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mercoledì 21 settembre 2011

Walter Benjamin e la filosofia della vendetta, di Stefano Zecchinelli


‘’A WALTER BENJAMIN,CHE SI TOLSE LA VITA
MENTRE FUGGIVA DAVANTI A HITLER’’

Stancare l’avversario, la tattica che ti piaceva
Quando sedevi al tavolo degli scacchi, all’ombra del pero.
Il nemico che ti cacciava via dai tuoi libri
Non si lascia stancare da gente come noi

Bertolt Brecht

1. Walter Benjamin è stato uno dei più grandi marxisti del ‘900, dico questo indipendentemente dalla mia adesione al suo pensiero (cosa che c’è in gran parte), ma dopo una riflessione ponderata; il pensiero del filosofo tedesco di origini ebree è di grandissima attualità e trova ampio riscontro nell’attuale momento storico.
Benjamin nel corso della sua breve vita (morì suicida nel 1940 mentre fuggiva dai nazisti) intrattenne ampi rapporti con importanti pensatori che ne influenzarono le idee: Adorno, Horkheimer, Fromm, Bloch e soprattutto Bertolt Brecht.
‘’Il nostro’’ condividerà con Brecht una forma di marxismo eretico, sempre messo in discussione, che trovava nell’ ‘’Angelo della Storia’’ la migliore espressione del materialismo storico, libero da dogmi, spietato ‘’squillo di tromba’’ volto a terrorizzare il ‘’potere borghese’’.
Mi preme sottolineare che Benjamin a differenza di Adorno e Horkheimer non fa nessuna concessione alla Dialettica Negativa intesa come insuperabilità (si badi bene) dell’attuale modo di produzione; tutta la filosofia della storia di Benjamin è volta ad inquadrare la classe operaia come classe rivoluzionaria, cosa non da poco conto.
Prima di entrare nel merito delle ‘’Tesi sul concetto di storia’’ (oggetto di questo breve saggio) voglio dire che ‘’Il nostro’’, a mio avviso, è molto più vicino a Rosa Luxemburg, Karl Korsch e Brecht (che opererà in tutt’altro campo) che alla Scuola di Francoforte. Cercherò ora di argomentare le mie ragioni.

2. Marx nell’undicesima ‘’Tesi su Feuerbach’’ dice:

‘’ I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo’’.1

Sarà questo il punto di partenza di Benjamin, il quale vedrà nella rivoluzione socialista la rottura della continuità storica borghese.
Parlando di ‘’Catastrofe e progresso’’, l’idea di ‘’Eterno Ritorno’’ viene vista come il sempre più raro ritorno delle ‘’costellazioni quotidiane’’ in modo che ci si debba accontentare delle ‘’costellazione cosmiche’’.
L’abitudine ci porta a rinunciare ai diritti; ’’il nostro’’ inizia ad articolare la sua critica a Nietzsche contrapponendogli Baudelaire, un uomo incapace di sviluppare abitudini stabili.
La borghesia del tempo, osa capita da Benjamin, non aveva più il coraggio di guardare il mondo da lei creato, di osservare gli sviluppi della formazione sociale che da sempre ha sostenuto e che è stata alla base del suo dominio.
Benjamin in polemica con Nietzsche dice:

‘’Il pensiero di Zarathustra circa l’Eterno Ritorno e il motto sul salva cuscino del divano > sono complementari’’.

E continua:

‘’La moda è l’Eterno Ritorno del nuovo. – Nonostante questo vi sono proprio nella moda dei motivi di salvazione?’’.2

La posizione di Benjamin nei confronti dell’autore di ‘’Così parlò Zarathustra’’ è molto dura; lui capirà bene come la filosofia di Nietzsche è un’ottima arma per la borghesia: i diritti cedono il passo all’abitudine e quale abitudine per un borghese se non ‘’plusvalore,plusvalore,plusvalore’’.
L’Eterno Ritorno cerca di legare insieme i due principi dell’eternità e dell’ancora una volta, ma tutto questo è proprio quello che la borghesia ha fatto, seguendo la strada indicata da Nietzsche.
L’attuale classe dominante parla di progresso ma nega il futuro, parla di Post-Moderno ma scrive libri sulla ‘’fine della storia’’ ,la profezia di Benjamin si è concretizzata in pieno; ’’l’eternità’’ diventa l’eternità del capitalismo, ’l’ancora una volta’’ è l’innovazione; la tecnologia che permette alla struttura economico-sociale di restare uguale.
Baudelaire invece irride la ‘’fede nel progresso’’, lottando insieme ad un cospiratore come Blanqui, impegnato a spazzare via l’ingiustizia del presente.
Ecco il Benjamin marxista, ritorna l’unità fra teoria e prassi; partendo dal binomio Baudelaire/Blanqui,’’il nostro’’, concilia la poetica dello scrittore francese con il suo atteggiamento nel 1848.
Nello stesso modo noi possiamo ben capire l’atteggiamento di Nietzsche davanti la Comune di Parigi, da una parte, e dall’altra affiancare Benjamin a Lukàcs e alla sua critica all’ ‘’irrazionalismo tedesco’’, il cuore reazionario della cultura novecentesca.
Tutte cose che giocano contro un Benjamin parcheggiato insieme ad Adorno nell’Hotel Abisso (pienamente meritato da questo), e che avvicinano ‘’il nostro’’ a giganti del pensiero rivoluzionario come Korsch, Brecht e Lukàcs.

3. Le ‘’Tesi sul Concetto di Storia’’ non presentano delle analisi ma sono  degli aforismi, sicuramente molto significativi e penetranti.
Queste Tesi inoltre richiamano alla riflessione di Engels sulla Natura 3, riflessioni che poi saranno presenti sia in Rosa Luxemburg che in Karl Liebknecht.
Cerchiamo di capire la loro importanza, fissandone i punti salienti e i rispettivi collegamenti culturali.
Nella VII Tesi Benjamin dice:

‘’Quelli che di volta in volta dominano sono però gli eredi di tutti coloro che hanno vinto sempre.L’immedesimazione con il vincitore torna perciò sempre a vantaggio dei dominatori di turno.Con ciò per il materialista storico,si è detto abbastanza.Chiunque abbia riportato sinora vittoria partecipa al corteo trionfale dei dominatori di oggi,che calpesta coloro che giacciono a terra.Anche il bottino,come su è sempre usato,viene trasportato nel corteo trionfale.Lo si designa come patrimonio culturale’’.

‘’Il Nostro’’ di sicuro parte dalle ‘’Domande di un lettore operaio’’ di Brecht (che sicuramente conosceva), si confrontino i due scritti:


‘’ Chi costruì Tebe dalle Sette Porte? 
Dentro i libri ci sono i nomi dei re. 
I re hanno trascinato quei blocchi di pietra? 
Babilonia tante volte distrutta, 
chi altrettante la riedificò? In quali case 
di Lima lucente d'oro abitavano i costruttori? 
Dove andarono i muratori, la sera che terminarono 
la Grande Muraglia?
La grande Roma 
è piena di archi di trionfo. Chi li costruì? Su chi 
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio 
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? 
Anche nella favolosa Atlantide 
nella notte che il mare li inghiottì, affogarono 
implorando aiuto dai loro schiavi. 

Il giovane Alessandro conquistò l'India. 
Lui solo? 
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco? 
Filippo di Spagna pianse, quando la sua flotta 
fu affondata. Nessun altro pianse? 
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi 
vinse oltre a lui? 

Ogni pagina una vittoria.
Chi cucinò la cena della vittoria? Ogni dieci anni un grande uomo. 
Chi ne pagò le spese? 

Tante vicende. 
Tante domande’’. (Bertolt Brecht ‘’Domande di un lettore operaio’’)


Lo storicismo viene preso di mira come punto di vista dei vincitori, come visione del mondo della classe dominante, buono soltanto ad ingannare gli oppressi ed allontanarli dalla loro missione storica.
La storia è storia di lotta di classe, in questo non ci sono eccezioni, democrazia e fascismo vengono messe sulle stesso livello:

‘’ La tradizione degli oppressi ci insegna che lo «stato di emergenza» in cui viviamo è la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la creazione del vero stato di emergenza; e ciò migliorerà la nostra posizione nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in ciò che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una legge storica. Lo stupore perché le cose che viviamo sono «ancora» possibili nel ventesimo secolo è tutt’altro che filosofico. Non è all’inizio di nessuna conoscenza, se non di quella che l’idea della storia da cui proviene non sta più in piedi’’.

Si noti la somiglianza di questo passo di Benjamin con quello che scrive Karl Korsch nel suo ‘’Karl Marx’’:

‘’Le forme democratiche di stato,le idee liberali della fase ascendente di sviluppo della produzione di merci capitalistica,vacillano dappertutto.> e > sono diventati la regola,guerre e guerre civili,la > forma di esistenza del presente modo di vita’’.4

La distruzione della funzione sociale positiva dei rapporti di produzione borghesi ha fatto si che l’idea di futuro propria dell’economia politica del ‘700 si perdesse.
Il capitalismo stava per trasformarsi da regime relativamente reazionario (quello di metà ‘800) a regime totalmente reazionario , la democrazia totalizzante in cui viviamo.
Questo avvicina ancora di più il nostro filosofo al marxismo rivoluzionario tedesco, ed è proprio nell’XI Tesi che troviamo una forte critica al riformismo della socialdemocrazia:

‘’Il conformismo, che è sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non riguarda solo la sua tattica politica ma anche le sue idee economi che. Ed è una delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia tedesca come l’opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era il filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c’era solo un passo all’illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del progresso tecnico, fosse già un’azione politica La vecchia morale protestante del lavoro celebrava la sua resurrezione — in forma secolarizzata — fra gli operai tedeschi. Il programma di Gotha reca già tracce di questa confusione. Esso definisce il lavoro come 'la fonte di ogni ricchezza e di ogni cultura'. Allarmato, Marx ribatté che l’uomo che non possiede altra proprietà che la sua forza-lavoro 'non può non essere lo schiavo degli altri uomini che si sono resi... proprietari' [e inoltre che 'la natura è la fonte dei valori d’uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro che, a sua volta, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana'; ndr]. Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco dopo Josef Dietzgen proclama: 'Il lavoro è il messia del tempo nuovo. Nel... miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza che potrà fare ciò che nessun redentore ha compiuto'. Questo concetto della natura del lavoro, proprio del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione dell’effetto che il prodotto del lavoro ha sui lavoratori finché essi non possono disporne. Esso non vuol vedere che i progressi del dominio della natura, e non i regressi della società; e mostra già i tratti tecnocratici che appariranno più tardi nel fascismo. Fra cui c’è anche un concetto di natura che si allontana funestamente da quello delle utopie socialiste anteriori al ’48. Il lavoro, come è ormai concepito, si risolve nello sfruttamento della natura che viene opposto — con ingenuo compiacimento — a quello del proletariato. Paragonate a questa concezione positivistica, le fantasticherie che hanno tanto contribuito a far ridere di Fourier, rivelano un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il lavoro sociale ben ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero illuminato la notte terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che l’acqua del mare non avrebbe più saputo di sale, e che gli animali feroci sarebbero entrati al servizio degli uomini. Tutto ciò illustra un lavoro che, lungi dallo sfruttare la natura è in grado di sgravarla dalle creature che dormono latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come suo complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, 'esiste gratuitamente’’.

Il pessimismo rivoluzionario non fa concessioni a miti tecnocratici e va a braccetto con la teoria dell’ autodistruzione di Rosa Luxemburg; per entrambi i rivoluzionari l’alternativa al socialismo sono le barbarie.
La socialdemocrazia aveva una idea del progresso assolutamente dogmatica; per i suoi teorici (Kautsky, Berstain, Adler, ecc…) questo era progresso umano, interminabile ed essenzialmente incessante.
Il progresso percorre così un tempo omogeneo e vuoto e quindi la sua critica deve essere radicale, deve partire dall’idea stessa, dogmatica, di progresso.
Facendo un passo indietro, nella IX Tesi, Benjamin descrive in questo modo il progresso:

‘’ C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, e le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine cresce davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta’’.

La storia è qualcosa piena di attualità, è come una tigre che balza nel passato e sconvolge il divenire storico con la rivoluzione.
La XII Tesi è di gran lunga la più significativa:

‘’Il soggetto della conoscenza storica è di per sé la classe oppressa che lotta.In Marx essa figura come l’ultima classe resa schiava,come la classe vendicatrice,che porta a termine l’opera di liberazione in nome di generazioni di sconfitti.Questa conoscenza,che si è fatta ancora valere per breve tempo nella Lega di Spartaco,fu da sempre scandalosa per la socialdemocrazia,che nel corso di tre decenni è riuscita a cancellare quasi del tutto il nome di un Blanqui,il cui suono squillante aveva scosso il secolo precedente.Essa si compiacque di assegnare alla classe operaia il ruolo di redentrice delle generazioni future.E recise così il nerbo della sua forza migliore.La classe disapprese,a questa scuola,tanto l’odio quanto la volontà di sacrificio.Entrambi infatti si alimentano all’immagine degli antinati asserviti,non all’ideale dei discendenti liberati’’.

L’opera di Benjamin è retta da questa incrollabile fede nel futuro comunista, il comunismo inteso come l’ordine contrapposto al caos ,come ‘’la semplicità che è difficile a farsi’’, come ben diceva il suo amico Bertolt Brecht.
Il proletariato sarà la classe redentrice delle generazioni a venire, ed ecco il futuro (comunismo) si contrapporrà al progresso (capitalismo); gli oppressi riapprenderanno l'arte dell'odio nutrendosi di rabbia per i discendenti resi schiavi e umiliati da ''quelli che stanno il alto''.
Come non ricondurre questa Tesi di Benjamin all’ultimo messaggio lasciatoci da Rosa prima di essere uccisa il 15 Gennaio 1919:

‘’L’ordine regna a Berlino, poveri tangheri,il vostro ordine è costruito sulla sabbia. Domani la rivoluzione si leverà di nuovo con grande fragore e annuncerà con uno squillo di tromba per terrorizzarvi: io ero, io sono, io sarò’’.

L’ ‘’Angelo della Storia’’  è la rivoluzione, cacciata via dal vento del progresso tutte le volte che il proletariato si lascia sfuggire il momento propizio per edificare una società diversa; così è stato in Germania con la sconfitta degli spartachisti e l’avvento del nazismo, prodotto diretto dell’opportunismo dei socialdemocratici.
Questa interpretazione dell’autore delle ‘’Tesi sul concetto di storia’’ di certo non piacerà alla corporazione universitaria che preferisce ricondurre Benjamin al pacifismo borghese, ma le loro letture davanti la realtà dei fatti (Benjamin visse da rivoluzionario) sono errate.
Lo dimostrano del resto la XVI e la XVII Tesi:

‘’ Al concetto di un presente che non è passaggio, ma in bilico nel tempo e immobile, il materialista storico non può rinunciare. Poiché questo concetto definisce appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. Lo storicismo postuma un’immagine «eterna» del passato, il materialista storico un’esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie forze con la meretrice «C’era una volta» nel bordello dello storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: abbastanza uomo per far saltare il continuum della storia’’ (XVI)

‘’ Lo storicismo culmina in linea di diritto nella «storia universale». Da cui la storiografia materialistica si differenzia – dal punto di vista metodico – forse più nettamente che da ogni altra. La prima non ha un’armatura teoretica. Il suo procedimento è quello dell’addizione; essa fornisce una massa di fatti per riempire il tempo omogeneo e vuoto. Alla base della storiografia materialistica è invece un principio costruttivo. Al pensiero non appartiene solo il movimento delle idee, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico dell’accadere o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un’epoca determinata dal corso omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita dall’epoca, una determinata opera dall’opera complessiva. Il risultato del suo procedere è che nell’opera è conservata e soppressa l’opera complessiva, nell’opera complessiva l’epoca e nell’epoca l’intero decorso della storia. Il frutto nutriente dello storicamente compreso ha dentro di sé il tempo, come il seme prezioso ma privo di sapore’’ (XVII)

L’arresto del pensiero di cui parla ‘’il nostro’’ non può che essere lo scontro definitivo fra la concezione del mondo proletaria (e quindi anche la cultura) e la concezione del mondo borghese; l’arresto è messianico e la chance rivoluzionaria attiene sicuramente alla totalità delle crisi del capitalismo.
Nell’ultimo punto della XVIII Tesi (Tesi XVIII-B.), Benjamin facendo riferimento alla Torah parla di rammemorazione.
La rammemorazione avrebbe sconfitto il progresso e liberato il futuro; nella Torah il futuro è la salvezza per il popolo ebraico, nel marxismo è la salvezza per l’umanità intera per mano non de lmessia ma del proletariato.

4. La filosofia di Benjamin si va a collocare in un filone di pensiero sicuramente lontano anni luce dalle disquisizioni dell’ Hotel Abisso; l’odio diventa la forza motrice della storia, la rossa ira per dirla sempre con Brecht.
Penso che sia questo il modo migliore per ripartire da Benjamin, poi ‘’ai posteri l’ardua sentenza’’.

Note:

1) Karl Marx ‘’Tesi su Feuebarch

2) Walter Benjamin ‘’Catastrofe e Progresso’’

3) Si veda anche ‘’Marxismo ed Ecologia’’ di Tiziano Bagarolo e più nello specifico nel Capitolo 4 ‘’La riflessione sulla storia di Walter Benjamin e la crisi attuale’’

http://tbagarolo.blogspot.com/search/label/benjamin%20w.

4) Karl Korsch ‘’Karl Marx’’

Stefano Zecchinelli

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