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venerdì 23 settembre 2011

Rondini sulla Germania, corvi sulla Palestina (e ratti in Libia e quaquaraquà arcobaleno.

GLI ARTICOLI DI FULVIO GRIMALDI NON SEMPRE SONO CONDIVISIBILI, PERO' CI AIUTANO A RIFLETTERE E A SCHIERARCI IN QUESTO EX MONDO DI DIO. PUBBLICO MOLTO VOLENTIERI QUESTO SUO ULTIMO PEZZO SULLA LIBIA. BUONA LETTURA.



C'è anche un intervento di Mussa Ibrahim, portavoce di Gheddafi


Basta scoprire fino a che punto la gente è disposta a sottomettersi e si è trovato la precisa misura di quanta ingiustizia e di quanti abusi gli si potrà imporre. E questi rimarranno fino a quando non vi si resista, o con parole, o con  colpi, o con entrambi. I limiti dei tiranni sono definiti dalla sopportazione degli oppressi. (Frederick Douglass, schiavo fuggito. scrittore, giornalista, 1818-1895)  

Dopo i recenti “ratti, bisce e aquile”, rondini. I volatili ci indicano la via.
I classici e romantici tedeschi, a cominciare da Goethe, facevano il Grand Tour in Italia. Viaggio di iniziazione alle origini della civiltà classica (alla larga dal Vaticano) che, da allora, improntò per due secoli lo Zeitgeist germanico e anche europeo. Riportarono indietro una visione del mondo e dell’uomo che avrebbe voluto contrastare, almeno riequilibrare, il furore produttivistico e mercificatore e l’ossessione tecnologica del nascente capitalismo, gli eccessi positivistici e deterministi che allora prendevano l’avvio devastando e costruendo. Con la sintesi di due concezioni diverse di civiltà e umanità e con il suo superamento, trattone il meglio, fa un enorme balzo in avanti Carl Marx, sulla scia dei Kant, Hegel, Feuerbach. Allora anche noi trovammo ispirazione in Socrate, nei tribuni della plebe, in Spartaco, Dante, Giordano Bruno. E furono Garibaldi, Mazzini e il Risorgimento. E poi Gramsci. Da lì siamo arrivati a Bersani e Vendola. Noi, quelli del nostro Grand Tour in Italia, quando si cercava l’abbrivio per cambiare il mondo. 


Ho colto un’occasione, regalatami da Gheddafi e dal mio popolo libico, per fare il viaggio all’incontrario, il Grand Tour in Deutschland. Tre presentazioni-dibattito del  docufilm “Maledetta Primavera” in altrettante città tedesche, anche fortunatamente dell’Est, già rispettabilissima e diffamatissima DDR. Ne seguiranno a ottobre altre otto. Merito di tedeschi che la sanno e la fanno spesso più lunga degli equivalenti italiani. La mia frequentazione è antica. Durante la guerra (non la prima, la seconda), con madre e sorella, fummo confinati in una piccola cittadina bavarese sul Meno e ci feci le medie inferiori e ci dovetti fare lo Hitlerjugend, cosa che aveva il vantaggio di tirarmi fuori dall’esclusione dell’italiano traditore “badogliano” e di farmi inoltrare, a forza di escursioni, nell’immensa, antica, silvestre, magica, natura tedesca. Quella gente, i compaesani, ci tennero in vita, condividendo quel poco che gli restava durante la Grande Fame 1944-45 e le grandi bombe alleate, con le mitragliatici che dal cielo miravano a noi che uscivamo da scuola. Gli stragisti di allora li ho visti ripetersi cento volte, fino a Tripoli. Tra le gioie di quell’infanzia vispa e movimentata c’era l’incontro con il primo bassotto, Lumpi. Avete visto la serie cinematografica “Heimat”? Era così. Ci sono tornato tante volte, per tutta la vita, ci ho studiato Germanistica con – e me ne vanto – Thomas Mann, ci vado in vacanza a ritrovare i Fratelli Grimm: tutta la Germania è percorribile da nord a sud e da est a ovest, senza mai uscire dai boschi, pensate un po’. E vi trovo sempre, al di là dell’assetto politico, al di là delle mazzate che lì vengono inferte alle classi subalterne, un gradino più alto di civiltà. Di convivenza civile. Se civiltà è rispetto. Per e tra gli umani, gli animali e i loro habitat. 


Forse per questo, forse per affettività passate, forse perché non contaminato dallo stereotipo in cui si usa “tedeschi” per “nazista” e in ogni film di guerra i tedeschi non parlano, ma abbaiano, ci sono sempre rimasto male quando, da decenni, i compagni tengono nazista per sinonimo di tedesco. Vorrei vedere questi altezzosi compagni se lo facessero a noi. Ne so qualcosa da quando, dopo l’8 settembre, i ragazzetti tedeschi mi davano la caccia urlandomi “Badoglio!”, o da quando, al liceo in Italia, i compagni sfottevano il mio accento tedesco, acquisito in quegli anni, dandomi del “Mankesten” (che non significa nulla, ma suona da colonello delle SS). 


Scusate l’excursus autobiografico, mi sono lasciato trasportare dai sentimenti. Dove eravamo ? Al Grand Tour in Deutschland. Dove, essendoci un’antica cultura ecologica (niente a che fare con quei puzzoni di “Verdi”, sconci fasulloni neoliberisti e guerrafondai), ci sono pale eoliche, su immense distese di prati e foreste, che non turbano affatto il mio senso estetico, anzi, e poi sono certo più belle e utili delle centrali elettriche, atomiche, petrolifere. Sembrano oche selvatiche in volo. Il bello è che non turbano per niente neanche le rondini che, essendo intelligenti, uno, hanno imparato a evitarle e, due, preferiscono da sempre frequentare tetti, grondaie, granai e persone. E se in Italia è ormai difficile trovare un solo passero solitario che d’in su la vetta della torre antica cantando (cose giuste e vere) va finché non muore il giorno, sulla terra di Hoelderlin e Brecht, insistono a volare stormi di rondini. Una rondine non farà primavera, ma tante così fanno un bel cielo di Germania. Come è noto, queste saettanti creature comunitarie divorano insetti e puliscono il cielo, cosa che noi ora ci hanno ridotto a fare con chimica tossica. Su insetti che pungono e fanno bolle nel cervello si sono avventate le rondini che mi hanno invitato a raccontare, con immagini e parole trovate in Libia, una storia che nei loro alti e rapinosi voli avevano già saputo intravvedere. 


Nella Germania del “culone berlusconianamente inchiavabile”, di Bundesbank e BCE, dello stupro della DDR e delle sue diffuse garanzie sociali, dei partiti tutti uniformemente atlantici, delle associazioni para-Bundesnachrichtendienst (il servizio segreto alemanno-atlantico) che pannellianamente lavorano ai fianchi, col terrorismo strisciante, Stati e popoli disobbedienti, c’è più resistenza e lucidità e coraggio, mi pare, che nel paese che vantava il “più grande partito comunista dell’Occidente”. Non che quella Germania dei gerarchi nazisti riabilitati in Stato e Intelligence non si sia data da fare. In coincidenza, magari fortuita, con il mio Grand Tour su arabi e loro carnefici, a Berlino, due arabi, un palestinese e un libanese, studenti di medicina, entrambi cittadini tedeschi e da decenni nel paese, sono stati arrestati e buttati in carcere con l’accusa di programmare attentati terroristici. Se ne è parlato fino a quando il tour, ripreso da stampa e tv, non è finito. Poi la storia è svaporata. Si basava su bicarbonato e lisciva trovati nelle abitazioni: “sostanze atte a costruire ordigni esplosiivi”. Intanto, la Merkel ne ha approfittato per rilanciare un drammatico appello alla “vigilanza contro il terrorismo”. Altro giro di vite per spremerci il costo della “crisi”. Infame e patetico, e noi, qui, ne sappiamo qualcosa. 


Come sappiamo qualcosa dei piani di sterilizzazione e repressione per internet. Tutto il tam tam, che ha poi fatto scaturire alle iniziative centinaia di persone, era ovviamente stato fatto dai miei ospitanti via internet, face book, twitter e altre diavolerie. Che quando scatenano rivoluzioni colorate da Ahmadinejad o Lukashenko, in Venezuela o Libano, vanno benissimo. Quando convocano a muoversi contro la Nato e per i popoli aggrediti, vanno malissimo. Così, anche in Deutschland, l’equipollente del matamoros Maroni ha convocato Facebook per intimargli di farla finita con l’autoregolamentazione e di farsi dettare dalla legge misure di eliminazione e punizione degli intemperanti di rete. A Pfaffenhofen (Monaco) un comitato di amici della Serbia, a Karlsruhe (Baden Wuerttemberg) e a Dresda un gruppo di antimperialisti e anticlericali riuniti intorno a una casa editrice eterodossa, hanno messo in piedi tre eventi con il docufilm che levati! Nelle future Berlino, Monaco, Augusta, Norimberga, Heidelberg, Francoforte e Colonia, saranno associazioni e comitati locali a organizzare la presentazione di “Verfluchter Fruehling” (Maledetta Primavera). 


In nessuna delle occasioni già passate c’erano meno di cento persone, a Dresda 220. E, pensate, paganti! Tre euro e mezzo. Non a me, ovviamente, al cinema o al teatro che ci ospitava. Ceteris paribus, in Germania, come anticonformismo e antimperialismo senza se e senza ma, senza spappagallata degli anatemi Nato contro “regimi” da abbattere, stanno  meglio di noi.


Dresda. Io, da piccolo, una Dresda minore l’ho vissuto in diretta. Dalla finestra dell’albergo a Magonza (mia madre non ci voleva nei rifugi) ho visto uccellacci di ferro a centinaia sganciare ordigni di fuoco che radessero al suolo una città storica, preziosa all’umanità. Come nella Dresda delle 200mila vittime di Churchill, a Wehrmacht disfatta e assente. Come lì, una grigia distesa di scheletri di mattoni e cemento con, nel vuoto, le ceneri dei civili incendiati. Camminando poi, tra polveri e fiamme, mi ricordo cavalli squarciati al lato della strada. Dresda, massimo gioiello barocco e neoclassico d’Europa, l’hanno ricostruita perfetta, un po’ la DDR, un po’ la BRD. Allora ai sassoni di Dresda ho ricordato Widukind, re dei sassoni. Fu l’ultimo ridotto pagano, dopo una resistenza disperata e una strage di sassoni passata alla storia, a essere sottomesso al sanguinario imperialismo cristiano di San Carlo Magno. Ne lessi un libro da bambino,”Widukind der Sachsenkoenig”, e ne fui tanto impressionato come, dopo, solo dal Diario del Che Guevara.


Non che nei miei incontri italiani, o in rete, non siano spuntate voci sapienti e libere, senza peraltro alle spalle niente di organizzato. Ma alla verità “altra” su primavere e non-primavere, su Siria, Libia, Gheddafi e i “giovani rivoluzionari” di Rossanda-Liberti-MInzolini, il nostro pubblico risponde perlopiù con perplessità, curiosità, disponibilità, a volte con adesione liberatrice. Segno che la “grigia massa”, si è fatta guardinga grazie ai precedenti (Milosevic, Saddam, Fidel, Chavez satanizzati, bufale scoppiate), sfiduciata nei confronti dei rintronati, o collusi epigoni della sinistra, e ha saputo coltivare la pianta medicinale del dubbio. E non è poco. Ma tra quei partecipanti tedeschi è sgorgata a ripetizione, in decine di interventi nel dibattito, la già acquisita indipendenza dello spirito e, quindi, la sua lucidità. Che preparazione, ragazzi! Da lasciarmi a volte spiazzato. Chi portava la mole di informazioni corretta, sagacemente reperita in internet, chi traeva paralleli tra la colonizzazione della Germania Est e quella della Libia, dell’Europa e dell’Africa, chi andava a rovistare con competenza nel covo di quelle poche decine di “famiglie” finanziarie che, agitando burattini politici in lotta contro la “crisi”, governano i trasferimenti di ricchezza da classi e popoli, dal 99% dell’umanità, alla cima della piramide da loro occupata. Chi, nei gradoni a scendere della piramide, individuava crepe da far tremare l’intera costruzione, crepe da allargare e come allargarle fino a farne rivoluzione. Uniti, noi derelitti della metropoli benestante, e loro, genocidati di tutti i Sud, nella stessa barca, anzi, trincea. Si chiama internazionalismo, è il piede di porco per lo scardinamento del sistema. Noi lo praticavamo al tempo dell’Abissinia, della Spagna, dell’Algeria e del Vietnam. Poi vennero Berlinguer e Bertinotti. Ma, a loro grande dispetto, anche Lotta Continua, con la nostra battaglia comune con vietcong, palestinesi, irlandesi, portoghesi, cileni, che fu strozzata nella culla dalla madre infanticida. 


Scontri per il G8 a Rostok
Quando facciamo i grilli parlanti dalla parete scalcinata, ché ci arrivi un martello tedesco. Magari non addosso, vicino, da darci la sveglia. Che ne sappiamo di quelli? Abbiamo mai appreso che un milione di tedeschi, tra comunisti, socialisti, antifascisti, sono periti nella resistenza al nazionalsocialismo? Ci siamo mai cercati, visti, confrontati? Forse ne potremmo trarre giovamento.
Sarò più preciso dopo la seconda tappa del Grand Tour in Germania. 


Passiamo alle notizie
Smascherato dal contrastato lavorìo di informatori non assoldati, ad Al Jazira (Al Jazeera per gli anglofoni) è successo il patatrac. La reteall news del satrapo del Qatar, custode della Quinta Flotta Usa, quella che, universalmente copiata, ci aveva taroccato storia su storia, immagine su immagine, dell’aggressione Nato-mercenari alla Libia; quella che aveva regalato un canale alla marmaglia dei golpisti e li aveva riforniti di carburante, armi, soldi e truppe speciali; quella che contava così di acchiappare un po’ di greggio light libico, magari da un neoinsediato collega monarca, figlio del famigerato tiranno londraprono Idris; sì, quella che ha precipitata nel girone della Giudecca l’informazione mondiale. Svergognata nel suo massimo dirigente per le fantastiche costruzioni di inganni e frodi e calunnie erette durante la guerra alla Libia, deontologicamente è finita al livello delle emittenti con fattucchiere e sbrindellate sciacquette al telefono erotico. Waddah Khanfar, direttore generale e capobastone delle mazzate mediatiche, ha dovuto dimettersi. Subito, al Khalifa, il signorotto proprietario dello Stato su concessione USA, ha rimediato. Ha chiuso l’ufficio del Cairo e ha cacciato il suo direttore, Aiman Jaballah, perché trovati troppo empaticamente coinvolti nella rivoluzione egiziana. La Clinton ha  annunciato un affettuoso téte à téte con questo suo campione di democrazia. Si celebrerà  il completamento della metempsicosi della celebrata rete all news qatariota: Haim Saba, imprenditore israeliano negli Stati Uniti sta acquistando dal sovrano, vassallo degli Usa e sicario dei sauditi, il 50% dell’emittente. Finalmente avremo la fusione, anche mediatica, tra fantocci reazionari arabi e nazisionisti. Se i palestinesi chiedono lo Stato, quelli si preparano a fargli la relativa festa. 


In Libia siamo al settimo mese del “regime crollato”, del “Gheddafi fuggito”, e anche dell’incapacità di costringere alla resa il popolo libico, vuoi radendone al suolo città e abitanti (350 vittime in un attacco della RAF a 32 obiettivi “militari” a Sirte, gas e missili all’uranio su Beni Walid) con la potenza dei 27 paesi più armati del mondo, vuoi spingendo affannosamente in avanti le bande di lanzichenecchi cagasotto. Buoni solo, come gli israeliani, a infierire sadicamente e necrofilisticamente, su soggetti inermi, è dal 22 agosto che se la devono dare a gambe, uggiolando “Nato, Nato!”, davanti alle offensive della Resistenza. Dunque, visto che la bulimìa di menzogne ha finito con lo spappolare le viscere del suo ingordo principale, visto che satelliti spia fanno delle marionette del CNT i padroni malfermi su frammenti di territorio politicamente sismico e che il 75% del paese sta sotto i lealisti, visto che Gheddafi non lo acchiappano per metterlo nel solito buco, scavato dopo la cattura di Saddam in uno scontro a fuoco, ecco che, mentre si proclama la vittoria, si va per altri tre mesi di “no-fly-zone” Onu e di terrorismo Nato-mercenari. Pare l’Iraq, l’Afghanistan, pare Bush che sbarca sulla portaerei, carnevalato da pilota, per annunciare “mission acomplished”,  per poi prenderle nel culo, o farle prenderle ai paesi alleati, per anni a seguire. 




Ma saliamo sulla giostra e facciamo un giro d’orizzonte su quello che stanno combinando qua e là primavere vere, primavere false e gli esportatori di democrazia e diritti umani. Notizie che non vi danno. 
- I liberatori della Libia, dopo aver maciullato neri e fette di popolo libico, ora indirizzano le loro cure alle decine di migliaia di famiglie fuggite dagli orrori dei mercenari da Bengasi, Misurata, e altre città. Gli è stato intimato di non tornare. Se ci provano, incappano in posti di blocco con la bandiera di Idris che li sequestrano e gli assicurano il trattamento cui erano sfuggiti. Questo nel nome della “pacificazione senza vendette” perorata dall’ONU e blaterata dal CNT.
- Sebha, Sirte, Kufra, Beni Walid, e tutto il territorio di Tripolitania e Fezzan, sotto bombardamento continuo della Nato, resistono e ricacciano indietro i ratti. Hanno catturato 17 teste di cuoio Nato francesi e britanniche. Secondo il mercenariato Nato, Sebha e Jufra sarebbero state però parzialmente prese. Per i crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati e in corso, guerra d’aggressione, sterminio di civili, infanticidio, armi proibite, Sarkozy è stato denunciato ai tribunali francesi e alla Corte Penale Internazionale, dove l’accusa sarà sostenuta da Roland Dumas, ex-ministro degli esteri. Di Obama alcuni congressisti hanno chiesto l’impeachment per lo stesso motivo. C’è qualche magistrato o avvocato in Italia che voglia occuparsi di Napolitano?
- Le primavere vere e non domate sono oggetto di attacchi combinati, con armi da fuoco, di Usa-sauditi in Bahrein e Yemen. Ma la protesta di masse inermi continua da otto mesi in entrambi i paesi, al costo di centinaia di assassinati dalla repressione. A Sanaa, una manifestazione di centinaia di migliaia contro il regime post-Ali Saleh, rafforzata da truppe passate alla rivolta, è stata attaccata a fucilate con 70 vittime nel fine settimana. In Yemen sono entrati in azione truppe speciali saudite e droni statunitensi. Ban KI-Moon, e neppure i marciatori di Assisi, hanno chiesto un intervento contro i despoti in difesa della popolazione civile. Droni Usa continuano a bombardare in Somalia aree controllate dai patrioti Shebaab e affette da carestia. 17 partigiani uccisi nel weekend insieme al solito numero imprecisato di civili (stavano morendo di fame, qui l’eutanasia è accetta) 
- .Il Ministero dell’Offesa tedesco ha inviato in Libia diverse unità di paracadutisti allenati per operazioni speciali “undercover”. Dopo aver evacuato a Creta da Al Nafura alcuni cittadini europei, i parà sono tornati in Libia. Secondo i servizi israeliani, dalla nave britannica “Cumberland”, sono sbarcati a Bengasi militari francesi, britannici e statunitensi, avanguardia di uno sbarco di forze militari cui pare associato l’Egitto dei generali. Segno di quanto la Libia sia stata “liberata” di gheddafiani. Ma segno anche della forza della promessa di ONU e di tutti i capobastone Nato, quando spergiuravano: No boots on the ground, mai militari Nato in Libia.
- Una delegazione di parlamentari russi in Siria ha denunciato il reclutamento da parte della Nato di jihadisti Al Qaida stranieri, utilizzati nel golpismo armato contro Damasco. Hanno dichiarato di avere informazioni secondo cui il quartier generale Nato a Bruxelles e l’Alto Comando Turco stanno completando piani per un intervento armato in Siria, qualora i mercenari non ottenessero da soli il rovesciamento del governo. Questo provocherebbe il coinvolgimento di Israele, del Libano e perfino dell’Iran. Nel frattempo, padrini del Gande Medio Oriente lasciano il lavoro agli appena formalmente e pubblicamente costituiti “battaglioni armati” degli insorti. Armati come lo erano i mercenari e infiltrati fin dal primo giorno. Alla faccia di quel CNT siriano, copia del bengasiano, costituito a Istanbul nella doppiogiochista-Nato Turchia, che assicurava ai quattro venti: "Opposizione sempre non violenta, nessun intervento di potenze straniere". Divisione del lavoro.


Massacri democratici a Tripoli 
- I 50mila morti, poi scesi a 30mila, imputati a Gheddafi dal fellone Jibril, si stanno traducendo nei dati meno grotteschi, ma più barbaricamente veritieri, degli ospedali e obitori libici. Né le autorità mercenarie insediate a Tripoli, né le famigerate Ong della “democratizzazione”, forniscono dati documentati. Da quegli istituti statali, invece, esce la cifra di circa duemila morti civili individuati. Quanto alle fosse comuni che, nel classico stereotipo delle demonizzazioni imperialiste, dilagherebbero, in nessuna si sono trovati più corpi di quanti ne conti una mano, mentre la Croce Rossa, per quanto inaffidabile, riferisce di almeno mille uccisi, tra cui molti migranti, di 125 civili morti trovati in 13 siti sulle montagne di Nafusa, desertificate dagli ascari berberi (ascar,i come lo sono dei francesi in Algeria) e di 53 abbandonati in un hangar all’aeroporto di Tripoli dopo la presa. Un patologo forense, calcolate le vittime in tutto il paese denunciate dai congiunti in area gheddafiana, parla di 20mila vittime tra uccisi e scomparsi. Vedrete che alla fine, come i due milioni di iracheni, saranno un po’ di più. I millantatori Cia-Mossad di Human Rights Watch, intimiditi dalle smentite alle loro farneticazioni, trattengono la valutazione sul numero delle vittime, ma insistono ad inventare desaparecidos trattenuti da Gheddafi e 30mila prigionieri “politici” irreperibili. E’ per questo che li paga George Soros.
- Da Beni Walid esce un appello alla Croce Rossa Internazionale, alla Croce Rossa larussiana italiana, alla Croce Rossa svizzera, per un intervento immediato contro l’assedio genocida delle città libiche libere, che consenta la sopravvivenza di bambini e donne con aiuti umanitari. Alla maniera di Gengis Khan e di Goffredo da Buglione, i necrofori hanno avvelenato o tagliato l’acqua, contaminato l’ambiente con armi chimiche, bloccato rifornimenti di cibo e medicinali. Salvare i civili.




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Flavio Lotti e Luisa Morgantini: USraele e la Nato ringraziano
Sull’ipocrisia dei pacifinti, che oggi strombazzano la loro onanistica Marcia della Pace al sommo della violenza sociocida e genocida esercitata contro genti e Stati, dando una mano con il disarmo unilaterale della non-violenza, questo manifesto colpisce nel segno. Hanno gettato la Palestina in un tritacarne e il macinato che ne è uscito chiede di essere riconosciuto come pseudostato dall’Onu. Alla festante compagnia di giro che inneggia alla soluzione della questione palestinese, si sono aggiunti i fiancheggiatori principi del pacifismo e della non-violenza, Tavola della pace e Morgantini. Date un’occhiata alla mappa della Palestina, qua sotto, dalla prima erosione del 1948, in violazione di un’ONU che non glie ne è mai fregato niente dell’inosservanza delle sue risoluzioni quando a favore di USraele e poi Nato, passate all’ultima parte, quella attuale, e voglio vedere chi ha il coraggio di dire che quella roba lì può diventare ciò che comunemente si definisce Stato.


Si sono innestati due tumori nel corpo di chi si oppone alla guerra e rivendica giustizia. Dove pensate che si manifestino? Ovviamente dove possono creare più metastasi, negli organi suppostamente di sinistra, tipo “manifesto” e Tg3. Lì troviamo Flavio Lotti, Tavola della Pace, organizzatore, alla faccia del povero Capitini, dell’imminente 14ma operazione collateralista mimetizzata da “Marcia della Pace Perugia-Assisi”. Alle nebbie tossiche di questo Flavio Lotti, caro, ovviamente, alle centrali della mistificazione, il benevolo “manifesto” concede la prima pagina, più due colonne intere, per sciorinare una serie di edificanti blà-blà su globalizzazione, sui rimpianti di un’ ONU illuminata (vista solo da lui, mai dai vietnamiti, iracheni, palestinesi, libici, serbi, costadavoriani, cubani, honduregni, quasi tutti i popoli del mondo), sull’acqua calda di povertà, diseguaglianze, società civile e scontatezze varie. Non ne manca una. In compenso queste lacrimevoli geremiadi sono ampiamente bilanciate da leccatine a un FMI “che ha moderato la sua ortodossia liberista” (ne sanno qualcosa i greci col “vendesi” sul Partenone), allo stesso FMI del falco Lagarde, subentrata alla “colomba” StraussKahn in virtù di quella “moderazione”, nonché per UE e Merkel, macellai di Europa e dintorni, per aver finalmente “ammesso la fattibilità della Tobin Tax”, cioè di quel quaquaraquacchio che al deposito di Paperone farebbe pagare un affitto equivalente a una cuccia per cani. Nell’articolessa sul “manifesto” non ci si perita di accennare al sangue che ci cola addosso da tutte le parti. Se ne avrebbero a male Rossanda, Stefano Liberti, Marina Forti e tutta la lobby USraeliana. Nel documento per quella pippa della marcia, invece, sì, che ci si inalbera leoninamente contro i criminali di guerra: tre parole che genericamente appellano contro le guerre, ma ovviamente anche “contro la violenza” (così Obama e La Russa si placano), che dice tutto e niente, ma punta l’arma su chi osa difendersi. Si ripete il biasimo al “commercio delle armi” e si perora la “fine della guerra in Libia, in Afghanistan”. 


Vigliacco, se da questo campione del disarmo unilaterale fosse uscita una parola sull’aggressione, sistematica, strategica, genocida, delle potenze colonial-imperialiste, sul loro connubio nazistoide con i satrapi arabi, che tengono i propri popoli in catene nelle segrete, vigliacco se avesse fatto un solo nome degli assassini di massa, vigliacco se si fosse fatto vedere anche solo alla finestra durante la mattanza libica, magari agitando il ditino all’indirizzo dei più orrendi criminali di guerra di tutti i tempi. Sulla popolazione libica, recalcitrante a un destino da Iraq, o Palestina, o repubblica delle banane centroamericana, in difesa della più alta civiltà sociale e culturale di tutta l’Africa e della sua funzionante democrazia partecipativa, si sono abbattute 30mila incursioni e si è scatenata la barbarie di zombie assoldati. Dov’erano i pacifisti, dov’era Flavio Lotti? Piuttosto che pronunciare una condanna sullo sterminio di persone e cose, si sarebbero mangiati il loro passi per il Circolo della Caccia. Quello della caccia alla verità e alla giustizia. E in corso una spaventosa macelleria di gente innocente e di eroici resistenti in Libia. Sirte, Sebha, Beni Walid, Kufra, sono già altrettante Falluja. E cosa rigurgita il lepido gargarozzo di questi amici del giaguaro? Un unico attacco netto: quello alla Siria che, contro le locuste Nato delregime change e il suo personale di servizio alqaidista, oppone sacrosanta resistenza, insieme a proprio quelle riforme chieste dai rivoltosi (e sistematicamente respinte e, pour cause, visto che, quelli, altro che democrazia ed elezioni vogliono, piuttosto emirati, sharìa e privatizzazioni). Ci potrebbe essere migliore servitorame sionista-atlantico? Sconci difensori dei diritti umani ma sordi a quelli violati, ipocriti sudditi di dittatoriali “democrazie” che fustigano i “dittatori” di paesi altri, storie altre, culture altre, paesi che tutti stavano infinitamente meglio prima di essere divorati dalla civiltà occidentale.


Della stessa risma è questa ingombrante, in tutti i sensi, Luisa Morgantini, monarca assoluto da cent’anni dell’Associazione per la Pace (anche Assopace). Arena privilegiata, ahiloro!, delle sue intemerate nonviolente è, per sua sfiga, la Palestina. Sono anni che allestisce innocue e caduche marcette della pace di moderati israeliani e qualche boccalone palestinese. In Occidente la adorano per questo. L’hanno fatta addirittura europarlamentare per la sua bella espressione di disgusto quando, davanti alle intifade, volta il faccione dall’altra parte. Sotto la firma di Associazione per la Pace, sul solito “manifesto” Eni-supportato, si mena il can per l’aia e la gente per il naso vaticinando che il riconoscimentello Onu della Palestina sancirebbe “la legittimazione globale delle realizzazioni dei diritti e aspirazioni del popolo palestinese”. Bum! E ancora: “Potrebbe rappresentare un passo avanti importante che mette la comunità internazionale di fronte alle proprie responsabilità e dà forza al popolo palestinese”. Questa signora viaggia da decenni sottobraccio al peggio del peggio del disfattismo, della moderazione, della resa, della nonviolenza dunque, palestinese, fino a non aver mai uggiolato una parolina su Abu Mazen e la sua complicità politico-economico-militare con i terminator del proprio popolo e i suoi dipendenti a Washington. Dicesi in cima e in neretto “Associazione per la Pace”, ma neanche con la lente d’ingrandimento troveresti un accenno alla pace stuprata in Libia sotto i nostro occhi. E neppure una fugace menzione dei 6 milioni di rifugiati palestinesi svenduti nel “riconoscimento”. E neanche con la lampada di Diogene troveresti una donna. 


Poteva, il documento, non finire con un appello alla marcia Marcia Perugia-Assisi? No, non poteva. Luisa ci va con Ovadia, ma scommetto che ci saranno anche Saviano, Cammusso, Bolini, Vendola… Davanti a tutti, Massimo D’Alema, come, invitato da Lotti, al tempo dei suoi gloriosi bombardamenti di pace sulla Serbia e su un Kosovo da consegnare quanto prima al traffico internazionale di narcotici, organi, umani. Non è paese tutto il mondo? Tra la lezioncina di Morgantini e la costa della pagina, con curiosa sapienza giornalistica, il quotidiano ha schiacciato un trafiletto, rapidamente intitolato “Contrario il Movimento Giovanile Palestinese”. 


Sarebbe questa la vera notizia, non le melense doppiezze dell’Assopace, portatrice d’acqua al coro mondiale pro-riconoscimento-morte della Palestina. La notizia è questa, che la forza politica di maggioranza in Palestina, quella che largamente vinse le ultime elezioni e i cui dirigenti oggi languono nelle carceri di Netaniahu e Abu Mazen, insieme alla gioventù palestinese trasversalmente organizzata (PYM) sono contro la burletta Onu, preludio al definitivo affossamento di una Palestina che diritto e storia hanno definito una, dal Giordano al Mediterraneo. I confini del 1967, illegittimi come quelli del 1947 e, del resto, già ampiamenti violati, rimuovono la questione dal suo contesto storico, cancellano la maggioranza dei palestinesi, in esilio, e quelli rinchiusi in Israele. Non cambiano una jota rispetto al colonialismo nazisionista, alla castrazione di sovranità, alla rapina delle risorse, al rapporto di forze. Qualcuno si ricorderà – la Morgantini con raccapriccio – che fu la prima Intifada non-nonviolenta a imporre a Israele e alla “comunità internazionale” (del crimine organizzato) prima Madrid e poi Oslo. Vittoria palestinese mandata al macero da chi l’ha estenuata con i raggiri dei negoziati e da chi non l’ha saputa difendere e allargare. E che fu la seconda Intifada, ancora meno nonviolenta, a provocare in Israele la prima recessione dagli anni ’50, la fuga dei capitali, una povertà dilagante, la reversione dei flussi immigrati-emigrati a favore della fuga, le prime crepe nello Stato etnico-confessionale nazisionista. 


Lasciamo perdere la deriva del tardo e cadente Arafat, come quella definitiva del rinnegato ladrone Mahmud Abbas e della sua cosca. La richiesta ultimativa, rimedio concreto alla necessità storica e umana della Palestina unita, dovrebbe essere un’altra, secondo gli interessati autentici e la comunità internazionale dei giusti: perché, porco diavolaccio, i confini del 1967, imposti con ferocia colonialista, e non quelli definiti dall’ONU nel 1947? Sono passati 29 anni da Sabra e Shatila, bazzicavo da quelle parti. E da allora, di quella strage se ne sa ogni anno di più. Oggi anche che le truppe speciali del macellaio Sharon erano alla guida degli squadristi della Falange nello sbudellamento delle donne, nelle baionettate in pancia ai bambini, nelle decapitazioni degli uomini, erano quelli che illuminavano il campo, che nascosero le cifre e con i bulldozer sotterrarono in fosse comuni tremila corpi e più. E’ grazie alla ricerca ostacolata e lunghissima, tra famigliari e riesumati, che una compagna dell’OLP seppe mettere insieme quel primo urlo numerico e accompagnarci a una fossa comune immensa che era diventata la discarica di Shatila. Su cui, in una delle spedizioni con l’indimenticabile Stefano Chiarini, facemmo pulizia e piantammo ulivi. E ai responsabili di quel crimine, efferato quanto tanti altri in 64 anni, che si va a chiedere un brandello di giustizia?

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Intervento di Mussa Ibrahim, portavoce di Gheddafi, il 18 settembre 2011, alla tv siriana.
“La NATO è il nemico numero uno di tutti noi paesi arabi ed Europei, siamo qui e stiamo aspettando l’ora santa per la vittoria, noi non lasceremo che gli Imperialisti abbiano da cantare vittoria nella nostra terra e nemmeno in altri stati Arabi, sappiamo che hanno cominciato la colonizzazione di tutta l’Africa, gli stati imperialisti come la Francia che si è assicurata il 35% delle nostre risorse petrolifere già ancora prima che cominciassero le ostilità e gli altri paesi appartenenti alla NATO che avranno anche la loro parte dissanguando il popolo Libico, tutto questo è stato patteggiato con quelli che loro chiamano Ribelli/CNT contro il popolo Libico.
La pace sia con voi cari lettori e spettatori, innanzi tutto voglio scusarmi con voi tutti per la prolungata assenza da parte nostra nel darvi notizie su come stanno realmente le cose in Libia e per il popolo Libico, come sapete stiamo combattendo una guerra contro la NATO e non solo contro i suoi alleati che sono i “ribelli”, non abbiamo avuto molto tempo a disposizione dato che stiamo preparando la difesa in ogni piccolo paese, nelle borgate delle città cadute in mano ai ribelli grazie alla NATO, per questo non abbiamo avuto il tempo di comunicare tramite i Media, anche perchè quelli che noi abbiamo considerato che fossero giornalisti, in verità erano spie camuffate che lavoravano per gli Imperialisti, stiamo combattendo per ogni casa, in ogni piazza e palazzi, non stiamo combattendo solamente contro dei comuni ribelli armati, stiamo combattendo contro la NATO, una delle più forti organizzazioni Militare che ci sia, nonostante il loro potenziale di armi è giù come morale perchè sappiamo che i cittadini Europei sono contro questa aggressione fatta contro il popolo Libico, sappiamo che stanno usando disinformazione per non far sapere gli avvenimenti e la barbarie che stanno commettendo, nonostante ciò la nostra consapevolezza è sveglia, i nostri cuori battono a ritmo e con orgoglio, la luce della nostra resistenza scaturisce da dentro il nostro corpo, dal credo nella nostra religione perchè crediamo in lei, abbiamo deciso di combattere fino alla fine, o vinciamo o moriremo come Martiri, coraggiosi come i nostri fratelli, le nostre donne e i nostri figli, continueremo questa battaglia fino alla vittoria se Dio lo vorrà.
Per quanto riguarda la situazione a SABHA, SIRTE e BANI WALID, voglio dire al grande popolo Libico “restate forti, non lasciatevi intimorire dalla propaganda e la speculazione/bugie dei Media, siete stati sempre forti e lo siete ancora, lo so.. il complotto contro di noi è molto forte, ma anche noi siamo ancora forti e orgogliosi, siamo ancora in grado di far voltare pagina alla situazione contro questi traditori/infami e ai loro padroni della NATO, molte città libiche sono ancora nelle mani del grande popolo libico, la striscia che và da BREGA fino a NEU-HISHA (600 Km) è totalmente liberata, un’altra posizione strategica che parte dal mare fino al confine con il Niger e Tschad che passa da Sokna-Hon e Murzuq (1.600 Km) è totalmente liberata, anche una parte strategica tra Sirte e Bani Walid che passa da alcuni paesi è stata liberata, anche nelle zone circostanti che fanno parte di Al-Ejilat e Jenan ci sono ancora sacche di resistenza, voglio ringraziare i nostri valorosi uomini che si trovano nelle zone libere come Wershefana-Al- Asabaa- Al-Gwalish e Mizda come gli altri milioni di uomini leali che stanno combattendo ancora contro questi traditori e infami, nei territori dove la NATO ha consentito ai ribelli di prenderne possesso la resistenza è ancora molta attiva, nelle settimane scorse hanno preso Tripoli, ma ancora oggi non sono in grado di tenerla sotto controllo, non riescono a mettere piede saldo perchè sono fuori controllo, la resistenza non è solamente in questi posti cruciali come Abu Sleem e Al-Hadba ma anche Siyahya e Soug Al Jumaa, Tajoura, Bab Ben Gheshir e Dreiby, a causa della loro paura i ribelli hanno abbandonato i posti di blocco e si sono rifugiati nelle scuole e nelle caserme occupate, escono solo la notte dopo che la NATO ha bombardato loro la via libera evitano di combattere di giorno per che sanno che ormai sono diventati un bersaglio legittimato da tutti i liberi Libici, le famiglie Tribali di Werfella e Bani Walid hanno tenuto la loro posizione con coraggio nonostante i massicci bombardamenti della NATO… No.. non lasceremo che la Libia cada in mano agli Imperialisti… libereremo non solo Tripoli ma anche tutta la Libia, anche le famiglie Tribali di Sirte e il numeroso contingente dei valorosi soldati dei Fezzan sono ancora rimasti leali alla loro terra che è la Libia.
Siamo tristi che Tripoli sia caduta in mano ai ribelli, ma stiamo molto attenti che la NATO non riesca ad individuare il grosso del nostro esercito, perche è la NATO il nostro nemico numero uno, questi traditori e infami non hanno alcun valore, non sanno combattere, solo grazie alla NATO sono riusciti a conquistare Misurata e Tripoli, non sono uomini, adesso c’è solo voglia di salvare il nostro esercito per l’ora finale e per liberare la Libia dagli invasori imperialisti, in questo momento voglio dire a tutti i coraggiosi Libici e Arabi di non permettere alla Francia e ai suoi alleati di occupare i paesi arabi, se ciò accadrebbe sarebbe la nostra schiavitù a vita e per le nostre generazioni a venire, ho seguito tutta la fase del conflitto sin dall’inizio e ho constatato che la guerra contro la Libia, per la Francia è un solido investimento, se la Francia ha chiesto e ottenuto dai ribelli il 35% delle nostre riserve petrolifere, quanto tocca all’Italia, all’Inghilterra e all’America? Non dimenticate che hanno distrutto le nostre case, le nostre scuole, i nostri ospedali, le nostre infrastrutture essenziali, hanno massacrato il nostro popolo, volete che succeda anche con voi fratelli arabi? Gli estremisti hanno preso per il momento il controllo delle principali città libiche, questi estremisti erano nella lista dei terroristi ricercati e adesso vanno a braccetto con chi fino a ieri ha ucciso i loro soldati in Afganistan, Iraq e altrove nel mondo, come si può avere fiducia con questi criminali? Basta citare chi hanno ingaggiato per fare il loro sporco lavoro, Abdelhakim-Belhadj già arrestato dalla CIA e poi addestrato da loro stessi per commettere atti terroristici dove ce ne fosse di bisogno.” (Moussa Ibrahim, Libyan Government Spokesman)
Traduzione a cura di Corrado Belli (Mentereale)
http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2011/09/rondini-sulla-germania-corvi-sulla.html

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