anni ’70 fosse uno dei migliori interlocutori degli strateghi del Pentagono e ci sono buone ragioni per pensare che già con Giorgio Amendola i ''miglioristi'' rappresentassero una corrente artificiale (e filo-Usa) dentro il Pci. Nessuno si azzarda a parlare del rapporto, molto amichevole, di Amendola con Zbigniew Brzezinski, il teorico della guerra permanente. Come dire ''il buon giorno si vede dal mattino'', e il ''comunismo italiano'', nella sua storia repubblicana, ha dei retroscena molto loschi.
Per dare al lettore una idea chiara delle problematiche che sto affrontando dico qualcosa, in estrema sintesi, delle correnti interne al Pci. Il Pci aveva una composizione –che si esprimeva in correnti- molto complessa (il ‘’molto’’ è giustificato dal fatto che tanti criticano quel partito ricorrendo alla semplificazione ‘’il Pci era stalinista’’, occultando così le varie fasi storiche) e che, queste correnti, facevano capo a differenti fazioni della borghesia nazionale ed internazionale. Una volta che un ‘’partito comunista’’ abbandona la sua ‘’missione storica’’, quindi la rivoluzione sociale (è sempre bene ricordarlo!), diventa pienamente funzionale alle esigenze congiunturali e strutturali del capitalismo (questo Mao l’aveva capito molto bene), rappresentando le fazioni dominanti.
Il vecchio ‘’partito comunista’’ si divideva in tre correnti: 1) miglioristi; 2) berlingueriani ed ingraiani (il blocco centrista); 3) cossuttiani.
I miglioristi abbiamo già visto che erano una corrente filo-americana e, oltretutto, molto legata alla borghesia ‘’internazionalista’’ italiana. Il blocco centrista (Berlinguer, Ingrao) era tutt’altra cosa. Se Napolitano era il referente politico del fascista Gianni Agnelli, Berlinguer, soprattutto con il ‘’compromesso storico’’, si propone come referente politico della borghesia nazionale italiana, non sdegnando di dialogare con la alcuni esponenti della destra (del Pci) atlantica (ricordiamoci l’espressione ‘’mi sento più sicuro sotto l’ombrello della NATO’’). I cossuttiani, per finire, erano la corrente filo-sovietica, che aveva assorbito (politicamente e culturalmente) tutto il peggio (difficile trovare ‘’il meglio’’) del togliattismo.
Se Agnelli nel 1991 (se non erro) ha potuto dire che i ‘’piccisti’’ potevano fare da sinistra i suoi interessi di destra, c’erano motivi più che validi.


3. Concludo accennando alla questione del debito pubblico e al ruolo della ‘’global class’’. Il 15 ottobre di ventiquattro anni fa, veniva ucciso, Thomas Sankara leader della rivoluzione (nazionale) della Burkina Faso. Il 29 luglio questa eroica figura del movimento anticoloniale e socialista, pronunciò, all'Organizzazione per l'Unità Africana, un discorso sul debito pubblico.
Ne riporto due brevi passi:

''Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici anzi dovremmo invece dire "assassini tecnici". 
Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei "finanziatori"


''In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo tout court, di quelli che hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso''

In quel discorso, con grandissima lucidità, (non è casuale che l'hanno ucciso pochi mesi dopo), vengono colte alcune caratteristiche (‘’assassini tecnici’’) di una ''global class'' in fase di formazione, senza tralasciare la categoria (marxista) di imperialismo.
Il neo-capitalismo fa leva su organi ''moralizzatori dell'economia'' (dal Fondo monetario internazionale alla Banca mondiale del commercio) vanificando il ruolo del ''politico'' (dei governi nazionali) e distruggendo l'autonomia degli Stati.
Andando a fondo con queste riflessioni si possono capire molte cose (almeno penso) dell'attuale fase storica: dalla vanificazione della coppia dicotomica destra/sinistra (un discorso chiuso nei Paesi Occidentali), al collasso definitivo delle borghesie nazionali (la fine miserabile della squallida borghesia italiota ne è la prova).
Ultimissima cosa per evitare fraintendimenti. Quando parlo di fine della dicotomia destra/sinistra mi riferisco a due correnti ideologiche interne al capitalismo come (ad esempio) il radicalismo (sinistra) e il liberismo (destra), nell’ottocento, o la socialdemocrazia (sinistra) e il neo-liberismo (destra), per il novecento. Lo dico perché ci sono cervelli elettronici (con cui non voglio avere niente a che fare) che pensano che il marxismo sia di sinistra e il capitalismo di destra. Sono tutte sciocchezze e chi scrive queste cose, senza accorgersene, rientra in pieno nel discorso bobbiano sulle dicotomie; pensa di essere alternativo mentre, in realtà, è ultra-capitalistico.

Le mie riflessioni, per ciò che attiene a questo articolo, si fermano qua e come al solito, quando si conclude un testo, la domanda che ci si auto-pone (e se non te la poni tu, te la porrà il lettore accorto ed intelligente) è ‘’che fare?’’. Difficile dare una risposta chiara davanti una situazione tutto sommato indefinita (fine dell’unipolarismo, mondo multipolare, ecc…), quello che posso dire, o ribadire, è la necessita di sfondare il cuore pulsante dell’impero: Washington. Questo non si fa giocando a Risiko ma appoggiando le mobilitazioni sociali (ed appoggiare le mobilitazioni sociali significa denunciare anche le schifezze interclassiste e colorate) e dando la piena solidarietà, solidarietà internazionale, alle resistenze nazionali (altro che cosmopolitismo astratto!), da quella irakena e palestinese a quella libica (la resistenza dei lealisti, tanto disprezzati dalla ‘’sinistra colta’’). Solo così si faranno quei passi decisivi che porteranno al crollo della global class ed ad una concreta alternativa rivoluzionaria e socialista.

Note:

Consiglio anche la lettura di questo ottimo articolo di Eugenio Orso: http://pauperclass.myblog.it/archive/2011/10/25/attacco-globalista-all-italia-di-eugenio-orso.html

Stefano Zecchinelli


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