Devo dire che è con grande piacere che pubblico questa - oramai datata - recensione di Stefania Limiti del mai abbastanza elogiato libro di James Petras - Usa: padroni o servi del sionismo - di cui consiglio caldamente la lettura. S. Z.
Il potere di Israele “si basa sulla Diaspora,
i circoli sionisti economicamente e politicamente influenti che
hanno accesso diretto e indiretto ai centri di potere e di propaganda
del paese più imperialista e dominante del mondo”.
Sono parole James Petras autore di un saggio illuminante dal significativo
titolo Usa: padroni o servi del sionismo che suona come
un nuovo atto di accusa nei confronti del piccolo ma strapotente
stato sionista - dopo quello dei due docenti universitari americani
John Mearsheimer e Stephen Walt che in libro molto chiacchierato
hanno denunciato senza ambiguità il peso della lobby israeliana
nella politica estera statunitense.
Petras, anch’egli docente statunitense e
certamente non super partes ma schieratissimo militante radicale
contro tante ingiustizie, dalla Palestina all’America Latina,
ben noto il Italia per le sue battaglie e analisi dell’imperialismo,
analizza la << relazione strutturale storica>> tra Stati
Uniti e Israele ma i meccanismi di controllo esercitati dal piccolo
stato sionista sulla super-potenza sono gli stessi messi in pratica
in tutto il resto del mondo, almeno là dove gli viene consentito.
L’Italia, come è noto non è
esente.
Gli esempi sono tanti: l’ultimo è
la decisione di dedicare ad Israele la prossima edizione della Fiera
internazionale del Libro di Torino. L’indiscrezione era trapelata
gia da qualche mese ma ora si tratta di una certezza. Israele sarà
ospite d’onore nel più importante salone libraio del
nostro paese. La decisione, inutile sottolinearlo, è assai
contestabile, anzi piuttosto preoccupante.
La scelta di rendere Israele il paese protagonista
della Fiera arriva nell’anno in cui a livello mondiale sarà
commemorata la Nakba, cioè la pulizia etnica con cui questo
Stato ha iniziato la costruzione della propria identità nazionale
e che fino ai nostri giorni non è mai stata interrotta, né
ha mai pagato almeno uno dei responsabili dei crimini commessi nei
confronti del popolo palestinese. Anzi, proprio recentemente il
progetto di annientamento di Gaza e della Cisgiornadia ha assunto
caratteri disumani e intollerabili e tutto ciò che mette
a tacere questa realtà, compresa la kermesse torinese, è
complice di questa aberrazione.
Ciò che sta avvenendo a Torino è
proprio la dimostrazione di quanto ci sia bisogno anche in Italia
di una analisi più approfondita dei meccanismi di controllo
e persuasione esercitata dalle nostrane lobby sioniste: vi immaginate
un evento, anche meno esposto all’attenzione internazionale,
magari anche meno autorevole, dedicato alle sofferenze delle genti
palestinesi? Si aprirebbe una preventiva caccia al terrorista –
sinonimo del palestinese-tipo – e l’iniziativa sarebbe
affossata prima ancora di nascere. Invece, nel caso della Fiera
di Torino, la scelta di dedicarla ad Israele non ha trovato critiche
nella grande stampa e negli acuti editorialisti: perfino Liberazione
rivendica l’autonomia dello spazio della Cultura (che orrore!!
Praticamente sarebbe una invenzione tutta la problematica del rapporto
conoscenza-potere), rinunciando ad una presa di posizione chiara
e non subalterna.
Petras, come Mearsheimer e Walt, incarna quella
figura di “intellettuale pubblico” – definizione
attribuita al compianto Edward Said – che tenta di rompere
le barriere che dividono il mondo dell’erudizione e della
ricerca scientifica dall’opinione pubblica.
Il risultato è una denuncia implacabile
e incontrovertibile: la lobby pro israeliana – dice Petras
- controlla gran parte dei mezzi d’informazione, l’opinione
pubblica ed il meccanismo elettorale negli Usa. Nel parlamento statunitense
ci sono più sionisti che in quello israeliano, tanto che
gli Usa conducono una guerra in Medioriente che è addirittura
in contrasto con i loro stessi interessi imperiali – “l’unico
potenziale beneficiario delle sanzioni economiche o di un attacco
militare contro l’Iran sarebbe Israele”.
L’alleanza Usa-Israele, insomma, non è
giustificabile in termini di razionalità strategica o come
presa di posizione morale ma è motivata dall’influenza
che un raggruppamento di persone e istituzioni, una vera e propria
lobby pro-Israele, e, aggiunge Petras ‘sionista’, ha,
e ha sempre avuto, sui diversi governi americani sui quali esercita
una vera e propria <<tirannia>>. La straordinaria potenza
del controllo della lobby israeliana negli Stati Uniti, la capacità
di persuasione e orientamento di una elite che non si limita a fare
pressione, come ogni lobby, arriva a forgiare i meccanismi decisionali,
tanto da trasformare <<la causa di Israele nella causa dell’America>>.
A differenza degli altri due più cauti autori,
Petras parla apertamente della natura coloniale dello Stato israeliano
e critica con veemenza molti intellettuali nordamericani <<subalterni
al ricatto di ‘antisemetismo’>> - questione che
‘sentiamo’ assai vicina alle problematiche nostrane.
Per i lettori italiani il suo libro è interessante anche
perché la maggior parte delle fonti su cui l’autore
basa le sue analisi sono giornali e documenti, confidenze e notizie
riservate raccolte sul campo, dunque se non inaccessibili, almeno
di difficile reperibilità nel nostro paese, perché
il Web non è tutto.
<<Quale paese – si chiede l’autore
- continua ad avere negli Usa centinaia di spie, talpe e collaboratori
che da oltre trent’anni lavorano senza impunità per
un governo straniero?>>. Petras racconta che nel solo 2006,
in una delle più grosse inchieste spionistiche mai effettuate,
oltre 100 agenti dell’FBI provenienti da tutto il paese hanno
intervistato migliaia di potenziali testimoni, informatori e sospetti
collegati allo spionaggio israeliano nel territorio degli Stati
Uniti. <<Un ex giornalista di cronaca che lavorava per un
autorevole settimanale inglese mi ha detto – dice Petras -
di essere stato interrogato per ben due volte in dodici ore sulla
collaborazione tra mass media e Mossad nel trasmettere informazioni
tendenziose e propaganda filo-israeliana come ‘notizia di
cronaca’. Da alcune conversazioni con i giornalisti intervistati
dall’Fbi, emerge il quadro di una penetrazione ampia e ramificata
nella società e nel governo americani per mano di spie israeliane
e loro collaboratori>>. Sempre secondo le fonti dell’autore,
l’Fbi avrebbe condotto indagini sulle reti spionistiche israeliane
per oltre trent’anni ma le inchieste sono state ostacolate
dai rappresentanti di entrambi gli schieramenti politici che in
qualche modo sono soggetti alle lobby israeliane o ai loro finanziatori
di campagne filoisraeliane, un trasversalismo non certo sconosciuto
tra le fila dei nostri politici.
Un libro da studiare bene. Ne discuteranno alla
Fiera del Libro di Torino?
* autrice de “I fantasmi di Sharon”
ed. Sinnos e di “Rapito a Roma, Il rapimento di Mordechai
Vanunu” ed. L'Unità
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