Pagine

giovedì 19 settembre 2013

Antimperialismo o nazionalismo europeo ?, di Stefano Zecchinelli



1. La massiccia partecipazione di organizzazioni neofasciste, in Italia ed in Europa, dentro il così detto ‘fronte pro-Siria’ ( fronte che fa una esplicita apologia del baathismo ) e la corrispondente delineazione di un progetto politico neofascista di chiaro segno anti-americano ha fatto risorgere il problema delle infiltrazioni politiche di destra nel ‘campo antimperialista’.

In questo articolo cercherò di esporre alcune riflessioni su ciò cercando di chiarire, in pochi ed essenziali punti, le caratteristiche del ‘neofascismo di sinistra’ ( o ‘neofascismo anti-americano’ ) dando, ovviamente, agli antimperialisti, delle indicazioni concrete per combatterlo.

Parto da queste constatazioni di base: (1) i neofascisti non si considerano militanti di destra ma propinano una ‘rivoluzione nazionale’ italiana. In questo hanno trovato un chiaro appiglio nella elaborazione teorica di Alain De Benoist il quale parla dell’esaurimento della coppia dicotomica destra/sinistra; (2) il ‘fascismo di sinistra’ non è un fenomeno nuovo nel panorama politico italiano ( lo stesso PCI finanziò per un certo periodo il movimento ‘pensiero nazionale’ di Stanis Ruinas ), ha una sua genesi storica ed i suoi appigli teorici. Allora, a dispetto di quello che dicono i dossier antifascisti che non analizzano affatto il fenomeno, siamo davanti a movimenti politici che da decenni giocano, spesso in modo autonomo, la loro partita.

Parto dal secondo punto: la rottura interna al neofascismo italiano ( rottura che Vincenzo Vinciguerra, mi pare, faccia risalire al 1955 circa ) fra i ‘nostalgici di Salò ( se vogliamo i socializzatori ) e gli anticomunisti ( legati al fascismo monarchico e colonialista ) spinse i primi a cercare dei modelli sociali alternativi sia agli Stati Uniti d’America e sia all’Unione Sovietica. La ricerca cadde su movimenti ‘terzisti’ extra-europei come il peronismo, il nasserismo ed il baathismo; insomma, un grande movimento latino-americano ( con dentro una forte carica anti-colonialista ) e due movimenti pan-arabi. Argomento interessante su cui vale la pena spendere qualche parola.

I neofascisti di sinistra rivendicano le origini fasciste di questi movimenti, soprattutto per ciò che riguarda il nazionalismo arabo. Tutto vero ! Già il colpo di stato del Ba’th contro Qassem nel 1959 ( insieme a quello finale del 1963 ), in Irak, fu finanziato da Rashid Ali Al-Kaylani, ammiratore di Hitler, e guida del regime filo-nazista irakeno che affrontò gli inglesi nel 1941. Nasser fu un ammiratore di Mussolini e lo stesso Ba’th siriano ha avuto militanti filo-tedeschi ( emblematico è il caso del Partito nazional-socialista siriano ).

Per ciò che riguarda il peronismo, ovviamente, ci sono molte forzature; Peron era un generale filo-fascista ma il movimento di massa che lo sosteneva raccoglieva anche tante anime di sinistra. Vero è che nei primi anni ’60, indubbiamente neofascista, fu il Movimento Nazionalista Tacuara molto solidale con il nasserismo tanto da coniare lo slogan ‘Nasser y Peron un solo corazon’.

La constatazione che faccio è questa: il fascismo nei paesi coloniali è stato molto diverso rispetto ai paesi imperialistici, vediamo il motivo. Il nazionalismo, in Europa, non si attiene a questioni di sovranità, dato che gli europei minacciano l’indipendenza nazionale di altri popoli dai tempi delle crociate ( primo caso di aggressione coloniale ! ), ma al massimo prende in considerazione questioni di frontiere ( Trieste, e sciocchezze varie ! ); il fascismo, intriso di ideologia nazionalistica, non poteva che essere militarista ed imperialista, quindi l’unico fascismo reale è stato di destra ed anticomunista.

La cosa cambia nei paesi coloniali dove il patriottismo portato all’estremo si scontrò, inevitabilmente, con l’imperialismo ed essendo quei popoli davvero privi di sovranità gli slogan anticomunisti delle destre oligarchiche non hanno mai avuto effetto.

Molti militanti dal ‘fascismo populista’ ( un’altra esperienza importante fu l’ ‘integralismo’ brasiliano ) si sono spostati a sinistra, in questa sede faccio l’esempio di Helden Camara famoso teologo della liberazione, esempio che penso sia davvero eloquente per capire di cosa parlo. Riassumendo: l’attrazione ‘assadista’ di questi ‘neofascisti di sinistra’ ha ‘storicamente’ un senso o, quanto meno, ragioni politiche che andrebbero smontate analiticamente. Che poi questi attivisti non tengano presente del ruolo dell’Urss in sostegno del nazionalismo arabo, dei rapporti sociali di produzione in Siria sotto l’influenza sovietica e del terrorismo fatto, dall’altro lato, dal neofascismo filo-americano ( Patria e libertà in Cile, Tripla A in Argentina o i falangisti cristiani in Libano ) è un’altra cosa. Insomma, voglio capire il fenomeno e quindi cerco di vedere – ragionando sui fatti storici – cosa c’è nella testa dei ‘neofascisti rossi’.

Quest’area politica fa riferimento allo ‘stato corporativo’ ( in questo momento corrispondente al capitalismo russo ), rimuove la lotta di classe ( rimossa anche dai primi teorici del baathismo come Michel Aflaq ) ed utilizza la geopolitica auspicando la formazione di blocchi egemonici alternativi. Non per nulla molti di questi personaggi cadono nel geopoliticismo ( fenomeno da non bollare assolutamente come fascista !). Fatte queste considerazione ‘storiche’ passo ad inquadrare i risvolti politici.

2. L’infiltrazione neofascista è improbabile ( per non dire impossibile ) perché (1) prima di tutto c’è poco da infiltrare non essendoci un vero campo antimperialista di sinistra ( ed è questo il vero problema perché se ci fossero organizzazione di classe forse non ci sarebbero nemmeno queste anomalie militanti ! ), (2) sono troppe le organizzazioni politiche che partendo da destra elaborano un indirizzo anti-americano e la cosa sarebbe troppo evidente.

Il cuore del problema è questo: tutte le forze politiche giocano la loro partita e cercano il campo che gli è più congeniale. Davanti una crisi capitalistica sistemica ( ci sarebbe un appunto da fare: ha colpito prevalentemente l'occidente ed il modello capitalistico neoliberista ) le destre, in concreto, perdono forza battendo sull' 'anticomunismo' tradizionale e su questioni 'etniche' o 'razziali' ( la critica al multiculturalismo ). In questo modo le organizzazioni più intelligenti hanno capito che per guadagnare consensi da una prospettiva nazionalistica non serve più dire 'via i rom' ma è meglio dire 'via la BCE' quindi si danno un programma 'sociale' ( non socialista, attenzione ! ) e fanno leva su problematiche come il signoraggio, sulla importanza della industria di Stato e sui sussidi alla piccola e media borghesia. Questi aggiustamenti interni necessitano anche di una revisione del progetto internazionale: gli Usa non consentono, nè politiche sovraniste ( anche in una prospettiva imperialistica italiana ) nè concessioni sociali, quindi, i neofascisti, hanno capito che l'Italia, per riottenere margini di manovra, deve agganciarsi ai paesi BRICS. Penso che la geopolitica ( o meglio il geopoliticismo ) sia il collante fra l'involuzione populista di un certo campo post-staliniano ( emblematico è il caso di Gianfranco La Grassa ) ed il 'neofascismo' di sinistra’ ( ovviamente in questo caso mettersi a gridare ‘fascista’ e ‘rossobruno’ è tre volte da idiota dato che siamo davanti produzioni teoriche complesse e difficili da smontare ).

Nella storia del neofascismo italiano, un caso eloquente di spostamento ad est della destra, fu il Comitato di amicizia Italia-Libia, fondato nel 1973 da Claudio Mutti.

Restano questi appunti da fare: (1) ci sono ‘neofascisti di sinistra’ in grado di abbandonare sinceramente queste organizzazioni, singolarmente o in piccoli gruppi, ed iniziare un coerente percorso di formazione antimperialista ( prima del ’68 molti ex ‘fascisti in salsa rossa’ passarono a sinistra ed alcuni vi rimasero anche ! ). Penso che sia importante riconoscere questo e prediligere l’analisi dei progetti politici alla esposizione delle biografie individuali; (2) il geopoliticismo ( che è un fenomeno complesso, difficile da etichettare e che si riproduce non solo nel campo borghese ) non è antimperialista, però fra i geopoliticisti si trovano a volte  ‘compagni di strada’ che abbandonano l’antimperialismo scoraggiati dalla assenza di strutture di classe. Ovviamente tanti di loro slittano in modo convinto dalla parte di qualche fazione imperialistica ( la rivista Stato e Potenza è piena di redattori con una concezione dei rapporti sociali gerarchica ed anti-socialista ! ) diventando reazionari con orribili fetide penali.

Questo andava precisato senza perdere di vista che il ‘neofascismo di sinistra’ ed il geopoliticismo ( anche nella versione pseudo-socialista di Stato e Potenza ) sono avversari da combattere in qualsiasi modo. Come ben dice la mia amica Maria-Cristina Serban che in modo molto penetrante dimostra quanto reazionari possano diventare certi ambienti ( la sottolineatura è mia ):

‘’ I regurgiti nazionalisti europei che in parte ispirano l'antiamericanismo in Europa, se oggi possono essere "compagni di strada" contro la guerra e difendono la Siria sostenendo Bashar al-Assad, già domani possono scontrarsi con una visione internazionalista e di classe della realtà. L'"antiamericanismo" fomentato qua e là da settori dell'establishment europeo o da certe destre anti-atlantiche e organizzazioni che si rifanno al mussolinismo è assai distinto per natura ed analisi dall'antimperialismo internazionalista che sta nel DNA degli anti-imperialisti. È spesso un antiamericanismo adatto alla definizione di un'"identità europea" (espressa in negativo rispetto al modello americano diffuso fino agli anni '90) che le classi dominanti europee non hanno saputo darsi mentre costruivano l'antidemocratica Unione Europea’’.

La definizione della identità europea ( a cui Pino Rauti fece corrispondere il ‘colonialismo latino’ differenziato, in modo balordo dato che tutti i colonialismi sono mostri da distruggere, dall’imperialismo anglo-americano ) riporta alla rinascita del neocolonialismo dei paesi europei. La traduzione politica è questa, è inutile girarci attorno, non a caso nessun ‘neofascista di sinistra’ fa i conti con l’eredità storica dell’imperialismo italiano durante il ventennio ( ed i massacri fascisti in Etiopia, in Libia e nei Balcani ) riconoscendo il valore storico della Jugoslavia socialista nata proprio dalla resistenza all’imperialismo italiano ed i partigiani jugoslavi hanno combattuto anche per la libertà degli operai italiani, non dimentichiamocelo.

Che dire ? Tante volte la buonafede non basta e dietro l’ingenuità di tanti attivisti si nasconde la peggiore destra oligarchica ed imperialista, cosa comprovata dagli avvenimenti attuali.

Stefano Zecchinelli









Nessun commento:

Posta un commento