giovedì 22 settembre 2011

Il nazismo fase ultima della putrescenza capitalistica, di Stefano Zecchinelli





1. Il berlusconismo, per come tratterò io il problema, deve essere studiato partendo, prima dal concetto marxiano di autoritarismo, e poi bisogna inserirlo in questo contesto internazionale che presenta particolarismi nazionali, ma del tutto funzionali alla ‘’società dello spettacolo’’ che ha globalizzato la mente dei più.
Per prima cosa andrò a definire, molto brevemente, il concetto di autoritarismo in Marx, e spiegherò le implicazioni attuali.

2. Marx in ‘’Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’’ analizza il rapporto fra le condizioni sociali dei contadini e il loro atteggiamento politico reazionario.
Questi trovandosi isolati non riescono a coalizzarsi, e a formare una organizzazione politica, quindi non sono concretamente una ‘’classe’’ ma sarebbe più corretto parlare di ‘’mezze classi’’. Non potendosi rappresentare da soli devono trovare chi li dirige facendo leva sul loro senso comune.
Luigi Bonaparte ha strumentalizzato il loro attaccamento alla proprietà, il loro odio per la pressione fiscale dello Stato, e una demagogia populistica e nazionalista.
Marx riprende il discorso iniziato nel ‘’Manifesto’’ sullo stato borghese, spiegando come questo è di per sé dittatoriale; Napoleone III non rappresentava tutta la borghesia, la quale, in un momento di crisi, aveva deciso di mettersi in mano al ‘’partito dell’ordine’’.
Ma cediamo la parola al rivoluzionario di Treviri:

‘’La Francia reclama anzitutto tranquillita. Questo era l’appello che il partito dell’ordine rivolgeva alla rivoluzione a partire dal mese di febbraio; questo era l’appello che Bonaparte rivolgeva al partito dell’ordine. La Francia reclama anzitutto tranquillita. Bonaparte commetteva atti tendenti all’usurpazione; ma il partito dell’ordine commetteva un protestando rumorosamente contro questi atti e commentandoli con malumore’’. 1

E continua:

‘’Perciò Bonaparte chiedeva che lo lasciassero fare in pace le sue cose, e il partito parlamentare era paralizzato da una duplice paura, dalla paura di provocare di nuovo l’agitazione rivoluzionaria e dalla paura di apparire, proprio come lui, agli occhi della propria classe, agli occhi della borghesia’’. 2

Possiamo iniziare a capire le prime ragioni dell’autoritarismo (bonapartismo). Nei momenti di crisi, e questo dalle citazioni di Marx mi sembra chiaro, il potere politico si va centralizzando nelle mani degli organi esecutivi, esautorando gli altri organi interni agli apparati statali. Per fare ciò, e scongiurare il pericolo di un rovesciamento sociale, è importante sfruttare il desiderio di ‘’ordine’’ (e quindi di conservazione sociale) delle mezze classi, sempre indecise e titubanti. Questa è una costante degli autoritarismi.
Vediamo ora, molto brevemente le caratteristiche delle classi medie, e perchè c’è un così stretto rapporto fra loro e l’ordine borghese.

3. La piccola borghesia (contadini, piccoli commercianti, bottegai, ecc…), è prima di tutto priva di indipendenza economica e quindi anche politica, rispetto ai due grandi blocchi sociali: Gran Capitale/Potere Operaio. Questo la spinge ad essere sempre titubante e nonostante a parole rivendica una autonomia di pensiero, nei fatti, anche senza capirlo, si accoda alla classe che ha una certa ‘’egemonia’’. Lasciando stare gli esempi storici (rivoluzioni del 1848, rivoluzione russa, biennio rosso, rivoluzione tedesca, rivoluzione spagnola, ecc…) è chiaro che è necessario ottenere il suo consenso. Il capo, e questo lo vediamo con la (falsa) democrazia americana, deve essere a misura dell’uomo medio, il piccolo investitore e consumatore.
La caratteristica delle nuove post-democrazie, è che  ‘’il leader va la dove lo conducono le masse’’ (mutuando le parole di Trotsky su Hitler), quindi riferendomi all’esempio italiota ‘’nessun bottaio potrebbe essere Berlusconi, ma Berlusconi ha in sé qualcosa di ogni bottegaio’’.
Prima di passare a riflettere sulle post-democrazie facciamo un passo indietro e diciamo qualcosa sull’Italia, che è un caso particolarmente pietoso.

4. Quest’anno sono ricorsi i cento cinquanta anni dalla ‘’unità italiota’’, festeggiata da tutta la ‘’sinistra colta’’, quando solo i cinquant’anni di questa ricorrenza furono, nel 1911, boicottati dai turatiani di Critica Sociale. Pace all’anima loro!
Bene ha fatto chi ha rimesso in ‘’circolazione’’ l’articolo di Bordiga, scritto per i cento anni di questa ricorrenza, e cioè ‘’Alla gogna non sugli altari il 1861’’. Ma capiamo che cosa, in rapporto all’argomento che stiamo trattando, ha rappresentato tale avvenimento.
La borghesia italiana, a differenza (ad esempio) di quella francese, non è riuscita nemmeno a formare uno Stato Nazione con una rivoluzione democratica, dovendo, invece, fare un compromesso con le forze reazionarie.
Quindi abbiamo avuto da una parte la persistenza politica di forze aristocratiche, e dall’altra le masse sono state mobilitate in modo demagogico, senza avere una piena coscienza del loro compito.
Antonio Gramsci si esprimerà così:

‘’In ogni modo, lo svolgersi del processo del Risorgimento, se pose in luce l’importanza enorme del movimento demagogico di massa, con capi di fortuna, improvvisati, ecc., in realtà fu riassunto dalle forze tradizionali organiche, cioè dai partiti formati di lunga mano, con elaborazione razionale dei capi, ecc.’’. 3

Il grande sardo spiega molto bene la continuità fra le burocrazie pre-unitarie e quelle unitarie, quindi il concetto di ‘’rivoluzione passiva’’ ha al centro il binomio ‘’rivoluzione-restaurazione’’.
Insomma per un capitalismo straccione come quello italiota la demagogia e lo ‘’spirito piccolo borghese’’ sono sempre stati una costante, dal pinguino Cavour al mafioso di Arcore.
Più interessante far notare come la borghesia in un certo momento della sua storia avanzava una cultura critica e degli interessi progressivi, cosa che è avvenuta in Inghilterra o in Francia, mentre nella sventurata Italia la continuità della classe dirigente (gli intellettuali organici in termini gramsciani) si è accompagnata alla putrescenza del capitalismo ascaro, che noi tutti odiamo.
Non è mia intenzione ricostruire la storia delle classi dirigenti italiote, e dopo aver colto le radici dell’autoritarismo, voglio fare qualche riflessione sulla situazione attuale.

5. La situazione attuale pone prima di tutto, ed è bene che entri nelle zucche, la fine della coppia dicotomica destra/sinistra.
Destra e sinistra, quindi riformismo sociale/conservatorismo, sono due categorie che appartengono alle grandi diatribe ideologiche ottocentesche e novecentesche. Il marxismo non ha nulla a che vedere con la sinistra, perché i comunisti vogliono rovesciare la società capitalistica e non renderla più giusta, partendo da una analisi delle strutture economiche e sociali.
Quindi è sbagliato considerare il neoconservatorismo di destra, in quanto si è rivelato un fenomeno trasversale, come, del resto, molti intellettuali provenienti dai vecchi partiti comunisti (filo-sovietici) hanno aderito, in filosofia, o al post-moderno (filosofia tremendamente antimarxista), o al neoliberismo della variante di Popper, Bobbio, ed Habermars.
Questa è una premessa fondamentale prima di dire che cosa è per me la post-democrazia, e inquadrare in questo contesto il berlusconismo.

6. Guy Debord nel 1967 scrive ‘’La società dello spettacolo’’ dove inquadra al meglio la fine della vecchia democrazia borghese, e l’ingresso in un capitalismo impersonale, quello del ‘’pensiero unico’’ neoliberale.
In questo scenario abbiamo il primato dell’economia sulla politica, uno stato di guerra permanente, nuove strategie mass-mediatiche per il controllo delle masse, e soprattutto viene introdotto il marketing politico.
I riferimenti culturali di Debord sono Korsch, Lukàcs, Gramsci e la Scuola di Francoforte. Nel terzo capitolo di ‘’La società dello spettacolo’’ viene preso in esame lo spettacolo come maschera alle lacerazioni sociali.
La tesi 55 dice:

‘’E’ la lotta dei poteri che si sono costituiti per la gestione dello stesso sistema socio-economico, che si presenta come contraddizione ufficiale, appartenendo di fato all’unità reale: e questo su scala mondiale come anche all’interno di ogni nazione’’. 4

La post-democrazia è un fenomeno internazionale, riguardante principalmente il mondo occidentale (i paesi a tardo-capitalismo), che ha delle tendenze populistiche nazionali, tendenze che consentono al ‘’Grande Fratello Capitale’’ di tenere unito un mosaico in cui le masse si fanno progressivamente da parte, diventano apatiche.
La tesi 58 calza perfettamente per la post-democrazia italiota:

‘’La divisione dei compiti spettacolari che conserva la generalità dell’ordine esistente, conserva principalmente il polo dominante del suo sviluppo. La radice dello spettacolo è nel terreno dell’economia divenuta abbondante, ed è da qui che vengono i frutti che tendono alla fine a dominare il mercato spettacolare, a dispetto delle barriere protezionistiche ideologico-poliziesche di qualsiasi spettacolo locale con pretese autarchiche’’. 5

Il mafioso di Arcore non fa che elevare all’ennesima potenza i vizi dell’omino represso piccolo borghese. Cavalcando la rottura interna ai ceti medi (ceti medi contemplativi contro ceti medi ‘’produttivi’’) lui è, in astratto, il punto di arrivo di ogni bottegaio. Non poteva essere altrimenti: ogni paese ha la post-democrazia che merita, e il capitalismo italiano, fondato sul proliferare delle mezze classi, sull’evasione fiscale e i bassi salari, ha generato lo squallore attuale.
Nuove forme di fascismo democratico, descritte in modo magistrale da Reich:

‘’ La mentalità fascista è la mentalità dell’"uomo della strada" mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi ad un’autorità e allo stesso tempo ribelle. Non è casuale che tutti i dittatori fascisti escano dalla sfera sociale del piccolo uomo della strada reazionario. Il grande industriale e il militarista feudale approfittano di questa circostanza sociale per i propri scopi, dopo che questi si sono sviluppati nell’ambito della generale repressione vitale. La civiltà meccanicistica ed autoritaria raccoglie, sotto la forma di fascismo, solo dal piccolo borghese represso ciò che da secoli ha seminato, come mistica mentalità del caporale di giornata e automatismo fra le masse degli uomini mediocri e repressi. Questo piccolo borghese ha copiato fin troppo bene il comportamento del grande e lo riproduce in modo deformato e ingigantito. Il fascista è il sergente del gigantesco esercito della nostra civiltà profondamente malata e altamente industrializzata. Non si può far vedere impunemente all’uomo comune il grande tam tam dell’alta politica: il piccolo sergente ha superato il generale imperialista in tutto: nella musica di marcia, nel passo dell’oca, nel comandare e nell’obbedire, nella mortale paura di dover pensare, nella diplomazia, nella strategia e nella tattica, nelle divise e nelle parate, nelle decorazioni e nelle medaglie. Un uomo come l’imperatore Guglielmo si rivelò in tutte queste cose un miserabile dilettante rispetto a Hitler figlio di un funzionario e morto di fame. Quando un generale "proletario" si copre il petto da ambo le parti con medaglie, e perché no, dalla gola fino all’ombelico, dimostra cosí al piccolo uomo comune che non intende essere da meno del "vero" e grande generale’’. 6

Ma questo non è vero solo per la mafiocrazia italiota, facciamo un esempio riguardante il nazismo morbido americano. Nel suo discorso inaugurale Ronald Reagan raccontò di Martin Treptow, un giovane barbiere morto durante la Prima Guerra Mondiale. Sul suo corpo avrebbero trovato un diario dove testimoniava il suo impegno per la vittoria Usa della guerra 7. Reagan rappresentò la prima grande operazione di marketing politico dell’imperialismo yankee. Un bravo signore, non molto colto, per alcuni aspetti addirittura goffo intellettualmente, che, però, doveva rappresentare tutta la comunità americana. Come dire, il potere è a portata dell’uomo medio, ‘’sono un po’ come noi’’, a prescindere dai crimini dei Contras in Nicaragua, Reagan, poteva essere il buon amico con cui si prende da bere al bar. Per gli Stati Uniti la situazione è ancora più grottesca dato che, come già detto, l’ideologia coincide totalmente con la nazione, dando al bestiale imperialismo a stelle e strisce un carattere messianico. A Reagan, Busch, e Berlusconi, la ‘’sinistra’’ contrappone Zapatero, Obama e Vendola, come no, miei cari! Le post-democrazie fanno leva sulla rottura interna ai ceti medi, e se Busch rappresenta il senso comune del piccolo commerciante yankee, Obama rappresenterà il senso comune del giovane professionista che viene schiacciato in basso dalla putrescenza del capitalismo in crisi. Allora è chiaro che l’autoritarismo, per come lo interpreto io, è sempre presente nelle post-democrazie, basandosi sulla marginalizzazione delle masse, e il carattere sempre più impersonale del capitalismo. L’esercizio di questo potere passa attraverso grandi movimenti di massa interclassisti e visceralmente antioperai; attraverso il circo mediatico televisivo che manipola il consenso con un metodo che non tratto in questa sede; ed infine c’è  la schifosissima corporazione universitaria, un grande apparato burocratico che esprime l’ideologia del ‘’non c’è più niente da fare’’. Il fascismo, quello delle squadracce nere che si davano alle orge dopo aver assaltato le Case del Popolo, è parte integrante del mondo in cui viviamo; dietro la debordiana società dello spettacolo si allunga sempre di più l’ombra della svastica, e il teschio della polizia SS. Null’altro da aggiungere, e contro di ciò che si deve rivolgere una alternativa anticapitalistica, che rovesci il nuovo nazismo democratico con una rivoluzione socialista e permanente.

Note:

1)      Karl Marx ‘’Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’’
2)      Ibidem
3)      Antonio Gramsci ‘’Il Risogimento’’
4)      Guy Debord ‘’La società dello spettacolo’’
5)      Ibidem
6)      Wilheim Reich ‘’Il fascismo come espressione della struttura caratteriale umana media’’
7)      Miguel Martinez ‘’La sola nazione indispensabile nel mondo: la retorica della libertà americana’’


Stefano Zecchinelli


Articolo pubblicato anche su: http://bentornatabandierarossa.blogspot.com/2011/07/il-nazismo-fase-ultima-della.html
 

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